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Una nuova passione: Harmony Collezione
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Una nuova passione: Harmony Collezione
E-book164 pagine2 ore

Una nuova passione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un'amante preziosa... come un diamante.

Quando Alessandro Caretti aveva dato inizio alla sua inesorabile scalata al successo, aveva deciso che nella sua vita non c'era più spazio per Megan Reynolds, del tutto a disagio nel raffinato ed elegante mondo che gli si stava finalmente dischiudendo davanti agli occhi. Ora, sette anni dopo, Alessandro è tornato, e vuole l'unica cosa che gli manca, e che i soldi che ha accumulato non hanno saputo comprare. Lei.
Megan, però, non ha intenzione di correre il rischio di vedere il proprio cuore spezzato ancora una volta, ed è lei, adesso, a non lasciarsi andare ai sentimenti.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2018
ISBN9788858985533
Una nuova passione: Harmony Collezione
Autore

Cathy Williams

Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.

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    Anteprima del libro

    Una nuova passione - Cathy Williams

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Multi-Millionaire’s Virgin Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Cathy Williams

    Traduzione di Marta Draghi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-553-3

    Prologo

    «Cosa diavolo credevi di fare?»

    Alessandro era piombato in camera. Sì, piombato era il termine giusto. Il suo volto squadrato era rigido di rabbia e Megan non capiva perché. O meglio, lo sapeva. Ma perché così arrabbiato?

    «Come?» domandò, spalle al muro.

    Essendosi praticamente chiusa in camera un’ora prima, era sul punto di appisolarsi quando il suono dei suoi passi l’aveva fatta balzare dal letto e mettere sull’attenti. Certo, sapeva che non sarebbe stato radioso, visto come aveva reagito di fronte alla sua sorpresa di compleanno. Ma non prevedeva una tale rabbia.

    «Mi hai sentito! Cos’era quella ridicola trovata?»

    La voce, che di solito riusciva a scioglierla di amore e passione facendola impazzire di desiderio, era ora fredda e tagliente.

    «Non era una ridicola trovata. Era una sorpresa di compleanno. Credevo ti sarebbe piaciuta.»

    «Credevi mi sarebbe piaciuto vederti saltar fuori da una torta di compleanno mentre parlavo con delle persone che potrebbero cambiare la mia vita?»

    Megan lo guardò mordendosi un labbro. Dio, era così bello... Anche ora, che la guardava come se la volesse strangolare, era dannatamente sexy. Un metro e novanta di possente mascolinità da far girare la testa, e tutto ciò che desiderava era fargli passare il malumore – perché era davvero il suo compleanno, anche se non aveva nessuna voglia di festeggiare.

    Tentò un sorriso. «Non hai idea di quanto sia faticoso essere una torta di compleanno.» Aveva coinvolto Charlotte nel suo incredibile piano, facendole trasformare due scatoloni in qualcosa di simile a una torta – un capolavoro di ingegneria che, le avevano assicurato, avrebbe funzionato alla perfezione. Un piccolo balzo e... bingo! Sarebbe comparsa in tutto il suo splendore. I riccioli biondi magicamente trasformati in morbide curve alla Marilyn Monroe, un neo al posto giusto sulla guancia e labbra rosso scarlatto.

    Inutile dire che non avevano previsto che ci sarebbe voluta un’ora per arrivare a destinazione, né che il congegno vivesse di vita propria, impedendole un’uscita rapida e veloce, così che, giunta all’angusta porta d’ingresso di Alessandro, si era trovata a combattere con il nastro adesivo e il corpo ormai totalmente intorpidito. Il che aveva contribuito a rendere la situazione caotica al limite del ridicolo, costringendola a strisciare fuori dalla scatola, avvolta nel nastro e nella velina rosa – trovandosi di fronte tre uomini in vestito gessato e un fidanzato decisamente infuriato.

    «Dovevo essere come Marilyn Monroe» spiegò, capendo che il sorriso non funzionava. Indicò la sua tenuta che, tre ore prima, consisteva in un magnifico costume nero molto scollato, tacchi a spillo, lunghi guanti neri e calze a rete. Il costume era ancora intatto, ma un guanto doveva essere rimasto dentro la torta, le scarpe erano scomparse e le calze mostravano un ben poco attraente strappo lungo una gamba.

    «Credevo lo avresti apprezzato.» La sua voce era sempre meno sicura. «O almeno trovato divertente.»

    «Megan...» sospirò lui. «Dobbiamo parlare.»

    Lei si rilassò. Sì, potevano parlare. Quello era l’uomo più affascinante che avesse mai conosciuto, e avrebbe potuto parlare con lui all’infinito – specialmente ora che non la guardava più con occhi di ghiaccio.

    «Credo che potremmo...» disse, muovendo due passi verso di lui, «parlare. Anche se...» Altri pochi passi e gli fu proprio di fronte. «... avrei in mente qualcosa di più interessante...» Gli posò le mani sul petto muscoloso. «Ti preferisco con la camicia, Alessandro. Mi piace sbottonartela. Con le magliette non è la stessa cosa. Non che questa ti stia male. Anzi.»

    Alessandro le prese una mano. «Ho detto parlare, Megan. E non possiamo farlo in questa stanza.»

    «I tuoi amici se ne sono andati?»

    «Non erano miei amici.» Le lasciò la mano e si voltò, uscendo dalla camera e obbligandola a seguirlo. Non gli riusciva di pensare con lucidità se aveva Megan e un letto a distanza ravvicinata – soprattutto se lei indossava un costume che rivelava ogni singola curva del suo corpo sexy e favoloso. «E mettiti addosso qualcosa» le ordinò da dietro le spalle.

    «Ah, giusto. Erano persone che potrebbero cambiare tutta la tua vita.»

    Uscendo, Megan prese una delle camicie di Alessandro. Lui indossava soltanto camicie bianche – cosa alquanto noiosa gli aveva fatto notare lei. Gli aveva persino regalato una camicia hawaiana molto colorata, con delle sgargianti palme su uno sfondo azzurro, ma non gliel’aveva mai vista addosso.

    Lo sentì sbuffare al suo commento, ma non disse nulla. Si sedette sul divano nella specie di salotto di quel modesto alloggio da studente. Era un’angusta scatoletta, a dire il vero. Ma lui aveva lavorato come uno schiavo per mantenersi all’università, e il suo destino era quello di diventare dirigente – un uomo ricco e potente. E il passato sarebbe rimasto alle sue spalle.

    Megan preferiva non soffermarsi a pensare dove lo avrebbero portato quel potere e quel desiderio di conquista. Di certo lontano da lei. Ma chi poteva saperlo? Eternamente ottimista, e follemente innamorata per la prima volta in vita sua, aveva deciso di lasciare in sospeso i pensieri legati a un futuro incerto. Aveva diciannove anni. Doveva pensare alla sua vita al college, e non voleva certo immaginare il giorno in cui quella vita non sarebbe più stata legata a lui.

    «Chi erano?» chiese, lasciandosi cadere di fianco a lui sul divano, con le gambe rannicchiate. Doveva trattenersi dall’allungare una mano e toccargli il viso.

    Le pareva ancora incredibile di essere stata così fortunata da innamorarsi per la prima volta di un uomo assolutamente perfetto. Le sue amiche avevano tutte storie d’amore turbolente, passando continuamente dall’euforia alla depressione, o rimanendo costantemente attaccate al telefono nella speranza che un ragazzo le chiamasse. Alessandro non lo aveva mai fatto. Aveva preso la sua verginità senza mai darla per scontata né fare promesse che non intendeva mantenere.

    «Erano... persone piuttosto importanti, Megan.»

    Si voltò a guardarla. Aveva i capelli tutti spettinati – morbidi, biondi, color vaniglia – e le guance arrossate. Di sicuro stava dormendo. Solo Megan riusciva ad addormentarsi in pochi secondi – vestita in modo assurdo e dopo essersi resa terribilmente ridicola.

    «Mi dispiace» disse lei con voce contrita. Poi, non riuscendo proprio a trattenersi, gli si avvicinò, strofinando la propria guancia sul dorso della sua mano. «Posso capire perché ti sei un po’ infastidito quando sono arrivata senza preavviso. O dovrei dire, quando sono stata consegnata? Chiunque sarebbe rimasto sconvolto. Figuriamoci un vecchio come te, Alessandro. Venticinque anni! Praticamente un pensionato.»

    E rise. Una risata calda e profonda, che lui aveva trovato contagiosa la prima volta, in mezzo a una stanza affollata, in un club in cui era stato trascinato da un amico convinto che avesse bisogno di staccare un po’ dai libri. Ogni volta che sentiva quella risata, il che succedeva spesso, gli veniva da sorridere. Non in quel momento, però.

    «Ti spiego come doveva andare. Io, anzi, la torta avrebbe dovuto fare un ingresso trionfale... e io sarei balzata fuori, come Marylin, incantandoti con la mia meravigliosa tenuta. E poi ti avrei cantato Tanti Auguri, anche se so di non avere una voce eccezionale...»

    «Ma sfortunatamente...» disse lui, arretrando e guardandola accigliato, «non avresti potuto scegliere un momento peggiore per la tua sorpresa.»

    «No... Be’...» Solitamente a proprio agio in sua presenza, Megan in quel momento sentiva una certa inquietudine crescerle dentro, per quanto lui non sembrasse più così arrabbiato. «Non me lo avevi detto che avevi ospiti. Credevo lavorassi, e pensavo che sarebbe stato carino farti una sorpresa. Lavori così tanto.»

    «Devo farlo, Megan. Te l’ho detto tante volte.»

    «Lo so. Odi questo posto, e lavori tanto per andartene e fare qualcosa della tua vita.»

    «Intendo fare ben più di qualcosa della mia vita.»

    Suo padre si era limitato a fare qualcosa. Aveva lasciato l’Italia povero, sperando che le strade di Londra fossero rivestite d’oro. E invece erano rivestite di catrame e cemento, come nel resto del mondo, e i talenti di quell’uomo, la sua incredibile mente matematica che tanto incantava Alessandro da bambino, si erano persi nell’alienante noia del lavoro manuale – perché la provinciale Inghilterra non era stata molto gentile con un uomo che non parlava inglese. Nemmeno considerando il fatto che sua moglie era inglese. Una rosa inglese ancor meno qualificata del marito italiano e le cui mani erano invecchiate anzitempo per i lavori che si era ritrovata a fare, pur di concedersi una breve vacanza all’anno, sulla fredda costa britannica.

    Ad Alessandro non piaceva pensare alla madre, morta quando lui aveva dieci anni. E ancor meno al padre, che aveva lavorato fedelmente per una ditta di trasporti per venticinque anni e che era stato licenziato ormai troppo vecchio per trovare un altro impiego. Fino all’ultimo, aveva continuato a ripetere al figlio quanto fosse stata meravigliosa la sua vita.

    Agli occhi di Alessandro, i talenti del padre erano stati sprecati, per la mancanza di opportunità e per la crudeltà di un mondo che giudicava le persone sulla base di un pezzo di carta. Ebbene, lui aveva deciso di ottenerlo quel pezzo di carta, e di controllare il mondo in modo che non fosse il mondo a controllare la sua vita.

    «Quei tre uomini» disse, tenendo per sé il tuffo nel passato, «sono funzionali al mio piano per il futuro.»

    «Intendi quelli in vestito gessato?»

    Lui sospirò. «Devi crescere, Megan.»

    Quell’affermazione, espressa con una freddezza che Megan non gli aveva mai sentito prima, fu sconvolgente. Certo, loro due erano diametralmente opposti. Ci avevano riso sopra un milione di volte. Ma lui cedeva sempre con lei, lasciandosi trascinare via dai libri per un picnic improvvisato nel parco, e rideva di fronte ai panini con la salsiccia e al vino economico. Lei si rendeva ridicola cantando il karaoke, e lui scuoteva la testa benevolo, sconsigliandole di pensare a una carriera di cantante. Mai, però, le aveva detto di crescere. E mai le aveva parlato con quel tono.

    «Era solo per divertirsi un po’, Alessandro. Come potevo sapere che eri con gli strumenti del tuo piano per il futuro? E scusa, tu hai davvero un piano? Ma la vita non è una scacchiera.»

    «Invece sì, Megan. La vita che avremo dipende interamente dalle mosse che facciamo.»

    «So che vuoi fare qualcosa della tua vita, Alessandro, ma...» Lo guardò confusa. Non era ciò che si aspettava. «Non puoi pianificare ogni cosa. Voglio dire, io spero di diventare una brava insegnante...»

    «In una piccola scuola di campagna...»

    «Che c’è di male in questo?»

    «Nulla» rispose lui, paziente, guardando quel volto espressivo. Si sentiva un mostro, ma quella conversazione doveva avere luogo, prima o poi. Il suo futuro gli si era parato di fronte in modo inaspettato, come un treno in corsa. E lui lo doveva prendere. «Hai mai pensato di andare a insegnare altrove?»

    «Altrove? E perché mai? Lo sai che la Saint Nicks mi ha già offerto un posto dopo il diploma.» La voce le si addolcì al pensiero di lavorare con quei bambini. Lei non mirava in alto come Alessandro, e il suo futuro forse non era perfettamente pianificato, ma dal suo punto di vista non le pareva niente male. «Dove altro dovrei andare a insegnare?»

    «Una scuola in città, magari?»

    «Perché stiamo parlando di questa cosa? Sei ancora arrabbiato con me per averti messo in imbarazzo di fronte a quelle persone? Non esserlo... Aspetta qui, prendo qualcosa da bere. Un po’ di vino magari...»

    Senza dargli il tempo di rispondere o di commentare con severità le sue scelte di vita, si alzò ancheggiando in modo sensuale, lanciandogli un’occhiata di seduzione e sparendo in cucina a prendere il vino.

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