Sfida a due: Harmony Collezione
Di Miranda Lee
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Info su questo ebook
La lussuosa villa sull'isola di Capri rappresenta il gioiello mancante alla corona di successi del milionario Leonardo Fabrizi... finché non scopre che a ereditarla sarà invece Veronica Hanson, l'unica donna che tempo prima ha saputo resistere al suo fascino.
... ma lui gioca per vincere.
Leonardo però non è abituato ad arrivare secondo ed è deciso a combattere per ottenere ciò che vuole. Le armi che userà non saranno convenzionali, ma sono di certo utili allo scopo: con una seduzione lenta e implacabile costringerà Veronica alla più sensuale delle rese.
Miranda Lee
Scrittrice romantica, e moglie fortunata di un uomo molto, generoso!
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Anteprima del libro
Sfida a due - Miranda Lee
successivo.
Prologo
Laurence lesse per la seconda volta il rapporto dell'investigatore e scrollò la testa. Si sentì assalire dalla frustrazione e dallo sgomento. Aveva dato per scontato che sua figlia ormai fosse sposata, con dei bambini. Dopotutto, aveva ventotto anni. Ed era bella, bellissima.
Spostò lo sguardo sulla fotografia allegata e si sentì gonfiare d'orgoglio all'idea di aver generato una simile creatura. Splendida, ma senza figli.
Che spreco.
Con un sospiro, tornò a rileggere il rapporto.
Veronica era stata fidanzata per tre anni con un medico che lavorava come lei nell'ospedale pediatrico. Lei era fisioterapista e lui chirurgo ortopedico. Purtroppo, il fidanzato era morto in un incidente in moto due settimane prima del matrimonio. Lei era rimasta sola, aveva lasciato il posto in ospedale e ora lavorava in proprio. Viveva con la madre e non usciva quasi mai, se non per lavoro.
Laurence sapeva che cosa fosse il dolore. Lui ne era rimasto distrutto, quando la sua compagna di una vita era morta, pochi anni prima. Non di cancro, come si erano aspettati, dati i precedenti, ma di infarto. Da allora si era chiuso in se stesso, scegliendo di vivere nella casa delle vacanze che avevano acquistato insieme, sull'isola di Capri. Non aveva più guardato una donna, non aveva fatto nulla per dimenticare. Ma lui aveva più di settant'anni. Sua figlia invece era ancora giovane, santo cielo.
Però, non sarebbe rimasta giovane per sempre. Gli uomini potevano procreare pure in tarda età, ma le donne avevano un orologio biologico che scandiva il tempo.
Essendo un genetista, Laurence sapeva tutto sul corpo umano e i suoi geni. Quella perfetta conoscenza dell'argomento era stata anche la ragione per cui aveva donato il suo seme alla madre di Veronica, un gesto ispirato soprattutto dalla vanità. Ego maschile. Non aveva voluto scendere nella tomba senza passare a qualcuno i suoi brillantissimi geni.
Scrollò di nuovo la testa e si sentì riempire l'anima dal rimorso e dal senso di colpa. Avrebbe dovuto contattare sua figlia, dopo la morte di Ruth. Così sarebbe stato al suo fianco quando il fidanzato era morto.
Adesso era tardi, realizzò, amaro.
Stava morendo anche lui... di cancro, per ironia della sorte. Cancro al fegato, scoperto tardi. La prognosi non era buona, e poteva incolpare solo se stesso. Dopo la morte di Ruth si era messo a bere smodatamente.
«Ho bussato» si intromise una voce maschile, «ma tu non hai risposto.»
Laurence alzò gli occhi e sorrise.
«Leonardo... che piacere vederti! Che cosa ti ha riportato a casa? Eri tornato solo poco tempo fa.»
«Domani mio padre compie gli anni. Settantacinque» spiegò Leonardo venendo a sedersi accanto a lui sulla terrazza inondata di sole. Spinse lo sguardo lontano sull'acqua blu del Mare Mediterraneo. «Caro Laurence, lo sai, vero? Sei un uomo fortunato a poter godere di questo panorama.»
Lui soppesò il suo ospite con lo sguardo. Leonardo era un gran bell'uomo, pieno di vita. Naturale, aveva solo trentadue anni e molte invidiabili qualità, non ultima quella di piacere alle donne. Lo trovavano tutte affascinante e irresistibile.
Un pensiero che evocò in lui molte altre riflessioni.
«La mamma dice che ti ha invitato a pranzo, ma che tu non ci sarai perché domani devi andare da un medico in Inghilterra.»
«Infatti» confermò Laurence, girando il rapporto in modo da nascondere l'intestazione. «Ho qualche problema al fegato.»
«Niente di serio, spero. Sembri stanco.»
Laurence si strinse nelle spalle. «Alla mia età, diventa serio tutto. Sei qui per giocare a scacchi e sentire un po' di buona musica, o vuoi ancora tormentarmi con la richiesta di venderti la casa?»
Leonardo rise. «Per tutte e tre le ragioni?» rispose.
«Ti ho già detto che non venderò. Potrai comperare la mia casa quando sarò morto.»
Leonardo trasalì e divenne improvvisamente serio. «Spero che sarà fra molti anni, amico mio.»
«Sei gentile a dirlo. Vuoi che ti apra una bottiglia di buon vino?» chiese Laurence alzandosi dalla poltrona e portando via il rapporto.
«Sicuro che sia una buona idea, considerate le circostanze?»
Il sorriso di Laurence divenne amaro. «A questo punto, non credo che un bicchiere o due facciano la differenza» replicò.
1
Veronica sorrise e accompagnò alla porta l'ultimo dei pazienti di quel giorno. Duncan era un bel signore di ottantaquattro anni, soffriva di sciatica, ma faceva di tutto per non lamentarsi, e lei lo ammirava per questo.
«Ci vediamo la prossima settimana, Duncan?»
«Non posso, tesoro. Tu sei l'unica capace di tenermi in forma, ma mia nipote compie ventun anni tra pochi giorni, e andrò a Brisbane per festeggiarla. Magari, mi fermerò da mio figlio per una settimana o due. Quest'inverno, a Sydney, il freddo mi è entrato nelle ossa, e ho proprio bisogno di un po' di sole. Ti chiamo quando torno.»
«Ma certo, Duncan. Buona vacanza.»
Lei lo guardò incamminarsi su per Glebe Point Road in direzione della villetta dove abitava. La maggior parte dei suoi clienti erano anziani pieni di acciacchi e abitavano in zona, ogni tanto capitava qualche studente della vicina università, reduce da un infortunio. Ragazzi giovani, per lo più, che si facevano male giocando a calcio o a rugby.
Per la verità, lei preferiva i clienti anziani. Che non cercavano di prendersi confidenze.
Non che lei non sapesse difendersi. Era abituata a respingere le avances maschili fin dall'adolescenza, perché madre natura era stata molto generosa con lei. Veronica aveva un corpo flessuoso e la pelle vellutata, un bel viso, una cascata di capelli scuri e due grandi occhi viola.
Jerome la chiamava bellezza.
Jerome.
Lei chiuse gli occhi per qualche secondo e cercò di allontanare i ricordi dalla mente. Cosa impossibile. La morte improvvisa di Jerome era stata durissima da accettare, ma quel che aveva saputo in seguito l'aveva davvero distrutta.
Ancora faticava a credere che lui avesse potuto essere così... così perfido.
Ingenua lei, si era detta. Sapeva bene quel che aveva dovuto sopportare sua madre, con l'uomo che aveva sposato. Però, a differenza di sua madre, Veronica aveva sempre guardato gli uomini con simpatia. A volte anche con ammirazione. Certo, sapeva che alcuni mentivano, e se ne era sempre tenuta alla larga. Alcuni fidanzatini un po' troppo disinvolti erano stati piantati in asso su due piedi.
Lei non era una moralista. Ma non tollerava gli uomini che infrangevano le regole della società solo per il gusto di farlo, incapaci di rispetto e di sensibilità. Il suo uomo ideale, quello che da sempre sognava di sposare, sarebbe stato diverso. Bello e di successo, certo. Ma soprattutto onesto e affidabile. Dopotutto, sarebbe stato anche il padre dei suoi figli, oltre che suo marito. E di figli, lei ne voleva almeno quattro. Di sicuro, niente figli unici.
Quando aveva conosciuto Jerome, aveva pensato che lui avesse le caratteristiche perfette.
Invece si sbagliava. Di grosso.
Veronica strinse i denti e si avviò in cucina. Per fortuna, le rimaneva il lavoro. La vita sentimentale era inesistente, il sogno di una famiglia adesso era distrutto, ma la vita professionale era ancora lì. Provava sempre una grande soddisfazione nell'alleviare le sofferenze altrui.
Riempì d'acqua il bollitore e sentì squillare il cellulare.
Qualcuno che voleva un appuntamento, pensò. Ultimamente non riceveva molte chiamate personali.
«Sì?» rispose, con un tono un po' più brusco del solito. Pensare a Jerome non le aveva fatto bene.
«Parlo con Veronica Hanson?» chiese una voce maschile. Una voce armoniosa e profonda, con un leggero accento... italiano, forse.
«Sì, sono io» confermò lei.
«Mi chiamo Leonardo Fabrizi» disse lui, e a Veronica quasi cadde il telefono di mano. Lo strinse più forte e lottò per venire a patti con l'idea di essere in linea proprio con...
Quanti italiani di nome Leonardo Fabrizi potevano esistere al mondo?
Doveva essere lui per forza. O forse no... Il mondo era pieno di coincidenze.
«Leonardo Fabrizi, il famoso sciatore?» chiese, prima di potersi trattenere.
Dall'altra parte del filo ci fu un attimo di silenzio.
«Mi conosce?» chiese alla fine lui.
«No, no» rispose subito lei, perché certo non poteva dire di conoscerlo. Però, si erano incontrati. Una volta. Molti anni prima, in Svizzera, a una festa di fine campionato. Nessuno li aveva presentati, dunque lui non poteva riconoscere il suo nome. Era una celebrità, a quei tempi, campione del mondo di discesa libera, conosciuto per il carattere esuberante, sulle piste e fuori. La sua reputazione da playboy era più che giustificata, e lei se n'era resa conto subito, appena in tempo per non diventare un altro dei suoi trofei.
«Ho... sentito parlare di lei» disse in fretta, con un impercettibile tremito nella voce. «Tutti gli sciatori sanno chi è, e a me piace sciare.»
Moltissimo, per la verità. Una passione che le era stata trasmessa da un'amica, molto benestante e piuttosto viziata, che l'aveva sempre voluta con sé durante le vacanze con la famiglia.
«Non faccio più gare da tempo» tagliò corto lui. «Ho appeso gli sci al chiodo. Ora mi occupo solo di affari.»
«Capisco» replicò Veronica. Neanche lei aveva più sciato, dopo la morte di Jerome. Il suo interesse per lo sport, e per molte altre cose, era morto insieme all'uomo che era stata sul punto di sposare.
«In che cosa posso esserle utile, signor Fabrizi?» Magari, lui era venuto in Australia per affari e aveva bisogno di un trattamento urgente di fisioterapia per riprendersi dal lungo viaggio. Forse aveva cercato un professionista a Sydney e si era imbattuto nel suo sito...
«Mi dispiace» replicò lui in tono serio. «Purtroppo le devo dare una notizia triste.»
«Una notizia triste?» gli fece eco lei, stupita. «Di che genere?»
«Laurence è morto.»
«Laurence... Laurence chi?» Non conosceva nessuno che si chiamasse Laurence.
«Laurence Hargraves.»
Veronica si strinse nelle spalle. «Mi scusi, ma il nome non mi dice niente.»
«Ne è proprio sicura?»
«Certo.»
«Be', è strano. Lei è citata come erede nel testamento.»
«Come?»
«Laurence le ha lasciato qualcosa. Una villa, per la precisione. Una villa sull'isola di Capri.»
«Che cosa? Ma è ridicolo... È uno scherzo?»
«Nessuno scherzo, signorina Hanson, glielo assicuro. Sono l'esecutore testamentario delle ultime volontà di Laurence, e ho il foglio proprio qui davanti a me. Se lei è Veronica Hanson e vive a Sydney, Australia, in Glebe Point Road, ora è la legittima proprietaria di una bellissima villa a Capri.»
«Santo cielo... ma è incredibile!»
«È davvero incredibile anche per me» concordò lui con un pizzico di tristezza. «Ero molto amico di Laurence e non mi ha mai fatto il suo nome. È possibile che fosse un parente, alla lontana? Un lontano cugino, o magari un prozio?»
«Forse sì... ma ne dubito» ribatté lei. Sua madre era figlia unica e suo padre, se mai avesse saputo della sua esistenza, di sicuro non vantava parenti inglesi che di cognome facevano Hargraves. Era uno studente squattrinato proveniente dalla Lettonia, che aveva venduto il suo seme per denaro e che non compariva nemmeno nel suo certificato di nascita, su cui era scritto padre ignoto. «Chiederò a mia madre. Magari lei ne sa di più.»
«È tutto molto strano, lo ammetto» disse l'italiano. «Magari, Laurence è stato un suo paziente, o il parente di uno di loro. Lei ha mai lavorato in Inghilterra? Laurence viveva lì, prima di ritirarsi a Capri.»
«No, mai.» In compenso, era stata sull'isola di Capri. Per un giorno, come turista. Parecchi anni prima. Ricordava di aver osservato le bellissime ville sulla costa e di essersi chiesta quanto dovessero essere ricchi i proprietari.
Veronica si chiese se lui, Leonardo Fabrizi, fosse ancora ricco. E playboy.
Non che me ne importi, si censurò in fretta.
«È un bel mistero» ribadì ancora lui. «Ma non cambia il fatto che lei potrà entrare in possesso della proprietà, una volta firmate le carte e pagate le tasse.»
«Quali tasse?»
«Quelle di successione. Devo dirle che, su una proprietà di quel valore, non saranno certo di poco conto. Se lei non è una parente, dovrà pagare