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Unica regola: innamorarsi: Harmony Jolly
Unica regola: innamorarsi: Harmony Jolly
Unica regola: innamorarsi: Harmony Jolly
E-book153 pagine2 ore

Unica regola: innamorarsi: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?

Essere la figlia di una famosa rock star non è poi così eccitante. Anzi, Seraphina Blaise lo detesta! I paparazzi la seguono ovunque e gli uomini la cercano solo per ottenere dei vantaggi. Dopo l'ultima delusione che, ovviamente, è finita anche sui giornali, Sera decide di fuggire in un resort di lusso nel deserto. Peccato che il padre le abbia messo alle calcagna una guardia del corpo: Brad Kruger. Le basta uno sguardo per decidere che quell'uomo è irritante, arrogante e... desiderabile. Forse è colpa del deserto e della sua malia, ma Sera sente che neppure Brad le è indifferente. Innamorarsi è pericoloso e lei non intende commettere un errore così stupido, ma un bacio che male può fare?
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830521049
Unica regola: innamorarsi: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Unica regola - Nikki Logan

    978-88-3052-104-9

    1

    Bradley Kruger esaminò i passeggeri che scendevano dal volo proveniente da Londra. Escludendo quelli di sesso maschile, le donne oltre i quaranta e minori di diciotto, riuscì a individuare la ragazza che cercava in pochi secondi. Avanzava tra la folla con un incedere sicuro, i lunghi capelli che ondeggiavano sulle spalle nude.

    Capì subito che il suo compito non sarebbe stato facile.

    Con tutti i posti che ci sono al mondo, doveva venire proprio qui, pensò Brad, seguendola con lo sguardo per non perderla di vista. Trascorse una manciata di minuti prima che un paio di addetti alla sicurezza la prelevassero dalla lunga fila che si era formata al controllo dei passaporti. Senza darle spiegazioni, la condussero lungo un corridoio, consegnandola a due guardie dell'ufficio immigrazione.

    «Eccoci qui» sospirò Brad, avvicinandosi il più possibile all'ufficiale che aveva preso in custodia Seraphina Blaise.

    Doveva aver destato sospetti a causa del suo abbigliamento, considerato irrispettoso per i canoni di un Paese di cultura musulmana.

    L'entrata nell'emirato arabo di Umm Khoreem era consentita solo a coloro che avevano ottenuto il visto, e i controlli erano molto severi. Senza quell'autorizzazione l'accesso al Paese era interdetto. Ad alcuni stranieri era stato negato per ragioni anche più futili rispetto al modo di vestire.

    Una guardia molto scrupolosa esaminò minuziosamente il passaporto della ragazza, lanciò un'occhiata al leggero abito di cotone che indossava e, dopo averle rivolto alcune domande, riportò l'attenzione sul computer.

    Seraphina si guardò attorno, e si rese conto di essere l'unica persona a essere stata trattenuta. Tutti gli altri passeggeri, in fila presso un altro sportello, avanzavano lentamente, superando i controlli senza difficoltà.

    Preoccupata, cercò di ottenere qualche spiegazione, ma l'uomo davanti a lei non la degnò nemmeno di uno sguardo.

    Di fronte a quel comportamento sprezzante, Seraphina perse tutta la sua sicurezza, incurvò le spalle e assunse un atteggiamento più dimesso, ricordandosi del suo ultimo scontro con le autorità.

    Brad riuscì a richiamare l'attenzione di una delle guardie che l'avevano fermata. Dopo esserglisi avvicinato e averlo ascoltato, l'uomo chiamò al telefono l'ufficiale dell'immigrazione che si trovava con Seraphina Blaise.

    Quest'ultimo, dopo aver risposto, si voltò nella loro direzione e scambiò con il collega uno sguardo d'intesa che Brad interpretò come un segnale positivo.

    Nel frattempo, a un impiegato della dogana fu ordinato d'ispezionare i bagagli della signorina Blaise. Era evidente che si trattava di un diversivo per permettere ai suoi colleghi di avere più tempo a disposizione per indagare sulla donna.

    Ottenute tutte le informazioni necessarie, le guardie invitarono la ragazza a seguirle, ma lei non si mosse e si guardò intorno in cerca di aiuto. Dopo un attimo di esitazione, l'ufficiale più robusto le si affiancò e le indicò una stanza dove sarebbe stata sottoposta a un interrogatorio.

    A Seraphina non restò che obbedire e andare dietro all'uomo che le aveva sussurrato per favore in inglese. Di certo era un sollievo per lei avere a che fare con qualcuno che parlava la sua lingua, ipotizzò Brad.

    Prima di abbandonare l'area degli arrivi, la guardia che chiudeva la fila lanciò un'occhiata in direzione di Brad, come per invitarlo a seguirli. Lui non esitò un istante e si accodò al piccolo gruppo.

    Alle due guardie vestite con i tradizionali abiti arabi adesso se ne era aggiunta una terza. Indossava un completo grigio ferro che lo faceva sembrare un autista piuttosto che un agente della CIA, o un autista della CIA. Al di là di una parete di cristallo Sera lo vide confabulare con i due uomini che l'avevano scortata e la sua voce le giunse sommessa. Non avrebbe saputo dire in che lingua si stesse esprimendo.

    «C'è qualche problema?» gridò per farsi udire, cercando di dimostrare una sicurezza che non provava.

    Soltanto l'uomo in giacca e cravatta spostò lo sguardo su di lei, poi tornò a parlare con i due agenti come se lei non esistesse.

    Non era la prima volta che Sera veniva fermata dalle autorità aeroportuali, ma in Inghilterra la polizia seguiva una procedura diversa. In quel Paese così conservativo le regole erano evidentemente più severe.

    Non far vedere che hai paura. Sii disinvolta, s'impose.

    «Forse c'è stato uno sbaglio» azzardò lei, alzando la voce. «Sono attesa all'uscita dell'aeroporto» aggiunse, tentando un sorriso che voleva essere rassicurante.

    La sua richiesta cadde nel silenzio, poi finalmente la guardia che le era sembrata più disponibile strinse la mano dell'uomo vestito all'occidentale, timbrò il suo passaporto, rilasciandole il visto, e glielo consegnò.

    Forse sarebbe riuscita a raggiungere il resort senza altri intoppi, pensò Sera, che aveva seguito i movimenti degli ufficiali di polizia. Esausta, si lasciò cadere su una sedia ma sobbalzò appena la porta venne aperta.

    Il tipo in abito grigio avanzò verso di lei, l'espressione seria. In una mano stringeva la maniglia della sua valigia e nell'altra il suo passaporto. «Benvenuta a Umm Khoreem» esordì, senza presentarsi e aggiungere una parola di scusa o di spiegazione.

    Sebbene avesse la pelle e i capelli scuri come i suoi colleghi, il suo accento non aveva nulla di arabo.

    «Adesso può andare.»

    «Tutto qui?» replicò lei seccata. «Perché mi avete trattenuto?» insistette, sospettando che la permanenza di qualche ora in un centro di disintossicazione e riabilitazione a nord di Londra avesse a che fare con quel suo breve arresto.

    Senza soddisfare la sua curiosità, l'uomo s'infilò gli occhiali da sole, si voltò e uscì dalla stanza trasportando la sua valigia e mettendo al sicuro il suo passaporto nella tasca della giacca.

    «Le dispiace ridarmi il mio documento?» gridò lei, affrettandosi a seguirlo precipitosamente.

    «Continui a camminare, signorina Blaise» le intimò lo sconosciuto, indicandole l'uscita con un cenno del capo. «E in fretta. Solo quando varcherà quella porta i suoi problemi con l'ufficio immigrazione saranno dimenticati e nessuno potrà più trattenerla» spiegò in tono brusco.

    Forse Sera doveva a lui il suo rilascio, ma perché allora si comportava in modo tanto scontroso nei suoi confronti? Dall'accento avrebbe detto che fosse di origine australiana, ma niente in lui denunciava la sua appartenenza a quella terra lontana. Almeno le altre due guardie le avevano mostrato un certo garbo, a dispetto della loro professionalità.

    Chi diavolo era quell'individuo che la trattava come una criminale e che non si era ancora presentato? Perché avrebbe dovuto fidarsi di lui e seguirlo? Ma non aveva scelta.

    «Per favore, può spiegarmi cosa è successo?» insistette, cercando di stare al suo passo. «Come mai mi hanno lasciata andare? Cosa ha detto alle guardie?»

    «Che lo sceicco garantiva per lei e di conseguenza sono stati costretti a rilasciarla» spiegò lui, senza accennare a rallentare.

    «Lo sceicco? Per caso è lei?» domandò Sera sbalordita, fermandosi di colpo.

    L'uomo scoppiò a ridere. «Le sembro uno sceicco?»

    «Ma...?»

    «Io lavoro per lo Sceicco Kakhsh Shakoor. Sono ai suoi ordini, perciò ho potuto parlare per suo conto.»

    «Ma cosa ha a che fare con me lo sceicco? Perché si preoccupa per me?»

    «Lei soggiornerà per un lungo periodo nel suo prestigioso resort. Lo sceicco non gradisce che i suoi ospiti vengano trattenuti per dei cavilli burocratici.»

    Non poteva definirsi cavillo la denuncia penale che gravava sulla testa di Sera. Per una questione di trasparenza e di responsabilità lei aveva dichiarato quel che era accaduto nel modulo di immigrazione, confidando nella sua buona stella. Un mese in quel favoloso resort in mezzo al deserto le sarebbe costato una fortuna e non sarebbe stata una bella pubblicità per lo sceicco se lei fosse stata trattenuta dalla polizia locale. Probabilmente possedeva anche l'aeroporto. Comunque, la sua autorità era indiscutibile.

    «Lo sceicco non ha idea di quello che lei ha appena fatto, ho ragione?»

    «Lo sceicco non ha tempo per queste sciocchezze.»

    Ecco come far sentire speciale una ragazza. «Così ha agito di sua iniziativa?»

    Lui serrò la mascella mentre spingeva la valigia oltre la porta che dava sull'ingresso dell'aeroporto. «Ho fornito loro alcune garanzie, dichiarando che sarà sotto la mia tutela» proseguì. «Perciò adesso può stare tranquilla e godersi la sua vacanza e il caldo sole del deserto.»

    «Che genere di garanzie?» insistette Sera, costretta ad allungare ancora di più il passo per stare dietro al suo paladino. Tuttavia era piacevole muovere le gambe dopo le lunghe ore di inattività a bordo dell'aeroplano.

    «Finché resterà entro i confini dell'Al Saqr Resort, ospite dello sceicco, nessuno la importunerà» spiegò lui, guardandola. «Sarà sotto la sua protezione perciò le guardie hanno ritenuto inutile trattenerla oltre, permettendole di entrare nel Paese e ignorando la denuncia che pende su di lei.»

    «Sembra che io abbia commesso una rapina a mano armata. Non sono una criminale» protestò lei.

    «Resterà sorpresa di scoprire quante cose conosco sul suo conto, signorina Blaise.»

    Lei lo scrutò, cercando di capire se stesse parlando sul serio. La sua fedina penale era pulita, salvo che per una recente denuncia per violazione di domicilio.

    «Sbaglio, o mi sta giudicando?»

    Quel lungo esilio che Sera si era imposta non era cominciato nel migliore dei modi. Aveva scelto un ambiente molto diverso dal suo e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse estranea alla cultura, agli usi e alle abitudini di quel luogo.

    «Il resort sorge su un territorio enorme. Finché resterà entro i suoi confini sarà al sicuro.»

    «Cosa mi impedisce di prendere la mia valigia e il mio passaporto e sparire all'interno del Palazzo di vetro Kafr Falaj?» replicò lei, irritata di dover obbedire alle direttive di quello sconosciuto. Quell'edificio era il più moderno e il più alto della città, visitato da centinaia di turisti. Se si fosse mescolata alla folla, sarebbe stato difficile scovarla.

    L'uomo si fermò di colpo e Sera che lo tallonava si ritrovò contro la sua schiena. «Sarò io a impedirglielo» dichiarò lui in un tono che non ammetteva repliche. «Inoltre... ho dato la mia parola alle guardie» continuò. «E non intendo rovinarmi la reputazione a causa sua.»

    «Significa che devo obbedire perché sono in debito con l'autista dello sceicco e con lo sceicco in persona?»

    «Non sono un autista, signorina Blaise. Mi occupo della sicurezza della famiglia reale» sibilò lui, stringendo le labbra ben disegnate sotto un paio di baffi tanto curati da sembrare finti.

    Sera avrebbe dovuto lasciarsi impressionare da quello sfoggio di credenziali? Anche lei era una celebrità, ma non era solita vantarsene.

    «Come le ho già detto, signorina Blaise, sarà sotto la mia protezione per tutta la durata del suo soggiorno. Sarò la sua scorta personale» precisò.

    Sera annuì, scusandosi per averlo offeso. Non era colpa di quella guardia del corpo se si trovava in quella condizione. Si era fidata della persona sbagliata e la situazione era precipitata proprio poco prima di Natale, il periodo dell'anno che

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