Due cuori e un affare
Di Shirley Jump
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Info su questo ebook
Sarah Griffin non sa più dove cercare, sua sorella ha gettato dalla finestra la scarpa, che le era stata affidata dal direttore del giornale di gossip per cui lavora e sulla quale avrebbe dovuto redigere un articolo per le pagine di moda. Un momento; ma quello che vede in lontananza non è l'affascinante Caleb Lewis? Che cosa ci fa con la scarpa che sta cercando in mano? C'è un solo modo per scoprirlo. Seguirlo.
Shirley Jump
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Due cuori e un affare - Shirley Jump
1
Sarah Griffin osservò la scarpa rossa passare sopra di lei per poi volare, con un lento e terrificante movimento rotatorio, fuori dalla finestra verso l’oblio. Lo shock la tenne incollata al pavimento per almeno mezzo secondo, prima che l’orrore per quanto era appena accaduto la colpisse ai fianchi come un paio di speroni e la obbligasse a tuffarsi nel tentativo inutile di afferrare la preziosissima scarpa col tacco a spillo, del famoso stilista Frederick K.
La scarpa che avrebbe potuto da sola creare o distruggere la sua carriera... la stessa scarpa che era appena scomparsa volando dal terzo piano.
«Come hai potuto farlo?» Le parole le esplosero in gola ma non suscitarono alcuna risposta da parte della sorella minore. «Hai idea di quanto sia importante quella scarpa?» Sarah si affacciò alla finestra, cercando i resti della pelle cremisi schiacciati sul cemento grigio. Niente. Niente, poi...
Là. Accanto a un bidone dell’immondizia. La scarpa sembrava ancora intatta, almeno osservandola dal terzo piano, ma non poteva esserne certa fino a quando non l’avesse recuperata. Si allontanò dalla finestra e corse alla porta.
«Dove stai andando?» domandò sinceramente sorpresa la sorella. Sarah si fermò e osservò a bocca aperta Diana. Davvero si aspettava che lei rimanesse a continuare la loro discussione?
Diana Griffin aveva un fisico esile, ma sorprendentemente forte. Trascorreva i pomeriggi a prendere a pugni un sacco da boxe, tanto che la palestra dove era iscritta lo aveva cambiato due volte nei due anni in cui Diana l’aveva frequentata.
Era meglio non battersi con Diana, e Sarah lo sapeva bene. Ma in quel momento la scarpa – la scarpa – giaceva sul marciapiede e la sua carriera era appesa a un filo. «Devo riprendere quella scarpa. Non hai idea di cosa accadrebbe se...»
«Lascia perdere, Sarah.» Diana fece un gesto per indicare la poca importanza che dava a ciò che era successo. «È solo una scarpa. Se ne vuoi un paio di carine te ne darò uno delle mie.»
Sarah alzò le mani e oltrepassò la sorella. «Tu non capisci, Diana. Non capisci mai.»
Diana scosse la testa. «Non capisco cosa? Che stai provando a rovinarmi la vita... di nuovo?»
Sua sorella riusciva a trasformare ogni situazione in un melodramma. Come se non avesse ricevuto abbastanza attenzioni da piccola e ne fosse alla costante ricerca. Sarah aveva visto più di una modella comportarsi nello stesso modo capriccioso, e inscenare delle tragedie per delle vere sciocchezze, come vedersi assegnato un tavolo d’angolo o ricevere un bicchiere di chardonnay troppo caldo. Era il tipo di atteggiamento che riempiva le pagine della rubrica dedicata al gossip Dietro le Quinte, scritta da Sarah stessa.
Era stanca di quei drammi, delle buffonate dei personaggi di cui scriveva nella sua rubrica. Per una volta avrebbe voluto vedere qualcuno sfidare gli stereotipi che lei era costretta invece a sottolineare con titoli a tutta pagina. Qualcuno che con onestà ammettesse che vi erano cose più importanti nella vita che essere i protagonisti della pagina sei.
«Non ho tempo per questo, Diana.» Sarah aprì la porta e corse giù per le scale, fino alla strada congestionata di quel quartiere di Manhattan. Il traffico canticchiava, i camion della nettezza urbana belavano, gli operai martellavano, creando la melodia mattutina della città. Aveva amato quel quartiere dal momento stesso in cui vi aveva messo piede e vi aveva trovato un piccolo appartamento in un palazzotto di pietra, con un padrone di casa gentile che le portava i biscotti alla vigilia di Natale.
Il suo appartamento era incredibilmente piccolo, al terzo piano senza ascensore e senza portineria. Ma il quartiere aveva fascino e a lei piaceva tornarvi al termine della giornata.
Per strada la luce del sole la accecò per un istante, poi si voltò verso il bidone dell’immondizia della signora Sampson, certa di trovarvi accanto la scarpa. Proprio dove si trovava qualche secondo prima.
Lo spazio attorno al bidone era vuoto. Cioè, non propriamente vuoto: vi erano una lattina accartocciata, due confezioni di hamburger sporche di ketchup e una scatola di cibo cinese che formava accanto a sé una pozza scura, ma non vi era la cosa più importante della vita di Sarah Griffin in quel momento.
La scarpa.
Fu presa dal panico. Non poteva essere sparita. Non poteva nemmeno averla presa qualcuno, no? Chi vorrebbe una sola scarpa col tacco a spillo?
E, tra tutte, proprio quella scarpa col tacco a spillo. Assolutamente poco pratica, valida solo per un’occasione speciale. A chi avrebbe potuto interessare?
Eppure, se la scarpa non era più lì, voleva dire che qualcuno l’aveva presa. Ma chi? E perché?
Sarah si guardò attorno, alla ricerca di una lei o di un lui con in mano una scarpa rossa col tacco alto. Il marciapiede era affollato da uomini d’affari intenti a raggiungere i propri uffici nei grattacieli e nessuno di loro aveva in mano una scarpa.
Un uomo alto, con i capelli scuri e un abito gessato blu marino si fermò a pochi metri da lei. Da quella distanza Sarah non seppe dire se lo conoscesse o no. Lo vide infilare qualcosa nella giacca e poi proseguire per la sua strada. Avrebbe potuto avere lui la scarpa?
Lo osservò ancora un momento, poi decise di no. Visto di spalle somigliava troppo al ragazzo della porta accanto per essere il tipo di persona che raccoglie da terra una scarpa e se ne va con essa. Prese in considerazione comunque l’idea di corrergli dietro, ma lui fermò un taxi e vi salì velocemente, scomparendo prima che Sarah riuscisse a coordinare il cervello con i piedi. Maledizione.
La scarpa doveva essere lì. Da qualche parte. Sarah si chinò e si avvicinò al bidone della spazzatura. Magari un topo l’aveva trascinata in un angolo buio? Il pensiero la fece rabbrividire, ma perlustrò ugualmente con attenzione tutto lo spazio attorno al bidone, perfino sotto i contenitori di plastica marrone scuro.
Nessuna scarpa di nessun genere.
Il panico le serrò la gola. Non stava succedendo davvero. Karl l’avrebbe uccisa. No, non si sarebbe limitato a ucciderla, l’avrebbe mutilata, decapitata e poi avrebbe appeso il suo corpo nel parcheggio come esempio di idiozia.
Come avrebbe potuto abbandonare finalmente le pagine di gossip di Dietro le Quinte e dedicarsi alla sezione principale della rivista Smart Fashion se non era nemmeno in grado di badare a una semplice scarpa? Dalla finestra del suo appartamento, non era semplicemente volata fuori una Frederick K, ma anche tutti i sogni che aveva per la sua carriera.
Per mesi aveva sognato di passare alla redazione di Smart Fashion, la rivista mensile dello stesso editore del tabloid per cui lavorava lei. Una delle due pubblicazioni era una rivista splendente e rispettata, l’altra era la sorellastra che si occupava di pugnalare alle spalle la gente. Per lungo tempo aveva accettato quel lavoro perché ben pagato, e ne aveva avuto un disperato bisogno. L’aveva considerato un punto di partenza, uno stop temporaneo.
Si era trattato invece di una lunga sosta e lei lo odiava ogni giorno di più. Trasferirsi a Smart Fashion e occuparsi dei nuovi trend in fatto di gioielli e moda non era esattamente come dedicarsi a profonde indagini giornalistiche, ma sarebbe stato un passo nella giusta direzione. Un passo che l’avrebbe allontanata dagli anni che aveva trascorso osservando e scrivendo storie su come viveva la gente glamour
.
Era stanca di lavorare nell’ombra. Stanca di mettere il suo futuro in attesa. Quella scarpa, per quanto sciocco potesse sembrare, era il simbolo di tutto ciò che Sarah avrebbe voluto cambiare nel proprio lavoro, in se stessa e, soprattutto, nella propria vita.
Trascorse quindici minuti alla spasmodica ricerca della scarpa, prima di dover ammettere che era sparita.
Corse di nuovo nel suo appartamento e si affacciò alla finestra, ignorando Diana seduta sul divano che stendeva la lacca sulle unghie, rivelando con la propria calma che non aveva idea di che razza di danno avesse appena provocato. Oppure, se se ne era accorta, non le importava...
Entrambi gli atteggiamenti erano tipici di sua sorella. Sarah e sua sorella avevano molte caratteristiche fisiche simili: erano entrambe snelle, avevano i capelli castani con un tocco di rosso che si trasformava in oro quando trascorrevano troppo tempo al sole ed entrambe avevano gli occhi verdi. Ma per quanto riguardava la sensibilità e l’empatia, spesso Sarah si chiedeva cosa fosse accaduto a sua sorella. Voleva bene a Diana, ma la sua incapacità di relazionarsi con gli altri e i loro problemi minavano il loro rapporto come una scheggia. Era come se Diana avesse stabilito che Sarah si preoccupava abbastanza per entrambe.
«Ti prego, fai che sia lì» mormorò prima di affacciarsi alla finestra per scrutare nuovamente il marciapiede.
Niente. La scarpa era sparita.
La ragazza si lasciò cadere sul pavimento di rovere del suo appartamento. «Sono morta.»
«Non capisco perché ne stai facendo un dramma!» esclamò Diana, osservandosi le unghie per controllare il lavoro svolto. «È solo una scarpa.»
«È il mio lavoro.» E molto di più, rifletté Sarah, ma non espresse ad alta voce quel pensiero. Sua sorella non sarebbe mai stata in grado di comprendere il valore di quella scarpa. Come essa rappresentasse il suo primo grande progetto per Smart Fashion. D’accordo, non si trattava di una cosa eccezionale, scrivere un quarto di pagina per il lancio della nuova linea di Frederick K, ma era un inizio ed era tutto ciò di cui Sarah aveva bisogno.
Non sarebbe mai riuscita a far comprendere a Diana come quella semplice scarpa rossa col tacco a spillo potesse racchiudere tutto ciò che lei aveva sempre desiderato e che lei stessa si era fino a quel momento negata. «Non è solo una scarpa, ma è un esemplare unico, un prototipo segreto che nessuno dovrebbe vedere prima del lancio della collezione primaverile. Nessuno.»
Diana si strinse nelle spalle. «Tu l’hai vista.»
«Non sei d’aiuto, Diana.»
«Te ne comprerò un altro paio. Fatto, problema risolto.»
«Non è possibile acquistarle! È questo il problema. Nessuno può averne un paio prima delle sfilate di primavera. Il mio capo si è fidato di me e me le ha affidate, e adesso...»
Cosa poteva fare? Come diavolo sarebbe riuscita a spiegare? Il servizio fotografico per il lancio della nuova collezione era a pochi giorni di distanza e la metà del prodotto principale era scomparsa. La rivista aveva preparato il servizio di copertina, lasciando gli spazi per le foto e sarebbe uscita tra due settimane. Gli stilisti principali avrebbero mostrato le loro nuove collezioni e tutta New York avrebbe parlato delle loro creazioni. Era la settimana più importante, per la rivista, quella dove la tensione e le aspettative erano più alte.
Non poteva farlo capire a Diana, così come era certa che sua sorella non avrebbe compreso il motivo per cui lei si era portata a casa quel paio di scarpe. Sarebbe stato molto difficile anche spiegarlo a Karl, ancora di più che confessargli di averne persa una delle due.
Perché hai portato a casa quella creazione unica di Frederick K, Sarah?
Perché pensavo che possederle, anche solo per poco tempo, mi avrebbe cambiato la vita.
Oh, sicuro. Gliela avrebbero cambiata di certo. Sarebbe stata licenziata.
«Bene. Abbiamo un problema e dobbiamo affrontarlo subito.» Diana ripose lo smalto ed estrasse dalla borsetta il rossetto.
«Hai fatto la constatazione dell’anno. Hai appena scaraventato la mia carriera dalla finestra. Grazie tante, Diana.»
«Non mi riferivo a quella stupida scarpa.» Diana sospirò, poi incontrò lo sguardo della sorella. «Intendevo dire di papà. Non lo lascerai nel mio appartamento. Ho una vita, lo