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Inarrestabile passione: Harmony Destiny
Inarrestabile passione: Harmony Destiny
Inarrestabile passione: Harmony Destiny
E-book152 pagine2 ore

Inarrestabile passione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Adam potrebbe avere tutte le donne che desidera, ma vuole l'unica che dovrebbe tenere lontano: la sensuale Selene, figlia del più acerrimo nemico politico di suo padre Abraham. Adam sa bene che quando la passione si mette di mezzo niente può contrastarla, e l'unica cosa da fare è arrendersi all'inevitabile.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830527881
Inarrestabile passione: Harmony Destiny
Autore

Anne Marie Winston

Nata in Pennsylvania, ha iniziato a leggere romanzi rosa tanto, tanto tempo fa e ancora stenta a credere che ora qualcuno la paghi per leggerli e scriverli!

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    Anteprima del libro

    Inarrestabile passione - Anne Marie Winston

    Copertina. «Inarrestabile passione» di Winston Anne marie

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Enemy’s Daughter

    Silhouette Desire

    © 2004 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Elisabetta Elefante

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-788-1

    Frontespizio. «Inarrestabile passione» di Winston Anne marie

    1

    C’era un sacco di gente, per essere un mercoledì pomeriggio. Un mercoledì come tanti.

    Selene lasciò che la porta della caffetteria si richiudesse alle sue spalle, quindi sollevò il viso verso la bocchetta dell’aria condizionata. L’aria fresca che le solleticò la pelle le procurò un sollievo immenso. A Savannah, Georgia, settembre era ancora piena estate.

    Si guardò intorno, mascherando a stento il disagio. Era stata una mossa avventata, non avrebbe mai dovuto trovarsi lì.

    Uscita per fare un po’ di shopping, si era ritrovata dietro la porta di legno e ottone del D&D’s a sbirciare attraverso i pannelli di vetro smerigliato. Era stata la curiosità a spingerla: dopo due mesi, doveva sapere qualcosa di più sul conto di Adam Danforth.

    Così, quella caffetteria era sua, almeno in parte. Le aveva raccontato che si trattava di una società cui partecipava con suo cugino e suo fratello.

    Spaziò con lo sguardo all’interno del locale.

    Era elegante, come si era aspettata, ma l’atmosfera era molto calda e accogliente. Le pareti erano ricoperte da boiserie di legno scuro e raffinate tende amaranto incorniciavano le ampie vetrate, al centro delle quali era inciso il logo della caffetteria a lettere dorate.

    Sulla parete di destra c’era un caminetto enorme, che con un clima come quello di Savannah doveva essere acceso molto di rado, comunque.

    Stranamente, la vista del caminetto la calmò. Le ricordava l’adolescenza, che aveva trascorso nei più prestigiosi collegi svizzeri. Lì il fuoco scoppiettante di un caminetto era una necessità, più che un lusso. Sebbene da molti il collegio venisse considerato quasi alla stregua di un carcere, Selene ricordava gli anni trascorsi in Europa come tra i più sereni della sua giovane vita.

    Ora, però, non sei più in Svizzera, ricordò a se stessa. Era a casa... ammesso che potesse chiamare casa Savannah. Per lei era un posto come tanti. Sì, ci era nata e lì era sepolta sua madre, sotto una lapide di uno dei vecchi cimiteri monumentali.

    Sua madre... Quanto avrebbe voluto conoscere la donna che le aveva dato la vita! Ma Elisabetta Horne Van Gelder era spirata poche ore dopo aver dato alla luce la sua unica figlia. Le era rimasto giusto il tempo per scegliere il nome di Selene e dire addio al marito che l’aveva adorata.

    La sua vita sarebbe stata diversa, si chiese, se la madre fosse stata ancora viva?

    Scacciando certi pensieri che avrebbero finito per intristirla, raggiunse il banco e ordinò una tazza di una delle miscele brasiliane. Guardò di sfuggita i vari camerieri e i membri del personale indaffarati dietro il banco, ma non vide Adam.

    Non essere ridicola!, si rimproverò.

    Il titolare del locale, un imprenditore di successo come Adam Danforth, non poteva mettersi a servire il caffè ai clienti! Inoltre, sarebbe stato sconveniente per tutti e due incontrarsi in un luogo pubblico, dove avrebbero potuto essere visti e riconosciuti.

    Selene si era quasi pentita di essere entrata. Da due mesi a quella parte, non faceva altro che ripeterselo: era meglio lasciar perdere.

    D’altronde, era piuttosto presuntuoso da parte sua dare per scontato che Adam sarebbe stato felice di rivederla, se lo avesse cercato. Non aveva più avuto sue notizie dal giorno in cui lui le aveva mandato un bellissimo mazzo di rose e gigli, il mattino dopo la raccolta di fondi.

    Pagata l’ordinazione, si girò con la tazza in mano e andò quasi a sbattere contro un’altra cliente, una giovane donna dai capelli biondi che sfoggiava un elegante tailleur di lino azzurro chiaro.

    «Oh, mi scusi...» mormorò Selene, tirandosi indietro.

    L’altra non le badò nemmeno. «Credimi» stava dicendo all’amica, una bruna altrettanto sofisticata e appariscente, «belli come lui non ce ne sono molti, in giro. Hai presente George Clooney? Solo che Adam sarà alto un metro e novanta.» Un sospiro. «Un invito a cena da uno come lui non lo rifiuterei.»

    Adam? Selene tese le orecchie.

    «Aspetta che apra la bocca, però» replicò l’amica. «Voglio dire, che sia un bell’uomo è innegabile, ma è una tale barba! Sono uscita con lui una volta, sarà stato un annetto fa, e parola mia, dopo i primi venti minuti ho cominciato a sbadigliare.»

    La prima ragazza fece spallucce. «E con questo? Dove sta scritto che un uomo deve essere anche intelligente?»

    «È questo il punto. Lui è troppo intelligente. Si comincia a parlare di arte, di cinema, di musica... poi sul più bello parte in quarta con il suo argomento preferito, le leggende locali, lugubri storie di fantasmi...»

    Selene trattenne un risolino: stavano parlando davvero del suo Adam.

    Che cosa dici, stupida! Non è tuo!

    Adam Danforth... Un uomo che nel terzo millennio era affascinato dalla storia e dalle leggende locali poteva, effettivamente, apparire noioso agli occhi di una ragazza moderna ed emancipata. A meno che la ragazza in questione non avesse studiato lettere antiche all’università.

    Chiedendo permesso per aprirsi un varco tra i clienti in attesa di essere serviti, Selene raggiunse la porta, ormai convinta di aver sbagliato a venire in quel locale.

    Dovette fermarsi per lasciar entrare un gruppetto di persone e, mentre aspettava di poter uscire, lo sguardo le cadde sulla lavagnetta appesa sul muro alla sua destra. Era piena di bigliettini fissati da altrettanti magneti.

    Uno diceva: Seria trentenne benintenzionata cerca serio trentenne benintenzionato per condividere cappuccino e teatro. Amante dei cani. Seguiva un numero di telefono.

    Un secondo messaggio era circondato da un cuore e diceva: Elena, mi vuoi sposare?

    Selene sorrise e continuò a leggere divertita, anche se l’uscio era ormai libero. Quella lavagnetta sicuramente fungeva da segreteria per diversi clienti del locale.

    Lesse altri tre messaggi, prima di vederlo.

    A S., il mio fantasma del giardino fiorito: senza di te, mi sento appassire.

    Chiamami. A.

    Il cuore le mancò un battito e il respiro cominciò a farsi corto. Fantasma del giardino fiorito? Chi altri avrebbe potuto scrivere una frase del genere? E a chi?

    Adam. Non poteva essere stato nessun altro. E il messaggio era diretto a lei!

    Le tremavano le mani mentre cercava una penna e il taccuino nella borsa. Senza pensare alle conseguenze di ciò che stava facendo, scribacchiò una risposta.

    Ad A., dal tuo fantasma del giardino fiorito. Anche i bellissimi fiori che mi hai mandato sono appassiti, ma tu sei ancora nei miei pensieri. Ci vediamo? S.

    Fissò il biglietto sulla lavagna e corse via, prima di ripensarci. Era già a metà isolato, quando si accorse che stava squillando il cellulare.

    Se lo sfilò dalla tasca e rispose. «Pronto?»

    «Selene!» La voce era resa inconfondibile da un forte accento francese. «Come stai, mon amie? Vergognati! Non mi hai fatto nemmeno una telefonata per chiedermi dei preparativi delle nozze!»

    «Guillemette!» esclamò Selene, sorpresa. La sua compagna di stanza del collegio, nonché sua migliore amica, apparteneva a una famiglia di nobili origini. Nata in Francia, si era da poco fidanzata con un lontano cugino della regina d’Inghilterra. «Come stai?»

    «Una meraviglia! Ma dimmi di te, piuttosto.»

    Selene sospirò. «Che cosa vuoi che ti dica, Willi? Qui è sempre la solita vita. Mio padre è impegnato con la campagna elettorale, ma io cerco di rimanere nell’ombra. Non ho nessuna voglia di finire sui giornali.»

    «Tutto qui? Qualche bel ragazzo in vista? O sono tutti ciechi da quelle parti?»

    Selene esitò un momento, mentre con gli occhi della mente rivedeva il bel viso sorridente di Adam.

    «Ah, questo silenzio la dice lunga! Un uomo c’è, dico bene? Non credere di darmela a bere, chérie. Io sono come una sorella, per te, e ti leggo come un libro spalancato...»

    «Si dice aperto, Willi» la corresse Selene, ridacchiando. Adocchiata una panchina vuota nel parco, di fronte a lei, attraversò la strada e vi si sedette. «Comunque non c’è ancora niente. Voglio dire, non stiamo insieme.»

    «Ferma un momento. Comincia dal principio» la esortò l’amica. «Voglio sapere tutto.»

    «Dal principio? Be’, allora dobbiamo tornare indietro allo scorso luglio. È stato qualche giorno dopo il mio arrivo a Savannah. Ricordi? Mio padre mi aveva chiesto di tornare in tutta fretta...»

    «Su con la vita, Selene. Sorridi un po’, che diamine! Se ti presenti alla raccolta di fondi con quella faccia da funerale, ti noteranno tutti!» La voce di John Van Gelder era tagliente come uno scudiscio.

    «Io non ci voglio andare, papà. Prendere parte a una cena organizzata dal tuo staff è una cosa, ma questo... Tu mi stai chiedendo di andare a spiare Abraham Danforth, ti rendi conto? E se mi riconoscesse qualcuno? Bella figura...» Selene si lisciò il lungo vestito bianco, evitando di guardarlo negli occhi.

    Suo padre non parve impietosirsi. «Ma no, non ti riconoscerà nessuno. Tu cerca di non dare nell’occhio. E poi, sono anni che vivi fuori. Non ricordo nemmeno più a quando risale l’ultima foto che ti hanno scattato in pubblico.»

    Selene sì, lo ricordava ancora. Aveva nove anni ed era tornata per passare le vacanze di Natale in America, con il padre. Circondata da uno stuolo di fotografi, intimorita e spaesata, ma soprattutto ignorata dal genitore tutto preso a elargire sorrisi ai rappresentanti della stampa, era scoppiata in lacrime.

    La voce di suo padre la richiamò al presente. «Non ti sto chiedendo di spiare nessuno. Devi solo tenere gli occhi aperti, per essere pronta a riferirmi qualcosa che potrebbe sembrarti interessante. Qualcosa che possa tornarmi utile contro Danforth. Non è possibile che quel vecchio filibustiere di Abraham sia pulito come vuol farci credere. Nessuno è perfetto.»

    «Non lo è nemmeno lui, certo. Solo che è pronto ad ammettere i suoi errori.»

    «Ci sa fare, altroché!» sbottò John. «Se penso a come è riuscito a salvare la faccia quando nella soffitta di Crofthaven è saltato fuori il cadavere della figlia della sua governante...»

    Selene cercò di insistere, ma suo padre ignorò ogni sua protesta. E così, si ritrovò su una macchina con tanto di autista, diretta alla raccolta di fondi organizzata da Abraham Danforth.

    La serata si sarebbe tenuta al Twin Oaks Hotel, nel quartiere antico di Savannah. Nel salone delle feste, al suo arrivo, c’erano già più di cento invitati: alcuni ballavano, altri sostavano intorno al sontuoso buffet allestito

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