Al sicuro tra le tue braccia
Di Nikki Logan
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Info su questo ebook
D'accordo che bisogna cogliere ogni opportunità per trovare notizie interessanti, ma un atterraggio di emergenza al Circolo Polare Artico è troppo anche per una giornalista esperta come Kitty Callaghan! Certo, però, che il suo soccorritore, Will Margrave, è davvero affascinante... Peccato che si riveli subito scontroso come un orso! Ora che sono costretti a dividere lo stesso rifugio, ci vorrà ben più della magia e del romanticismo dell'aurora boreale per avvicinarli. O forse no?
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Anteprima del libro
Al sicuro tra le tue braccia - Nikki Logan
978-88-3052-671-6
Prologo
Cinque anni prima. Pokhara, Nepal.
Il sole appena sorto inondava di luce la cima delle montagne. Will Margrave guardò fuori dalla finestra la città di Pokhara che cominciava ad animarsi.
Il paesaggio di quella parte del Nepal era magnifico alla luce del primo mattino, rigoglioso e verdeggiante grazie alle acque del lago Phewa, nel quale si specchiava il massiccio montuoso dell'Annapurna, dalle vette perennemente innevate. Era uno spettacolo che non si sarebbe perso per nessuna ragione al mondo. Amava quella natura dirompente e il senso di quiete che gli infondeva. Abbassò lo sguardo. Sotto di lui un grande giardino recintato, fiancheggiato da piccoli arbusti, ospitava i suoi sedici cani da salvataggio, tra i quali in quel momento si stava aggirando una donna.
Will non era l'unico a essersi alzato presto. Nel frattempo, Kitty Callaghan si era avvicinata al recinto dei cani.
Era una donna straordinaria. Anche lei amava la natura, quelle montagne imponenti e immutabili, il sole che risvegliava la terra e il silenzio che precedeva la nascita di un nuovo giorno.
Molte persone, al contrario, consideravano le montagne opprimenti e minacciose, come sua moglie Marcella, a cui davano un senso di claustrofobia. Come potesse vivere in quel posto, per lui era un mistero. Forse, proprio a causa del modo diverso che avevano di vivere e sentire la natura, il loro rapporto aveva cominciato a sgretolarsi.
Incurante del fango nel quale affondava fino alle caviglie, Kitty entrò nel recinto e cominciò a giocare con i cani. Uno le piantò le zampe sulle spalle e cercò di leccarle una guancia, mentre lei rideva divertita, tentando di sottrarsi a quelle effusioni.
La sua risata limpida, spontanea, fu come una fresca carezza del vento per le orecchie di Will.
Kitty, una giovane giornalista freelance, era arrivata da dieci giorni in Nepal per effettuare una serie di servizi su quella terra ricca di paesaggi straordinari, di storia e di cultura. Il suo spirito di adattamento lo aveva colpito subito. Dietro a quei grandi occhi grigi che le illuminavano il volto pallido, dai tratti delicati, si nascondeva una personalità complessa, travolgente, che lo aveva intrigato dal primo istante.
Seduto fino a tardi la sera di fronte al fuoco, Will aveva mentito a se stesso, sostenendo di essere in grado di gestire i sentimenti che giorno dopo giorno erano cresciuti nei confronti di quella ragazza.
Era Marcella il tipo di donna che aveva sempre desiderato, talentuosa, creativa, affascinante, ma in quei dieci giorni aveva cominciato a dubitare della sua scelta. L'arrivo di Kitty lo aveva scombussolato. Il pensiero che fosse lei la persona di cui aveva bisogno aveva cominciato a insinuarsi nella sua mente e ogni giorno doveva lottare per scacciarlo. Era un uomo sposato e aveva scelto Marcella come compagna di vita. Soltanto undici mesi prima le aveva fatto una promessa solenne, offrendole il suo cuore, e non poteva tradirla.
Si sarebbe impegnato con tutto se stesso per superare i momenti bui e critici del loro matrimonio, ma per riuscirci avrebbe dovuto sacrificare Kitty.
Il suo volto si contrasse in una smorfia di dolore al pensiero di doverla allontanare. Quella ragazza doveva lasciare la città, andarsene da casa sua prima che la sua presenza erodesse del tutto le fragili fondamenta del suo matrimonio.
Determinato, strinse i pugni e scese le scale di corsa.
Kitty sollevò la testa, stampandosi un sorriso sulle labbra. Aveva percepito la presenza di Will prima ancora che i suoi occhi lo scorgessero.
Lei lo sentiva.
Era come se le loro menti e i loro corpi fossero in grado di comunicare a distanza. Era inevitabile. Tra loro era scattata una connessione immediata, quella che lega due anime affini. Quando Will era nei paraggi, Kitty avvertiva un lieve formicolio che dalla nuca scendeva lungo la spina dorsale e il suo sorriso si allargava, luminoso e disarmante.
«Buongiorno, Will» lo salutò.
«Hai un momento, Kitty?» le domandò lui in tono serio.
La sua tensione la mise in allarme. Le spalle rigide e i muscoli contratti non potevano essere altro che presagio di cattive notizie. Persino il cane percepì l'inquietudine del padrone e corse a rintanarsi nella cuccia.
«Sì, certo.»
Will la sospinse gentilmente fuori dal recinto, posandole una mano alla base della schiena. Subito dopo la ritrasse, come se avesse preso fuoco.
«Qualcosa non va? Marcella non si sente bene?»
Domanda lecita. Capitava spesso che sua moglie accusasse dei malesseri. C'erano notti in cui non riusciva a dormire e il mattino seguente era così spossata da non riuscire ad alzarsi.
«Non si tratta di Marcella. Lei sta bene. Si tratta di me e... di te» spiegò lui, urtandola con un braccio nel passarle davanti.
«Per caso devi dirmi qualcosa che i cani non possono ascoltare?» lo provocò lei.
«Kitty... io...» sospirò lui, volgendo lo sguardo verso le montagne che, come una splendida corona bianca, delimitavano la valle.
Si erano sempre parlati in modo diretto, immediato, affrontando qualunque tipo di argomento, quindi non poteva essere così difficile parlare. Questa volta, però, sembrava tutto diverso.
«Non tenermi sulle spine. Che cosa succede?»
«Devo chiederti di andare via.»
Lei corrugò la fronte. «Vuoi dire dal recinto dei cani? Credevo che...»
«Non dal recinto. Da Pokhara. Non puoi più restare.»
Lei chiuse gli occhi e li spalancò subito dopo. «Perché? Ho ancora tre settimane di tempo» precisò. Non aveva alcuna voglia di partire, di lasciare la città e soprattutto di dire addio a Will.
«Marcella non avrebbe dovuto chiederti di restare per tutto il mese. È un periodo troppo lungo» replicò lui, cercando conforto nei monti che si specchiavano nel lago.
Kitty ebbe la sensazione che le sue ginocchia cedessero e che le caviglie diventassero di burro. Se non si fosse aggrappata a qualcosa, sarebbe caduta per terra. Will non poteva mandarla via. Era stata Marcella a insistere perché rimanesse più a lungo da loro. «Ma... mi avevi detto che per te non c'erano problemi, che la mia presenza era bene accetta. O l'ho immaginato? Com'è possibile che in pochi giorni la mia presenza sia diventata di troppo?»
«Hai ripreso gli interventi di salvataggio e qui non ti rimane molto da fare...» tentò di convincerla.
Will aveva ragione. Kitty aveva concluso il filmato sui cani da salvataggio e adesso si stava godendo un po' di riposo in quella città di cui aveva imparato ad apprezzare abitudini e costumi. Avrebbe potuto scrivere un articolo su quel luogo incredibile e affascinante. Inoltre, le piaceva la compagnia di Will e la sua vicinanza era diventata vitale.
«Questa situazione sta diventando difficile da gestire...» Will si era reso conto troppo tardi che aveva iniziato a trascorrere più tempo con lei che con sua moglie.
Marcella usciva di casa il meno possibile e, quando capitava, girovagava intorno alla proprietà, alternando momenti di profonda malinconia a sprazzi di insospettabile energia. Aveva quasi smesso di dipingere e non trovava interesse in nulla, mentre Will usciva tutti i giorni con i cani per tenerli in allenamento nel caso si fossero presentate delle situazioni d'emergenza. In dieci giorni era dovuto intervenire due volte ed era stato durante la prima operazione di salvataggio che aveva visto Kitty per la prima volta. Il suo arrivo era stato una ventata d'aria fresca, aveva interrotto la monotonia delle giornate di Marcella ma per Will quella ragazza aveva rappresentato da subito una minaccia.
«Kitty... io...»
«So bene di non essere di peso. Lunedì sono stata al supermercato per evitare che ci andasse Marcella. Che cosa ho fatto di sbagliato?»
Se fosse stata onesta con se stessa, Kit non gli avrebbe rivolto quella domanda. Sarebbe corsa a fare i bagagli, avrebbe ringraziato per l'ospitalità ricevuta e dopo aver offerto un modesto regalo ai padroni di casa in segno di riconoscenza, sarebbe partita.
«Non puoi desiderare di rimanere se sai che noi non gradiamo più la tua presenza» insistette lui.
Kitty lo fissò sgomenta. Non era mai stata tanto felice come tra quelle montagne e la sola idea di non rivedere più Will la gettava nel panico. Sospettò che fosse solo lui a volerla cacciare perché Marcella aveva insistito che restasse a casa loro ed era troppo educata per rimangiarsi la parola.
«Non voglio imporre la mia presenza a nessuno ma non me ne andrò finché non mi darai una valida spiegazione» dichiarò lei.
«Lo sai il motivo, Kit. Non è necessario che ti spieghi niente» mormorò Will in tono gentile.
Lei arrossì. Durante quei dieci giorni aveva lottato strenuamente per tenere a bada i sentimenti inappropriati che nutriva nei suoi confronti. Aveva preteso di non provare alcuna emozione, ma quando lui le stava di fronte, a stento riusciva a controllarsi. Doveva essere sempre vigile e presente a se stessa per non lasciarsi travolgere dagli impulsi del cuore.
«Io...» Che cosa avrebbe potuto dire? Inutile negare a se stessa quello che provava. Inoltre, sarebbe stata un'ingenua se avesse creduto che Will non si fosse accorto di quanto si stessero legando l'uno all'altra.
Bastavano piccoli gesti come sfiorarsi una mano, scambiarsi un sorriso, guardarsi più a lungo di quanto fosse lecito perché i loro sensi s'incendiassero.
«Kitty... abbiamo passato troppo tempo insieme...»
Lei provò un tale dolore da sentirsi soffocare. Non voleva essere trattata come un'adolescente alla sua prima infatuazione. Perché Will le aveva permesso di avvicinarlo? Perché si era lasciato andare e non le aveva detto subito di non poter contraccambiare i suoi sentimenti?
«Credo sia meglio che tu riprenda la tua strada» proseguì lui. Lascia queste montagne.
«Credevo che fossimo diventati amici» replicò Kit in tono piatto, troppo ferita e confusa per imporre le proprie ragioni.
«Il Nepal offre molto altro da vedere» continuò Will.
Kitty abbassò lo sguardo. Era stata felice a Pokhara. Aveva trascorso uno dei periodi più belli della sua vita. Amava quelle montagne, quella città e soprattutto... amava Will, ma lui la stava respingendo, costringendola ad andarsene. Non temporeggiava, non trovava scuse, non le dava speranze e non la illudeva.
Era soltanto colpa sua se si era innamorata di lui. Era un uomo sposato, pertanto inaccessibile.
«Ho una moglie, Kitty» le ricordò.
Come dimenticarlo? Era stata proprio lei a invitarla a casa loro e come ringraziamento si era innamorata di Will, mettendolo in una situazione così difficile che si era sentito costretto a chiederle di andarsene.
«D'accordo» si arrese Kit. «Me ne vado.»
Barcollando, indietreggiò di qualche passo e