Una babysitter per il milionario: Harmony Jolly
Di Susan Meier
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Info su questo ebook
Mac ha bisogno di una babysitter per i suoi due figli, ma non immaginava che la ragazza appena assunta sarebbe stata la protagonista incontrastata dei suoi sogni più eccitanti. Quelle fantasie devono rimanere tali, la sua ex moglie gli è bastata. Però, non ci sarebbe niente di male a bere un drink con lei e magari fare quattro chiacchiere giusto per rilassarsi un po'.
Susan Meier
Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.
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Anteprima del libro
Una babysitter per il milionario - Susan Meier
1
Ellie Swanson aveva accettato di dirigere la Happy Maids mentre il suo capo, Liz Harper Nestor, si concedeva una meritata luna di miele dopo avere risposato l’ex marito, Cain. E, ne era certa, era perfettamente in grado di sovrintendere i turni per le quattro settimane che Liz avrebbe passato a Parigi. Ma non era autorizzata a fare cambiamenti negli orari, come pretendeva l’uomo che aveva di fronte.
«Sono un amico di Cain.»
Non aveva dubbi in proposito. Alto e slanciato, occhi azzurri e capelli neri tagliati corti, Mac Carmichael indossava un completo blu dal taglio perfetto con la disinvoltura di uno abituato agli abiti su misura, ai vini speciali e alle persone da comandare. Proprio come Cain.
«Mi ha detto che la società di sua moglie era la migliore in città.»
«Forniamo servizi di pulizie settimanali, non cameriere fisse.»
«Dovreste.»
Un rivolo di sudore corse lungo la schiena di Ellie. L’aria condizionata si era rotta quando era partita Liz. Ma lei era in grado di sopportare l’umidità di quel caldo giugno a Miami. Quello che non accettava era il fallimento. Il suo primo giorno di lavoro e già stava mandando via un cliente. Un cliente importante. Che aveva amicizie influenti. E a cui bastava una parola per rovinare la reputazione della Happy Maids.
Si appoggiò contro lo schienale tamburellando con una matita il piano della scrivania. «Mi spieghi bene cosa vorrebbe.»
«La governante se n’è andata senza preavviso. Ho bisogno di una sostituta provvisoria mentre ne cerco una definitiva.»
«Posso mandarle una cameriera un paio di volte a settimana» suggerì speranzosa.
Il tipo scosse la testa. «Ho due figli, un maschio e una femmina. Devono fare colazione tutte le mattine.»
«Allora, gliene manderò una tutte le mattine alle sette.»
«Lacy si sveglia alle cinque.»
«Allora, arriverà alle quattro.»
«Spesso, lavoro di notte.»
Ellie lo fissò sbalordita. «Vuole una cameriera che faccia anche da babysitter?»
Lui incrociò il suo sguardo. Gli occhi azzurri si incollarono ai suoi ed Ellie lottò contro il bisogno di deglutire, mentre un prurito strano la attraversava da capo a piedi.
«E che rimanga a dormire.»
«A dormire?» ripeté lei allibita.
«Pago bene.»
Ah, le parole magiche. La Happy Maids aveva bisogno di incarichi ben retribuiti, come le aveva spiegato Liz. Vittima lei stessa di violenza domestica, la sua datrice di lavoro era stata salvata dalla Friend Indeed, un’associazione benefica che aiutava le donne scappate da situazioni difficili a inserirsi in una nuova vita. Ecco perché ora Liz dava lavoro proprio alle ragazze vittime di abusi finché non riuscivano a camminare da sole. Ellie era stata la prima dipendente che aveva assunto dopo averla conosciuta alla Friend Indeed.
Mac si alzò. «Ascolti, se non riesce a essermi utile, mi rivolgerò a qualcun altro.»
Si girò verso la porta.
Fermalo!
Balzò in piedi. «Aspetti.»
Lui si voltò a guardarla. Ellie deglutì. Gli occhi di quel tizio le rammentavano l’azzurro profondo dell’oceano. I capelli scuri brillavano alla luce che entrava direttamente dalla finestra. Gli zigomi alti mettevano in risalto le labbra, del genere carnoso, nate per essere baciate. Eppure, c’era qualcosa che non andava.
«Sì?»
«Io...» Perché l’istinto le aveva suggerito di fermarlo? Non aveva sottomano nessuno che potesse fargli da cameriera/babysitter fissa. La maggior parte delle dipendenti della Happy Maids avevano dei figli da accudire la sera e non potevano permettersi di rimanere fuori a dormire.
«Io... ehm... forse potremmo trovare una soluzione provvisoria.»
Il viso del tizio si incupì di più, se possibile. «Non mi interessa una soluzione provvisoria. Voglio qualcuno oggi stesso.»
Non lasciarlo andare via.
Trattenendo un gemito, Ellie si chiese perché l’istinto che l’aveva sempre consigliata al meglio e le aveva anche salvato la vita, l’avesse abbandonata di colpo. Ma abituata a dargli retta, anche in quella circostanza non se la sentì di ignorarlo.
«Verrò io.»
Il cipiglio si trasformò in un’espressione confusa. «Lei?»
«Oggi sono dietro la scrivania, ma solo perché sostituisco la moglie di Cain, Liz. Di solito è lei che manda avanti la società. Questo mese, però, è in luna di miele. Le garantisco che so cucinare, pulire e badare ai bambini.»
I loro occhi si fissarono per un paio di secondi. Poi Ellie vide che scrutava l’abito rosso senza spalline che indossava e di colpo rimpianse la decisione di essersi messa qualcosa di così elegante, più adatto a uscire con le amiche che a lavorare chiusa in un ufficio. Ma non essendoci l’aria condizionata, aveva optato per uno dei capi più leggeri del suo guardaroba. Come faceva a sapere che si sarebbe presentato un cliente così facoltoso?
Lui le sorrise ed Ellie rischiò l’infarto. I polmoni si svuotarono di aria e la temperatura del sangue salì a un livello quasi insopportabile.
«A casa abbiamo l’aria condizionata, così se preferisce, può mettersi dei jeans e una maglietta.» Estrasse un biglietto da visita dalla tasca della giacca, scrisse qualcosa sul retro e glielo porse. «Questo è il mio indirizzo. Ci vediamo lì tra un’ora.» Poi si voltò e uscì con la stessa disinvoltura con cui era entrato.
Ellie crollò sulla sedia. Dannazione! In che pasticcio si era cacciata? Adesso, non solo doveva gestire l’ufficio di Liz, ma si era accollata anche un lavoro a tempo pieno. Anzi, fisso!
Imprecando contro la propria impulsività, sollevò la cornetta e digitò il numero della segretaria personale di Cain, Ava.
«Sei occupata?»
«Ehi, buongiorno, Magica. Come va il tuo primo giorno di lavoro?»
«Male. Non chiamarmi più Magica. Credo che il mio intuito si sia congelato definitivamente.»
Ava scoppiò a ridere.
«Parlo sul serio. Questa mattina è venuto un tizio chiedendo una cameriera/babysitter che dormisse anche a casa sua, e io mi sono offerta volontaria.»
«Tu?»
Appoggiando il gomito sulla scrivania, Ellie si sostenne il mento con la mano. «Sì.»
«Oh, non è da te!»
«Lo so. Ma è un amico di Cain ed ero angosciata all’idea di deluderlo. Ecco perché, quasi senza rendermene conto, ho accettato.» Fu scossa da un fremito di orrore. «Pensavo che forse tu potresti darmi il nome di un’agenzia che sia in grado di procurargli una domestica provvisoria, per poi chiamarlo e dirgli che ho cambiato idea.»
«Va bene. Me ne occuperò io. Dammi il suo nome.»
Ellie girò il biglietto da visita. «Mac Carmichael.»
«Oh, dannazione.»
Oh, dannazione?
«Dannazione, cosa?»
«Ellie, sei fregata. È un pignolo rompiscatole. Non si accontenterebbe neppure se gli trovassi una governante definitiva. Non è il tipo che cambia un accordo già preso. E soprattutto, è un cliente importante, che Cain insegue da anni.»
«Insegue?»
«La sua famiglia possiede una catena di alberghi sparsi in tutto il mondo e Cain ci terrebbe molto a entrare nella lista delle società di costruzioni di cui si serve la Carmichael Incorporated.»
Ellie abbassò la fronte sul palmo.«Ora capisco perché l’istinto non mi ha permesso di mandarlo via.»
«Temo di sì» convenne Ava. «Okay, ecco cosa faremo. Durante il giorno mi occuperò io di prendere le telefonate alla Happy Maids al posto tuo, e di sera verrò a trovarti e ti informerò delle novità e stileremo il programma dei turni.»
«Davvero lo faresti per me?»
«Certo! Qui non si tratta solo della Happy Maids, ma anche degli affari di Cain e io sono la sua segretaria. Di conseguenza, devo fare il possibile perché tutto proceda per il meglio. Inoltre, mi sei simpatica.»
Ellie rise. «Va bene.»
«Va bene? Cara, ce la caveremo alla grande. Tu farai un figurone con Liz e Cain riuscirà a ottenere i contratti a cui ambisce da anni.»
Ellie si drizzò a sedere. «Hai ragione. È una bella soluzione.»
«Sì» confermò Ava. «Sarò lì tra un’ora.»
«Portati la chiave dell’ufficio perché devo uscire subito. Il signor Carmichael mi vuole a casa sua a...» guardò il biglietto, «... a Coral Gables tra un’ora e dovrò fare i bagagli se devo restare a dormire.»
«Farai meglio a sbrigarti, allora. Ci vediamo questa sera.»
Mac Carmichael guidò la sua Bentley lungo le strade tortuose di Coral Gables e si fermò davanti al cancello di ferro, digitò un codice per aprirlo e percorse il viale di pietra che portava alla villa. La porta del garage si azionò con un altro telecomando e, mentre si chiudeva alle sue spalle, scese dall’auto ed entrò direttamente nell’office che precedeva l’enorme cucina.
Lacy, la sua adorata figlioletta di sei anni, era seduta al lungo tavolo di legno sotto la vetrata e stava colorando. L’altro figlio, Henry, di nove mesi, era sul seggiolone accanto alla sorella e la fissava ammirato. L’anziana vicina, la signora Pomeroy, che era stata la bambinaia di Mac da bambino, gli stava pulendo la bocca sporca di cibo con un tovagliolo.
«Com’è andata?»
Mac sospirò. «Be’, ho trovato qualcuno.»
«Fantastico.»
«Non ne sono certo. È...» Alta, bionda e così bella che era stato tentato di rinunciare e rivolgersi a un’altra agenzia. «Be’, sembra un po’ fatta.»
L’ottantenne Elmira Pomeroy rise. «Fatta? Beve? Si ubriaca?»
«No, è solamente...» Vestita in modo inadeguato e difficile da definire. «... un po’ strana.»
«Sei sicuro di volere che si occupi dei tuoi bambini?»
«Non quel genere di stranezza. Diciamo che è originale. Inoltre, non ho scelta. Ho bisogno di segretezza assoluta. Non posso rischiare di chiamare un’agenzia famosa che pur di accaparrarsi l’incarico mi manderebbe chiunque, anche un’idiota incapace di mantenere il silenzio.»
«Speriamo che si comporti bene.»
Mac appese la giacca sulla spalliera della sedia. «Sì. Nel frattempo, mi darò da fare per cercarne una definitiva.» Si piegò su Lacy. «Ehi, piccola. Cosa stai facendo?»
La bimba gli rivolse un’occhiata paziente. «Coloro.»
«Perché non ti metti il costume e facciamo un bagno mentre la signora Pomeroy bada a Henry?»
Il viso a forma di cuore della bimba si illuminò e gli