Un ereditiera nella tormenta: Harmony Jolly
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Dopo una cocente delusione amorosa, l'ereditiera Serena Winston ha deciso di prendersi una vacanza da sola sulle Alpi. Lì, poco prima di una tormenta di neve, si imbatte nel presentatore televisivo Jackson Bennet. Una giovane e bella ereditiera americana, un uomo affascinante e una bufera di neve che li isola dal resto del mondo: sembrano proprio gli ingredienti di una miscela perfetta.
Il tempo trascorso in quella solitudine condivisa si rivela infatti prezioso, regalando a entrambi momenti inaspettati e, soprattutto, indimenticabili.
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Un ereditiera nella tormenta - Jennifer Faye
successivo.
1
Pace, finalmente...
Serena Winston si fermò lungo il sentiero innevato a scrutare il paesaggio che la circondava. Lì fuori, nella bellezza delle Alpi, c'era così tanto silenzio. Alzò il viso verso il cielo, pochi secondi prima che le ombre si allungassero rapidamente sulle regioni montane dell'Austria.
Sospirò. La luce del sole era stata bella finché era durata, ma stava ricominciando a nevicare. Doveva ammettere, però, che i fiocchi di neve avevano un certo fascino mentre cadevano volteggiando verso terra. Era così diverso da casa sua nella soleggiata Hollywood.
Il suo cagnolino abbaiò.
«Va bene, Gizmo.» Serena guardò il cucciolo che aveva adottato da poco. «Hai ragione, faremo meglio a muoverci.»
C'era già molta neve per terra. Serena aveva sempre desiderato imparare a sciare, ma per un motivo o per l'altro aveva continuato a rimandare. Prima aveva avuto paura di farsi male – essere un'attrice, d'altronde, aveva i suoi svantaggi. E poi non aveva proprio avuto il tempo di volare al lago Tahoe per un lungo fine settimana di sci, soprattutto ora che aveva ereditato l'enorme patrimonio del suo leggendario padre. Vendere alcune delle sue proprietà era stato più complicato di quanto si fosse aspettata.
Si rese conto della direzione dei suoi pensieri e li bloccò. Poi fece un profondo respiro. Quella vacanza doveva servirle a sfuggire alle pressioni quotidiane e a tornare a concentrarsi sulla sua carriera di attrice. C'era anche un altro motivo per quel viaggio improvviso, ma non voleva pensarci. Avrebbe avuto il tempo di risolvere i problemi più tardi.
Quando tornò a guardare il suo cucciolo, scoprì che aveva ingarbugliato il guinzaglio in un cespuglio. Be', forse avrebbe fatto meglio a lasciare che la sua bestiolina gironzolasse libera lì intorno. Non era un problema: Gizmo non si allontanava mai.
Serena cominciò a liberare il guinzaglio dal cespuglio spinoso. «Fermo» disse con decisione. Gizmo la guardò come se avesse capito e non mosse una zampa. «Bravo.»
Che cosa stava facendo poco prima il suo cane? Inseguiva qualcosa?
Quando alla fine riuscì a liberarlo, Gizmo abbaiò di nuovo.
Guardò il suo cagnolino partire all'inseguimento di una creatura dal pelo castano. «Gizmo! Fermo!»
Serena cominciò a rincorrere il suo cane. Continuò a chiamarlo, ma lui tirò dritto verso la sua preda. Per essere piccolo e con le zampe corte, Gizmo era piuttosto agile quando era abbastanza motivato. E in quel momento, lo era molto.
Serena non aveva familiarità con la zona in cui si trovava, dato che era la prima volta che visitava quel piccolo villaggio accoccolato tra le Alpi austriache. Quel posto era sulla sua lista di luoghi da visitare. Nella fretta di lasciare Hollywood, le era sembrato il momento giusto per cancellare dalla sua lista un'altra avventura.
Cominciò a nevicare più forte. Tra i fiocchi che cadevano fitti e gli alberi che la circondavano, vide una strada in lontananza, e anche se sembrava poco trafficata, il pensiero del suo piccolo Gizmo che ci si avvicinava troppo la fece correre ancora più veloce.
«Gizmo!»
Serena inciampò in una radice di un albero e cadde.
Ahi!
L'impatto contro il terreno duro e gelato le mozzò il respiro. Non ebbe il tempo di riprendersi, perché sentì avvicinarsi una macchina.
Ignorando il dolore, Serena si tirò in piedi. «Gizmo! Vieni qui!»
Continuò a inseguire il cucciolo che le aveva catturato il cuore qualche mese prima. Gizmo la faceva sorridere quando era triste e la faceva ridere quando era arrabbiata. Per non parlare del fatto che l'aveva costretta ad alzarsi e muoversi quando pensava di essere troppo stanca per fare anche solo un passo fuori di casa. Lui c'era stato per lei come mai nessuno prima.
Non era da Gizmo andarsene senza ascoltarla. Forse erano rimasti al chiuso per troppo tempo.
Un colpo di clacson infranse il silenzio.
Seguì il rumore di una brusca frenata.
Un guaito acuto confermò le peggiori paure di Serena.
Le balzò il cuore in gola e si fermò.
Un fragoroso tonfo rimbombò nell'aria. E poi un accartocciarsi di metallo le fece fermare il cuore.
Una valanga di pensieri frenetici le riempì la mente, tutti mescolati insieme. Lo shock che la paralizzava passò in fretta, e riprese a correre velocemente.
Facendosi scudo con le braccia, avanzò tra gli arbusti che invadevano il sentiero. Quando arrivò sul ciglio della strada, il suo sguardo si posò sul retro di una berlina nera. Fece una smorfia preoccupata.
Nessuna traccia di Gizmo.
Forse era una buona cosa, pensò aggrappandosi disperatamente a qualsiasi sprazzo di speranza. Trattenne il respiro e cercò di sentire un latrato, un guaito, qualsiasi cosa. Non si sentivano suoni di cane.
Ti prego, fa' che Gizmo stia bene.
Dal vano motore del veicolo saliva del vapore e una fiancata dell'auto era piegata intorno ad alcuni alberi. Serena spalancò la bocca. Era per questo che Gizmo non rispondeva? Fu sul punto di singhiozzare. Era stato investito dall'auto?
Le lacrime le riempirono gli occhi. Ti prego, fa' che non sia così.
Si sentì le guance umide e si asciugò le lacrime. Come attrice, Serena non era abituata alle emozioni spontanee. Non potendo certo stare lì con le mani in mano, deglutì forte e si avvicinò angosciata alla macchina, chiedendosi che cosa avrebbe scoperto.
Si accorse subito che il lato del guidatore era bloccato dal tronco di un albero, quindi si avvicinò alla portiera del passeggero e la spalancò.
Proprio in quel momento un rumore sordo fuoriuscì dal cofano. Serena non volle nemmeno immaginare che cosa potesse essere. Si guardò comunque intorno per verificare se ci fosse un principio d'incendio.
Non vedendo fiamme, Serena si chinò all'interno dell'abitacolo. Seduto al posto di guida c'era un uomo con i capelli castano scuro. Aveva la testa appoggiata al sedile e gli occhi chiusi. Le sopracciglia scure gli davano lineamenti decisi. C'era qualcosa di familiare in lui, ma agitata com'era non riusciva a capire cosa. In quel momento, doveva portare al sicuro quel tizio; c'era il rischio che la macchina prendesse fuoco ed esplodesse.
Anche se una volta aveva recitato il ruolo di un'infermiera in un film, non ne sapeva molto di primo soccorso. Prese il cellulare dalla tasca, ma vide che non c'era segnale.
Non andava bene, non andava affatto bene.
«C'era... c'era un cane...»
La profonda voce maschile spaventò Serena. Pareva che quello sconosciuto fosse ancora semincosciente. Lei alzò lo sguardo e vide che lui la stava guardando con un paio d'occhi castano scuro. Si sentì il cuore in gola. Era sbagliato in quel frangente trovare quegli occhi così intriganti? Per non dire parecchio attraenti... Erano occhi in cui non si poteva evitare di perdersi.
L'uomo guardò da una parte all'altra come se cercasse di capire che cosa era successo. E poi cercò di muoversi. Seguì subito un grugnito di dolore.
«Fermo» disse Serena. «Rimanga fermo.»
L'uomo la fissò confuso. «Perché? Che cos'ho?»
Lei percepì il panico che saliva tra loro. «Non lo so.» Cercò di recuperare la calma; agitarsi non avrebbe aiutato nessuno dei due. «Non ho idea se abbia delle ferite e quanto siano gravi. Fino a quando non ne sapremo di più, non dovrebbe muoversi.» A meno che la macchina non avesse dato segnali di volersi incendiare... Ma lei poteva gestire solo un disastro alla volta. «Ora cerco aiuto.»
«Qui non prendono di sicuro i cellulari.» La voce dello sconosciuto era meno agitata e più pratica.
Lei deglutì. Okay, non agitarti o lui andrà nel panico. Senza poter contattare i soccorsi, avevano pochissime possibilità. E la macchina continuava a emettere sfrigolii sinistri e vapore. Ma non intendeva dire niente di tutto questo all'uomo ferito. E non voleva nemmeno ammettere che il cane che aveva creato quel disastro era il suo. Le bruciavano gli occhi per le lacrime. Il suo povero, dolce cucciolo poteva essere...
No. Non pensarci. Concentrati su quest'uomo.
Lo sconosciuto sganciò la cintura di sicurezza. Poteva uscire solo dal lato del passeggero, ma non avrebbe dovuto spostarsi fino a quando un medico non l'avesse visitato.
«Non si muova» disse lei quando lo vide allungarsi sul sedile di fianco. «Vado a cercare aiuto.»
«Sto bene.» Aveva un tono deciso.
Apparentemente sembrava lucido, ma lei non poteva fidarsi delle apparenze. E se fosse uscito dalla macchina per poi collassare nel mezzo della strada? Di certo non sarebbe riuscita a sollevarlo, figurarsi a trasportarlo. Anche da seduto, era evidente che superava il metro e ottanta, ed era per giunta di corporatura robusta. Perché era così testardo?
L'uomo si sporse verso la portiera del passeggero.
«Dico sul serio. Non dovrebbe muoversi.» Si tolse i capelli dal viso; la neve che si scioglieva li aveva appiccicati alla fronte. Nevicava così forte che non si riusciva a vedere dall'altro lato della strada. «Potrebbe aggravare le sue ferite.»
Neanche a farlo apposta, lui grugnì di dolore. Serena si sentì stringere il cuore. Si sporse automaticamente in avanti, posandogli una mano sotto un braccio per cercare di sostenerlo.
«Che cosa c'è? Che cosa le fa male?» Lo esaminò, alla ricerca di sangue o di una possibile ferita, ma non ne vide.
Lui aveva il respiro affannato. «È la gamba. Non riesco a muoverla.»
Non andava bene. Non andava affatto bene.
E come se le cose non fossero già abbastanza gravi, da sotto il cofano fuoriuscì una nuvola bianca. Il cuore cominciò a batterle forte: e ora che fare?
2
Serena si allungò sul sedile del passeggero, verso il lato del guidatore. «Dobbiamo uscire in fretta di qui!»
«Non si preoccupi» rispose lui. «È solo vapore.»
Lei desiderava credergli, davvero. Ma per quanto ne sapeva, lui poteva avere un trauma cranico o essere scioccato, o entrambe le cose.
Non intendeva abbandonarlo. Pregò che la macchina non si incendiasse prima di essere riuscita a liberarlo. Dato che l'uomo era allungato sui due sedili, era un problema.
Tentò di sollevarlo con la mano che gli teneva sotto il braccio, ma lui non si mosse. Era davvero robusto e muscoloso.
«Deve cercare di mettersi a sedere» gli ordinò.
«Come?» Dalla voce sembrava un po' stordito. La guardò. «Che sta facendo?»
«Deve spostarsi, così posso vedere che cosa sta succedendo alla sua gamba.»
«Lei non sa di cosa sta parlando. Così peggiorerà solo le cose. Se ne vada!»
La durezza delle sue parole le fecero raddrizzare la schiena. Che problemi aveva quel tizio? Forse era sotto shock.
«Sto cercando di aiutarla, ora la smetta di fare il difficile.» Prese un respiro per calmarsi e si chinò di nuovo. «Si muova! Adesso!»
L'uomo si accigliò.
Le brusche parole di Serena finalmente ottennero il loro effetto. L'uomo borbottò qualcosa sottovoce, ma alla fine cominciò a muoversi. Era quasi diritto sul sedile quando grugnì di dolore.
«È la gamba?»
Lui annuì, respirando profondamente.
Lei guardò sotto il volante. C'era a malapena lo spazio per infilarsi in quel pertugio. Le sarebbe stata utile una torcia. Poi si ricordò del suo telefono, lo prese e lo accese per farsi luce.
Guardò l'uomo. «Ora cerco di non farle male, però devo liberarle la gamba. Può darmi una mano?»
L'uomo era incerto, ma alla fine cedette con un cenno della testa. «Lo faccia e basta. E alla svelta. Sento odore di benzina.»
Non ci fu bisogno di dirglielo due volte. Stesa sulla pancia, lei si mosse sui sedili, e quando arrivò vicino alle gambe dell'uomo, fece del suo meglio per continuare a concentrarsi sul liberarlo e non sui muscoli della coscia, su cui aveva appoggiato la mano. Quell'uomo era tutto muscoli e... e lei aveva un lavoro da fare. Alla fine, si infilò nel vano dei pedali e le rimase appena lo spazio per muovere le braccia.
«Può spostare indietro il sedile?»
Lui cercò di fare quello che lei gli aveva chiesto, ma senza risultato. «Non funziona. Deve essersi incastrato.»
«Okay. Fa niente.»
Doveva liberare quest'uomo e poi scoprire che cosa era successo a Gizmo. Il suo povero cucciolo...
Basta. Un problema alla volta.
Mise avanti le mani e si riposizionò. Si fece luce. La fiancata della macchina era stata spinta all'interno, e lui aveva la caviglia bloccata tra la portiera e il pedale del freno. Era messo male, davvero male.
Serena prese un respiro tremante, cercando di calmarsi, anche se in realtà non voleva fare altro che scappare via e trovare qualcun altro che potesse aiutarlo. Ma non c'era tempo. Poteva farcela, poteva davvero. Gli posò dolcemente la mano sulla gamba e attese. Quando lui non grugnì di dolore, continuò a esaminare la situazione. Fece correre la mano