Quando l'amore bussa: Harmony Jolly
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Nell'istante stesso in cui Dee Flynn si scontra con Sean Beresford sulla soglia del suo negozio, non può far altro che pensare di essere stata baciata dalla fortuna. Niente di più sbagliato, invece! L'affascinante magnate, infatti, è venuto a comunicarle l'annullamento di un importantissimo evento che lei aveva organizzato in uno dei suoi alberghi. Abile come poche, Dee riesce a convincerlo a trovare una soluzione al problema... Condividere del tempo insieme fa scoprire loro di completarsi perfettamente, e quasi senza accorgersene i due si ritrovano a provare sentimenti che non avrebbero mai creduto possibili, anche se il rischio ora è di perdere di vista il lavoro su cui entrambi hanno tanto investito. Saranno in grado Dee e Sean di conciliare amicizia, amore e lavoro?
Nina Harrington
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Quando l'amore bussa - Nina Harrington
successivo.
1
Tè, tè glorioso. Una celebrazione di tè da tutto il mondo.
Non esiste modo migliore per risollevare il morale di una fumante tazza di tè. Due cucchiaini di zucchero, molto latte. Tazza di porcellana bianca. Miscela di tè keniani e indiani in foglia, lasciati riposare in una teiera. Perché una tazza non è mai abbastanza.
Da Flynn's Phantasmagoria of Tea.
Martedì
«Signore, signore, signore. Non litigate, per favore. So che si è comportato in modo sleale, ma conoscete le regole: quello che succede nel club Inforna e Spettegola...»
Dee Flynn sollevò la mano destra e l'agitò verso le ragazze raccolte intorno alla vetrina delle torte come se stesse dirigendo un'orchestra durante un concerto.
Le donne posarono le loro tazze di tè e si guardarono l'una con l'altra, stringendosi nelle spalle e sollevando a loro volta la mano destra.
«... Resta nel club Inforna e Spettegola» rispose un coro di voci cantilenanti. Poi tutte scoppiarono a ridere e si lasciarono cadere sulle sedie attorno al tavolo di pino.
«D'accordo, non avrei dovuto rivelargli la ricetta, ma non riesco a credere che abbia cercato di far passare quel pan di Spagna per una sua creazione» ammise Gloria, versandosi un'altra tazza di Darjeeling e inzuppandovi un biscotto alle nocciole fatto in casa. «Ogni donna presente alla vendita di dolci della scuola sapeva che era una torta di Lottie... difficilmente si può confondere il suo stile di decorazione. Sappiamo tutte quanto sia difficile la glassatura, dopo gli sforzi della settimana scorsa.»
«Non essere tanto severa con te stessa» replicò Lottie. «Quella che hai svelato è una delle mie migliori ricette e non è facile preparare il pan di Spagna. Chi può dirlo, magari posso essere stata fonte d'ispirazione per un papà e averlo spinto a cucinare cose grandiose.»
Nella stanza si sollevò un coro di boo e poco probabile, che riecheggiò intorno al tavolo.
«Be', non preoccupatevi dei papà che vogliono mettersi in mostra alla vendita delle torte della scuola, davanti alle favolose creazioni di voi ragazze. Abbiamo ancora cinque minuti prima che le torte escano dal forno... giusto il tempo di assaggiare la mia ultima ricetta per un febbraio speciale. Questo è il dolce che presenterò la prossima settimana.»
Lottie Rosemount aspettò che tutte le ragazze smettessero di parlare e guardassero il vassoio al centro del tavolo, prima di sollevare la cloche con uno svolazzo degno dei migliori ristoranti, dove lei e Dee avevano fatto la gavetta. Il gesto fu accolto da sussulti di apprezzamento.
«Cupcakes. Cioccolato fondente e lampone, con cuore di cioccolato bianco. Giusto in tempo per San Valentino. Che cosa ne pensate?»
«Pensate?» Dee tossì e bevve un lungo sorso di tè. «Sto pensando che ho una settimana di tempo per trovare la perfetta miscela di tè da abbinare a cioccolato fondente e lamponi.»
«Tè? Stai scherzando?» squittì Gloria. «Santo cielo, no. Quei cupcakes non sono stati creati per accompagnare una tazza di tè seduti a un tavolo. Nel modo più assoluto. Sono dei dessert da dopo cena, da consumare preferibilmente in camera da letto. Non ho dubbi. Se sarò fortunata, potrei riuscire a mangiarne almeno metà, prima che il mio ragazzo diventi troppo dolce... se capite che cosa intendo. Ragazze, li voglio. Adesso.»
Le risate riempirono la stanza mentre Gloria addentò un cupcake gemendo di piacere, prima di leccarsi le dita. «Lottie Rosemount, sei una tentatrice. Se cucinassi questi cupcakes, so che sarei fortunata e, per questa volta, non mi preoccuperei della glassa di cioccolato tra le lenzuola.»
Dee ridacchiò. Aveva appena afferrato il contenitore del tè di un'infusione particolare, profumata di melagrana, quando sentì il suono dell'antico campanello della porta della sala da tè.
Lottie sollevò la testa e smise di servire i cupcakes. «Chi può essere? Siamo chiuse da ore.»
«Non preoccuparti. Vado a vedere. Ma mettine da parte uno per me, per favore. Chi può dirlo... magari la mia fortuna cambierà e, per San Valentino, potrebbe apparire dal nulla un uomo affascinante. I miracoli succedono.»
Dee uscì dalla cucina e, camminando sulle assi di legno con le ballerine morbide, in pochi passi raggiunse la sala da tè. Accese le luci e all'istante la lunga stanza fu invasa da una calda luce naturale, che rimbalzò sulle pareti dipinte di pistacchio e moka e sui mobili di legno chiaro.
La pasticceria con sala da tè di Lottie era aperta da pochi mesi e Dee non era ancora stanca di passeggiare tra i tavoli quadrati e le poltroncine confortevoli, riuscendo a stento a credere che quello fosse il suo spazio. Be', suo e di Lottie. Avevano diviso a metà le spese per avviare il locale e condividevano tutto: tè, dolci e follia. Entrambe lavoravano nel campo che amavano di più e tutt'e due avevano investito tutto quello che avevano in quell'impresa rischiosa.
Un brivido scese lungo la schiena e la ragazza inspirò a fondo. Aveva assolutamente bisogno che il locale funzionasse, se voleva avere qualche speranza di diventare un mercante di tè per conto proprio. Questa era la sua ultima possibilità, la sua unica occasione di creare un futuro stabile per se stessa e per i suoi genitori.
Poi all'improvviso il campanello smise di suonare, sostituito da un vigoroso bussare. «Ehilà? C'è qualcuno?» reclamò una voce maschile dall'elegante accento inglese.
Una figura alta era sul marciapiede dall'altra parte della porta, e cercava di sbirciare attraverso il vetro smerigliato.
Che faccia tosta! Erano quasi le nove di sera. Doveva essere disperato. Ed era inzuppato di pioggia.
Dee si avviò all'entrata, esitando solo un istante.
Dopo una vita trascorsa viaggiando, non aveva paura di uno sconosciuto che bussava alla sua porta. Erano in una delle strade principali di Londra, santo cielo, non nel mezzo di una giungla o di una foresta pluviale.
Sollevando il mento, la ragazza girò la chiave e, con un movimento fluido, tirò la porta verso di sé.
Troppo bruscamente, scoprì.
Da quel momento, tutto sembrò accadere al rallentatore.
Mentre spalancava la porta, l'uomo aveva sollevato la mano per bussare di nuovo e si era chinato in avanti, accorgendosi tardi che la porta non c'era più.
Ma il suo corpo aveva continuato a muoversi, sbilanciandolo all'interno della sala da tè. E direttamente contro Dee, che era indietreggiata di un passo per vedere chi stesse bussando con tanta insistenza.
Un paio di sbalorditi occhi grigioblù si spalancarono, mentre l'uomo cadeva verso di lei, quasi accecato dalla luce intensa del negozio dopo la strada buia all'esterno.
Ciò che accadde dopo fu colpa di Dee.
O il tempo aveva rallentato o il suo cervello aveva cominciato a funzionare al doppio della velocità, perché all'improvviso ebbe visioni di avvocati che chiedevano un risarcimento per il naso rotto e i gomiti contusi. O peggio.
Questo significava che non poteva, non osava, semplicemente balzare via e lasciare che quell'uomo, chiunque fosse, cadesse in avanti e si facesse male.
Così fece l'unica cosa che le venne in mente in quella frazione di secondo.
Gli allontanò le gambe da sotto il corpo.
In quel momento, sembrò una cosa sensata.
Con la gamba sinistra avanzò verso il lato sinistro dell'uomo e, allungando la mano, afferrò la manica fradicia del cappotto elegante, tirandolo verso di sé.
Poi allungò la gamba destra e agganciò la caviglia sinistra dello sconosciuto, facendolo voltare di lato. Mantenendo una presa salda sulla manica, sostenne il suo peso in modo che, anziché cadere di faccia, cadesse dolcemente all'indietro sul pavimento di legno.
Era stata una mossa di judo davvero considerevole, che attenuò la caduta. Perfetto!
Il suo vecchio maestro di arti marziali sarebbe stato orgoglioso di lei.
Peccato che due bottoni del cappotto di cachemire si strapparono e rotolarono sotto il tavolo. Ma ne era valsa la pena. Anziché raccoglierli, l'uomo rimase fermo sul pavimento, apparentemente incolume.
Dee tolse le dita dalla manica del suo cappotto e chiuse la porta della sala da tè, poi si accucciò sulle caviglie per guardare lo sconosciuto negli occhi.
Oh, cielo. Gli occhi grigioblù non erano l'unica cosa sorprendente, di quell'uomo. Tanto per cominciare, sembrava indossare lo stesso tipo di completo che aveva visto al direttore della banca quando aveva accettato a malincuore di concederle il prestito per aprire la sala da tè. Solo che questo era molto più morbido e brillante, e parecchio costoso. Non che s'intendesse di abiti maschili, ma conosceva i tessuti.
E poi c'erano i capelli. Il nevischio si era trasformato in una pioggerellina fredda e i suoi corti capelli castano scuro si erano arricciati in onde umide intorno alle orecchie e al colletto della camicia. Il volto sarebbe potuto essere quello di un dipinto del Rinascimento, con zigomi alti e ben delineati. Per curare la stanchezza riflessa nei suoi occhi, avrebbe potuto utilizzare alcune delle sue speciali bustine di tè cucite a mano.
Aveva appena tolto le gambe da sotto l'uomo più bello che avesse visto da tanto tempo, inclusi i ragazzi della palestra dall'altra parte della strada.
Uomini come quello normalmente non bussavano alla sua porta... mai. Forse, la fortuna era davvero cambiata.
Un sorriso illuminò il viso di Dee, prima che la parte ragionevole del suo cervello – non abbagliata dal bel volto dello sconosciuto – decidesse di fare un'apparizione.
Che cosa voleva? E chi era?
Perché non chiederlo e scoprirlo?
«Salve» salutò, guardandolo in faccia e imponendo ai propri ormoni di calmarsi. «Mi spiace per quello che è successo, ma ero preoccupata che potesse farsi male cadendo in avanti. Come sta?»
Come stava?
Sean Beresford si sollevò su un gomito e si prese qualche secondo per raccogliere le idee. Si guardò intorno, intuendo che doveva essere finito in quello che sembrava un caffè, o un piccolo bistrot. Difficile da dire, dal momento che si trovava sul pavimento. Guardando dritto davanti a sé poteva vedere banchi con esposte delle torte, alcune teiere e una lavagnetta, sulla quale era scritto che le specialità del giorno erano una quiche al formaggio e porro seguita da un biscotto al cioccolato fondente biologico e tutto il tè Assam che sarebbe riuscito a bere.
Sean fissò la lavagnetta e ridacchiò. Avrebbe gustato volentieri la quiche e un po' di tè.
Quella giornata si stava rivelando piuttosto pesante.
Era cominciata a Melbourne quella che sembrava una vita fa, proseguita con un lungo volo durante il quale era riuscito probabilmente a dormire solo tre o quattro ore. Poi c'era stata la gioia di trascorrere l'ora di punta a Heathrow, dove aveva ben presto scoperto che lui era salito a bordo dell'aereo, ma il suo bagaglio no.
Motivo in più per il quale non voleva rimanere su quel pavimento con indosso l'unico vestito che possedeva fin quando la compagnia aerea non avesse recuperato la sua valigia.
Si sollevò in una posizione seduta e inspirò a fondo.
Poi fissò i due occhi verdi più incredibili che avesse mai visto.
Erano così verdi che dominavano il viso ovale incorniciato da corti capelli castani, pettinati dietro le orecchie. La pelle era impeccabile, a parte quelle che sembravano briciole di torta ai lati della bocca sorridente.
Una bocca fatta per dare e ricevere piacere, così abituata a sorridere da avere delle piccole rughe ai lati, anche se la ragazza non poteva avere più di venticinque anni.
Che cosa diavolo era appena successo?
Allungò le gambe davanti a sé, scoprendo con sorpresa di non avere niente di rotto.
«Posso portarle qualcosa?» domandò la ragazza, divertita. «Una coperta? Un cocktail?»
Sean sospirò e scosse la testa, rendendosi conto di quanto dovesse apparire ridicolo in quel momento.
E dire che era un dirigente di alto livello!
Era fortunato che lo staff dell'albergo – che si era affidato a lui per risolvere il disastro in cui si trovava