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Il mio ranch è il tuo ranch: Harmony Destiny
Il mio ranch è il tuo ranch: Harmony Destiny
Il mio ranch è il tuo ranch: Harmony Destiny
E-book169 pagine2 ore

Il mio ranch è il tuo ranch: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Guthrie Harrisè sempre disposto a dare una mano ed è sempre gentile con tutti, ma ha giurato a se stesso che non donerà mai più il suo cuore a una donna. Poi si presenta Olivia, con un testamento che dice che il ranch è di sua proprietà! E visto che non può lasciare lei e le sue due figlie senza un tetto sulla testa, Guthrie si sente in dovere d offrire loro una sistemazione,seppure provvisoria, in casa sua. Ma a quel punto la sua vita cambia, e forse anche la promessa che ha fatto a se stesso...
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2016
ISBN9788858955987
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    Anteprima del libro

    Il mio ranch è il tuo ranch - Marilyn Pappano

    successivo.

    1

    Una piovosa mattina di maggio la vita di Olivia Miles era andata in pezzi.

    Sebbene fossero passate tre settimane e parecchie miglia, Olivia ricordava distintamente quel momento. La lavastoviglie era in funzione, il condizionatore dell'aria ronzava e la spia lampeggiante del telefono, segno che la batteria era scarica, le aveva rammentato le telefonate giunte dopo la morte di David, le persone venute al suo funerale. Poi la lavastoviglie aveva ricominciato a perdere acqua, e lei si era innervosita perché David non aveva chiamato l'idraulico come aveva promesso. Si era sentita in colpa perché, dopo otto anni di promesse non mantenute, lui aveva una scusa valida. Era morto.

    In quell'istante di collera e senso di colpa, le parole dell'avvocato erano finalmente penetrate nella sua testa.

    Debiti. Ipoteche non riscattabili. Polizza dell'assicurazione sulla vita scaduta. Investimenti liquidati. Fondo per il college prosciugato.

    Suo marito, o quasi ex marito e padre delle sue bambine, le aveva lasciate senza niente. Niente casa. Niente macchina. Niente denaro. Niente futuro.

    Era stato allora che erano franati i pezzi di quella che un tempo era stata Olivia Rae Miles. Dopo tre settima ne non aveva ancora idea se sarebbe riuscita a rimetterli insieme.

    Non che avesse alternative. Doveva pensare alle bambine, cosa che David non aveva fatto quando si era portato via ogni centesimo accantonato per il loro futuro, quando non aveva più pagato le rate del mutuo sulla casa, della macchina e dell'assicurazione sulla vita.

    Se non fosse già morto, l'avrebbe ucciso lei stessa.

    Allontanando con la mano un moscerino, si protese sulla cartina stradale dispiegata sul cofano della malandata station wagon che aveva sostituito quel gioiello di Mercedes che era stata pignorata. La loro destinazione era localizzata nella sezione 7B, un intrico di arterie statali, strade malridotte e piccole cittadine. Secondo i suoi calcoli, si trovavano proprio al centro della sezione 7B. Al centro del nulla. Alberi, pascoli, non una città in vista e una calura polverosa che le facevano venire nostalgia di Atlanta e di casa.

    Solo che, grazie a David, Atlanta non era più la sua casa. Ora era in Oklahoma, diretta all'unica proprietà che lui non era riuscito a perdere. Uno sperduto ranch a Heartbreak.

    A occhio e croce, dovevano essere a una ventina di miglia da quel ranch che rappresentava la sola loro possibilità di sopravvivenza. Sperava che i cowboy non avessero problemi a lavorare per una donna, poiché ciò che lei sapeva in fatto di allevamento e agricoltura si poteva riassumere in una sola parola: niente.

    «Andiamo, bambine» gridò, ripiegando la cartina. «Elly, Emmy, venite!»

    Le gemelle di cinque anni si alzarono da terra e corsero verso di lei. Erano adorabili vestite nello stesso modo, con abitini di tricot color lavanda e calzettoni bianchi, entrambe con i capelli castani legati con un fiocco anch'esso color lavanda.

    «Siamo arrivate?» chiese Elly in tono euforico, abbracciandola.

    «Quasi. Credo che manchi ancora poco.»

    «Ho trovato una lucertola. Può venire con noi nella nuova casa?»

    «Non credi che le altre lucertole sentirebbero la sua mancanza?» le fece notare Olivia, accarezzandole i capelli. «Inoltre, scommetto che ci sono delle lucertole anche nella nuova casa.»

    Emma si sporse dal sedile posteriore della macchina, dove si era già seduta con un libro aperto sulle ginocchia. «Sapevo che la mamma avrebbe detto di no, perciò è meglio che tu te la tolga dalla tasca. Forse è già morta soffocata.»

    «Invece no. Guarda.» Elly estrasse dalla tasca del vestito l'animaletto che si contorceva.

    Quando la sollevò per farla vedere alla madre, la lucertola spiccò un salto. Altrettanto fece Olivia. Odiava i rettili e aveva il brutto presentimento che avrebbe dovuto conviverci, là in Oklahoma. «Su, sali e allacciati la cintura. Saremo a casa in un attimo.»

    Mentre chiudeva la portiera, colse il lamento bisbigliato di Emma. «La nostra casa è in Georgia. Forse non ci torneremo mai più.»

    «Sta' zitta o ti do un pizzicotto» borbottò Elly.

    Dominando le proprie emozioni, Olivia girò attorno alla macchina. Emma aveva sofferto a lasciare Atlanta ancora più di lei. Non aveva capito perché non potevano più restare nella loro casa. In verità, a volte, neppure Olivia l'aveva capito. Era stato David ad avere debiti di gioco, a perdere tutto. Perché dovevano pagare loro per le sue colpe?

    Ricomponendosi, si mise al volante e, mentre riguadagnava la strada a due corsie, disse in tono calmo: «Torneremo ad Atlanta un giorno, Emmy. Non appena potremo. Te lo prometto».

    Era passata una mezz'ora quando superarono un cartello sbiadito che dava loro il benvenuto a Heartbreak. Olivia rallentò e si guardò attorno. Lì per lì era difficile dire che quella era una città. C'erano poche case sparse ai lati della strada, oltre a una stazione di servizio dove tre uomini stavano chini sotto il cofano alzato di un pick-up.

    Dopo qualche centinaio di metri, però, la strada curvò e la cittadina apparve davanti a loro. Alcune vie alberate, qualche esercizio commerciale tra una casa e l'altra. In fondo a uno spiazzo, un edificio di mattoni a tre piani, con siepi ben curate e attrezzature da gioco all'interno di una recinzione. La scuola, suppose Olivia, dove si presumeva avrebbe mandato le sue bambine.

    Ci volle solo un minuto per attraversare i pochi isolati che formavano il centro della cittadina e posteggiare davanti all'ufficio postale.

    «Ci siamo, mammina?»

    La domanda veniva da Elly, e il fatto che l'avesse chiamata mammina turbò Olivia. Elly era la più spericolata delle due e trovava l'avventura in ogni cosa. Era facile da accontentare, amava i cambiamenti e la chiamava mamma o talvolta anche per nome, ma mai mammina, a meno che non fosse impaurita o insicura.

    Molto impaurita o insicura.

    «Credo di sì.» Olivia dovette costringere le proprie dita a mollare la presa sul volante, poi scese dalla macchina. «Entriamo a chiedere le indicazioni per il ranch.»

    «Non possiamo aspettare qui?» domandò Emma. «Chiuderemo i finestrini e bloccheremo le portiere. Non faremo avvicinare nessuno.»

    La Elly di cui Olivia aveva bisogno ricomparve con uno sbuffo sprezzante. «Così moriremo soffocate. E poi, le portiere non si possono bloccare. Scendiamo, bambina.»

    Era un indizio dell'incertezza di Emma il suo non reagire né all'insulto né all'ordine. Scese dalla macchina e s'incollò alla madre, prendendole la mano per maggior conforto.

    Nel piccolo ufficio postale, l'impiegata dietro il bancone le accolse con un sorriso. «Posso esservi d'aiuto?»

    «Stiamo cercando il ranch degli Harris» rispose Olivia. «Potrebbe dirmi come arrivarci?»

    «Certo. Prenda la Cody Street, svolti a destra e prosegua fin oltre Oakley, poi...» Doveva aver colto lo sguardo smarrito di Olivia, perché s'interruppe e prese carta e penna. «Le disegno una mappa. Non è difficile.» Quando, un momento dopo, allungò il foglietto, le osservò pensosa. «Andate a trovare qualcuno degli Harris?»

    «Sì.» Senza dubbio Heartbreak era come ogni altra piccola cittadina. Di lì a poche ore, l'intera comunità avrebbe saputo dell'arrivo del nuovo proprietario del ranch, ma Olivia preferiva non spargere subito la voce.

    Abbozzando un sorriso, ringraziò la donna e sospinse le bambine fuori, verso la macchina. Quando si furono accomodate sul sedile posteriore, Olivia si soffermò a osservare la strada.

    Sulla sinistra c'era un intero isolato di edifici abbandonati. Al di là della strada, un piccolo emporio di alimentari e, a mezzo isolato sulla destra, un deposito di cereali e di legname. Le altre attività lungo la via comprendevano uno studio legale, un'agenzia assicurativa, un parrucchiere e un negozio di abbigliamento.

    Olivia trasse un sospiro scoraggiato. Si era aspettata qualcosa di meglio. Maledizione, si meritava qualcosa di meglio. Così pure le sue bambine.

    Ma era questo ciò che aveva e ne avrebbe tratto il massimo. Prima o poi sarebbe riuscita a racimolare abbastanza denaro per tornare a casa, a una nuova vita. Forse avrebbe venduto il ranch. Forse avrebbe trovato un idiota della stessa razza che Ethan James, il precedente proprietario, aveva riconosciuto in David, un allocco con più denaro che cervello, pronto a comprare un terreno in Oklahoma senza neppure vederlo.

    Le indicazioni dell'impiegata della posta erano chiare e guidarono Olivia fuori città, su strade ghiaiose. Cercare un cancello ad arco con in cima una H, aveva scritto la donna, e Olivia disse alle bambine di tenere gli occhi aperti, mentre lei immaginava l'entrata alla loro nuova casa. Miglia di staccionata bianca, cancello di ferro battuto, elaborate volute attorno alla H. Al di là del cancello, un viale fiorito, serpeggiante tra pascoli attraversati da un torrente, poi, sopra la collina più alta, la casa che il signor James aveva descritto nei dettagli. Tre piani, grandi finestre, una vista mozzafiato, una piscina...

    «Ecco, mamma! C'è la H!» gridarono le bambine all'unisono.

    Olivia frenò di colpo. E osservò.

    Staccionata bianca, elaborato ferro battuto? Piuttosto filo spinato, tubi arrugginiti e una H sbilenca. Una stradina polverosa portava alla casa, a cento metri dalla strada. Visibili dietro di essa, una stalla, dei recinti, della legna e altro filo spinato e tubi arrugginiti.

    Olivia provò un senso di nausea. Non era possibile... Forse quella era l'abitazione del custode, dietro la quale la strada proseguiva fino alla casa padronale di tre piani con piscina.

    «Forse è una I sghemba» azzardò Emma. «Forse c'è stato un tornado e l'ha smossa, così ora sembra una H. Ma qui non ci sono tornado, vero, mamma?» chiese, preoccupata.

    «Oh, sì che ci sono» la stuzzicò Elly. «Ho visto un film, e la storia accadeva proprio in Oklahoma. Si vedevano le mucche che volavano via...»

    «Silenzio» ordinò Olivia con un tono che azzittì entrambe.

    Deglutendo con fatica, imboccò il vialetto. La station wagon sobbalzava in una nuvola di polvere, che entrava dai finestrini aperti ricoprendo ogni cosa nell'abitacolo.

    Il vialetto finiva accanto alla casa, dove era parcheggiato un pick-up vecchio, ma in buono stato. Olivia si chiese se appartenesse al custode o se fosse proprietà del ranch, così avrebbe potuto servirsene anche lei invece che usare quel rottame di station wagon.

    «È questa la nostra casa?» domandò Elly, sganciando la cintura di sicurezza per sporgersi dal finestrino.

    Spero proprio di no!, pensò Olivia, poi si vergognò di se stessa. Non c'era niente che non andasse in quella casa. A due piani, con il rivestimento bianco esterno di legno che necessitava di una mano di vernice, aveva un portico che correva lungo tutta la facciata. Era una casa decorosa, anche se non reggeva neppure lontanamente il confronto con la sua casa, in stile mediterraneo, trecento metri quadrati di raffinata eleganza e...

    E che ora apparteneva al creditore ipotecario.

    «Bambine, aspettate qui mentre io vedo se c'è qualcuno in casa.» Per precauzione prese le chiavi della macchina e scese.

    Ingrigiti scalini di legno portavano al portico. Due impolverate sedie a dondolo, dipinte di nero come le persiane, stavano a un lato della porta. Olivia cercò il campanello. Non trovandolo, bussò. Mentre aspettava, pregò che una persona cortese aprisse la porta, l'accogliesse con cordialità e la indirizzasse al paradiso di tre piani con piscina che il signor James aveva descritto.

    Nessuna risposta, nemmeno dopo aver bussato una seconda volta. Si stava chiedendo cosa dovesse fare quando un rumore lacerò la quiete della campagna. Il ritmico, sordo battere di un martello sul legno. I colpi provenivano da dietro la casa. Dopo aver nuovamente raccomandato alle figlie di restare in macchina, si allontanò in quella direzione.

    Faceva un caldo insopportabile. E c'era un silenzio assordante, tranne per quel ripetuto martellare. Olivia era sempre vissuta ad Atlanta e non si era mai immaginata in un luogo solitario, senza traffico, senza gente. Amava la città, i suoi rumori, il caos, il viavai di persone. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere ancora là, invece di dover sfidare il caldo e la polvere in cerca di qualche rozzo cowboy. Mentre si avvicinava alla stalla, sentì della musica country provenire dall'interno. Diede un'occhiata, ma non vide nessuno. I colpi di martello venivano dal retro. Girò attorno alla stalla. E si bloccò. Il cowboy era a una decina di metri da lei, voltato di spalle, intento a riparare un tratto di staccionata. Jeans, torso nudo e cappello a tesa larga che lasciava intravedere qualche ciocca di sudati capelli castani.

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