Un uomo in regalo (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Anna Wesley non può sopportare di vedere qualcuno trascorrere da solo la vigilia di Natale. Nemmeno il suo nuovo assistente marketing, Cole Mansfield, anche se lo sbruffone ha giurato che è lì per soffiarle il posto. Così lo invita a cena con la sua famiglia. Grosso errore! Dato che Anna non ha mai portato un uomo a casa prima d'ora, i genitori, raggianti, corrono ad abbracciare quello che credono il futuro genero!
Lui potrebbe essere il dono giusto.
Flirtare con il proprio capo non è un'idea saggia, soprattutto se si hanno più segreti che buone intenzioni. Eppure Cole non riesce a stare lontano da Anna. Sarà colpa dell'atmosfera suggestiva... o di tutto quel vischio in giro...
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Anteprima del libro
Un uomo in regalo (eLit) - Darlene Gardner
successivo.
1
Era tutta colpa del pupazzo, Anna ne era certa. Se non avesse dimenticato la bambola parlante in ufficio adesso non sarebbe stata costretta a tornare indietro per riprenderla e non si sarebbe cacciata in quella situazione assurda.
Erano circa le sette di sera del ventiquattro dicembre e gli uffici della Skillington Ski erano chiusi da circa sei ore.
Che idiota, sono!, ripeté fra sé, reggendo il bambolotto fra le mani. Come aveva potuto dimenticarlo? Non che avrebbe fatto molta differenza, pensò. A parte suo nonno, che si sarebbe sbellicato dalle risate alla vista del giocattolo, gli altri non lo avrebbero degnato di uno sguardo.
Ma Anna adorava il nonno e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di renderlo felice. Persino entrare negli uffici della ditta per cui lavorava con in testa un cappuccio rosso bordato di bianco... nemmeno fosse la figlia, o la nipote, di Santa Claus. Se l'avesse vista qualcuno in quel momento avrebbe rovinato per sempre l'immagine di seria professionista che si era creata con tanta fatica.
Diede un'ultima occhiata alla sua scrivania, quindi fece per andarsene. La sua famiglia l'attendeva per la cena. Si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso l'ascensore all'estremità del lungo corridoio.
Fu allora che notò la luce proveniente dall'ufficio di Cole Mansfield. Cole, il suo assistente? Che cosa ci faceva lì a quell'ora? Un fastidioso sospetto si insinuò nella sua mente, ma lei lo accantonò subito, sorridendo di se stessa. Probabilmente la donna delle pulizie, ansiosa di tornare a casa in una serata così importante, si era dimenticata di spegnere la luce.
Anna detestava gli sprechi di ogni genere e compì un passo in quella direzione, decisa a fare il proprio dovere prima di correre a casa dei genitori. Non aveva ancora posato la mano sulla maniglia, però, che udì il ronzio di una stampante provenire da quello stesso ufficio.
Si bloccò terrorizzata, indecisa sul da farsi.
Chi diavolo c'è lì dentro?, domandò scioccamente al pupazzo parlante che reggeva in mano. Il fantasma del Natale o un ladro? Impossibile che si trattasse di Cole. Dopotutto il ragazzo lavorava alla Skillington da meno di un mese e a quell'ora doveva già essere ripartito per San Diego, la città da cui proveniva, ansioso di riunirsi alla propria famiglia e agli amici.
La stampante, intanto, non aveva cessato di ronzare neppure per un secondo. Decisa ad andare a fondo della vicenda, Anna inspirò profondamente nel tentativo di scacciare la paura. Raddrizzò le spalle, ricordò a se stessa la posizione che ricopriva all'interno della ditta e socchiuse piano la porta. Del resto era il direttore della sezione marketing della Skillington e Mansfield era alle sue dirette dipendenze. Aveva quindi tutto il diritto di controllare ciò che stava accadendo in quell'ufficio.
Sbirciò cauta all'interno della stanza e con sollievo vide che l'intruso era proprio Cole e non un ladro. Bussò con forza alla porta e senza attendere risposta avanzò nell'ampio ufficio.
L'uomo sobbalzò, quindi schiacciò un tasto del computer, il cui schermo divenne improvvisamente nero, e solo allora alzò gli occhi su di lei. Occhi talmente innocenti che Anna fu certa di aver soltanto immaginato l'espressione colpevole di poco prima.
«Salve, capo!» trillò lui, lanciandole un sorriso raggiante. «Non immaginavo ci fosse qualcun altro in ufficio, stasera.»
Lei non ribatté, limitandosi a osservarlo con attenzione. Indossava lo stesso completo grigio della mattina e non si era ancora liberato dell'assurda cravatta rossa sulla quale erano ricamati piccoli alberi di Natale colorati.
I capelli scuri gli sfioravano il colletto della camicia e gli ricadevano ribelli sulla fronte, arruffati come se vi avesse passato troppo spesso le dita. Un velo scuro gli ricopriva la mascella, donandogli un'aria assai virile, e la sottile montatura di metallo dei suoi occhiali non riusciva a nascondere la bellezza dei suoi occhi azzurri.
Inutile negarlo. Cole Mansfield era davvero un bel ragazzo, uno dei più attraenti che avessero mai messo piede alla Skillington. Alto un metro e ottanta circa, possedeva il fisico atletico di uno sportivo e una grazia di movimenti alquanto inusuale per uno della sua stazza.
Le dipendenti della ditta erano pazze di lui. Tutte tranne Anna, la quale non si era lasciata ingannare dal suo bel viso e neppure dai suoi muscoli. Come poteva quando, durante il colloquio d'assunzione, lui aveva annunciato con incredibile faccia tosta di voler prendere il suo posto, un giorno?
Purtroppo la ditta stava attraversando un momento di difficoltà e per quel motivo, nonostante Cole fosse laureato in economia e possedesse svariati master in management aziendale, lei lo aveva assunto come assistente personale. Inoltre non poteva negare di aver ammirato la sua brutale onestà. Aveva conosciuto così tanti bugiardi nella sua vita che la sincerità di Mansfield aveva suscitato in lei una certa ammirazione.
Questo non significava che avrebbe permesso all'ultimo arrivato di rubarle il lavoro che amava e nel quale era decisamente brava.
«Anche tu hai deciso di lavorare fino a tardi?» la precedette lui, prevenendo insidiose domande alle quali sarebbe stato difficile dare una risposta.
«Assolutamente no» ribatté lei. «Per me la vigilia di Natale è sacra. Sono passata a prendere alcuni documenti che voglio esaminare durante le vacanze.»
Cole non disse nulla, limitandosi a fissarla con insistenza, prima di replicare: «Spero ti sia ricordata di legare la tua renna. Non vorrei che scappasse».
«Scusa?» Che diavolo stava blaterando?
Il sorriso di Cole si fece sempre più evidente, ma fu solo quando lui indicò con il dito lo strano copricapo che lei aveva in testa che Anna capì. Mio Dio! Si era dimenticata di levare il berretto da Babbo Natale! Si portò una mano alla testa e con un gesto fulmineo se lo levò, nascondendolo dietro la schiena. Purtroppo la fretta e l'imbarazzo improvviso fecero sì che premesse con troppa forza il corpo del pupazzo, che subito si mise a borbottare con voce cavernosa. «Oh, oh, oh. Datemi la mia slitta.»
«Hai detto qualcosa?» volle sapere Cole, aggrottando le sopracciglia. Aveva raddrizzato le spalle e ora la fissava come se avesse di fronte un extraterrestre e non il suo capo.
«Naturalmente no» mentì lei con decisione. «Io non ho sentito nulla.»
«Strano» insistette lui. «Sono certo di non sbagliarmi quando dico che quel suono proveniva da dietro la tua schiena.»
«Sciocchezze.» Aumentò la presa sulla bambola, terrorizzata all'idea che potesse scivolarle dalla mano, ma il gesto produsse l'effetto contrario di quello desiderato.
«Oh, oh, oh. Sei stato un bambino buono?» tuonò la voce cavernosa, di nuovo.
Cole non riuscì a trattenere una risatina sardonica. «Ero certo di non essermi sbagliato!» esclamò con una certa soddisfazione.
Anna sospirò. Inutile mentire ancora, gli mostrò il pupazzo e dichiarò irritata: «Mio nonno adora tutto ciò che è meccanico e assolutamente inutile e ho pensato che questa bambola potesse piacergli. Soddisfatto?». Detestava fornire spiegazioni, specie ai propri dipendenti e specie se riguardavano la propria vita privata.
«La trovo molto carina» ribatté lui senza staccare lo sguardo dal suo viso. Il viso di Anna, non quello del pupazzo!
Che diavolo stava accadendo? Perché lui la stava fissando? Non lo aveva mai fatto prima e la cosa, strano a dirsi, non la infastidì. La emozionò, piuttosto. Contrariata con se stessa, Anna scrollò il capo, imponendosi di riprendere il controllo dei propri nervi. Lavoravano insieme da un mese e i loro rapporti erano impostati su rispetto e cortesia. Che lui stesse flirtando con lei non aveva alcun senso.
«A cosa stai lavorando esattamente?» gli domandò, ansiosa di portare la conversazione su un livello professionale. «Ci siamo dati tutti parecchio da fare in queste ultime settimane e credevo fosse chiaro che non c'era alcun bisogno di straordinari.»
«Lo so, ma ero a casa e mi sono venute alcune idee per la nuova campagna pubblicitaria, così ho pensato di metterle subito sulla carta. Sai, temevo di dimenticarle.» E quasi a dimostrare che non stava mentendo le sventolò davanti agli occhi un foglio appena uscito dalla stampante.
Lei annuì. Non che stesse davvero guardando il foglio. I muscoli dei suoi avambracci, piuttosto, messi in evidenza dal fatto che lui aveva arrotolato le maniche della camicia. Se non fosse stata la vigilia di Natale e lei non fosse già in ritardo per la cena avrebbe preteso di controllare ogni singola parola, ma quella sera... no.
«Meglio se torni a casa, ora» gli consigliò senza nascondere una punta di irritazione. «Tanto non potrò darti l'okay fino a gennaio.»
«Lo so, ma è più facile concentrarsi quando l'ufficio è vuoto. Non ho avuto alcun tipo di distrazioni» spiegò Cole, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso malizioso. Quindi soggiunse: «Fino a quando non sei arrivata tu».
Di nuovo Anna percepì una strana sensazione. A giudicare dalla sua espressione sorniona, la distrazione non gli era affatto dispiaciuta. Stava di nuovo flirtando con lei!
Impossibile. Cole Mansfield non stava affatto flirtando e lei doveva smettere di lasciare libero sfogo alla propria fantasia.
Vattene! Esci da quest'ufficio e va' dai tuoi genitori, si impose. Ma non si mosse. Non prima di aver scoperto cosa realmente lui stava facendo.
«Non hai impegni per questa sera?»
«No» rispose lui, scrollando le spalle come se non gli importasse di stare chiuso in ufficio in un momento speciale come quello.
Anna non capiva. Lei adorava il Natale e non concepiva che qualcuno potesse preferire il lavoro a intimi momenti da trascorrere con familiari e amici. Ma Cole proveniva da un altro stato ed era in Pennsylvania da un mese soltanto. Forse non aveva avuto il tempo di farsi degli amici.
«Sono certa che la tua famiglia avrebbe piacere di vederti» improvvisò, sperando che lui abboccasse e raccontasse qualcosa di sé.
Le andò male.
«Sono single» la informò infatti lui.
«Mi riferivo a genitori e parenti. Sai, madre, padre, fratelli, sorelle...»
«Non ne ho.»
«Avrai almeno un padre e una madre» insistette lei.
«Be', di quelli ne ho più che in abbondanza. Due padri e due madri.»
Lei gli lanciò un'occhiata interrogativa, ma lui finse di non notarlo e non fornì alcuna ulteriore spiegazione.
«Quattro genitori...» ripeté Anna, sconcertata. «Almeno uno di loro sentirà la tua mancanza.»
«Non credo. Sono tutti in vacanza.»
«Insieme?»
«Separati» spiegò lui, che cominciava a trovare divertente quell'assurda conversazione. «Non siamo così moderni.»
A quella notizia Anna si sentì stringere il cuore. Povero Cole! Triste e solo durante le feste, in un paese che non era il suo, senza amici né famiglia... «Non mi stai dicendo che hai intenzione di trascorrere la vigilia di Natale da solo, vero?»
«Non da solo» la tranquillizzò lui. «Con Jimmy Stewart.»
Ogni particella del corpo di Anna si rilassò a