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Il capo ai miei ordini: Harmony Jolly
Il capo ai miei ordini: Harmony Jolly
Il capo ai miei ordini: Harmony Jolly
E-book162 pagine2 ore

Il capo ai miei ordini: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo?
Certo. Provare per credere!


Bella Maldini, all'apparenza, è la donna più fortunata della Terra. Figlia di un ricco industriale, ha sempre vissuto nello sfarzo ed è riuscita anche a realizzare il suo grande sogno: diventare una chef di fama internazionale. C'è una sola cosa che Bella, però, vorrebbe veramente, l'approvazione incondizionata del padre, che invece non è mai arrivata.
Ora ha la sua grande occasione: dovrà organizzare il ristorante del nuovo albergo che suo padre ha aperto in una nota città balneare australiana. Lei non vede l'ora di cominciare, l'unico piccolo problema è che dovrà lavorare alle dipendenze del nuovo direttore, l'affascinante Dominic Wright. L'uomo che tutte vorrebbero nel proprio letto.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984390
Il capo ai miei ordini: Harmony Jolly
Autore

Michelle Douglas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il capo ai miei ordini - Michelle Douglas

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Bella’s Impossible Boss

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Michelle Douglas

    Traduzione di Federica Jean

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    HHarlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-439-0

    1

    Sarebbe arrivata in ritardo!

    In ritardo.

    In ritardo.

    I tacchi delle scarpe di Bella battevano quella parola a ogni passo, rimproverandola, condannandola, dicendole che non sarebbe mai stata all’altezza.

    Lanciò un’occhiata all’orologio e si ingiunse di smetterla. Sarebbe arrivata al meeting in orario perfetto. La sua era solo paranoia.

    Certo, non avrebbe dovuto fermarsi a parlare con Charlie.

    Accelerò il passo.

    Incapace.

    Incapace.

    Stupida.

    Stupida.

    Serrò un pugno. Dopo quel che aveva sentito per caso la settimana scorsa, sarebbe dovuta stare più attenta. Voleva che suo padre cambiasse idea su di lei, non convincerlo che aveva ragione.

    Viziata, testarda, non ha un briciolo di buonsenso! Non sa cosa vuol dire lavorare sodo.

    Era quello che il padre stava dicendo a sua zia al telefono, il mercoledì prima, quando Bella aveva alzato per caso la cornetta della derivazione della cucina.

    Ed è colpa mia.

    Rallentò e si fermò, la gola serrata. Il dolore che aveva sentito nella voce di suo padre...

    Oh, papà, mi dispiace tanto. L’aveva deluso tante di quelle volte... E lui se ne attribuiva la colpa!

    Si scostò dal muro e raddrizzò la schiena. Era cambiata, in quei diciotto mesi in Italia. Gli avrebbe dimostrato quanto valeva. Lo avrebbe reso fiero di lei.

    Per darsi coraggio, scorse i contenuti delle cartelline colorate che aveva portato con sé.

    Oh, no! Aveva lasciato gli esempi di menu in cucina, da Charlie! Guardò l’orologio. Aveva la scelta tra correre verso l’ufficio del padre e arrivare in orario, oppure tornare in cucina, prendere i menu e dimostrare a lui e al suo braccio destro, Dominic Wright, com’era organizzata e creativa... arrivando con un lieve ritardo.

    Organizzazione, creatività e dedizione, o puntualità?

    Imprecando sottovoce si voltò e tornò indietro. Girato l’angolo, udì il lieve ding dell’ascensore e cominciò a correre. «Aspettate!» gridò, ma le porte si chiusero prima che potesse raggiungerle.

    Premette il pulsante una volta e poi due, ma le porte non si aprirono. La lucina sopra la porta la informò che l’ascensore stava scendendo. Bella colpì il muro con una mano. Dannazione!

    Prese un respiro e raddrizzò le spalle. Bene, addio menu. Poteva solo sperare che le cartelle colorate dessero l’impressione di organizzazione e creatività. E che nessuno facesse troppe domande.

    Katie, la segretaria di suo padre, le aveva mandato il file informativo la sera prima.

    Per favore, non dire a Marco che ho fatto tardi!, l’aveva scongiurata la povera donna.

    Bella aveva avuto appena il tempo di stampare il file. Lo avrebbe letto in seguito. Diede un’occhiata all’orologio e cominciò a correre a perdifiato.

    Sii professionale, si disse mentre sfrecciava lungo il corridoio. Mento alto, spalle dritte. Doveva emanare efficienza e competenza. Doveva dimostrare al padre che la sua fiducia non era malriposta.

    Sempre che abbia ancora fiducia in me, pensò, mentre apriva la porta dell’ufficio del padre.

    Quando lo vide dovette impedirsi di corrergli incontro e dirgli quanto gli voleva bene e quanto le era mancato quando era in Italia.

    Professionale. Devo essere professionale.

    Soprattutto perché non era solo. Strinse più forte le cartelle.

    Marco Luciano Maldini si voltò a guardarla.

    «Sei in ritardo!» osservò, seccamente. Lei guardò l’orologio e aggrottò la fronte. Suo padre fece lo stesso.

    Oh, come avrebbe voluto che le sorridesse! Non le sorrise, lei invece sì. Era tanto contenta di rivederlo! E gli era grata di questa opportunità.

    «Ciao, papà» disse. «Se ho fatto tardi, mi spiace.»

    Lui esitò, e per un attimo Bella pensò che stesse per scusarsi per il tono aspro, magari ammettendo che non era in ritardo. Invece, incrociò le braccia e la guardò severamente.

    «La mia segretaria ti ha lasciato un messaggio al cellulare per informarti che avremmo anticipato l’incontro di quindici minuti.»

    Oh, accidenti! Era davvero in ritardo!

    Strinse le cartelle ancora più forte.

    «Mi dispiace. L’avevo spento perché non disturbasse i miei preparativi per la riunione» mormorò, fissandosi le scarpe.

    Suo padre bofonchiò qualcosa di incomprensibile e le voltò le spalle.

    Fallita.

    Stupida.

    Sciocca.

    «Dominic, ti presento mia figlia, Bella. Bella, questo è Dominic Wright» disse suo padre.

    L’uomo si voltò e lei aprì la bocca per dire gentilmente: lieta di conoscerla. Ma quando il suo sguardo si scontrò con l’azzurro intenso degli occhi di lui, le parole le evaporarono sulle labbra.

    Santo cielo. Un paio di occhi azzurri non avrebbero dovuto lasciarla senza parole. E tantomeno una testa di capelli fulvi. Ma la combinazione tra i due... Tentò di espellere l’aria imprigionata nei polmoni.

    Non aveva creduto a Catriona e Cecily quando le avevano detto che Dominic Wright era bellissimo. Diamine, non le erano mai piaciuti gli uomini con i capelli rossi.

    In realtà erano di un biondo intensamente dorato, fulvi come la criniera di un leone.

    Non guardarlo a bocca aperta. Sii professionale.

    Si schiarì la gola. «Ehm... Lieta di conoscerla, signor Wright» borbottò.

    «Dominic» la corresse lui, senza sorridere.

    Questo era l’uomo che aveva nelle mani il suo futuro? Di colpo la camicetta bianca che indossava le sembrò troppo stretta. Secondo le cugine, Dominic era il dongiovanni più pericoloso di Sydney.

    Dovevano essere tutte sciocchezze. A dire la verità, sembrava più il classico capo severo che un playboy. In quel momento, la stava squadrando con quegli splendidi occhi come se potesse valutarla in dieci secondi. Come se non valesse la pena di perderci più di dieci secondi.

    Con uno sforzo sovrumano, lei continuò a sorridere. «Per buona educazione, dovresti dirmi che il piacere è tutto tuo, Dominic.»

    Solo allora le rivolse un sorriso. L’angolo delle labbra si incurvò e le sottili rughe al lato degli occhi si accentuarono. «Lieto di conoscerti, Bella.»

    Per un momento, le sembrò che il mondo si fermasse, e poi, di colpo, ricominciasse a muoversi. Oh-oh. Le cugine avevano ragione. Era davvero un playboy. Bellissimo, affascinante.

    Quando Dominic le tese la mano, la strinse automaticamente. Non riusciva a emettere un suono. La mano di lui si chiuse sulla sua e la trattenne un istante più del necessario. Il battito del cuore di Bella accelerò.

    «Il piacere è tutto mio» le mormorò.

    Lei ci mise un istante per ritrovare la voce. «Grazie.»

    Ritrasse la mano e strinse le cartelline, cercando di ignorare il brivido che aveva provato quando le aveva sfiorato la mano. Nonostante l’aureola dorata dei capelli e il calore del suo sorriso, veniva chiamato l’Uomo di ghiaccio, e non era difficile capire perché.

    In ogni caso era l’unica persona che poteva influenzare l’opinione di suo padre. Doveva stare molto attenta.

    «Allora, cominciamo» disse suo padre, bruscamente. «Sedetevi» aggiunse, indicando le sedie.

    Anche se le sembrava di sentire il calore del corpo di Dominic accanto al suo, Bella mantenne lo sguardo sul padre.

    Professionalità, si ricordò.

    Marco posò i gomiti sulla scrivania e unì la punta delle dita. «Dominic, voglio che tu e Bella lavoriate al Maldini Newcastle» dichiarò senza tanti preamboli. «Lo preparerete per l’inaugurazione, tra otto settimane.»

    Dominic si sentì pervadere da un senso di trionfo, ma anni di allenamento fecero sì che il suo viso non rivelasse niente. Assumere la direzione dell’hotel simbolo di Marco era il primo passo verso la direzione di tutto il ramo turistico della Maldini Corporation. Se il Maldini Newcastle avesse avuto successo, avrebbero varato una catena di hotel Maldini a cinque stelle in tutte le principali città dell’Australia, per poi passare al mercato internazionale: New York, Londra, Roma...

    Il potenziale era enorme. Desiderava da tempo un cambiamento, e ottenere la direzione del ramo turistico era proprio ciò che desiderava.

    Quindi, era deciso a fare in modo che il Maldini Newcastle superasse ogni aspettativa del suo capo.

    Quel che non aveva previsto, però, era che gli venisse rifilata la figlia del capo. Le lanciò un’occhiata in tralice e si sentì serrare lo stomaco. Bella non somigliava affatto alla bimba bruna e paffuta della foto sulla scrivania di Marco. E nemmeno alla ragazza svogliata e modaiola che aveva immaginato tutte le volte che aveva sentito Marco disperarsi a causa sua.

    «Vuoi che Bella lavori all’hotel?» chiese, senza cercare di nascondere il suo scetticismo.

    Bella si irrigidì e guardò il padre.

    «Non gli avevi ancora detto che volevi che lavorassimo insieme?» chiese. «Ma se l’hai deciso la settimana scorsa!»

    Marco batté un palmo sulla scrivania. «Faccio le cose a modo mio, signorina. Questa è la mia azienda, e la gestisco come meglio credo.»

    Lei si appoggiò lentamente allo schienale della sedia e incrociò le braccia.

    «Non glielo hai detto perché temevi che avrebbe rifiutato di lavorare con me.»

    Marco strinse la mascella, ma non rispose. Non occorreva. Dominic sapeva che Bella aveva ragione: se ne avesse avuto il tempo, avrebbe fatto il possibile per far cambiare idea a Marco, e lui avrebbe ceduto, perché non voleva perderlo. Si schiarì la gola.

    «Marco... Che ruolo pensi di affidare a Bella?»

    L’uomo sospirò. «Dice di essere in grado di creare il ristorante dei miei sogni. Le sue competenze si limiteranno alle cucine e alla sala da pranzo, mentre tu avrai la direzione generale.» Dominic annuì. Non si era aspettato niente di meno. «E tu, ragazza mia, lo consulterai su tutto» proseguì Marco, voltandosi verso Bella.

    «Certo.»

    Dominic la guardò, senza farsi ingannare nemmeno per un istante. Dietro quelle labbra morbide e quegli occhi color caramello, si celava una donna incostante, capricciosa e inaffidabile. Aveva gettato al vento ogni occasione che Marco le aveva offerto, e ora faceva la condiscendente solo per compiacere suo padre.

    Con quel sorriso dolcissimo poteva ingannare Marco, ma Dominic, non si sarebbe fatto abbindolare. Lui era diverso da suo padre.

    «Bella è ferrata sulla cucina ma non sa nulla di gestione» lo avvertì Marco. «Dovrai insegnarle tutto.»

    Dominic sbatté le palpebre. Marco non diceva sul serio! Bella si sarebbe stufata di questo incarico come di tutti quelli precedenti. E lui non aveva intenzione di sprecare il suo tempo con chi

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