Un affare per due: Harmony Destiny
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Anne Marie Winston
Nata in Pennsylvania, ha iniziato a leggere romanzi rosa tanto, tanto tempo fa e ancora stenta a credere che ora qualcuno la paghi per leggerli e scriverli!
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Anteprima del libro
Un affare per due - Anne Marie Winston
successivo.
1
Sylvie Bennett richiuse la porta del proprio appartamento e si diresse in fretta verso le scale dell'edificio noto con il nome di Amber Court.
Rallentò il passo quando raggiunse l'ultimo degli scalini di marmo che conducevano all'ingresso: attraverso la porta a vetri che dava sulla strada riusciva a vedere i grossi fiocchi di neve che cadevano su Youngsville, Indiana, la sua città.
Fantastico, pensò con amara ironia. Una tempesta di neve era l'ultima cosa di cui avesse bisogno quel giorno. In genere le piaceva raggiungere il posto di lavoro a piedi piuttosto che con l'autobus, ma quella mattina aveva davvero bisogno di arrivare in ufficio in perfetto ordine, con un aspetto curato e professionale. Vestiti bagnati, guance arrossate e capelli imbiancati di neve non sarebbero stati l'ideale per dare di sé una buona impressione.
Il suo abituale buonumore peggiorò mentre pensava a ciò che intendeva fare di lì a poco. Con ogni probabilità quella sera avrebbe ripercorso la strada che conduceva a casa senza più avere un lavoro.
«Sylvie, buongiorno!»
Un sorriso le incurvò le labbra quando vide Rose Carson, la sua padrona di casa nonché sua grande amica. Una pesante vestaglia di flanella copriva le curve generose della donna, i cui riccioli ormai grigi erano arruffati come se non si fosse ancora presa il disturbo di pettinarsi. Aveva un aspetto dolce e caldo, non diverso da quello che immaginava per la madre che non aveva mai avuto, pensò Sylvie. La loro amicizia aveva per lei il valore di un tesoro inestimabile.
«Come stai oggi?» Sylvie attraversò l'atrio pavimentato di marmo bianco e si avvicinò alla porta dell'appartamento di Rose, dove la donna più anziana la stava aspettando, un quotidiano in mano.
«Sto benissimo» replicò Rose allegra. «Ho la sensazione che oggi sarà una giornata meravigliosa, nonostante la neve.»
Sylvie sorrise, un sorriso reso amaro dai pensieri che le turbinavano in mente. «Almeno fosse vero» commentò, poi appoggiò il cappotto sulla balaustra delle scale e si drappeggiò la sciarpa di lana intorno al collo.
«Che bel vestito indossi, tesoro» si complimentò Rose, allungando una mano per sfiorare il bavero della giacca di Sylvie. «Scusa se te lo dico, ma avresti bisogno di qualche monile per renderlo più importante.»
«Forse» commentò Sylvie distratta, «ma l'unico gioiello che possiedo è una spilla così piccola da essere praticamente invisibile.»
«Vergognati, ragazza mia! Lavori per una delle più prestigiose gioiellerie della città e non possiedi neanche un gioiello?» Rose alzò una mano per indicarle di attendere un istante. «Ho io quel che ci vuole.»
«Rose, non devi...» protestò Sylvie, ma la sua amica era già rientrata in casa senza lasciarle il tempo di concludere la frase.
«Ecco qui» annunciò Rose con aria trionfante, quando la raggiunse pochi minuti dopo. In mano reggeva una spilla d'oro bellissima, con una grande pietra di ambra che brillava al centro circondata da altre gemme. «Ma, Rose... È... è spettacolare!» esclamò Sylvie. «Dove l'hai comprata? Chi l'ha realizzata?»
«Un disegnatore che ho conosciuto anni fa» le spiegò Rose in tono evasivo. Appuntò la spilla sulla giacca della giovane e dichiarò: «Questa spilla è proprio quel che ti serve oggi».
«Ma non posso accettare... Ha troppo valore» protestò ancora Sylvie.
«È chiusa nel mio cofanetto non so più da quanto tempo» obiettò Rose. «Guarda che bell'effetto fa» aggiunse, prendendo Sylvie per le spalle e inducendola a girarsi verso l'enorme specchio che ricopriva quasi un'intera parete dell'androne.
«Perfetta, vero?» commentò Sylvie sfiorando le gemme scintillanti con la punta delle dita. Aveva bisogno della massima fiducia in se stessa, e quell'oggetto poteva aiutarla, in fin dei conti. «Va bene.» Abbracciò la vecchia amica e la baciò su una guancia. «Hai vinto. La terrò, ma sarà mia cura restituirtela al più presto.»
«Brava!» Rose batté le mani come avrebbe fatto una bambina felice. «Ma adesso farai bene ad andare, mia cara. So che devi arrivare in ufficio prima del solito, oggi, e le strade sono molto scivolose, per quel che ho potuto vedere dalla finestra.»
Sylvie annuì. Annodò la sciarpa e infilò il cappotto lungo fino alle caviglie, avendo cura di alzare il bavero. «Augurami buona fortuna» disse. «Mi aspetta una riunione molto importante.» Quella non era una bugia. Il fatto poi che lei non fosse stata invitata a partecipare alla riunione non poteva avere troppa importanza.
«Buona fortuna.» Rose alzò una mano e incrociò le dita. «Ma con quella spilla te la sei già praticamente assicurata.»
Sylvie aprì la pesante porta d'ingresso, la testa abbassata per affrontare il vento gelido. «Grazie ancora, Rose. Ci vedremo questa sera.»
«Basta così, signor Grey! Quel che lei sta proponendo può anche essere legale, ma sicuramente è immorale!»
Due ore dopo essere giunta in ufficio, Sylvie fece il suo ingresso nella sala conferenze e avanzò con passo deciso verso il gran tavolo ovale accanto al quale erano seduti i dirigenti della Colette, Inc., l'importante gioielleria per cui lei aveva lavorato negli ultimi cinque anni. L'azienda che le aveva offerto sicurezza per la prima volta nella sua vita, e non solo economica. Colette e i suoi impiegati erano la sua famiglia, e nessuno avrebbe portato scompiglio nella sua famiglia.
Un mormorio di sorpresa si levò nella sala, ma Sylvie lo notò appena. Tutta la sua attenzione era concentrata sull'uomo che sedeva a capotavola e che in quel momento si stava alzando lentamente in piedi.
Un crampo di apprensione le contrasse lo stomaco. Non avrebbe mai immaginato di possedere una tale audacia, ma qualcuno doveva pur dire il fatto suo a quell'individuo spregevole!
Sylvie guardò dritto negli occhi di Marcus Grey, l'uomo che stava facendo del suo meglio per distruggere la Colette. Mentre si avvicinava a lui un crampo dovuto a tutt'altra sensazione le attanagliò lo stomaco. Cielo, ma quel tizio era così diverso dalle poche fotografie che aveva visto sui giornali! E di sicuro non aveva l'aspetto dell'orco cattivo che la sua fantasia le aveva suggerito.
In effetti, più che un orco sembrava un principe, pensò Sylvie, vivendo un istante di pura attrazione fisica. Aveva la mascella quadrata e il mento puntato verso l'alto in un atteggiamento aggressivo, la pelle del viso abbronzata si accordava perfettamente con i capelli color dell'oro. Troppo perfettamente. Gli occhi verdi risplendevano quasi fossero stati due smeraldi. Il naso forte e leggermente aquilino ombreggiava una bocca troppo sensuale, che in quel momento era incurvata in un sorriso decisamente poco appropriato all'occasione.
Sylvie si rese conto di essere arrossita. Scrollò le spalle. Ebbene, quell'uomo era attraente, ma per lei restava sempre un orco.
Il signor Grey si limitò a fissarla. Non sarebbe stata lei ad abbassare lo sguardo per prima, decise Sylvie. Ma mentre quegli occhi di fuoco continuavano a divorarla, la sua apprensione aumentò al punto tale che fu costretta a chinare il volto.
«Dal momento che non ho ancora proposto nulla, non vedo cosa ci sia d'immorale nel presenziare a una riunione dei dirigenti, dal momento che io sono il maggior azionista.» La voce di Grey era fredda e tranquilla. Nonostante il sorriso che ancora aleggiava sulle sue labbra, scandì ogni parola con cura estrema, sottolineando così il fatto che erano tutte rivolte a lei.
«Ho saputo dei suoi progetti» affermò Sylvie, fermandosi davanti a lui e puntandogli contro un dito accusatore. «Qui, alla Colette, lo abbiamo saputo tutti. Noi siamo come una famiglia, signor Grey, e non le permetteremo di distruggerci.»
Marcus Grey inarcò le sopracciglia. Il suo sguardo le accarezzò il corpo lentamente, dai capelli sino ai piedi. Sylvie sentì la sua collera aumentare ma allo stesso tempo la pelle le bruciava dove i suoi occhi si soffermavano. Il cuore cominciò a batterle all'impazzata, il respiro divenne affannoso. Tu dovresti sentirti offeso per questo!, rimproverò silenziosamente il proprio corpo traditore.
Quando lui tornò a guardarla in viso, il suo sorriso era diventato ancora più ampio. «Devo ammettere che mi coglie di sorpresa, signorina...»
«Bennett» sibilò Sylvie, assolutamente irritata con se stessa per la sua reazione a un uomo, pur se un uomo indubbiamente bellissimo. «Assistente del direttore delle vendite.»
«Signorina Bennett» riprese lui, «mi dica, quale vile schema avrei.... ordito per distruggere questa azienda?»
«Dal momento che le è stato impedito tramite un'azione legale di liquidare tutte le azioni della Colette con lo scopo di far cessare l'attività, immagino che non si limiterà ad accettare la sconfitta con le mani in mano» affermò decisa Sylvie.
«L'azione legale per l'accusa di tentata speculazione che mi è stata rivolta non ha avuto seguito, se ben ricorda» replicò il signor Grey, «per mancanza di prove, per la precisione.» Poi chinò la testa da un lato e la guardò per un lunghissimo istante. Inaspettatamente mosse un passo verso di lei e le prese un gomito. «Venga con me, signorina Bennett» disse.
«Mi scusi?» La stava mettendo alla porta, pensò Sylvie confusa, ma avrebbe dovuto trascinarla via per riuscirci.
Mentre il signor Grey si scusava con gli altri membri della direzione aziendale e si avviava con lei verso l'uscita della sala, una visione inaspettata catturò l'attenzione di Sylvie.
Rose era in piedi accanto al tavolo, le braccia conserte, molto elegante nel suo tailleur blu scuro.
Rose?
Quando le passò accanto, la vecchia amica le sorrise e alzò i pollici verso l'alto in segno di vittoria.
Ma cosa ci faceva Rose alla riunione dei dirigenti della Colette?, si chiese Sylvie stupita.
Uno dei camerieri incaricati di servire il rinfresco entrò nella sala. Indossava un completo scuro simile a quello di Rose. Sylvie capì in un lampo. Rose portava un'uniforme! Ma se era così a corto di denaro da essere costretta a un lavoro simile, perché non aveva rincarato il canone degli affitti? Sylvie ricordò la sua sorpresa quando le era stato offerto il bell'appartamento di Amber Court a un prezzo tanto modesto. Avrebbe dovuto parlare subito con le altre inquiline, decise. Rose aveva cinquantasei anni, troppi per lavorare come cameriera. Lei lo aveva fatto da ragazza per mantenersi agli studi e sapeva che era un'occupazione estremamente faticosa.
Intanto avevano raggiunto la porta di legno massiccio della sala delle conferenze. Grey l'aprì e aspettò che lei uscisse per prima.
Appena messo piede in corridoio, Sylvie sottrasse il braccio alla sua presa e si voltò per affrontarlo. «Lei non si libererà di me così facilmente» disse concitata. «Non può davvero credere che noi tutti le permetteremo di distruggere la Colette senza neanche muovere un dito!»
Il sorriso era svanito dalle labbra di Grey, lasciando il posto a un'espressione dura e molto determinata. «Io sono il maggiore azionista» affermò. «Pertanto posso fare ciò che voglio con quest'azienda e nessuno di voi potrà impedirmelo.»
«La denunceremo» replicò Sylvie, giocherellando nervosamente con la spilla che Rose le aveva appuntato al bavero della giacca quella