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Ombre sull'acqua (eLit): eLit
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E-book406 pagine5 ore

Ombre sull'acqua (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Hannah Shay, proprietaria di un rinomato caffè e futuro magistrato, ha un talento per le investigazioni che le torna utile quando a Black Falls si sviluppa una pericolosa rete di killer a pagamento. E i sospetti ricadono su un uomo che appartiene al suo passato. Al futuro di Hannah appartiene invece Sean Cameron, che è ritornato nel Vermont per indagare sulla morte del padre. Le sue idee, però, sono diverse da quelle di Hannah. Attratti l'uno dall'altra, entrambi non intendono cedere e si dichiarano aperta ostilità. Ma nel silenzio dei boschi, qualcuno è pronto ad approfittare della situazione.
Gelido come l'acqua del fiume. Ardente come un fuoco che brucia. Forte come un amore contrastato.
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2015
ISBN9788858937129
Ombre sull'acqua (eLit): eLit
Autore

Carla Neggers

Carla Neggers is the New York Times bestselling author of more than seventy-five novels, including her popular Sharpe & Donovan and Swift River Valley series. Her books have been translated into dozens of languages and sold in over thirty-five countries. Carla is a founding member of the New England Chapter of Romance Writers of America and has served as vice president of International Thriller Writers and president of Novelists, Inc. She has received multiple awards for her writing and is a recipient of the RT Book Reviews Career Achievement Award for romantic suspense. She and her husband divide their time between Boston, home to their two grown children and three young grandchildren, and their hilltop home in Vermont.

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    Anteprima del libro

    Ombre sull'acqua (eLit) - Carla Neggers

    CAPITOLO

    1

    26 marzo - nove mesi prima - Black Falls, Vermont

    I fratelli Cameron quella sera erano in paese. Hannah Shay, appollaiata su un alto sgabello al bancone di legno grezzo, li guardò entrare. Non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui li aveva visti tutti e tre insieme. A.J., il maggiore, era sceso dalla locanda di proprietà della sua famiglia che gestiva insieme alla moglie. Elijah era tornato a casa dall’Afghanistan per una breve licenza. Sean era arrivato in aereo dalla California meridionale, dove stava diventando milionario, pur riuscendo nello stesso tempo a proseguire nella sua attività di vigile del fuoco volontario.

    Si accomodarono a un tavolo dalla parte opposta del locale, sotto delle vecchie fotografie in bianco e nero della loro piccola cittadina del Vermont. Hannah dubitò che l’avessero notata, lì seduta a sorseggiare da mezz’ora il suo bicchiere di Chardonnay. Stare nel bar da sola non la preoccupava. Il proprietario, Liam O’Rourke, un amico di vecchia data dei Cameron, non tollerava i clienti in cerca di guai... inclusi i parenti stretti. Tutti, a Black Falls, sapevano che sgarrare dentro il suo locale significava essere buttati fuori a calci o farsi un giro sul sedile posteriore di un’auto della polizia.

    Anche Bowie O’Rourke, il cugino di Liam, lo sapeva bene.

    Bowie seguì i fratelli Cameron dentro il bar, chiudendo la porta con un tonfo. Non prese posto a un tavolo, ma si sedette a un paio di sgabelli di distanza da Hannah e ordinò una birra. Faceva il muratore e aveva trentaquattro anni, quindi era coetaneo di Elijah, aveva tre anni in meno di A.J. e uno in più di Sean. Ma Bowie e i fratelli Cameron non erano mai andati d’accordo. Lui era un tipo litigioso, e si cacciava sovente nei guai. I Cameron erano rigidi e spesso inflessibili. A un certo punto, quando aveva circa vent’anni, Bowie se n’era andato da Black Falls. Ma ora era tornato.

    Robusto come un toro, Bowie indossava un piumino senza maniche su una felpa arancione con il cappuccio, jeans e logori stivali da lavoro. Lui e Hannah erano cresciuti in una piccola ansa del fiume, un luogo isolato e povero, un Vermont differente da quello che i Cameron e la maggior parte della gente di Black Falls conosceva.

    Senza salutare nessuno, Bowie si mise a guardare la partita di baseball alla TV mentre aspettava la sua birra.

    I fratelli Cameron si irrigidirono visibilmente, ma non si mossero per andarsene.

    Hannah prese in considerazione l’idea di scendere dello sgabello, pagare il vino e uscire. I suoi fratelli minori avevano bisogno di aiuto per i compiti e anche lei doveva studiare. Aveva da poco compiuto trent’anni. Era giunto il momento di portare a termine i suoi studi di legge e cominciare la carriera da avvocato. Era anche proprietaria, in società, di un caffè-ristorante a poca distanza da O’Rourke’s, sempre su Main Street. Il caffè aveva chiuso alle tre del pomeriggio, ore prima, ma Hannah teneva la contabilità, oltre a cucinare e fare le pulizie come le altre, sicché il lavoro poteva prolungarsi per buona parte della serata. E molto probabilmente sarebbe accaduto anche quella sera.

    Ancora un paio di sorsi, pensò, alzando il bicchiere e tentando di reprimere un attacco di timidezza. Era un demone ostinato che Hannah sperava di aver finalmente sconfitto. Ma con Bowie a pochi metri da lei, A.J., Elijah e Sean Cameron seduti al tavolo con i loro giubbotti di tela e gli stivali da trekking, e con i loro occhi azzurro cupo, le mascelle squadrate e le cicatrici lasciate dal duro lavoro, dalle lotte contro il fuoco, dalle guerre, Hannah si pentì di essersi presa quella pausa. Non si era preoccupata di truccarsi e aveva indossato una lunga gonna di lana, un maglione e stivali pensando più alla comodità che all’eleganza. I capelli biondi, che aveva frettolosamente legato dietro la nuca all’alba, a quell’ora dovevano sembrare fatti di spago.

    Ma come avrebbe potuto saperlo? Non aveva speso nemmeno mezzo secondo per guardarsi allo specchio prima di uscire per quell’ora da trascorrere da sola.

    La sua improvvisa timidezza non aveva nulla a che vedere con A.J., marito felice e padre di due figli, né con Elijah, un militare delle Forze Speciali che aveva lasciato il Vermont a diciannove anni... praticamente cacciato a calci dal paese da suo padre. No, pensò Hannah. Era Sean il Cameron che avrebbe potuto farle dimenticare di essere una brillante studentessa di legge e una donna d’affari di successo.

    Niente di nuovo, insomma.

    Erano tutti e tre uomini in gamba e di bell’aspetto. Il tipo di persone che tutti sarebbero stati felici di avere come amici e avrebbero temuto di avere come nemici. Rose, la loro sorella minore, una delle più intime amiche di Hannah, era altrettanto bella e in gamba, ma si trovava fuori città con Ranger, il suo cane addestrato per missioni di ricerca e soccorso.

    Dei tre, Sean era considerato quello più cortese e socievole, ma solo in confronto ad A.J. e a Elijah. Hannah non si era mai sentita in soggezione di fronte a loro, tuttavia ciò non significava che non avrebbe preferito che quella sera non fossero venuti in paese.

    Stava bevendo l’ultimo sorso di vino, quando Sean parve accorgersi di lei. Le indirizzò uno di quei devastanti sorrisi che Hannah aveva osservato per la prima volta durante un corso di latino alle superiori, quando lei, tredicenne, era una matricola avida di imparare, e lui un annoiato studente dell’ultimo anno, un campione sportivo senza il minimo interesse per il latino. Aveva solo bisogno di un corso che si adattasse ai suoi orari e che gli fornisse i crediti necessari a diplomarsi. Hannah ricordava un pomeriggio piovoso in cui era stata l’unica a sapere che Dido and Aeneas era un’opera di Henry Purcell basata sul tragico amore tra la regina di Cartagine e un profugo da Troia. Orgogliosa della propria risposta, Hannah aveva udito una sonora risata alle sue spalle. Non riuscendo a capire che cosa stesse accadendo, si era voltata e aveva visto il sorriso di Sean Cameron, i suoi occhi azzurri, e si era resa conto che stava ridendo di lei.

    Hannah non gli aveva lasciato capire quanto l’avesse mortificata e aveva raddoppiato gli sforzi per ottenere il massimo dei voti in quel corso. Non che fosse stata una grande vittoria, visto che Sean era stato felice di farcela per il rotto della cuffia. Che cosa gli poteva importare di un buon voto in latino? Lui aveva cose più importanti da fare.

    Hannah sollevò leggermente il bicchiere in direzione di Sean, in segno di saluto, e gli indirizzò un sorriso cortese ma riservato. Non aveva più tredici anni e, per quanto tutti i Cameron fossero sexy e attraenti, non aveva mai provato un serio interesse romantico nei confronti di Sean o dei suoi fratelli. Aveva dei progetti tutti suoi, progetti che non si adattavano alla vita di un Cameron.

    Con la coda dell’occhio, osservò Bowie O’Rourke alzare la sua birra con una mano callosa e segnata da cicatrici. Aveva cominciato a imparare il mestiere lavorando dopo la scuola e d’estate con il padre di Hannah, Tobias Shay, il quale aveva condotto una vita travagliata fino al giorno in cui aveva sfasciato la macchina contro un albero, sedici anni prima. Hannah aveva imparato a non parlare di suo padre a Black Falls. Chi se lo ricordava, ormai? Chi voleva ricordarlo?

    «Io voglio» mormorò Hannah.

    Fissò il bicchiere, domandandosi da dove fossero venute quelle parole. Perché Bowie era tornato a Black Falls? Di carattere infiammabile e qualche volta sul punto di finire in prigione, alla fine aveva compreso che lui e il paese in cui era nato non sarebbero mai andati d’accordo ed era andato a vivere a Burlington dieci anni prima. A ottobre dell’anno precedente aveva comprato la vecchia casa sul fiume dove aveva vissuto la sua famiglia. Aveva trascorso il resto dell’autunno e tutto l’inverno a sistemarla e ora abitava là da qualche settimana.

    Hannah rivide suo padre condurre lei e Bowie nei boschi sopra il fiume alla ricerca di vecchie fondamenta appartenute a case abbandonate da lungo tempo. Lui cercava di immaginare dove fossero andati a finire quei primi coloni del Vermont. Ohio? Wisconsin? San Francisco? Poi si rivolgeva a loro due con un sorriso e si chiedeva perché i suoi antenati non se ne fossero andati dal New England settentrionale.

    Sia lui, sia Bowie erano sempre tranquilli e sereni, nei boschi.

    Hannah non aveva ancora quattordici anni quando suo padre era morto. I suoi fratelli minori non lo ricordavano affatto. Devin aveva due anni, Toby solo uno. Nove anni dopo avevano perso anche la madre per un’ infezione causata dal morso di una zecca. Hannah aveva condotto una battaglia legale per ottenere la custodia dei fratelli. Ora avevano diciotto e diciassette anni. Presto sarebbero diventati indipendenti.

    L’attenzione di Hannah fu attratta dalla voce di un uomo in fondo al bar. Non ritenne che gli improperi che gridava fossero diretti a qualcuno in particolare, ma non aveva intenzione di rimanere lì per accertarsene. Scese dallo sgabello e si chinò per raccogliere il giubbotto dal pavimento. Estrasse una banconota da dieci dollari da una tasca, la infilò sotto il bicchiere e fece per incamminarsi verso l’uscita.

    La voce divenne più forte.

    Derek Cutshaw.

    Anche se non riusciva a distinguere che cosa stava dicendo, Hannah si irrigidì. Derek e i suoi amici Robert Feehan e Brett Griffin erano già nel locale, quando era arrivata. Erano istruttori di sci e non vivevano a Black Falls, ma a volte si fermavano al caffè mentre andavano a Killington, Okemo o Stratton. Le erano sempre sembrati arroganti, ma non le avevano mai dato fastidio.

    Però, non li aveva mai visti ubriachi.

    «Vedo che ti sei tolta il grembiule e sei venuta qui a sbronzarti» disse Derek, ridacchiando. Era chiaro che si riteneva divertente. «Buon per te, Hannah. Non vorrai che la gente pensi che sei figlia di tua madre.»

    Hannah si mise il giubbotto sul braccio. Dunque, gli insulti di Derek erano rivolti a lei. La madre di Hannah aveva lavorato da O’Rourke’s, guadagnandosi da vivere per sé e per i suoi tre figli. Aveva forse dovuto sopportare commenti di gente che aveva pregiudizi e fantasie riguardo a una giovane vedova bella e povera?

    Derek non aveva intenzione di smettere.

    «Un giubbotto di seconda mano per una ragazza di seconda mano.»

    Robert rise a quel goffo insulto del suo amico e gli suggerì una malignità ancora peggiore, ma Derek cambiò argomento e prese a vantarsi delle sue ultime conquiste in fatto di donne. Hannah aveva il viso in fiamme. Stanno parlando di me? Con la coda dell’occhio, vide i fratelli Cameron guardare in quella direzione dal loro tavolo. Avevano sentito quelle ingiurie e quelle insinuazioni?

    Imbarazzata e arrabbiata, si diresse verso la porta. Non le importava quanto facesse freddo fuori, non aveva intenzione di passare un altro secondo ad ascoltare gli insulti di tre ubriachi.

    «Aspetta un momento» gridò Derek. «Non te ne puoi andare. Chi diavolo ti credi di essere?»

    Hannah lo vide avvicinarsi e balzò indietro, lasciando cadere il giubbotto. Mise un piede su una manica e scivolò proprio nel momento in cui Derek la raggiungeva, continuando a biascicare insulti. Lei tentò di conservare l’equilibrio, ma non ci riuscì. Cadde pesantemente tendendo le mani per attutire il colpo. Il dolore le saettò lungo le braccia, ma si rialzò immediatamente sulle ginocchia.

    Derek e il suo amico adesso erano in piedi accanto a lei, sovrastandola e ridendo. L’uomo si chinò per guardarla in faccia. Era biondo come lei e decisamente in forma, nella sua tenuta da sci, ma la sua faccia era contorta per la rabbia, l’arroganza e l’alcol.

    «Quello è il posto giusto per te.» Sputò. «Puoi dire ai tuoi...»

    «Adesso basta.»

    Bowie. Hannah riconobbe la sua voce.

    «No, lascia stare» disse, aggrappandosi al bordo di un tavolo e rimettendosi in piedi.

    Derek e Robert si voltarono di scatto verso Bowie. Anche Brett Griffin era in piedi, ora. Uno degli uomini spinse un tavolo verso Hannah, bloccandola contro il muro. Spaventata, e abbastanza arrabbiata, lei respinse il tavolo colpendo Derek alle gambe. Lui fece per saltare sul tavolo per raggiungerla, ma Bowie gli afferrò un braccio e glielo piegò dietro la schiena. Robert gli era già addosso, ma Bowie lo colpì a uno stinco e l’altro crollò, dolorante.

    Hannah ritrovò la propria freddezza.

    «Fermati, Bowie.» Non sapeva se lui era in grado di sentirla. «Non vale la pena di finire in galera per questi bastardi.»

    Bowie allentò la presa su Derek, il quale ripagò la gentilezza scagliandosi su Hannah. Lei tentò di afferrare una sedia per difendersi, ma un vigoroso braccio maschile la strinse alla vita. Hannah non vide a chi apparteneva e piazzò una gomitata decisa in un addome di acciaio. L’uomo che l’aveva afferrata non fece una piega. La sollevò da terra e la portò fuori dalla porta.

    Scalciando e cercando di graffiarlo, Hannah si ritrovò in un attimo in fondo ai gradini, nel freddo di marzo. L’uomo la lasciò andare, ma, dopo tanto divincolarsi, Hannah non trovò l’equilibrio e per poco non cadde a sedere in una pozzanghera. Riuscì a rimanere in piedi e si voltò, pronta a scagliarsi sull’uomo che l’aveva trascinata fuori dal locale, chiunque fosse.

    «Calma. Io sto dalla tua parte.» Sean Cameron si leccò una nocca sbucciata, mentre la pioggerella fredda già si raccoglieva sui capelli scuri e sul suo lungo e palesemente costoso cappotto nero. Doveva averlo portato dalla California. Di certo non lo aveva comprato a Black Falls.

    Le sorrise.

    «Non avrei mai pensato di portare via di peso Hannah Shay da una rissa in un bar.»

    Di chiunque altro si fosse trattato, Hannah si sarebbe ricomposta e se ne sarebbe andata con passo deciso a casa. Ma Sean? Non avrebbe saputo dire se fosse mortificata o semplicemente irritata del fatto che a portarla fuori da O’Rourke’s fosse stato proprio lui. Poteva udire grugniti e tonfi, rumore di vetri infranti e le imprecazioni, mentre la rissa proseguiva all’interno.

    Sirene della polizia risuonarono in fondo alla strada.

    Hannah ansimava, le ingiurie contro di lei ancora fresche nella mente. Io non c’entro, avrebbe voluto gridare. Quei bastardi non si riferivano a me.

    Si rassettò la gonna.

    «Non ho chiesto il tuo aiuto.»

    «Non c’è di che» disse Sean con un inchino ironico.

    Lei rabbrividì, chiedendosi quanto, di quegli insulti, lui avesse ascoltato nel bar semibuio e rumoroso. Deglutì e, sentendo il sapore del sangue, si rese conto di avere un taglio all’interno del labbro. Si sforzò di sorridere.

    «Scusami. Grazie per avermi aiutata.»

    A.J. ed Elijah uscirono dal locale. Elijah porse ad Hannah il suo giubbotto senza parlare. Lei se lo infilò. Aveva i capelli già fradici di pioggia. I tre fratelli Cameron le stavano di fronte, calmi, impassibili. Era lei quella che aveva perso il controllo.

    Naturalmente. Era una Shay.

    «Va’ a casa, Hannah.» suggerì A.J.

    Fra tutti i Cameron, era quello che possedeva meno pazienza, soprattutto verso di lei.

    Il suono delle sirene era più forte, ora. Hannah avvertiva un dolore al fianco nel punto in cui il tavolo l’aveva colpita.

    «Se la polizia vuole parlare con me...»

    Elijah la interruppe.

    «Non vorrà» tagliò corto.

    «Ti accompagno a casa» intervenne Sean.

    «No» sbottò lei, colta dal panico all’idea di camminare per strada al fianco di Sean o, peggio, di trovarsi in auto con lui. Poi si controllò e rimediò un sorriso. «Grazie.»

    A.J., Elijah e Sean non prestavano attenzione al trambusto all’interno del bar. Tremando per il freddo e l’adrenalina, Hannah si sforzò di distinguere la voce di Bowie. Sperava di vederlo uscire affermando che aveva abbandonato la rissa... anche se sarebbe stata la prima volta che accadeva.

    Ma Bowie non comparve, e Hannah si chiuse la lampo del giubbotto e si incamminò verso l’entrata del locale.

    Sean le mise una mano sulla spalla.

    «Non tornerai là dentro.»

    Hannah si voltò di scatto. A.J. ed Elijah erano accanto a lui. Sospirò.

    «Contro uno di voi posso farcela, ma contro tutti e tre?» Naturalmente chiunque di loro la superava di gran lunga, quanto a forza fisica, e lo sapevano bene. Hannah sorrise, fredda. «Buonanotte, signori.»

    Oltrepassò i tre uomini e si incamminò lungo Main Street, il cuore del grazioso paesino di Black Falls, situato in una stretta valle delle Green Mountains.

    Nessuno dei Cameron la seguì. Una pattuglia della polizia le passò accanto con le luci lampeggianti. Lei non si voltò per vederla fermarsi di fronte a O’Rourke’s.

    Finalmente giunse alla casa di mattoni datata 1835, situata di fronte al parco pubblico, all’angolo tra Main Street ed Elm Street, dove aveva vissuto con i suoi fratelli per gli ultimi sette anni.

    Sean Cameron li aveva ereditati come inquilini quando aveva comprato la casa due anni prima. Hannah si era aspettata che li buttasse fuori per ristrutturare e rivendere l’edificio con considerevole profitto, ma non lo aveva fatto. In seguito, Hannah e due sue amiche avevano parlato a Sean dell’idea di aprire un caffè al piano terra. Avevano scrostato, sabbiato, verniciato, installato la cucina, collocato tavoli e sedie e un grande espositore di vetro. Avevano inventato un nome, un logo e un colore caratteristico.

    Mentre apriva la pesante porta di ingresso, Hannah pensò alla famiglia che aveva costruito quella casa. Avevano fatto fortuna con il commercio della lana, particolarmente fiorente nel Vermont dei primi dell’800. Poi, a causa dell’aumento dei costi e di una crisi economica, se n’erano andati a ricominciare da capo in Ohio.

    Anche una parte di Hannah desiderava poter ricominciare da zero. Fare i bagagli e andarsene, semplicemente.

    Ma non sarebbe accaduto. Devin aveva problemi con lo studio e aveva bisogno di aiuto per diplomarsi. Toby aveva un altro anno di scuola. Lei doveva laurearsi in legge, poi superare l’esame di stato, e dopo, sperava, iniziare la carriera di pubblico ministero. Non sarebbe andata da nessuna parte.

    Una seconda auto della polizia sfrecciò lungo Main Street.

    Rabbrividendo e lottando contro le lacrime, Hannah entrò in casa.

    Non c’era nulla che potesse fare per aiutare Bowie O’Rourke.

    Non c’era mai stato nulla.

    Due giorni più tardi, i tre uomini che avevano offeso Hannah si presentarono al caffè e si scusarono per il loro comportamento. Fu soprattutto Derek Cutshaw a parlare. Robert Feehan era rosso in volto e chiaramente imbarazzato. Brett Griffin, che non aveva preso parte alla rissa, se ne stette zitto.

    «È stata tutta colpa mia» spiegò Derek. «Robert e Brett non hanno fatto niente.»

    «Scuse accettate» concluse Hannah.

    Come sanzione ricevettero l’equivalente giuridico di un buffetto sulla guancia.

    Invece, Bowie fu accusato di aggressione aggravata. Il suo avvocato d’ufficio ottenne il declassamento del reato ad aggressione semplice, per la quale Bowie fu condannato a sessanta giorni di prigione più tre anni di libertà vigilata. Aveva troppi precedenti. Non poteva cavarsela solo con una multa e un richiamo.

    I fratelli Cameron tornarono alla loro vita. Sean a Beverly Hills, Elijah in missione e A.J. alla locanda, come al solito.

    Due settimane dopo, ricevettero una notizia che sconvolse loro tre, la sorella e tutti quanti a Black Falls. Loro padre, un uomo settantasettenne, era dato per disperso su Cameron Mountain, dopo una terribile tormenta di neve primaverile. Squadre di soccorso setacciarono la zona, ma fu Devin Shay, il fratello diciottenne di Hannah, a trovare il corpo sul remoto lato nord della montagna. L’autopsia rivelò che Drew Cameron era morto per ipotermia, probabilmente dopo essersi smarrito e aver perso l’orientamento durante la tempesta.

    L’unica consolazione per A.J., Elijah, Sean e Rose Cameron fu che, se il padre avesse avuto la possibilità di decidere dove morire, avrebbe scelto la montagna che tanto amava.

    Ma non aveva scelto.

    Fu solo a novembre, dopo più di sette mesi, che tutti, a Black Falls, vennero a sapere la verità.

    Drew Cameron era stato ucciso.

    CAPITOLO

    2

    28 dicembre - Black Falls, Vermont

    Hannah aprì le imposte della sua camera e osservò il ramo ghiacciato del Black River che attraversava il paese. Mancava ancora un’ora all’alba, ma poteva vedere la neve fresca accumulata sul ghiaccio, le rocce che affioravano dal fiume poco profondo e, sulle rive, le sagome degli alberi nudi, addormentati per il lungo, freddo inverno del New England settentrionale.

    Alla fine aveva rinunciato a dormire, si era vestita e aveva completato la sua lista di lavori di manutenzione da consegnare a Sean Cameron. Aveva specificato tutto ciò di cui la casa aveva bisogno, dalla verniciatura delle parti in legno, alla sostituzione delle grondaie, fino alla riparazione dell’infiltrazione d’acqua in cantina.

    Sean non aveva richiesto una lista, ma le feste erano finite, i lavori dovevano essere fatti, e lui era in paese.

    Batti il ferro finché è caldo, avrebbe detto sua madre.

    Allontanandosi dalla finestra, Hannah ammise con se stessa che non era pronta per aprire i libri di giurisprudenza e cominciare la sua maratona di studio per l’esame, a cui mancavano pochi mesi.

    Le immagini di ciò che era accaduto nelle ultime cinque settimane continuavano a ossessionarla.

    Rifece il letto, sistemando la semplice trapunta che sua madre aveva cucito per lei, utilizzando avanzi di stoffa, quando ancora vivevano sulla piccola ansa del fiume. A Mary Shay non era mai piaciuto stare in paese. Conosceva i nomi di tutti gli uccelli della zona ed era una gioia per lei collocare delle mangiatoie per loro durante l’inverno. Aveva chiesto così poco e aveva sofferto tanto. Aveva amato l’uomo sbagliato. Era stata punta dalla zecca sbagliata.

    Hannah schizzò fuori dalla camera. Meglio riflettere su come ottenere che il suo padrone di casa pagasse i lavori.

    Qualunque cosa, pur di non pensare a degli spietati assassini.

    Percorse il breve corridoio che portava in cucina, la cui finestra - una di quelle da sostituire - guardava su Elm Street e sull’ala sporgente, di un solo piano, che era stata aggiunta alla casa ottant’anni prima e che ora faceva parte del Three Sisters Cafè.

    Nessuno dei suoi fratelli si era ancora alzato. Hannah non aveva sentito Devin camminare avanti e indietro durante la notte e agitarsi e rigirarsi nel letto nella stanza accanto alla sua. Sperava che fosse un buon segno.

    Devin si era diplomato a giugno, ma non aveva deciso che cosa voleva fare nella vita. Durante l’estate aveva lavorato a Black Falls Lodge per A.J. e Lauren Cameron, ma era tornato a casa poco prima del Ringraziamento, dopo avere rischiato di diventare vittima dei killer professionisti che avevano lasciato Drew Cameron a morire assiderato in aprile.

    Sebbene non fosse stato preso specificamente di mira come Devin, Toby non era rimasto indifferente ai sanguinosi eventi di novembre, ma aveva un carattere ottimista e volitivo. Aveva già fatto progetti per il futuro. Due giorni dopo, Sean Cameron avrebbe portato in California Toby e la sua mountain bike, con tutti gli accessori. Toby si sarebbe sistemano per almeno tre mesi presso la famiglia di un suo amico, anche lui appassionato di mountain bike, che Hannah aveva conosciuto l’estate precedente. Toby era ancora minorenne e gli era occorso il permesso di Hannah per andare a scuola in California. Ma come avrebbe potuto negargli quell’occasione?

    Hannah aveva fatto del suo meglio per entrambi i fratelli, senza mai fingere di essere qualcosa di più di una sorella maggiore. Sapeva che il rapporto tra loro era particolare a causa della differenza di età. Lo sarebbe stato anche se i loro genitori fossero stati ancora vivi.

    Hannah consultò il termometro posto all’interno della finestra sovrastante il tavolo. Otto sotto zero. Non era male, per un’alba di fine dicembre nel Vermont.

    Decise di lasciar dormire i ragazzi, uscì in punta di piedi dall’appartamento e scese la scala ricurva che portava all’ingresso principale della casa. Era una costruzione così caratteristica... ma il proprietario sembrava essere interessato solo alla manutenzione strettamente necessaria a impedire all’edificio di crollare, presumibilmente in attesa del momento opportuno per buttare fuori tutti, ristrutturarlo e rivenderlo per una fortuna

    Hannah aprì la robusta porta di legno, originale della casa, ed entrò nel salone del caffè la cui entrata principale dava su Main Street. Poco prima aveva sentito arrivare Dominique Belair e Beth Harper, le sue socie. Avevano scelto il nome Three Sisters Cafè perché si consideravano sorelle in spirito, se non di sangue. Tutte e tre erano capaci di preparare entro le sette del mattino, ora di apertura, muffin, yogurt artigianale, macedonie e altre prelibatezze, tra cui gli scones, quelle soffici focaccine dolci di cui un tè all’inglese non poteva fare a meno, ma che erano ormai popolari anche in America, perfino tra i monti del Vermont.

    Entrando nel locale, Hannah non poté fare a meno di ricordare quei giorni di aprile, otto mesi prima, quando Melanie Kendall, bruna e minuta, sedeva nel caffè di fronte a Thomas Asher, sostenendo di essere un’arredatrice di Washington. Lei e Kyle Rigby, suo complice negli omicidi, si erano già assicurati che Drew Cameron morisse assiderato su Cameron Mountain.

    Dopo anni di ricerche, Drew aveva scoperto il sito del primo insediamento dei Cameron nel Vermont, in un punto del versante nord ora disabitato. Non ne aveva parlato a nessuno e aveva cominciato a costruire una piccola baita sopra i resti delle vecchie fondamenta. Per trasportare il materiale e le attrezzature che non riusciva a portare da solo sulla montagna, aveva chiesto l’aiuto di uno studente, Devin, il fratello di Hannah, ma senza mai spiegargliene il motivo, né mostrargli il suo lavoro.

    Nelle sue intenzioni, la baita doveva essere una sorpresa per i suoi quattro figli.

    Melanie aveva flirtato con Thomas Asher mentre i figli della sua vittima avevano organizzato squadre di ricerca ed erano andati loro stessi sulla montagna a cercare il padre.

    Hannah si fermò dietro l’espositore in vetro. Per le cinque settimane precedenti, ogni mattina era stata aggredita da quei ricordi. Era stata lei ad assumere Nora Asher, la figlia diciottenne di Thomas Asher, per lavorare al caffè quando Nora si era trasferita a Black Falls dopo aver abbandonato gli studi al college di Dartmouth a settembre. Nora voleva fare un’esperienza di vita in quella piccola cittadina del Vermont. In quel periodo, il padre di Nora e Melanie Kendall erano fidanzati. Diffidando di Melanie, Nora aveva chiesto aiuto a Devin per scoprire qualcosa sul passato della futura matrigna.

    A novembre, il patrigno di Nora, Alexander Bruni, un importante diplomatico secondo marito di sua madre, era stato ucciso da un pirata della strada a Washington. Nora, colta dal panico alla notizia, e pensando a un omicidio, era fuggita su Cameron Mountain. Devin, che era suo amico, era andato con lei senza dirlo a nessuno.

    Melanie, calcolatrice e cinica, aveva convinto il fidanzato a ingaggiare il suo complice, Kyle Rigby, per ritrovare la figlia scomparsa.

    Hannah poteva ancora vedere Kyle, in quel tetro mattino di novembre, entrare nel caffè con quelle spalle larghe e un’aria competente e rassicurante. Spacciandosi per un’esperta nel ritrovamento di persone disperse in montagna, aveva chiesto ad Hannah di dirle dove potevano essere Devin e Nora.

    Kyle aveva ingannato tutti quanti. Il suo scopo era stato solo quello di assicurarsi che Nora e Devin non tornassero vivi da Cameron Mountain. Aveva anche cercato di far passare Devin per un adolescente instabile, le cui ossessioni e imprudenze avevano portato alla tragedia.

    Kyle Rigby e Melanie Kendall erano due assassini. Ma adesso anche loro due erano morti.

    La polizia aveva ipotizzato che Kyle e Melanie avessero fatto parte di una rete che fungeva da intermediaria fra clienti che avevano bisogno di far fuori qualcuno, ed erano disposti a pagare, con dei killer professionisti. Una rete che non tollerava errori. Elijah Cameron aveva sparato a Kyle Rigby, quando era salito su Cameron Mountain per eliminare i due ragazzi. Qualche ora dopo, Melanie Kendall era morta nell’esplosione della sua auto, causata da una bomba presumibilmente piazzata, o fatta piazzare, proprio da chi l’aveva ingaggiata, per il quale il fallimento non

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