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Milionario cerca lavoro: Harmony Jolly
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E-book182 pagine2 ore

Milionario cerca lavoro: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

I fratelli McKenna 2/3
Tre milionari, tre cuori da proteggere, tre storie da favola.


Bello, viziato e soprattutto scansafatiche. È questo che pensa Stace Kettering ogni volta che Riley McKenna entra nel suo locale per farle gli occhi dolci con la scusa della colazione. È quindi una vera sorpresa quando un giorno Riley, anziché un caffè o un appuntamento, le chiede nientemeno che un lavoro.


Per la prima volta nella sua vita, lui, ricco playboy, si trova alle strette: sua nonna ha deciso che è ora che cresca e che si responsabilizzi. Quindi dovrà cominciare a pagare l'affitto del cottage in cui abita e soprattutto dovrà cercarsi un lavoro!
L'unica che può aiutarlo è la bionda e affascinante cameriera che ogni mattina gli serve caffè e ciambelle. Sarà disposta a offrirgli anche qualcosa in più?

LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2018
ISBN9788858983881
Milionario cerca lavoro: Harmony Jolly
Autore

Shirley Jump

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Milionario cerca lavoro - Shirley Jump

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    How the Playboy Got Serious

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Shirley Kawa-Jump, LLC

    Traduzione di Laura Polli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-388-1

    1

    Boston, autunno

    Riley McKenna ebbe la sensazione che la vita come l’aveva vissuta finora fosse sul punto di cambiare, e in modo drastico.

    «Ti voglio bene, Riley, ed è proprio per questo che non posso continuare a tacere.» Mary McKenna, guardò il nipote, immaginando già che quello che stava per dirgli non gli sarebbe piaciuto. «È ora che tu ti decida a crescere.»

    Capelli grigi, molto elegante e curata, Mary era seduta su una delle sedie in stile Windsor con la fodera a fiori del suo studio

    Da bambini, essere chiamati nello studio aveva significato quasi sempre una lunga e severa ramanzina, rammentò Riley.

    Sorrise fra sé, pensando che anche adesso che aveva ventisei anni, veniva spesso convocato in quella stanza per ascoltare qualche predica da parte di sua nonna riguardante il senso di responsabilità e la maturità di comportamento.

    Da anni capofamiglia e alla guida dell’azienda del marito, Mary aveva un contegno che a molti incuteva soggezione.

    A dire il vero, qualche volta persino a lui, perché sua nonna era sempre spassionatamente sincera, e non parlava mai a sproposito.

    Così, quando Mary lo invitava nello studio per un colloquio, la ascoltava molto attentamente, anche se cercava di evitare una paternale.

    «Oggi è il mio compleanno, nonna. Questo significa che ho un anno in più e sto senz’altro crescendo» tentò di scherzare.

    Aveva trascorso la notte in un night club, e quella sera aveva in programma un’altra serie di festeggiamenti con i suoi amici. Per qualche oscura ragione tuttavia, la prospettiva di passare un’altra serata con le stesse persone, a parlare degli stessi argomenti, bevendo le stesse cose, gli sembrò di colpo...

    Noiosa.

    Malumore causato dai postumi della sbornia o qualcosa del genere, minimizzò. Tutto sarebbe andato a posto non appena avesse avuto fra le mani un bicchiere di ottima birra scura irlandese.

    «Non era questo che intendevo e credo tu lo abbia capito perfettamente» replicò Mary freddamente, sorseggiando del tè. La villa in cui abitava aveva più di cento anni ed era arredata con un prezioso e gradevole miscuglio di mobili d’antiquariato e pezzi moderni.

    Come amministratore delegato della McKenna Media, Mary avrebbe potuto permettersi di abitare in qualche lussuoso appartamento nel centro di Boston, ma aveva deciso di restare nella casa che aveva scelto con il marito quando si erano sposati e dove aveva cresciuto la sua famiglia.

    Riley si guardò intorno. Per quanto lo riguardava, aveva un debole per quella villa con la facciata in stile vittoriano e per quella ragione, anziché affittare un appartamento da single, aveva scelto di abitare nella dependance degli ospiti che si trovava a lato del viale del giardino.

    Gli piaceva vivere lì, circondato da quello che chiamava il DNA di famiglia.

    Quella sistemazione, inoltre, oltre all’indipendenza gli consentiva di tenere d’occhio sua nonna.

    Nonostante l’età, infatti, Mary aveva la tendenza a lavorare troppo e a non ascoltare i consigli di quelli che a causa dell’età le consigliavano di moderare l’impegno professionale.

    «Il tuo compleanno dovrebbe essere l’occasione per riflettere sul tuo futuro e deciderti a concentrarti su qualcosa di serio» proseguì Mary.

    Riley sospirò, sapendo cosa intendesse sua nonna per qualcosa di serio...

    Lavorare e sposarsi.

    Due condizioni che finora aveva evitato come la peste.

    Guardò fuori dalla portafinestra e vide una palla di pelo sfrecciare sul prato all’inglese che circondava la villa. Heidi, il golden retriever che Finn, suo fratello maggiore, aveva adottato poco tempo prima. Uno dei cani più miti e simpatici che avesse mai conosciuto.

    «Come mai Heidi si trova qui?» domandò a sua nonna.

    «Ho accettato di badare a lei mentre tuo fratello è in vacanza con la famiglia» gli spiegò Mary. «Devo ammettere che Heidi mi fa molta compagnia... Ma non cercare di cambiare argomento, Riley.» Accennò al giornale posato sulla scrivania. «Hai letto l’ultima edizione dell’Herald

    Guai in vista, pensò Riley. «No» rispose.

    «Quando ti prenderai la pena di dargli un’occhiata, ti accorgerai che sei di nuovo la star della pagina scandalistica» lo informò Mary, scuotendo il capo. «È davvero necessario che tu ti faccia sempre fotografare in certe pose?»

    Riley non ebbe bisogno di fare domande per intuire a quale situazione si riferisse sua nonna.

    Alcune sere prima ad un galà di beneficenza la sua accompagnatrice si era dimostrata fin troppo ansiosa di appartarsi in sua compagnia. Lui aveva alzato un po’ troppo il gomito e aveva deciso di non deluderla, dimenticandosi dei reporter appostati in punti strategici e pronti a immortalare il loro appassionato interludio.

    «È stato un errore. Avevo bevuto troppo e...»

    «Niente scuse, Riley» tagliò corto Mary. «Sei più che maggiorenne e hai passato da un pezzo l’età in cui può capitare di comportarsi in maniera irresponsabile. Tuo fratello Brody è appena partito come medico volontario per prestare servizio in un ospedale da campo in Afghanistan. E i media, anziché dare risalto a questa scelta generosa, hanno preferito un reportage della tua condotta... indiscreta. Ti rendi conto di come ti sei comportato a un ricevimento in cui si raccoglievano fondi per i veterani rimasti mutilati o feriti in guerra? L’ultima cosa di cui la McKenna Foundation ha bisogno è di pubblicità di questo genere. Da parte di un membro della nostra famiglia, per giunta.»

    «Hai ragione, non avrebbe dovuto succedere» convenne Riley, con una nota contrita nella voce. «Avrei dovuto bere di meno e pensare di più.»

    «Non è la prima volta che succede, Riley. Ti voglio bene, ma non ti permetterò di infangare ancora il nome della nostra famiglia» dichiarò Mary. «Non è possibile che basti un sorriso e un bel paio di gambe per farti perdere la testa e dimenticare come deve comportarsi un adulto responsabile.»

    Adulto responsabile... Quella era una definizione che andava bene per descrivere i suoi fratelli, Finn e Brody, ma non lui, pensò Riley.

    Finn era sposato e titolare della McKenna Designs, una delle maggiori imprese edili di Boston. Brody, laureato in medicina, era partito pochi giorni prima, e non per la prima volta, per prestare servizio volontario in un ospedale da campo in una delle zone più pericolose del pianeta.

    Quando paragonava il suo stile di vita a quello dei suoi fratelli, non poteva fare a meno di provare dei sensi di colpa, ammise Riley fra sé.

    «Sto diventando vecchia» sospirò Mary.

    «Niente affatto» la interruppe Riley con decisione.

    «E sono stanca di aspettare un pronipote» concluse sua nonna.

    «Finn ha appena adottato una bambina. E sua moglie ne avrà un altro fra pochi mesi» le rammentò Riley, pensando che ogni volta che vedeva Finn ed Ellie così felici non poteva fare a meno di provare una punta di invidia.

    «Adesso tocca a te mettere la testa a posto, sposarti e avere una famiglia.»

    «Ehi, io sono il fratello minore... Tocca prima a Brody cadere in trappola.»

    «Il matrimonio non è una trappola» puntualizzò Mary. «Tuo nonno e io...»

    «Siete stati l’eccezione che conferma la regola» concluse Riley. «Al giorno d’oggi raramente le coppie rimangono sposate così a lungo.» Suo nonno era morto tre anni prima ma Mary soffriva ancora per la perdita dell’uomo che aveva sposato a diciotto anni e con il quale era stata insieme per più di cinque decadi.

    Riley rammentò che da bambino, soprattutto dopo la perdita dei suoi genitori, aveva trovato rassicurante che i suoi nonni si volessero così bene, e spesso guardandoli si era chiesto se da grande sarebbe stato felice come loro.

    «Sciocchezze» dichiarò Mary, posando la tazza di tè. «È solo questione di conoscersi bene e avere buona volontà. Se ti decidessi a scegliere una brava ragazza, scopriresti quanto l’amore e il matrimonio possano essere gradevoli.»

    «Sono felice così» asserì Riley.

    «Può darsi» replicò Mary, in un tono che rivelava quanto dubitasse dell’affermazione di suo nipote. A settantotto anni aveva ancora una mente acuta e agile. Dirigeva con successo la McKenna Media, l’agenzia pubblicitaria fondata da suo marito, che aveva iniziato vendendo porta a porta spazi pubblicitari radiofonici e televisivi, e nonostante minacciasse continuamente di liquidare l’azienda e ritirarsi a vita privata, non aveva ancora perso un giorno di lavoro.

    Riley immaginava che sua nonna lavorasse così intensamente nonostante l’età per onorare la memoria del marito e soprattutto per cercare di colmare il vuoto della sua perdita.

    «È ora che cominci a darti da fare, Riley» disse Mary con gravità.

    «Ho già iniziato a lavorare» si difese lui.

    «Davvero?» ribatté sua nonna con ironia. «Vieni ogni tanto in ufficio, fai il pagliaccio e ritiri il tuo assegno.»

    «Minimo impegno, massimo rendimento... Anche questa è un’arte» ribatté Riley allegramente.

    Mary non sembrò apprezzare quella battuta di spirito. Al contrario, la sua espressione divenne ancora più severa.

    «Sei il più giovane dei miei nipoti, e forse sono stata fin troppo indulgente nei tuoi confronti perché...» Tacque un istante, e la sua espressione si addolcì leggermente. «Hai perso i genitori a cinque anni, sei venuto ad abitare qui insieme ai tuoi fratelli e...»

    «Ormai è passato» disse Riley.

    «Ne sei proprio sicuro?»

    «Ormai il peggio è passato» ribadì Riley.

    «Immagino che a furia di ripetertelo, sei quasi riuscito a crederci» commentò Mary, in tono più dolce.

    «Scusami, ma devo andare, nonna. Ho appuntamento a pranzo con una persona» le disse, alzandosi.

    «Disdicilo» replicò Mary senza mezzi termini.

    Lui la guardò un istante, sorpreso. «Vuoi dire che mi hai organizzato una festa di compleanno?»

    «Nessun party quest’anno, Riley. Il tempo delle feste è finito» annunciò Mary, incrociando le braccia. «Siediti, per favore.»

    Ahi-ahi... Riley riconobbe immediatamente quel tono di voce e quel contegno. Significava che sua nonna aveva un’idea in mente. Una di quelle che di solito non gli piacevano, pensò.

    «Ritengo tu abbia bisogno di una scossa, Riley» proseguì sua nonna guardandolo dritto negli occhi. «Per cui ho deciso di licenziarti» aggiunse, senza giri di frase.

    «Cosa

    «Provvedimento effettivo e immediato» precisò Mary. «Da oggi stesso sei licenziato dalla McKenna Media, considerata la scarsità del tuo impegno a favore dell’azienda. E d’ora in avanti pagherai anche un affitto per l’alloggio in cui abiti, con scadenza ogni primo del mese. Questo significa che fra due settimane dovrai cominciare a versare la prima rata se vuoi restare nella dependance degli ospiti.»

    Riley aprì bocca per protestare, per cercare di convincere sua nonna a cambiare idea, a revocare quella specie di editto punitivo.

    Invece rimase in silenzio, rammentando che niente e nessuno riusciva a fare cambiare idea a sua nonna quando aveva preso una decisione.

    Il piano di sua nonna era chiaramente quello di costringerlo a trovare un altro lavoro, qualcosa che gli piacesse davvero fare, e poi magari convincerlo a sposare una delle nipoti delle sue amiche. Mentre quello che lui desiderava veramente era...

    Una sfida.

    Qualcosa che lo facesse balzare dal letto ogni mattina e il cui pensiero gli provocasse un fiotto di adrenalina.

    Qualcosa di importante.

    Aveva immaginato che prima o poi sarebbe arrivato il giorno in cui sua nonna lo avrebbe messo alle strette. E adesso, invece di provare panico, per la prima volta dopo molto tempo, si sentiva... stimolato e pieno di energia.

    Possibile che si fosse stancato anche dell’esistenza pigra che conduceva?

    «Okay» disse. «Ce la farò, vedrai.»

    «Molto bene» replicò Mary, senza nascondere una certa sorpresa per quell’accettazione priva di proteste dei termini che gli aveva imposto. Aprì un cassetto e gli tese un assegno. «La tua liquidazione... Ti sto licenziando e sfrattando, ma non riducendo sul lastrico dal primo giorno.»

    Riley accennò un sorriso.

    «Non ti preoccupare, nonna. Nonostante le apparenze, sono perfettamente in grado di badare a me stesso» disse, rifiutando l’assegno con un gesto della mano. Dopodiché le rivolse un cenno di saluto e uscì dalla stanza, provando un’insolita sensazione di libertà.

    Sicuro che affrontare il mondo da solo non sarebbe stato poi così difficile.

    Ma fin troppo presto si accorse che si sbagliava, e anche di grosso.

    Stace Kettering diede un’occhiata all’orologio e decise che ne aveva abbastanza.

    «Me ne vado, Frank» disse, posando il notes sul banco e togliendosi il grembiule.

    L’ultimo gruppo della folla di clienti entrati nel locale per fare colazione se ne era finalmente andato, concedendole la prima pausa dalle cinque del mattino.

    «Non sto scherzando...

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