Le Rune Antiche Vol.2 ASTER La Luna di Ghiaccio
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Recensioni su Le Rune Antiche Vol.2 ASTER La Luna di Ghiaccio
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Anteprima del libro
Le Rune Antiche Vol.2 ASTER La Luna di Ghiaccio - Mirco Giovanelli
CAPITOLO 1
FINE DEI GIOCHI
«P adre, che succede? Cos’era quella cosa?» Ma Hyran non ebbe risposta, la tempesta si era placata, il sole splendeva e Alyar, concentrato, spronava i lupi verso il villaggio. Erano quasi arrivati e ormai le prime case s’intravedevano. Mentre si avvicinava, Hyran notò qualcosa di strano, qualcosa non andava, era diverso, persino il colore non era quello di sempre, di solito il marrone delle case in legno risaltava nel paesaggio innevato, ma ora sembrava tutto azzurro.
Hyran, incredulo, esclamò: «Padre, cos’è successo? Le case sono tutte ghiacciate.» Alyar non rispose e si fermò alle porte del villaggio; prima di entrare disse: «Resta qui!» e si inoltrò nel paese, lasciando Hyran sulla slitta. Il bambino attese, poi la curiosità ebbe il sopravvento e avanzò verso le abitazioni. Le case erano ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio. Per strada aleggiava una strana atmosfera, sembrava un deserto di neve e ghiaccio, si udivano solo i rumori del vento che faceva ondeggiare qualche cardano e catene arrugginite. Hyran notò qualcosa al margine della strada e si avvicinò, vide una strana colonna di neve, aveva una forma molto particolare e lui non ricordava che lì ci fosse stato qualcosa alla sua partenza; con la mano afferrò una estremità, sentì che era gelida e liscia, e con l’altra mano spazzò via la neve che la ricopriva. Il ghiaccio ripulito gli rivelò di cosa si trattava e gli fece accapponare la pelle: stringeva una mano congelata. «AHHH!!!» gridò spaventato. Cadde all’indietro, ruzzolando su un lato per non essere schiacciato dalla colonna che, colpendo il marciapiede, si frantumò. La testa, staccatasi, rotolò vicino ai suoi piedi. «PADRE!» urlò Hyran, «AIUTO! DOVE SEI? PADRE!!» Cominciò a correre, scorgendo sempre più cumuli di neve che celavano alcuni corpi di cui erano evidenti i volti terrorizzati; sotto a quegli amassi di ghiaccio e neve che emergevano sui marciapiedi o per strada, riconobbe alcune persone, amici, vicini o semplici conoscenti. Spaventato, corse verso casa, la porta era aperta. Stava per entrare, quando Alyar gli si parò davanti. «Cosa fai qui? Ti avevo detto di rimanere alla slitta!»
«Padre, hai visto, sono tutti...» Hyran, piangendo, non ebbe la forza di finire la frase. Alyar, abbracciandolo, disse: «Lo so, ragazzo mio, questo ormai non è più un luogo sicuro per noi.» Si guardò attorno e poi continuò dicendo: «Hyran, dobbiamo partire, affronteremo un viaggio di qualche giorno, lascia qui tutto, non hai bisogno di niente. Ora andiamo.» Alyar aveva con sé una borsa fatta di pelle, prese il bambino per mano e si diressero verso la slitta. Passarono vicino alla casa di Arial, un’amica di Hyran, lui sentì dei rumori e disse: «Padre, hai sentito! ARIAL, CI SEI?». Corse alla porta di casa. «Hyran, vieni qui!» lo richiamò il padre, «non c’è nessuno!».
Il bambino, cercando di sfondare la porta congelata, sentiva dei tonfi deboli e irregolari. «C’è qualcuno, padre, aiutami!» ma l’uomo rimaneva fermo in strada. Hyran prese una bella rincorsa e con tutta la sua forza diede una spallata alla porta, che cedette. Il ragazzo fu sbalzato al suo interno facendo volare una nuvola di neve. Atterrò bruscamente e, un po’ confuso, sentì il padre correre da lui. «Stai bene? Hyran, rispondimi, come stai?». Il bambino tossendo si alzò, la nuvola di neve si era posata e fece vedere l’interno tutto ghiacciato. Scorse Arial e la madre, erano chine e congelate in un abbraccio eterno, poi sentì un tonfo vicino a lui e notarono che il tetto stava cedendo al peso del ghiaccio. «Hyran, Attento!» Alyar prese suo figlio e corse fuori un attimo prima che la casa crollasse. Hyran era sconvolto e il padre lo spronò: «Andiamo ora, qui non è rimasto più nessuno» e ricominciò il cammino verso la slitta, ma il bambino rimase impalato. Alyar si fermò e guardandolo lo invitò a seguirlo, ma Hyran non si muoveva. Il padre allora andò da lui, lo prese per la giacca di pelliccia e con una mano lo alzò e lo buttò a terra con forza. «Ti ho detto di seguirmi... e tu ora fai esattamente quello che ti dico... ti verrà spiegato tutto a tempo debito... ora smettila di piagnucolare e torna alla slitta!!»
Hyran si rialzò e con il volto imbronciato si diresse alla slitta senza dir nulla.
Arrivato, accarezzò i lupi mentre aspettava che il padre fissasse la bisaccia e controllasse le poche risorse rimaste. Alyar, facendo un inventario, cominciò a elencare: «Arco, qualche freccia, un paio di coltelli, uhm... Hyran, tieni, questo è tuo» e gli diede un coltello da caccia. Il bambino, che usava i coltellini già da due anni, ne fu entusiasta perché era un simbolo importante: un coltello da caccia veniva dato solo ai ragazzi più grandi, ma mai a quelli della sua età, e ne fu orgoglioso.
Il padre, vedendolo eccitato, pronunciò queste parole: «Hyran, da oggi non sei più un bambino ma un adulto. Prega di non doverlo mai usare contro qualcuno. Ora dobbiamo andare... c’è un posto sulle montagne, ci attendono un paio di giorni di viaggio, mi servono risposte e fino ad allora farai esattamente quello che ti dirò, hai capito?»
Hyran annuì e Alyar aggiunse: «Questo vuol dire che se ti dico di non respirare tu non respiri, se ti dico di buttarti giù da un burrone tu ti butti senza fiatare, chiaro?»
Il bambino annuì di nuovo.
«Voglio una risposta da goridiano... non da moccioso, CHIARO?»
«Sì padre! Obbedirò a tutto quello che mi dirai di fare.»
«Bene, ora andiamo, sali sulla slitta, ci dirigeremo verso nord sulle cime ghiacciate di Tasurka, abbiamo solo poche ore di luce ancora, meglio muoversi.» I due si avviarono, i colori del tramonto risplendevano sulle montagne in lontananza, la pianura brillava davanti a loro. Quando il sole era ormai tramontato e l’aurora boreale danzava in cielo, Hyran, affascinato dalla vista di quello spettacolo, si addormentò inconsapevole di cosa lo aspettasse.
Si svegliò poco dopo, in cielo la luce di Borol fece capolino da dietro le montagne, quel gigante gassoso riempiva la volta celeste illuminando il paesaggio. Le notti su Aster erano perlopiù di due tipi, le persone le chiamavano: notte buia senza Borol e notte chiara con il pianeta che riflettendo i raggi solari illuminava la luna; senza un adeguato