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Impossibile resistergli: Harmony Collezione
Impossibile resistergli: Harmony Collezione
Impossibile resistergli: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Impossibile resistergli: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Leo Valente è nella vita reale esattamente come viene dipinto dalla stampa scandalistica. E la parola famigerato non basta nemmeno lontanamente per descrivere la sua pessima reputazione. Questo però non preoccupa per nulla Dara Devlin, esuberante wedding planner: Dara ha bisogno del castello di famiglia di Leo per alcuni suoi importanti clienti, ed è disposta a fingere di essere la sua fidanzata pur di ottenere l'agognato sì.



Ciò che Dara non ha considerato, però, è che abiti severi e un aspetto super professionale non saranno sufficienti per metterla al sicuro da quello che Leo ha in mente!
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2016
ISBN9788858957752
Impossibile resistergli: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Impossibile resistergli - Amanda Cinelli

    successivo.

    1

    Dara si era trovata altre volte in situazioni spiacevoli nel suo lavoro, ma questa era decisamente la peggiore. Un'organizzatrice di matrimoni non avrebbe mai dovuto infiltrarsi a una festa, doveva essere scritto da qualche parte nel manuale di istruzioni. E invece eccola lì, sullo stretto cornicione al secondo piano del più esclusivo night club di Milano, vestita di tutto punto e con tacchi stratosferici.

    Solo per lavoro, naturalmente.

    I tacchi avrebbero richiesto delle comode pantofole d'emergenza più tardi, ma certo non era pensabile lasciare le scarpe nel vialetto. Una donna deve tenersi stretta le proprie scarpe, a dispetto di quanto possa essere scomoda la situazione. E quella era decisamente molto scomoda.

    Con la borsa in una mano, fece uno sforzo per non cedere alle lacrime mentre si arrampicava con ben poca grazia sulle pietre della balaustra, per poi atterrare con un balzo sulle lastre di marmo della terrazza. L'orologio le disse che erano solo le dieci. Incredibilmente presto per un posto del genere, ma non aveva in progetto di ballare quella sera.

    Il club Platinum I, uno dei luoghi più celebri della città, festeggiava la sua riapertura proprio quel weekend e la partecipazione era su invito. Il suo famoso fascino irlandese non avrebbe fatto alcuna presa sulla hostess arrogante piazzata all'ingresso con la sua lista di invitati, tuttavia lei era determinata a entrare, in un modo o nell'altro.

    Si trovava a Milano solo per quel fine settimana, prima di tornare nel suo ufficio di Siracusa, dove si occupava appunto di organizzare matrimoni. Fallire nel suo obiettivo non era una possibilità contemplata.

    Quando le avevano detto che Leonardo Valente era inavvicinabile, aveva accettato la sfida con entusiasmo. Aveva l'opportunità di organizzare il matrimonio più prestigioso della sua carriera e tutto quello che le serviva era la collaborazione di quell'uomo.

    Poteva essere tanto difficile?

    Anche dopo tre settimane di dinieghi e di telefonate prive di risposta, Dara si rifiutava di arrendersi. Armata di tablet e inguainata nel suo più elegante completo professionale, aveva pensato che fosse sufficiente presentarsi al suo ufficio di Milano e chiedere di essere ricevuta.

    Solo che sembrava che il suo ufficio non esistesse neppure. Una mail della sua segretaria l'aveva indirizzata a un call center, dove le sue richieste erano state ignorate. Era stato per pura fortuna che aveva saputo dell'evento di quella sera. La celebrazione del decimo anniversario di uno dei più prestigiosi locali della catena Platinum avrebbe attirato molte personalità per l'intero weekend e, sebbene il suo italiano fosse ben lontano dall'essere perfetto, di una cosa era certa: Leonardo Valente sarebbe stato lì quella sera, dentro quell'edificio.

    Tutto quello che doveva fare era trovare un modo per entrare.

    Si guardò attorno nella terrazza e sentì lo stomaco contrarsi. Aveva sperato che vi fosse un qualche luogo all'aperto dove sedersi, per poi scavalcare il muro e mescolarsi alla folla in entrata, invece guardò desolata la lucida parete di vetro oscurato, che non le permetteva neppure di vedere all'interno. Il rimbombo della musica riverberava dal piano di sotto, ma sulla terrazza arrivava attutito. Cercò di ignorare il nervosismo, del tutto giustificato, visto che stava per sgattaiolare di soppiatto in un luogo privato. A volte bisognava infrangere le regole, anche se questo andava contro la sua natura.

    Scostandosi una ciocca bionda dal viso, allungò una mano verso la vetrata. La sua pelle pallida si rifletté sul vetro scuro e gli occhi grigio acciaio apparvero intenti e calmi mentre tastava con le dita alla ricerca di un appiglio per forzarla. Niente. Si accigliò, rifiutandosi di arrendersi. Doveva esserci un modo per entrare. Per un attimo ebbe l'impulso di rompere il vetro, ma non l'avrebbe mai fatto. Dara Devlin non perdeva mai il controllo, per quanto la situazione potesse diventare difficile. Era per questo che le spose di tutto il mondo la chiamavano per organizzare il loro matrimonio dei sogni in Sicilia.

    Con un respiro profondo, si sforzò di pensare. Afferrandosi alla balaustra della terrazza, si sporse a guardare di sotto. Da lì, la strada appariva piuttosto lontana, il che le fece perdere un po' di coraggio.

    «Signorina, c'è qualche ragione particolare per cui si sta aggirando furtiva nell'oscurità?»

    La voce sensuale che proveniva da dietro di lei la fece girare di colpo e spalancò gli occhi quando vide che il pannello di vetro era miracolosamente sparito e un uomo la stava guardando. Come aveva fatto a non sentirlo arrivare? E adesso era troppo tardi per cercare di scappare. La sua mente lavorò febbrilmente in cerca di un modo per evitare di essere arrestata.

    «Sto aspettando una spiegazione.»

    Il viso era in parte nascosto dall'oscurità, ma dall'abito scuro, l'altezza ragguardevole e la posa arrogante con le braccia incrociate suppose che fosse uno degli addetti alla sicurezza. Maledizione.

    Pensa, Devlin.

    Cercando di sembrare spensierata, fece una risata e parlò in un inglese veloce. Nessuno arrestava una sciocca biondina irlandese nei guai.

    «Oh, bene, finalmente qualcuno è uscito ad aiutarmi...» Sospirò con aria drammatica. «Ho bussato al vetro per almeno venti minuti, cercando di entrare.»

    «Non è riuscita a trovare la porta d'ingresso?»

    Il suo inglese perfetto la sorprese, ma il tono beffardo le rivelò che non l'aveva convinto. In ogni caso, continuò la sua recita.

    «Avevo bisogno di prendere una boccata d'aria e qualcuno ha detto che avrei potuto uscire qui fuori per un momento...»

    «Così ha deciso di scalare il palazzo per rientrare?» Non era una domanda, più un'osservazione divertita. «È abituata a scalare gli edifici in tacchi alti? Deve avere del talento...»

    Dara aprì la bocca per protestare, poi ci ripensò.

    «Potevo vederla dal vetro. Quando ha capito che non riusciva a entrare, pensavo si sarebbe messa a strillare» le rivelò l'uomo.

    Dara lasciò uscire il respiro che non sapeva di aver trattenuto. Be', era un bene che lui trovasse il tutto così divertente, perché aveva creduto che la sua missione fosse ormai fallita. Pensava che sarebbe stata messa alla porta senza tante cerimonie e magari denunciata.

    «Mi rendo come di come deve apparire...» mormorò, cercando di nascondere il panico.

    «Davvero? Perché a me sembrava che lei stesse cercando di intrufolarsi nel mio piano privato, con addosso quel disgustoso completo da segretaria.»

    Dara si accigliò. «Cosa? Non è disgustoso...» Il suo cervello si fermò, come congelato.

    In quel momento l'uomo fece un passo avanti e la luce dei lampioni della strada rivelò il suo viso, che lei aveva visto fin troppe volte sulle riviste. Congelò mentre comprendeva a chi stava mentendo.

    «Oh, Dio, lei è... lui

    I suoi abili riflessi professionali si ridussero in poltiglia mentre veniva investita dalla sua potente mascolinità siciliana.

    «Se per lui intende il proprietario del locale in cui ha cercato di intrufolarsi, allora sì.» La luce sembrava aver lasciato i suoi occhi ora, rimpiazzata da un freddo cinismo. «Suppongo che voglia entrare adesso. E cominciare a spiegarmi che si tratta solo di un folle equivoco.» Con le braccia conserte, restò a guardarla mentre lei si scavava sempre più la fossa con le proprie mani.

    Un rossore imbarazzato salì al viso di Dara. Chiaramente lui pensava che quello fosse un espediente per fare breccia in lui, aveva letto che le donne si gettavano ai suoi piedi ovunque andasse, e non solo perché era immensamente ricco – il che per alcune poteva essere sufficiente – ma soprattutto perché era: appetitoso, delizioso e peccaminoso. Ecco, quelle erano le parole giuste.

    L'aveva sempre divertita sentire quella descrizione di un uomo, ma adesso, a mezzo metro da Leonardo Valente, poteva comprendere cosa significava.

    Era molto diverso dal tipo d'uomo che le piaceva di solito: i capelli scuri raggiungevano il colletto ed erano un po' troppo arruffati, aveva ciglia lunghe e la mascella era scura per l'ombra della barba, ma certo non poteva dire che non fosse una visione impressionante. E gli ci era voluto un solo sguardo per indovinare che era una sua fan, pronta a gettarsi ai suoi piedi.

    Quasi gridò per l'imbarazzo. Non era certo l'impressione brillante che aveva inteso fornirgli!

    «Per quanto possa essere piacevole stare qui, non ho tutta la notte a disposizione.»

    Dara sentì il cuore sprofondare. «Stavo... pensando.» Oh, stava andando di male in peggio. Aveva lavorato tre settimane per preparare quell'incontro e stava andando tutto storto.

    Lui sollevò un sopracciglio scuro. «Pensava a questa situazione particolare, o ha in mente altre azioni criminali questa sera?»

    Criminali? Dara sentì il panico che le cresceva nel petto.

    «Signor Valente, posso assicurarle che non stavo cercando di commettere alcun crimine.»

    «Si rilassi. Non ho intenzione di chiamare le guardie, ma non si è accorta che la telecamera ha seguito ogni sua mossa?» Indicò una piccola luce rossa sopra la sua testa. «La mia squadra stava salendo quassù quando ho detto loro di aspettare.»

    «Perché l'ha fatto?» La domanda uscì prima che potesse fermarla.

    Alzò una spalla. «Mi annoiavo. E lei sembra interessante.»

    Dara rimase a pensare per qualche momento, ma non fu capace di trovare un commento adeguato. Se la trovava così interessante, forse sarebbe riuscita a trattenere la sua attenzione abbastanza a lungo per fargli la proposta. Si schiarì la gola.

    «Giusto per precisare, non sono una criminale, sono un'organizzatrice di matrimoni.»

    Vide che i suoi occhi si socchiudevano.

    «Sono la stessa cosa, per me.» Fece una smorfia. «Mi piace di più la mia teoria sulla segretaria cattivella.»

    A quel punto Dara sperimentò di persona il famigerato sguardo di Leonardo Valente. Si schiarì di nuovo la gola cercando di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, per rompere quella tensione. Cominciava a mancarle l'aria su quella terrazza, ma non aveva a che fare con l'altitudine.

    «La sua teoria è sbagliata. Non sono qui per nulla... di... simile.»

    «Che peccato. In ogni caso, ha la mia attenzione.» Si girò per entrare, poi si fermò. «A meno che non intenda tornare indietro da dove è venuta, le consiglio di seguirmi.»

    Quindi se ne andò, non lasciandole altra scelta che obbedire.

    La stanza oltre il vetro oscurato era due volte più grande del suo intero appartamento. Lui premette alcuni pulsanti e una soffice luce si diffuse nell'ambiente. Non era un ufficio, le ricordava più la sala di un hotel, con moderni divani e un impressionante camino. Perché mai un night club aveva bisogno di una stanza simile? Forse per intrattenete ospiti speciali. Deglutì, poi però la consistenza rigida del tablet nella borsetta le ricordò perché si trovava lì.

    Lui premette un altro pulsante e la porta a vetri scivolò al suo posto. Da lì si poteva vedere benissimo fuori e Dara si sentì bruciare le orecchie pensando che lui l'aveva osservata per tutto il tempo.

    Quando si girò a guardarla, poté vedere il colore intenso dei suoi occhi. Non erano neri come aveva creduto, ma di un verde scuro come una foresta. Scosse il capo. Perché mai si interessava ai suoi occhi? Era un incontro d'affari, dopotutto.

    «E ha un nome, o devo chiamarla Spiderwoman?» le chiese lui avanzando di alcuni passi.

    La sua attitudine professionale si risvegliò. «Oh, sì, ho il mio biglietto da visita qui da qualche parte... mi dia un secondo...» rispose cominciando a frugare nella borsa.

    Di colpo lui le fu dinanzi, togliendole la borsa dalle mani e appoggiandola su una sedia. «Non ho chiesto il suo biglietto, ma il suo nome. Dalle sue labbra, preferibilmente.»

    Le fissò la bocca e lei sentì lo stomaco attorcigliarsi. Sollevò il mento e lo guardò in viso.

    «Dara Devlin.»

    Lui annuì. «Dara, l'organizzatrice di matrimoni.» Pronunciò il suo

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