Due cuori tra le nuvole: Harmony Destiny
Di Gina Wilkins
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Due cuori tra le nuvole - Gina Wilkins
successivo.
1
«Lockhart! Voglio parlare con te!»
Steven Lockhart abbozzò una smorfia infastidita, ma non si fermò. Stava attraversando il parcheggio che conduceva al proprio ufficio, era in notevole ritardo e non aveva alcuna intenzione di perdere tempo prezioso. Forse, se avesse finto di non udirla, Casey lo avrebbe lasciato in pace.
«Maledizione, Lockhart, non osare ignorarmi!» Lo detestava quando si comportava a quel modo. «Ci sono alcune cosette di cui vorrei discutere con te.»
Il suo tono di voce si era fatto più acuto, e lui sbuffò. Anche quel giorno avrebbero dato spettacolo. Le persone che lavoravano nel piccolo eliporto regionale di Jonesboro, Arkansas, si erano ormai abituate agli scontri tra Steven Lockhart e Casey Jansen, e li attendevano con ansia, quasi si trattasse di un'appassionante soap opera.
In genere Steve non si tirava indietro, se non altro perché tali schermaglie gli fornivano l'occasione di trascorrere del tempo con la ragazza più sensazionale che lui avesse mai conosciuto, ma quel giorno non si poteva permettere alcun ritardo.
Allungò il passo e si diresse verso gli uffici della Lockhart Air, di cui era il proprietario.
«Dille che non ci sono» ordinò alla propria assistente, nonché segretaria tuttofare, passando davanti alla sua scrivania. Quindi si chiuse la porta del proprio ufficio alle spalle.
«Come sarebbe a dire, non c'è? Non sono scema, l'ho appena visto entrare e...»
Casey era furiosa e Steve emise un sospiro esasperato. Afferrò il ricevitore e si concentrò sulle telefonate da fare. Madeleine sapeva il fatto suo e se ne sarebbe liberata al più presto.
Mezz'ora dopo Steve usciva dal proprio rifugio con un sorriso soddisfatto dipinto in volto. «Ottimo lavoro, Maddie... come al solito.»
La donna scosse il capo. «Fossi in te starei all'erta. La Jansen era fuori di sé e sono sicura che tornerà.»
Steve non ne dubitava. Anzi, se lei non gli avesse fatto visita nel giro di un paio d'ore la sarebbe andata a cercare personalmente.
Scrollò le spalle, dandosi dell'idiota. Lui e Casey erano rivali in affari e lei lo detestava profondamente. Che lui si fosse preso una cotta per lei non facilitava affatto le cose.
«Qualche chiamata per me?»
Inutile fasciarsi il capo prima di esserselo rotto, rifletté tra sé. L'ufficio della sua bella concorrente era a poche decine di metri dal suo, e l'avrebbe rivista al più presto.
Maddie gli mise in mano un plico di foglietti gialli. «Niente che non possa essere rimandato a domani.»
«Ottimo, visto che stasera devo essere a Memphis per contrattare l'acquisto di un Beechcraft. Se il prezzo è buono, domani avremo un altro elicottero per la nostra flotta.»
La donna rise divertita. La flotta, come la chiama va il capo, consisteva in tre aerei soltanto. «Cerca di non mandarci in rovina!»
Steve annuì. Non c'era bisogno che gli venisse ricordata la loro precaria situazione finanziaria. Gli affari procedevano piuttosto bene, ma la compagnia non aveva ancora due anni, e ogni nuovo acquisto o investimento doveva essere calcolato con prudenza.
«Non finché sarai tu a gestire i miei conti, tesoro» la rassicurò lui. Si chiedeva spesso cosa avrebbe fatto senza Maddie.
Responsabile e scrupolosa, la sua assistente era un mago con i numeri. Il fatto che fosse single, poi, faceva sì che ogni sua energia fosse concentrata sul lavoro.
«B.J. è tornato?» le chiese grattandosi il mento.
L'altra scrollò il capo, alzando gli occhi al cielo. «Non ancora. Sta dando lezioni di volo alla Woodward.» Lo disse con aria talmente seria che scoppiarono a ridere entrambi.
Alice Woodward era troppo emotiva e insicura per diventare un buon pilota, ma era molto ricca, e alla Lockhart Air ci si augurava che continuasse a prendere lezioni per molto tempo ancora.
«Basta che B.J. non perda la pazienza, come al solito.» Mentre parlava, Steve aveva dato un'occhiata ai messaggi telefonici, e ora si accingeva a gettarli nel cestino della carta straccia.
La vista delle cartacce gli ricordò che da ben cinque giorni non si aveva alcuna notizia della ragazza che da sei mesi a quella parte puliva i loro uffici.
«Nessuna nuova di Janice?» domandò.
Madeleine scosse il capo. «Nulla. Inizio a essere preoccupata. Non è da lei non avvertire.»
«Hai ragione» fu d'accordo Steve, che non conosceva bene la ragazza, ma che era molto soddisfatto del suo lavoro.
Janice aveva poco più di vent'anni, non aveva legami e abitava sola. A complicare le cose, era incinta di almeno otto mesi.
Negli ultimi cinque giorni l'avevano chiamata più volte all'unico numero che lei aveva fornito loro, ma rintracciarla era risultato impossibile. La cosa era parsa strana a tutti, visto che la giovane aveva l'abitudine di avvertire anche quando era in ritardo di pochi minuti.
Il lunedì precedente non si era presentata al lavoro, e il martedì Steve aveva guidato fino al campeggio in cui lei alloggiava. Aveva fatto più volte il giro del modesto camper in cui abitava, ma di lei nessuna traccia.
E oggi è già venerdì, pensò, sempre più preoccupato. Dev'esserle per forza accaduto qualcosa.
«Avremmo dovuto insistere per avere un recapito telefonico» borbottò la segretaria, lanciando un'occhiata guardinga verso la porta.
«Già» le fece eco Steve, seguendo il suo sguardo. Casey Jansen stava dirigendosi verso il loro ufficio con passo spedito ed espressione bellicosa.
Nel giro di pochi secondi irrompeva nella stanza, piazzandosi davanti a lui con le mani sui fianchi.
«Sei tornato, a quanto pare!» sbraitò. «Non osare mai più fingere di non vedermi, Lockhart, o te ne farò pentire!»
Steve non replicò, troppo emozionato per ribattere. Dio, quanto gli piaceva quella donna! Tutto di lei lo attraeva. La massa di capelli castani che le ricadevano morbidi sulle spalle, il fisico slanciato e formoso, il viso aristocratico ed espressivo in cui brillavano profondi occhi blu, ma soprattutto il suo carattere forte e determinato.
Casey aveva coraggio da vendere.
In quel preciso istante, però, non era la personalità di lei ad attrarlo. Era la sua bocca carnosa e sexy, che lei evidenziava con un rossetto marrone per nulla appariscente ma assolutamente evocativo di baci lunghi e appassionati.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per baciarla e sentire finalmente il sapore di quelle labbra sulle proprie, ma avrebbe resistito. Lei non era ancora pronta ad ammettere che, mista all'ostilità, tra loro esisteva una fortissima attrazione sessuale.
Anche se tutti se ne erano accorti.
«Sono qui per parlarti di...» iniziò lei in tono bellicoso.
Lui conosceva perfettamente il motivo di quella visita, ma la interruppe con una domanda più urgente. «Hai sentito Janice di recente?»
La ragazza si occupava anche delle pulizie degli uffici della Jansen Charter Service, la compagnia di Casey, e forse lei sapeva che fine avesse fatto.
Non ebbe fortuna.
«Janice?» ripeté l'altra, sconcertata.
«La ragazza delle pulizie.»
«Ho capito, non sono un'idiota» si risentì lei. «Mi pare ovvio che ha lasciato il lavoro.»
«Ti ha avvertito che se ne sarebbe andata?»
«No, ma non lo ha fatto nemmeno quella che l'ha preceduta.»
«Il paragone non calza, dolcezza. Sue è stata arrestata per possesso di marijuana, mentre Janice è una brava ragazza. Io e Madeleine temiamo che sia nei guai. Era molto nervosa, di recente, e non è da lei non avvertire.»
Casey non condivideva l'apprensione di lui. «Sarà tornata dalla sua famiglia, oppure dal padre del bambino» suggerì. «In effetti mi chiedo dove abbia trovato la forza e l'energia per lavorare fino a ora.»
«Non sei preoccupata?» si lasciò sfuggire lui, esitante, pur sapendo che il loro modo di condurre gli affari era agli antipodi. Lui si interessava alle persone e lei alle cifre, ma non l'aveva mai considerata una persona fredda e senza cuore.
«Senti, Lockhart» iniziò Casey spazientita. «Sono in apprensione per quella ragazza sin da quando ho scoperto che aveva vent'anni, era incinta ed era sola. Ma ogni volta che le ho offerto il mio aiuto lei lo ha rifiutato, mettendo bene in chiaro che non erano affari miei. Cosa dovevo fare?»
Non le si poteva dare torto.
«Ho chiamato una nuova impresa di pulizie e ho chiesto che mi mandassero qualcuno al più presto. Ti consiglio di fare la stessa cosa» gli suggerì quindi guardandosi intorno.
«Hai ragione» ammise lui, «ma questo non cambia le cose. Janice non se ne sarebbe mai andata senza un minimo preavviso» insistette. «Sono certo che tornerà non appena le sarà possibile.»
«Forse» concesse Casey poco convinta, passandosi una mano tra i capelli. «Ma nel frattempo mi piacerebbe che i miei uffici non fossero sommersi dalla polvere!»
Lui si incantò a guardarla. Pareva stanca, e la cosa lo intenerì. L'aveva spesso accusata di essere troppo dura e glaciale, ma si rendeva conto che lei non aveva avuto scelta. Dopo la morte di suo padre si era incaricata di dirigere la compagnia nel migliore dei modi, e aveva affrontato ogni ostacolo a muso duro, impegnandosi al massimo. Non sapeva quanto si intendesse di aerei, ma si stava dando parecchio da fare per tenere alto il nome della Jansen.
Era pazzo di lei e prima o poi l'avrebbe convinta della reciprocità della cosa.
«Signore, mi duole informarvi che i nostri uffici stanno per chiudere. Maddie, sono le sei, va' pure a casa. In quanto a te, dolcezza, è sempre un piacere vederti, ma non posso restare. Ci vediamo lunedì.»
Casey gli lanciò un'occhiataccia. «Tu non vai da nessuna parte, Lockhart!» lo aggredì. «Non prima che io ti abbia detto ciò che penso di te e dei tuoi modi subdoli. E smetti di chiamarmi dolcezza, non lo sopporto.»
Lui rise sotto i baffi che non aveva. «Sono spiacente, signorina Jansen, ma la nostra conversazione dovrà essere rimandata a lunedì prossimo. Mi aspettano a Memphis questa sera e sono già in ritardo sulla tabella di marcia. E ora, se vuoi scusarmi...» Aprì la porta e si scostò per farla passare.
Il calore accumulato dal terreno durante quella magnifica giornata di settembre li avvolse all'improvviso, e lei temette che i tacchi delle scarpe le restassero incollati all'asfalto.
Steve, dal canto suo, sentì la suola degli anfibi neri farsi sempre più calda e affrettò il passo verso l'aviorimessa.
Casey gli stava alle costole.
«Lockhart, maledizione, aspettami!» gli urlò alle spalle. «Ti odio quando fingi di ignorarmi!»
Lui si voltò e le rivolse un sorriso mielato. «Lo so, dolcezza, ma non puoi negare che la cosa ti offra una perfetta