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Raccontando Sant'Antonio di Gallura
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E-book134 pagine1 ora

Raccontando Sant'Antonio di Gallura

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Racconti come immagini, ricordi come ritratti, storie come schegge di vita di un tempo perduto che rivive nelle testimonianze documentali, ora intense e vibranti, ora flebili e periture, degli abitanti di Sant'Antonio di Gallura, protagonisti di un'antologia di pensieri sulla storia sociale ed economica del paese all'alba del Novecento. Brani vergati di seppia per riecheggiare, sul filo di una memoria divenuta storia, uno spaccato di vita comunitaria, sospesa tra racconto e fantasia, mito e leggenda, all'ombra di un passato che è nostalgia, malinconia, tormento, ma anche inviolabile eredità storica e spirituale, da custodire e tutelare.

In sommario le testimonianze orali di Antonia Abeltino, Maria Abeltino, Martino Abeltino, Lorenza Azara, Antonia Azzena, Paolina Barone, Domenico Canu, Salvatore Canu, Battistina Careddu, Gino Careddu, Italo Careddu, Giovanni Carta, Rosa Casula, Paolina Concas, Pasquale Concas, Salvatore Concas, Thea Concas, Salvatore Cucciari, Antonio Deiana, Pierina Dessì, Ruggero Dessì, Francesca Falchi, Rosa Frau, Domenica Frisciata, Agostina Malu, Nitta Malu, Martino Mariano, Maria Paola Mariotti, Mario Marras, Anna Nieddu, Santina Pani, Geromina Pattittoni, Matteo Pileri, Francesco Pilotto noto Cecchino, Giovanni Pisciottu noto Gianneddhu, Angelino Pittorru, Nicolina Pittorru, Andreana Ricciu, Giovanna Ricciu, Andrea Ruzittu, Lina Ruzittu, Maria Ruzittu, Paolina Ruzittu, Tomasina Santoli, Giovanna Scanu, Marianna Scanu, Mario Serreri, Antonio Spanu, Giovanna Tamponi, Antonio Uscidda, Domenico Vargiu, Giuseppino Vargiu, Tomaso Vargiu.

Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume "Raccontando Sant'Antonio di Gallura" di Sonia Baroni e Lucia Canu (Cargeghe, Editoriale Documenta, 2021, Isbn 978-88-6454-430-4), ad esclusione del repertorio fotografico.
LinguaItaliano
Data di uscita6 set 2021
ISBN9788864544458
Raccontando Sant'Antonio di Gallura

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    Anteprima del libro

    Raccontando Sant'Antonio di Gallura - Sonia Baroni

    Prefazione

    Racconti come immagini, ricordi come ritratti, storie come schegge di vita di un tempo perduto che rivive nelle testimonianze documentali, ora intense e vibranti, ora flebili e periture, degli abitanti di Sant’Antonio di Gallura, protagonisti di un'antologia di pensieri sulla storia sociale ed economica del paese all'alba del Novecento. Brani vergati di seppia per riecheggiare, sul filo di una memoria divenuta storia, uno spaccato di vita comunitaria, sospesa tra racconto e fantasia, mito e leggenda, all'ombra di un passato che è nostalgia, malinconia, tormento, ma anche inviolabile eredità storica e spirituale, da custodire e tutelare.

    Nota editoriale

    Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume Raccontando Sant’Antonio di Gallura di Sonia Baroni e Lucia Canu (Cargeghe, Editoriale Documenta, 2021, Isbn 978-88-6454-430-4), ad esclusione del repertorio fotografico.

    Il volume raccoglie una selezione di testimonianze orali di abitanti di Sant’Antonio di Gallura. I testi, trascrizione di interviste realizzate sul campo nell’arco temporale intercorrente tra i mesi di giugno 2014 e luglio 2020, riportano il contenuto dei documenti orali originali con larga fedeltà alle forme sintattiche e semantiche adottate dagli informatori.

    La costruzione della chiesa di San Giacomo

    Nel 1800 la vecchia chiesa di San Giacomo ebbe un crollo. Si decise di ricostruirla, ma in un luogo diverso da quello in cui si trovava originariamente. I lavori quindi iniziarono in località Mannacciu, a pochi chilometri di distanza, e per prima cosa vi portarono la statua del Santo.

    La decisione in cui far sorgere la nuova chiesa però cambiò quando la mattina dopo aver portato San Giacomo a Mannacciu, la sua statua venne misteriosamente rinvenuta in prossimità della chiesa crollata. A quel punto, per volere della popolazione, i lavori furono bloccati e la nuova chiesa fu eretta nel luogo in cui sorgeva la precedente, reputandolo il più adatto.

    Purtroppo, essendo in legno, la statua di San Giacomo si rovinò e sotto il parrocato di don Sebastiano Sirena venne sostituita da quella attuale.

    Domenico Vargiu

    La prima campana della parrocchia

    Nei primi anni del Novecento venne istituita la parrocchia di Sant’Antonio Abate in un paese che stava nascendo. La parrocchia venne costruita nel 1907 e poco dopo venne realizzata anche la casa parrocchiale.

    Si racconta che fu il comitato fondatore della parrocchia ad acquistare la prima campana per il campanile ma per un breve periodo questa venne custodita in campagna, in località Aliètu, a pochi chilometri dal paese. Venne sistemata su un albero e alle sei della sera veniva suonata; chi si trovava nella parte più alta del paese poteva sentirne il suono così, ogni sera, la gente si radunava in un punto strategico per ascoltare da lontano i rintocchi della campana che suonava l’Ave Maria.

    Italo Careddu

    I servizi igienici

    I servizi igienici? Non li avevamo in casa. Se penso a quei tempi, bisogna ammettere che se da una parte ci si accontentava di poco è perché di poco si disponeva: le comodità non esistevano, non sapevamo neanche cosa fossero.

    Neanche noi, privilegiati rispetto ad altri, disponevamo di un bagno in casa; mio padre, però, il dottor Marco Tamponi, negli anni Quaranta aveva fatto costruire nel cortile della casa che avevamo in affitto in Via Arzachena una piccola struttura con all’interno una fossa che veniva disinfettata di tanto in tanto con della calce. Ma gli altri non avevano le stesse possibilità e si dovevano accontentare di un posto a cielo aperto, in cortile se non addirittura in campagna.

    Solo in seguito i bagni iniziarono ad essere previsti all’interno delle abitazioni, ma era ancora qualcosa di molto lontano dalla classica stanza con water che conosciamo oggi: inizialmente si aveva semplicemente un buco nel pavimento con pozzo nero sotto casa, che veniva coperto con una tavola.

    Come dire, erano gli esordi della civilizzazione.

    Giovanna Tamponi

    Le fontane

    Le fontane principali in paese erano due: fonte vecchia, all’interno del centro abitato, e Barantagnàna, più distante dal paese.

    La fonte vecchia era sicuramente la più vicina ma dopo un po’ di tempo l’acqua non era più così buona e così si preferiva andare a Barantagnàna. Ci si organizzava quindi per fare una lunga camminata, anche più volte al giorno, per fare scorta d’acqua. Per trasportare l’acqua si usavano la cagghjna, un recipiente fatto di doghe in legno a forma di mezza botte, e lu cèrru, una brocca in terracotta con i manici che conservava fresca l’acqua. Lu cèrru veniva portato a mano o sulla testa da molte donne. Per non appoggiare l’anfora direttamente sulla testa, si usava un cuscinetto di stracci a forma di piccola ciambella, lu capitalèddhu.

    Capitava molto spesso di vedere ai bordi della strada cumuli di cocci di anfore cadute perché troppo pesanti o per distrazione.

    Era una mansione faticosa andare a fare rifornimento di acqua ma era anche un pretesto per le giovani ragazze per darsi appuntamento per una passeggiata e chiacchierata tra amiche.

    Alcune ragazze andavano alla fonte anche sotto compenso, mandate da altre famiglie, così il compito si trasformava anche in un modo per guadagnare qualche lira in un periodo non semplice.

    Il 20 luglio 1962 finalmente in paese venne finita di costruire la rete idrica e a seguire anche la rete fognaria.

    Andreana Ricciu

    Il profumo del pane

    Sono originario di Sassari e in periodo di guerra non fu affatto semplice neanche in città.

    Trovare un pasto al giorno non era sicuro e percorrere lunghi tragitti per raggiungere uno dei pochi punti di distribuzione del pane è uno dei ricordi più vivi che ho delle mia infanzia.

    La strada era lunga, ma interminabile era anche la fila che dovevamo fare per ricevere un tozzo di pane e un giorno mi accadde un episodio tanto singolare quanto indimenticabile: estenuato dall’attesa arrivò finalmente il mio turno quando, inebriato dal profumo della pagnotta che stavo per ricevere e indebolito dalla fame arretrata, caddi a terra svenuto!

    Salvatore Canu

    Pane e formaggio

    Eravamo una famiglia numerosa, vivevamo in campagna e avevamo bestiame d’allevamento. Sia io che i miei fratelli più grandi, Leonardo e Gordiano, dovevamo aiutare i nostri genitori e pur essendo tutti in età scolare (io avevo circa sette anni) non andavamo mai a scuola tutti e tre insieme, ma a turno, un giorno ciascuno, in modo che due di noi fossero sempre a disposizione per lavorare, pur garantendo a tutti un minimo di istruzione.

    Ricordo periodi molto critici, in cui a farla da padrone era la fame. Spesso veniva a mancarci il pane perché il quantitativo indicato sulla tessera annonaria non era sufficiente a sfamarci anzi potrei dire che la razione che ci spettava era piuttosto esigua. Ma nostra madre non si perdeva d’animo e, preso un pezzo di formaggio fresco, lo accompagnava a un pezzo ormai secco, proponendocelo come se fosse pane e formaggio. Naturalmente noi eravamo ben consapevoli che le cose erano diverse da quelle che ci voleva far credere.

    Salvatore

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