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La sposa di Natale: Harmony Bianca
La sposa di Natale: Harmony Bianca
La sposa di Natale: Harmony Bianca
E-book137 pagine2 ore

La sposa di Natale: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Emma Chalmers, dopo aver tagliato definitivamente i ponti con la sua famiglia, lascia la propria città natale per non farvi più ritorno. Decisa a ricostruirsi una nuova vita lontana dai ricordi, non sa che l'uomo di cui finisce con l'innamorarsi perdutamente ha in realtà il compito di riportarla a casa.



Glen Bartlett ha promesso al padre di Emma di trovarla e riportarla indietro. Non si aspettava però che quella donna avrebbe avuto un impatto così devastante su di lui. Emma gli ha insegnato di nuovo ad amare e adesso lui non potrebbe rinunciare a lei per tutto l'oro del mondo. Per questo vuole farle la proposta che qualsiasi donna desidera dal proprio uomo. Qualsiasi donna... tranne Emma!
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2017
ISBN9788858960301
La sposa di Natale: Harmony Bianca
Autore

Abigail Gordon

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La sposa di Natale - Abigail Gordon

    successivo.

    1

    Il taxi che l'aveva portata fin lì dall'aeroporto se n'era andato, ed Emma fece un respiro profondo, circondata dai bagagli.

    Quando avevano attraversato il centro della città, le era sembrato che non fosse cambiato nulla, e invece era stata via per un tempo che le era parso infinito. Le colline verdi del Gloucestershire ancora circondavano il luogo in cui era nata, e che non avrebbe mai creduto di lasciare. Le proprietà in stile Regency per cui Glenminster era famosa erano ancora in ottimo stato, e una delizia per gli occhi, mentre i viali e i ristoranti ancora attiravano clienti e avventori, come avevano sempre fatto.

    Tutto quello che le rimaneva da fare ora era girare la chiave nella toppa, aprire la porta, ed entrare in quella che era stata la sua casa sin da quando aveva memoria, e di cui ora era la sola proprietaria. Ma non sarebbe stato facile. Le sembrava di essere scappata via da quella casa solo la notte prima, con il cuore spezzato e incredulo, come se gli anni passati in quella terra lontana fossero solo un sogno.

    Durante tutto il tempo passato lì non aveva più avuto contatti con l'uomo che aveva sempre creduto suo padre, e adesso lui se n'era andato. Da quando aveva saputo della sua morte, era tornato tutto il dolore di tanti anni prima. Quello che le aveva fatto era stato crudele. Le aveva strappato la sua identità, l'aveva fatta sentire niente. Aveva cancellato la vita che aveva vissuto per più di vent'anni, e di cui era felice.

    Era stato un padre mediocre, mai troppo affettuoso, e a volte si era chiesta perché. Lui le aveva dato la risposta che cercava la notte in cui Emma aveva lasciato Glenminster, dicendole di non essere suo padre, di aver sposato sua madre solo per darle la rispettabilità di un marito e un padre per sua figlia, nata da una relazione finita.

    Emma aveva detto al tassista di portarla dagli avvocati in centro, che avevano in custodia le chiavi di casa. Dopo avergliele consegnate, le chiesero di chiamarli l'indomani per discutere dei dettagli relativi al testamento di Jeremy Chalmers.

    L'avevano già informata che lui le aveva lasciato la casa, o non si sarebbe recata subito lì. Non sapeva se sarebbe riuscita a viverci, dopo che suo padre l'aveva ripudiata in un modo così crudele, ma le serviva un posto dove stare mentre cercava di riadattarsi alla vita a Glenminster.

    Di nuovo in taxi, chiavi in mano, diede al tassista le indicazioni per l'ultima tappa di quel viaggio che l'avrebbe riportata alle sue origini, e pensò mesta che era davvero un bel ritorno a casa.

    Guardò le chiavi, e il ricordo di come aveva fatto le valigie e se n'era andata da Glenminster le tornò vivido in mente. Voleva iniziare una nuova vita, per sostituire quella che Jeremy Chalmers aveva mandato in pezzi e infangato senza remore.

    L'unico pensiero che l'aveva accompagnata quella notte di tanti anni prima, mentre guidava fuori da quella cittadina ai piedi delle colline del Gloucestershire, era stato di andare da qualche parte in Africa, lì dove avrebbe potuto alleviare le sofferenze di persone malate grazie alla medicina, un luogo davvero lontano in cui avrebbe potuto ricominciare da capo.

    Fino a quel momento era stata limitata al ruolo di giovane dottore in un importante studio medico, ed era felice e soddisfatta, ma quella notte era stata sopraffatta dal bisogno di lasciare Glenminster.

    L'ultima cosa che aveva fatto prima di partire era stata lasciare un biglietto a casa di Lydia Forrester, la direttrice dello studio, per spiegare che stava per fare quello che aveva sempre desiderato – lavorare in Africa – e se n'era andata senza ulteriori spiegazioni.

    Il periodo che aveva passato lì era stato molte cose: soddisfacente, illuminante, stancante e solitario. Se fosse rimasta e fosse tornata a lavorare nello studio che conosceva così bene, nell'affollato centro cittadino, il ricordo di quella notte sarebbe tornato a perseguitarla, si chiese, o le avrebbe placato l'animo, e allontanato quel senso di solitudine?

    Eppure, sarebbe stato così anche nella casa dov'era accaduto tutto, e che era così vicina allo studio dove il suo patrigno era medico anziano?

    Emma era entrata a far parte del personale non appena si era laureata in medicina, e aveva vissuto felice e senza pensieri fino a quell'orribile giorno. Il lavoro l'aveva assorbita del tutto, e nel tempo libero usciva con una bella comitiva d'amici, e questo aveva smorzato la tristezza dell'atmosfera casalinga, composta solo da lei e Jeremy Chalmers, che la maggior parte del tempo neanche s'incontravano.

    Aveva perso sua madre troppo presto, una donna gentile e affettuosa, e lui era diventato la sua sola famiglia: un uomo con la passione del golf e un ottimo medico, con una particolare attenzione per l'altro sesso. Aveva dato prova di quanto gli piacessero le donne la notte in cui le aveva comunicato che avrebbe dovuto andarsene di casa, perché stava per risposarsi e la sua nuova moglie non l'avrebbe voluta in giro.

    «Bene» gli aveva detto, felice dell'opportunità di trovare un posto tutto per sé, ma irritata dalla noncuranza con cui lui le aveva annunciato di aver trovato un rimpiazzo per sua madre e che lei gli sarebbe stata tra i piedi. E poi aveva aggiunto: «Ma sono tua figlia, sai?».

    Lui le aveva risposto, seccamente: «È qui che ti sbagli. Ho sposato tua madre per darle un po' di dignità e per dare a te una figura paterna. Tu non sei mia figlia».

    «Cosa?» aveva esclamato lei, incredula. «Non ti credo.»

    «Devi farlo. Non hai altra scelta» aveva detto lui, rigirando ancor più il coltello nella piaga, mentre saliva le scale. «Lei non mi ha mai detto chi è il tuo vero padre, quindi non puoi correre da lui.»

    Quando infine aprì la porta di casa, la realtà prese il posto del suo doloroso passato. Non era cambiato nulla, pensò Emma, mentre girava per le stanze. Jeremy non aveva rinnovato nulla.

    La sua nuova moglie doveva essere stata molto facile da accontentare. Ma dov'era, ora che suo padre era morto dopo un infarto sul campo da golf? Era tutto molto strano. La vedova si era trasferita, ora che un nuovo proprietario era entrato in gioco?

    Se ne sarebbe preoccupata dopo aver parlato con il medico che aveva preso il posto di suo padre come anziano dello studio. L'assenza della donna che era entrata nella sua vita poteva essere messa da parte finché Emma non fosse stata informata della situazione allo studio.

    Ma prima di ogni altra cosa, c'era il problema di organizzare un funerale adatto per l'uomo che aveva creduto fosse suo padre per la maggior parte della sua vita. Jeremy era conosciuto in città, e ci sarebbero state molte persone desiderose di dirgli addio.

    Aveva saputo della sua morte un mese dopo l'accaduto, quando l'organizzazione per la quale lavorava l'aveva contattata in una remota regione africana, per darle la notizia, informandola che la sua presenza nel Regno Unito sarebbe stata necessaria per organizzare il funerale, perché era l'unica erede ed esecutrice del testamento.

    Era un pomeriggio freddo, l'inverno stava per prendere il posto di un caldo autunno, e abituata alle temperature tropicali, Emma fu felice di scoprire che i vecchi termosifoni di casa erano accesi, rendendo l'ambiente piacevolmente temperato.

    Una volta che ebbe finito di disfare i bagagli, sentì la fame attanagliarle lo stomaco e, aprendo il frigorifero, notò che era stato completamente riempito di ogni tipo di cibo che in Africa poteva solo sognare.

    Fu un bel momento. Qualcuno era stato incredibilmente attento e aveva anticipato ogni suo bisogno, ma chi? Sembrava che in quella casa non vivesse nessuno.

    Era venerdì, e quel fine settimana si prospettava lungo e solitario, dopo la visita all'avvocato. Con quel pensiero in mente, cercò qualcosa di caldo da indossare, ma non fu per nulla facile, visto che tutti gli abiti che aveva erano adatti a un clima decisamente più caldo. Stabilì di fare una passeggiata verso lo studio in centro, prima che chiudesse, per vedere se c'era ancora qualcuno del personale tra quelli che conosceva.

    Quando arrivò, era ormai circondata dal buio di quella notte invernale, e la clinica era chiusa; soltanto un cartello posto accanto alla porta era illuminato per informare il pubblico degli orari d'apertura e di quale numero chiamare in caso d'emergenza.

    Voltandosi per tornare indietro, udì la portiera di un'auto chiudersi bruscamente e, nella fioca luce di un lampione e di un paio di negozi ancora aperti, vide un uomo avvolto da una giacca scura, chiavi in mano, che si dirigeva verso la porta dello studio con grandi falcate. Vedendola, si fermò. «Lo studio è chiuso, come può vedere» esordì bruscamente. «Riaprirà domattina alle otto e trenta, e chiuderà alle dodici, visto che è sabato. Ciò detto, posso aiutarla in qualche modo?»

    «Ehm, no grazie, sto bene» gli disse, colpita dal suo atteggiamento e dalla sua comparsa improvvisa.

    «Bene, perché non ho molto tempo da perdere» spiegò lui. «Sono tornato solo a prendere dei documenti, e poi devo essere pronto ad accogliere la figlia prodiga del medico anziano dello studio, deceduto da poco. Una scocciatura, mi creda, visto che dovrò organizzarle una cena.»

    Emma lo guardò con gli occhi spalancati. Non sapeva minimamente chi fosse, e pensò che presto quell'uomo avrebbe avuto proprio una bella sorpresa.

    «Non so chi è lei» gli disse, «ma ha ovviamente qualcosa a che fare con la clinica, quindi forse posso risparmiarle uno degli oneri che mi ha appena descritto. Mi chiamo Emma Chalmers. Le dice qualcosa? Sono tornata a Glenminster per riprendere la proprietà che mio... ehm... padre mi ha lasciato e per trovare un posto come medico, se decidessi di restare.»

    Mentre lui la osservava, la bocca spalancata per la sorpresa, lei si voltò e se ne tornò da dov'era venuta.

    Erano le nove di sera quando qualcuno suonò alla porta, ed Emma andò ad aprire, cauta. Conosceva poco il quartiere e le persone che vi abitavano, dopo la lunga assenza, così prima di aprirla completamente, mise la catena alla porta.

    Era ancora lui, l'uomo dispotico di prima, proprio nel suo portico. E mentre lei lo guardava senza far trasparire nulla, lui disse: «Si starà chiedendo perché sono qui, suppongo». Lei scosse il capo.

    «Mi sono venuto a scusare per essere stato così terribile prima. La mia sola giustificazione è che mio padre abita con me al momento, e pretende i suoi pasti

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