Nel Rosso
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Anteprima del libro
Nel Rosso - Francesca Lo Scalzo
Simone
1
Il sole era alto e caldo già alle nove del mattino.
La brezza del mare arrivava dalla finestra portandosi appresso i profumi e i colori della spiaggia.
Mi stupivo di come potesse ancora ammaliarmi l'estate negli Hamptons e di come quel paradiso potesse essere motivo di invidia per molti nei miei confronti.
Per me invece era spesso una maledizione: essere lì e pensare di dover lavorare di fronte a quello spettacolo della natura, era molto frustrante.
Perché in fondo fare lo scrittore è un mestiere, anche se agli occhi di tanti risulta essere un hobby.
Sedersi davanti al foglio bianco e non sapere cosa dire per ore, non avere niente da raccontare era diventato sistematico.
Non era il blocco dello scrittore, ma più semplicemente mi sentivo annoiato.
La villa di Westhampton Beach, dove amavo rifugiarmi nei momenti bui, era l'unica cosa che mi era rimasta del mio disastroso matrimonio con Elizabeth.
Lei si era portata via tutto il resto: la maggior parte del mio conto in banca, gli amici e forse anche la mia voglia di scrivere. Ma avevo ancora un posto dove stare in pace lontano dai pettegolezzi della grande mela e dove le ore trascorrevano languide sotto il sole cocente. Avevo arredato la casa a mia immagine e, contrariamente allo sfarzoso guazzabuglio che piaceva alla mia ex moglie, vivevo in grandi spazi vuoti tra i pochi mobili e questo mi faceva respirare.
E poi non avevo grosse esigenze, amavo passare le ore all'aperto per cui il tavolo e le poltrone della veranda erano più che sufficienti. Anche il frigo era il riflesso del mio stato d'animo, così mi ritrovavo spesso a consumare un pasto frugale sulla spiaggia.
Fu lì che incontrai Book Flamming: l'ottantenne che viveva nella villa accanto alla mia.
Non si può mai sapere cosa ti ritrovi appeso alla lenza, finché non la tiri su
mi disse riavvolgendo il mulinello.
E se fai fatica, significa che la sorte ti ha detto bene, forse.
Era il classico pensionato di come se ne vedono tanti da queste parti: pantaloni cachi arrotolati al polpaccio, camicia di tela sgualcita e cappello calato sugli spessi occhiali da vista. Il tempo e il sole gli avevano incartapecorito il volto, ma i suoi occhi avevano ancora il guizzo di un adolescente.
Buongiorno a lei signor Flamming.
Ci conosciamo giovanotto?
mi apostrofò.
Sono Noah Brown, abito nella villa a fianco alla sua.
Ah lo Scrittore?
disse come se quella professione lasciasse intendere che ero un buono a nulla.
E' qui per pescare? Le assicuro che oggi non è una buona giornata per la pesca.
abbassò la testa guardandomi da sopra le lenti.
No. Sono qui a godermi il sole e uno spuntino.
Risposi sapendo di aver peggiorato la mia posizione di scansafatiche.
E' giusto, bisogna riposare di tanto in tanto.
la bacchettata non tardò ad arrivare.
Io vengo spesso qui, con scarsi risultati, devo ammettere. Ma mi rilassa e non mi fa pensare. Per quanto ho sempre tanti impegni.
altra bacchettata, altro sguardo evitando gli occhiali.
Armeggiò ancora con la lenza poi si sedette di fianco a me tirando fuori dal suo cestino un sandwich di pollo.
Così lei non è sposato.
disse a bocca piena.
Da cosa lo deduce?
Se ne sta qui da solo a mangiare come un uccellino, non ci deve essere una donna che l'aspetta davanti ad una tavola apparecchiata.
Nessuna donna e nessuna tavola imbandita. Ho divorziato da poco.
la sua saccenteria cominciava ad irritarmi.
Voi giovani d'oggi fate presto a sposarvi, prendervi, lasciarvi, lavorare, non lavorare. Ai miei tempi era tutto più lineare: o era o non era, caro il mio Scrittore.
Mi disse puntandomi il suo dito ossuto.
Ha qualcosa contro gli scrittori in genere o solo contro di me, Sig. Flamming?
dissi sapendo di andarmi ad impantanare in una discussione.
Niente di tutto ciò, mio caro giovanotto. Dico solo che se ne sta qui senza far nulla e se è vero che è uno scrittore, non vedo fogli e penne. Dico bene?
Non sono ispirato, crede che scrivere venga così come tirare su una lenza e vedere se ha abboccato?
ora ero io il saccente e me ne pentii.
Forse ha ragione lei, cosa vuole che ne sappia un vecchio come me. E lei non mi dispiace affatto, Noah. La posso chiamare Noah?
sorrise.
Sempre meglio di Scrittore.
sorrisi anch'io e la conversazione prese una piega diversa.
Sicché viene spesso qui a pescare?
Di tanto in tanto. Vede Noah alla mia età la solitudine è una brutta compagnia e quando sono qui, stare da solo mi pesa meno. Anche la mia è una grande casa vuota. La sua donna se ne è andata per un motivo la mia suo malgrado. Da quando la mia Rosy è morta la casa mi opprime, così me ne sto qui a dare un senso alla mia solitudine.
Le ore trascorsero velocemente. Book era un bel chiacchierone ed io un buon ascoltatore: una simbiosi perfetta per due che visti da lontano non avevano nulla in comune.
La vita di Book era trascorsa tra alti e bassi. Ultimo di quattro figli, aveva vissuto nel Minnesota con la sua famiglia.
Il padre, Arthur Flamming, era un coltivatore di grano, attività non inconsueta nelle zone a ridosso del Mississippi degli anni Trenta. La madre, Agnese, era di origine italiana data in sposa con grande orgoglio al facoltoso molitore da un padre padrone.
I Flamming vivevano a Minneapolis in una grande casa in stile vittoriano. La loro era una vita agiata, scandita dalle stagioni di semina e raccolto. Le piantagioni di grano sfamavano anche diverse famiglie di braccianti neri a cui Arthur dava da lavorare, così Book era vissuto nell'idea che il ricco e il povero potessero vivere sotto lo stesso tetto con le dovute distanze.
I soldi non erano un problema, gli affari andavano bene e Arthur non faceva mancare niente alla sua famiglia pretendendo però il massimo rispetto dalla consorte e dai quattro figli. Il maggiore di loro, Robert, aiutava il padre nella semina e nei raccolti.
Il lavoro era faticoso e impegnativo per un ragazzo.
La lavorazione iniziava in estate quando bisognava preparare il terreno alla semina autunnale. Allora l'aratro era trainato dai buoi; così i Flamming possedevano anche un discreto allevamento di bestiame.
Robert teneva la giusta posizione dell'aratro e, al tempo stesso, guidava la prima coppia di bestie legata direttamente all'attrezzo. William, il figlio di mezzo, camminava di lato alla coppia di bestie davanti tenendo ferme le funicelle che erano legate al freno direttamente al muso dell'animale.
Era stato compito di Amos, il bracciante nero più anziano, insegnare ai rampolli il lavoro di aratura e loro ne rispettavano la figura badando più all'anzianità che al colore della pelle.
Prima della semina si procedeva alla concimazione del terreno e questo era compito delle mogli dei braccianti. Book si divertiva ad osservarne i movimenti veloci con cui attraversavano la terra. Con una mano tenevano il paniere e con l'altra spargevano il concime cercando di farlo nel modo più uniforme possibile.
Alla concimazione, intorno al mese di ottobre, seguiva la semina.
La seminatrice aveva due ruote molto alte e un serbatoio per i semi a forma triangolare con un divisorio al centro. In fondo al serbatoio c’era un asse dentato regolato da una leva che permetteva l’uscita di quantità variabili di semi. Anche la seminatrice era trainata da una coppia di bestie.
I dischi incidevano il terreno creando dei solchi dove il seme scendeva. Appena passato il disco il piccolo solco si richiudeva ed il seme rimaneva interrato. Era un lavoro che aveva un certo fascino visto che da un semetto piccolo piccolo dipendeva la vita di così tanta gente.
Gli altri due figli: Joshua ed Erik erano dediti allo studio, soprattutto l'ultimo. Erik trascorreva il suo tempo a leggere di tutto e ad interessarsi ad ogni cosa trovasse sulla carta stampata. Fu per questo motivo che il nomignolo Book, con cui lo schernivano i fratelli, gli si era incollato addosso tanto che col tempo quasi nessuno lo chiamò più col suo nome di battesimo.
Ora che conosco il suo nome, come devo chiamarla: Erik o Book?
Se vuole che mi giri e le risponda, sicuramente Book. Di Erik si sono perse le tracce molti anni fa. Erik era schivo, introverso e senza consapevolezze. Ma Book era curioso, affamato di sapere. La lettura è stato il mio demone tentatore: il ponte tra la tranquilla vita in famiglia e la dissolutezza del mondo intorno a me.
2
… E questo mi ha insegnato che non si può avere niente. Perché il desiderio inganna. E' come un raggio di sole che guizza qua e là in una stanza. Si ferma e illumina un oggetto insignificante, e noi poveri sciocchi cerchiamo di afferrarlo: ma quando lo afferriamo il sole si sposta su qualcos'altro e la parte insignificante resta, ma lo splendore che l'ha resa desiderabile è scomparso...¹
Se ne stava seduto di schiena al tronco di un albero, le gambe sbucciate e su di esse il romanzo era quasi alla fine. Era difficile comprendere come si potesse tanto desiderare qualcosa da vivere con l'eterna paura che tutto possa svanire all'improvviso. La licenziosità e i vizi non facevano parte della sua giovane vita, pertanto, non ne capiva il significato.
E poi c'era l'amore: questo sentimento così pieno e controverso di cui gli autori spesso scrivevano e parlavano con tale ardore da fargli girare la testa.
Ciao Book, vieni a nuotare?
Dakota era apparsa dal nulla come il suo solito.
Non mi va. Non vedi che sono impegnato?
sbuffò Book per essere stato interrotto nella lettura.
Ma dai!
disse lei richiudendogli il libro con dispetto.
Sei una scimmia!
le urlò contro Erik, ma lei era già corsa via.
Di scatto abbandonò il libro e prese a rincorrerla tra gli arbusti incurante dei graffi e incespicando di tanto in tanto. Dakota era veloce come una gazzella e le sue gambe lunghe le diedero subito un notevole distacco. Quando arrivò alla foce del fiume lei era già in acqua. Il suo corpo acerbo a volte gli smuoveva qualcosa dentro, difficile da interpretare. Erik e Dakota erano praticamente cresciuti insieme: lui il figlio del padrone, lei la figlia del bracciante. Ma la classe sociale e il colore della pelle non avevano mai fatto la differenza. Il legame che li univa andava oltre le barriere razziali: era puro.
Con l'arrivo dell'adolescenza, però, un'altra diversità si insinuava pericolosamente nella loro amicizia.
Erik un paio di volte si era nascosto per vederla fare il bagno al fiume ed ora che era lì esitava a tuffarsi. L'ebano dei suoi seni lo aveva turbato tanto che Dakota, quasi avvertendo quello sguardo, lo aveva coperto con le mani.
Ti ho battuto pappamolle.
lo schernì.
Ti ho fatto vincere, scema.
Erik si tolse i vestiti restando in mutande e si tuffò.
Tra gli schizzi e le risate la loro amicizia si riconfermava salda e la purezza di quel sentimento non ammetteva malizia.
Cosa leggevi?
chiese Dakota riprendendo fiato.
Un romanzo molto bello di Francis Scott Fitzgerald. Se vuoi te lo presto.
Raccontamelo adesso.
E' la storia di Anthony: un ragazzo che ama molto i soldi e spera di ottenere un'eredità alla morte del nonno. Ma poi incontrerà una ragazza: Gloria e si innamorerà di lei.
E non gli interesseranno più i soldi?
Al contrario. Insieme a Gloria faranno una vita lussuosa sperperando ogni cosa, litigando e desiderando sempre altro.
Che stupidi!
Dakota fece una smorfia.
E poi?
Poi lui partirà per la guerra e al suo ritorno ritroverà il suo amore per Gloria e l'eredità del nonno.
Quindi ha un lieto fine?
Non lo so ancora, sono alle ultime pagine. Tu mi hai interrotto!
Erik sorrise schizzandola divertito.
Lei scivolò tra gli schizzi facendo altrettanto e le loro risate tornarono a udirsi in lontananza.
Lei era bella come il sole.
Book si rimise in piedi a fatica senza darmi il tempo di porgergli una mano.
Come il sole, mio giovane amico, e come il sole era cocente e pericolosa.
Raccolse gli attrezzi per la pesca e si incamminò sulla spiaggia facendomi quasi pensare che si fosse dimenticato della mia presenza.
Domani qui stessa ora e se le va chiacchiereremo ancora.
sorrise allontanandosi in fretta come temesse un diniego.
Il sole era ancora alto: tutto era rosso a quell'ora negli Hamptons. Mi avviai verso casa quasi rimpiangendo la compagnia di Book. Che tipo!
Sorrisi tra me e l'umore mi tornò buono per un istante, giusto il tempo di intravedere da lontano l'auto del mio legale ferma nel vialetto. Non era un buon segno.
Salve Noah. Dobbiamo parlare.
Perché gli avvocati sono sempre così diretti e succinti quando speri che ti facciano capire il loro pensiero e al contrario in aula sono prolissi e noiosi?
Ben tornato nella mia umile e spoglia dimora Henry
lo salutai con un sorriso tirato.
Henry Finn ed io ci conoscevamo dai tempi del college alla Stetson University di Tampa.
Mentre lui era un grande secchione della facoltà di legge, io arrancavo tra i corsi di studio.
Lui futuro leone del foro per dialettica e verve, io prossimo alla bancarotta da debito scolastico.
La nostra amicizia era nata grazie alla nostra diversità. Henry era gioviale e ciarliero e questo gli dava un enorme vantaggio anche nei rapporti con le donne dove lui primeggiava per stazza e abilità di argomenti, mentre io fallivo inesorabilmente. Avevamo iniziato insieme il primo anno di giurisprudenza seguendo gli stessi corsi e collaborando negli studi pomeridiani. Ma dopo il primo anno, quando fu chiaro prima a me e poi alla mia famiglia che non avrei cavato un ragno dal buco, mi trasferii al College of Arts di Miami.
I primi mesi furono solitari e difficili. Mio padre, giudice in pensione della contea di Jefferson, non aveva ancora digerito il mio trasferimento sebbene questo avesse evitato che mi diseredasse come amava minacciare da mesi.
Mia madre, sempre solidale con le mie decisioni, mi finanziava di nascosto ed incaricava Henry a mia insaputa di venirmi a controllare di tanto in tanto.
Così Henry ed io rimanemmo in contatto prima da studenti divenendo poi ottimi amici.
Fu proprio Henry a farmi conoscere Elizabeth durante una festa di confraternita studentesca. Elizabeth era al secondo anno di legge, faceva parte della squadra di basket dell'università e collaborava già con due studi squalo di Tampa.
Statuaria e sensuale, era meta irraggiungibile per gli studenti della facoltà che bramavano un suo sguardo.
Ed io, misero studente d'arte, parco di parole e denaro mi ero ritrovato a chiacchierare con lei sorseggiando un drink e temendo che potesse notare il mio sguardo incollato sulle sue interminabili gambe.
Quindi sei un artista?
mi chiese accarezzando la cannuccia con le labbra.
Non è proprio la mia strada primaria. Una parte di me vorrebbe fare lo scrittore, mentre l'altra non sa ancora bene dove andare
dissi sperando di non apparire scialbo e noioso.
Henry dice che sei in gamba ed io mi fido del suo giudizio.
Stava flirtando con me, microbo invertebrato davanti alla leonessa?
Henry parla troppo. Tu invece?
chiesi come non sapessi delle sue doti, delle sue eccellenze e della sua