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Matrimonio a Chinatown: Harmony Jolly
Matrimonio a Chinatown: Harmony Jolly
Matrimonio a Chinatown: Harmony Jolly
E-book157 pagine2 ore

Matrimonio a Chinatown: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Abito bianco, musiche soavi di sottofondo, bouquet di fiori d'arancio... Signore e signori il matrimonio è servito!

L'aspirante stilista Mimi Stewart è innamorata del migliore amico di suo fratello, il milionario Jin Zhang, da sempre. Così, quando per salvare l'azienda di famiglia dalle volontà di un padre manipolatore e crudele, Jin le offre quello che ha sempre sognato, un lavoro e la possibilità di diventare sua moglie, a Mimì sembra di toccare il cielo con un dito.

Ma Jin è un uomo che ha sofferto molto ed è ormai abituato a mascherare i suoi sentimenti e a proteggere il proprio cuore dalle tentazioni dell'amore. Cosa succederà quando alla fine scoprirà la verità, e cioè che Mimi è pazza di lui?
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9788830525139
Matrimonio a Chinatown: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Matrimonio a Chinatown - Andrea Bolter

    successivo.

    1

    «Ti saresti aspettato altro da un bullo come lui?» domandò Jin, mescolando il latte nella sua tazza di caffè. «Immaginavo che avrebbe trovato il modo di ferire me e mia madre anche dalla tomba.»

    «Dimmi di nuovo cosa c'è scritto nel testamento» gli chiese il suo amico Aaron. Uscirono entrambi dalla cucina e andarono a sedersi sul divano del salotto. Come avevano fatto già migliaia di volte, sollevarono entrambi le gambe sul tavolino da caffè, incrociandole all'altezza della caviglia.

    «Wei Zhang lascia in eredità al suo unico figlio, Jin Zhang, la piena proprietà della casa di moda LilyZ e tutti i suoi interessi alla seguente condizione» rispose Jin, citando il documento che l'avvocato di suo padre gli aveva letto un'ora prima. «Jin Zhang deve aver contratto un matrimonio a norma di legge prima di acquisire la proprietà.»

    Jin cercò di controllare mentalmente la vena che gli pulsava alla tempia. La morte non aveva impedito a suo padre di continuare a creare del caos.

    «È proprio bizzarro. A tuo padre interessava davvero che ti risposassi oppure no?»

    «Oh, gli interessa... gli interessava, molto. Quando ho lasciato Helene, sapeva che non mi sarei mai più risposato.»

    «Comprensibile, dopo quello che ti ha combinato!»

    «Ecco perché ha fatto redigere questa clausola nel testamento. Perché sapeva che non lo avrei mai fatto.»

    «E cosa succede se non rispetti la clausola?»

    «L'azienda verrà chiusa.»

    «O ti sposi o perdi la casa di moda? Ma chi fa una cosa del genere al proprio figlio?» Aaron scosse la testa, disgustato.

    «Wei, ovviamente.» La tempia di Jin continuò a pulsare. «Distruggere l'azienda era quello che voleva fare. Ha gestito male praticamente tutto quello che poteva da vivo. E poi ha pensato al modo di essere sicuro della rovina della LilyZ anche dopo la sua morte.»

    Dopo l'incontro con l'avvocato del padre, Jin era andato dritto a casa dal suo migliore amico, Aaron Stewart, come faceva da anni. Non lontano dall'edificio di Chinatown – che ospitava oltre lo studio della LilyZ anche la propria abitazione – l'appartamento dell'amico era per lui un santuario.

    I due uomini bevvero il caffè in silenzio, riflettendo sulla situazione mentre calava la sera.

    «Tuo padre era così vendicativo da voler distruggere l'azienda che il proprio genitore aveva faticato tanto a far crescere?»

    «Mi odiava. E odiava anche mia madre.»

    All'amico Aaron e alla sorella Mimi, Jin poteva raccontare tutto. I tre erano amici da più di tredici anni, ed erano stati uno accanto all'altro già durante i cambiamenti radicali nella loro vita. La morte della madre di Aaron e Mimi, la morte del loro padre un anno dopo, il divorzio dei genitori di Jin, il divorzio di Jin da Helene. E ora la morte del padre di Jin, Wei, e quell'ultimo gesto.

    «Forse tu non te ne sei mai accorto» continuò Jin.

    «Non credo di averlo mai conosciuto in realtà» commentò Aaron.

    «Non ha mai voluto l'azienda, vero?»

    «No. Era risentito, perché aveva ereditato la LilyZ da mio nonno Shun. Mio nonno ha lavorato diciotto ore al giorno per decenni per creare un marchio che avrebbe poi continuato a crescere anche dopo la sua morte, ma mio padre pensava che ciò interferisse con l'alcol e le donne.»

    «Allora avrebbe dovuto essere felice di lasciarla a te! Comunque, è da un po' che gestisci le cose.»

    «Te lo ripeto, mi detestava. Voleva che fallisse per la relazione che avevo con il nonno. Shun e io eravamo uguali. Amavamo la LilyZ e ne eravamo orgogliosi. Mio padre è sempre stato un intruso, perché non gli è mai importato di niente, solo di se stesso.»

    «Ed era chiaro che eri dalla parte di tua madre, quando hanno divorziato.»

    «Quindi, come ultimo gesto, ha fatto quello che poteva per lasciarci umiliati e senza soldi.»

    Jin poteva a malapena immaginare tutta quella situazione. Negli ultimi anni, aveva ufficiosamente preso il controllo della LilyZ, la loro casa di moda prêt-à-porter di lusso. Aveva dovuto farlo. Wei non andava nemmeno in ufficio tutti i giorni. E quando lo faceva, barcollando, era spesso maleducato con lo staff o perturbava la gestione quotidiana. Lui, come suo unico figlio, era stato costretto a prendere il comando.

    «E come se non bastasse, ho appena scoperto che i nostri libri contabili sono un caos. Mio padre nascondeva delle informazioni e prendeva pessime decisioni. Se l'azienda venisse chiusa, a questo punto ogni centesimo finirebbe nelle mani dei creditori.»

    «Il testamento dice che devi sposarti secondo i dettami della legge.» Aaron rifletté sulla situazione del suo amico. «Ci sono altre condizioni?»

    Jin sbuffò, esasperato. «Non avrò il pieno possesso né poteri finanziari fino a quando non dimostrerò di essere legalmente sposato. E devo rimanere ammogliato almeno per un anno, durante il quale sarò ufficialmente l'amministratore delegato, ma non il proprietario dell'azienda.»

    «Fermo un attimo, significa che devi rimanere sposato solo per un anno?»

    «In teoria sì. Ma lui sapeva che non mi sarei mai risposato, quindi lo ha stabilito solo per farmi fallire.»

    «Che scelte abbiamo?» si chiese a voce alta Aaron.

    Il suo amico era sempre premuroso e riflessivo. Con i suoi occhi profondi e i capelli ricci, Aaron somigliava a un filosofo.

    I due amici affrontavano sempre le cose insieme, e consideravano i problemi come propri. Ma anche se due teste erano meglio di una, Jin dubitava che stavolta potessero riuscire a risolvere il problema. Perché non solo Jin non intendeva risposarsi più, ma non voleva nemmeno avere una relazione seria. Mai più. Non dopo quello che aveva avuto in cambio della sua devozione a Helene. Jin era stato sposato per tre anni, e lei lo aveva tradito tutto il tempo. Era stata una bugiarda egoista, proprio come suo padre. Erano stati lui e sua madre a dover raccogliere i pezzi dopo che le persone che avevano sposato avevano distrutto ciò in cui credevano.

    Jin fletté le mani. Dopo sei mesi, finalmente gli sembrava normale vederle senza anello nuziale. Un anello che aveva simboleggiato fedeltà e complicità e lealtà! Che barzelletta.

    La serratura della porta d'ingresso scattò, e Jin si voltò a guardarla. Entrò la sorella di Aaron, Mimi. Mise la borsa sul tavolino all'ingresso, senza notare che Jin e Aaron erano in casa. Mimi si tolse la cuffia, e i capelli castani le ricaddero sulle spalle in morbide onde. Dato che erano amici da tanto tempo, Jin sapeva che il colore brillante dei capelli di Mimi non era naturale, ma i ricci lo erano.

    Mimi si tolse i guanti e li gettò accanto alla borsa. Con le mani libere, sciolse poi la sciarpa grigia che si era avvolta intorno al collo, e che contrastava bene con il blu navy del suo cappotto. Una piccola e totalmente inappropriata contrazione delle spalle sorprese Jin, quando la sciarpa rivelò un po' più di pelle bianca, questa volta del collo.

    Mimi si sbottonò il cappotto e lo tolse, appendendolo accanto alla porta. Indossava un magnifico vestito rosa, con una cintura dello stesso tessuto, che sottolineava le sue curve generose. Mimi era la migliore stilista che conoscesse.

    «Aaron?» chiamò lei, prima di voltarsi e scoprire che suo fratello e Jin erano seduti sul divano proprio in quella stanza. «Ah. Ciao, fratellone.»

    «Sorellina.»

    «Ehi, Jin, non sapevo che tu fossi qui. Avete già mangiato? Sto morendo di fame!»

    «Com'è andato il colloquio?» le chiese Aaron.

    «Uno schifo, proprio come quello di ieri.»

    Mimi era una giovane stilista. Jin era sempre stato personalmente orgoglioso che lei fosse entrata nel campo della moda da sola.

    Jin era infastidito dal fatto che la sua amica avesse difficoltà a trovare un'occupazione, dopo aver lasciato il suo impiego perché lavorare con il suo ex fidanzato era insopportabile. Non riceveva altro che dei no, ed era stata costretta a trasferirsi da suo fratello per risparmiare sulle spese.

    Aaron aveva un lavoro stabile, ma sia Jin che Mimi stavano attraversando un periodo tremendo, aggravato dalla recente scoperta di Jin, cioè che l'ultimo tradimento della sua ex moglie Helene era stato con il capo stilista della LilyZ. Lui lo aveva prontamente licenziato.

    I problemi continuavano ad accumularsi.

    Mimi aveva bisogno di un lavoro. Lui doveva trovare un nuovo stilista per l'atelier. E, a quanto pareva, gli serviva anche una moglie.

    Stavano iniziando gli eventi per la Settimana della Moda primaverile di New York, e la LilyZ non avrebbe presentato collezioni, perché prima di morire Wei aveva impedito a Jin di terminarla per tempo. Adesso era costretto a calmare gli animi dei rivenditori. Doveva inventarsi delle scuse. Fingere che tutto fosse sotto controllo.

    Il mal di testa di Jin peggiorò. Che macello inimmaginabile!

    «Ordina qualcosa a domicilio» disse Aaron a sua sorella, quando lei riemerse dalla sua camera da letto. Si era tolta il vestito rosa che aveva disegnato e cucito lei stessa e si era messa dei comodi leggings neri, spessi calzettoni bianchi e un maglione rosso.

    «Potrebbe sembrare sessista, sai» lo prese in giro Mimi, «chiedere alla donna di occuparsi del cibo!»

    «Visto che la suddetta donna vive gratis nell'appartamento del fratello, potrebbe essere considerato guadagnarsi la cena.»

    «Okay, hai vinto tu.»

    Mimi lanciò un'occhiata a Jin, che era ancora sul divano. Una delle sue lunghe gambe era incrociata, con la caviglia sul ginocchio, in una posizione che Mimi trovò così decisamente mascolina da sentirsi palpitare.

    E poi, le venne in mente che Jin era seduto dove dormiva lei, dato che era un divano letto che lei apriva ogni sera. Jin era già stato a casa di suo fratello e si era già seduto sul divano, ma per qualche motivo il pensiero che quello fosse il suo letto non le era mai venuto in mente. Si impresse l'immagine nella mente e pensò ad altro, o almeno ci provò.

    «Jin, ti fermi per cena?»

    «Sì, ordina quello che ci è piaciuto l'ultima volta» concordò.

    «Va bene.» Mimi capì al volo a cosa si riferisse e ordinò.

    Subito dopo, Jin spiegò anche a lei la clausola nel testamento di suo padre.

    «Tua madre lo sa?» gli chiese. «Ci siamo sentite al telefono ieri e non mi ha detto niente.» L'amicizia tra gli Zhang e gli Stewart era di lunga data, e Mimi sapeva che a Jin faceva molto piacere che lei fosse legata a sua madre.

    «No» disse con fermezza Jin. «E non voglio che lo scopra mai.»

    «Cosa succede se non ti sposi? Volete altro caffè?»

    Aaron scosse la testa, ma Jin le allungò la sua mano larga, quasi quadrata, e Mimi si avvicinò per prendergli la tazza. Nel farlo, gli sfiorò le dita con le sue e si rese conto del caratteristico calore che emanava sempre dalle sue mani.

    Era come se piccole scintille ardenti – che poteva vedere solo lei – si accendessero ogni volta che le mani di Jin entravano in contatto con la sua pelle. Il che, durante scambi come quello, o nell'abbracciarsi per salutarsi, era successo un milione di volte nei tredici anni che lo conosceva.

    Le scintille di Jin erano il più inconfessabile segreto di Mimi.

    Lei alzò gli occhi dalla brocca di caffè per fissare il muro.

    «È così

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