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101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita
101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita
101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita
E-book309 pagine2 ore

101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita

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Info su questo ebook

La Puglia come non l'avete mai vista!

Ecco alcune delle 101 esperienze:

• Incontrare il Pollock del Salento al casello della stazione di Tricase
• Cercare la cartapesta tra le vie del centro di Lecce
• Farsi mordere dal ritmo della Taranta
• Canticchiare Nel blu dipinto di blu a Polignano a Mare
• Fotografare la luce delle case bianche di Ostuni
• Percorrere la salita in discesa di Statte
• Mangiare una frisella pensando agli anni che furono
• Inseguire il fantasma di Armida nel Castello Svevo di Trani
• Smarrirsi tra i carri allegorici del carnevale di Putignano


Rossano Astremo
vive a Roma. Insegna Italiano in un Liceo Internazionale. Ha pubblicato nove libri e curato tre antologie di racconti. Con la Newton Compton ha pubblicato 101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita, 101 storie sulla Puglia che non ti hanno mai raccontato e 101 misteri della Puglia (che non saranno mai risolti).
LinguaItaliano
Data di uscita13 mag 2014
ISBN9788854166769
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    Anteprima del libro

    101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita - Rossano Astremo

       1.

    IMPARARE IL FRANCOPROVENZALE VISITANDO FAETO

    Questo viaggio ha inizio da Faeto, un paesino con poco più di mille anime. Si trova a 866 metri d’altitudine e da questa altezza domina tutto il Tavoliere. Faeto, assieme al vicino paese di Celle di San Vito, rappresenta l’unica comunità linguistica francoprovenzale presente nell’Italia centromeridionale. Altre comunità sono presenti in zone circoscritte della Valle d’Aosta e del Piemonte. Perché a Faeto si parla il francoprovenzale è presto detto. Bisogna risalire alla sua origine. Faeto nasce nella seconda metà del XIII secolo, quando il re Carlo d’Angiò, duca di Provenza e re di Sicilia, durante l’assedio dei Saraceni di Lucera, invia duecento soldati provenzali presso il castello di Crepacore. Sconfitti i Saraceni di Lucera, Carlo D’Angiò concede ai duecento soldati provenzali di restare nel quasi disabitato castello di Crepacore, facendosi successivamente raggiungere dalle rispettive famiglie. Verso il 1340, abbandonata la zona, divenuta insicura per il frequente passaggio di eserciti e la presenza di briganti, la comunità si sposta nella località dove sorge ora Faeto, dando origine al paese.

    Il lascito più importante della presenza degli angioini in questa terra è rappresentato proprio dalla lingua francoprovenzale. Da molti ritenuta fino a pochi anni fa soltanto un dialetto, elevata ai ranghi di lingua grazie a una legge del 1999, il francoprovenzale, oggi, è cultura e patrimonio incontestabile di tutta la popolazione faetana. Passeggiare tra le strette e anguste strade del paesino, dialogare con la gente del luogo è un’occasione per entrare in vivido contatto con la storia e le tradizioni della comunità. Da visitare è il Museo Etnografico, all’interno del quale è presente un’ampia raccolta di attrezzi usati dalla popolazione nel passato non solo per il lavoro dei campi, ma anche per le attività legate alla pastorizia e all’artigianato. Inoltre, nei pressi della chiesa Madre è possibile raggiungere il belvedere, da cui si gode un ampio panorama sul Tavoliere fino ai monti del Gargano e al Golfo di Manfredonia. Non a caso il belvedere è definito il Terrazzo della Puglia. Se una giornata a Faeto non è bastata a farvi entrare in contatto con la lingua francoprovenzale tuttora parlata dalla gran parte degli abitanti del luogo, un souvenir da portarvi a casa è senz’altro il Dizionario francoprovenzale di Celle di San Vito e Faeto, scritto da Vincenzo Minichelli.

       2.

    FARE TURISMO RELIGIOSO NEI LUOGHI IN CUI HA VISSUTO PADRE PIO

    Parlare di San Giovanni Rotondo vuol dire inevitabilmente parlare di Padre Pio, il frate di Pietralcina che qui ha vissuto dal 1916 sino alla sua morte avvenuta nel 1968. San Giovanni Rotondo ha subìto un notevole cambiamento negli ultimi lustri. Il tutto si può far risalire al periodo dell’ultimo Giubileo quando, con la finalità di accogliere nel miglior modo possibile il numero spropositato di pellegrini, in città sono state costruite strutture alberghiere a dismisura. Milioni di fedeli ogni anno giungono nella città foggiana per visitare i luoghi in cui il frate con le stimmate, divenuto santo a furor di popolo nel giugno del 2002, ha trascorso quarant’anni della sua esistenza.

    La crescita dei devoti ha portato, inevitabilmente, all’incremento del business legato alla figura del santo. Padre Pio è diventato un marchio, che applicato a qualsiasi prodotto diviene facilmente vendibile. Ci sono i calendari di Padre Pio, i libri di Padre Pio, i DVD di Padre Pio, le immaginette e le statuette di Padre Pio, il servizio di piatti di Padre Pio, la maglietta di Padre Pio, le cartoline di Padre Pio e l’elenco potrebbe continuare a lungo. I prodotti aumentano perché aumenta il bacino di potenziali acquirenti, quello dei devoti, e ciò è reso evidente anche dalla progressiva crescita del numero di pellegrini (o sarebbe più corretto chiamarli turisti?) che quotidianamente visita San Giovanni Rotondo. Se decidete di trascorrere anche solo poche ore in città ci sono alcune tappe obbligate dalle quali non si può prescindere. Non può, di certo, mancare il Santuario, inoltrandosi nel quale si entra nella Chiesa Antica. Ai lati della porta ci sono due lapidi infisse dal comune di San Giovanni Rotondo per ricordare due date: i cinquant’anni di sacerdozio di Padre Pio e i suoi cinquant’anni di permanenza a San Giovanni Rotondo. All’interno sono degni di nota, tra le altre cose, l’altare di San Francesco, sul quale Padre Pio ha celebrato la Santa Messa dal 1945 al 1959 e il confessionale dove, dal 1935 al giorno della morte, ascoltò le confessioni dei fedeli.

    Altra tappa obbligata è quella della sua cella. Ad arredare il piccolo spazio vi è un tavolino, a sinistra, sul quale sono poggiati dei mezzi guanti, delle calze bianche con macchie di sangue, una pezzuola della piaga del costato, una teca contenente crosticine delle stimmate, alcuni libri di lettura spirituale e un inginocchiatoio. Un fazzoletto usato da Padre Pio per benedire i pellegrini dalla finestra si trova sul lavabo a destra; un comodino con una statuetta fosforescente della Madonna, immaginette sacre, due sveglie, un orologio e una piccola vita della serva di Dio Genoveffa de Troia; in una teca sono esposte le pantofole calzate fino all’ultima ora della sua vita.

    Altra tappa obbligata è la visita alla chiesa di Padre Pio progettata dall’architetto Renzo Piano. La firma di Renzo Piano conferisce senza dubbio alla nuova chiesa un grande valore architettonico, mentre artisti di fama mondiale come Domenico Palladino, Giuliano Vangi e Arnaldo Pomodoro hanno dato il proprio contributo per la realizzazione di sculture e arredi sacri. Palladino ha realizzato il portone in bronzo dell’ingresso liturgico. L’ambone a destra dell’altare porta la firma di Vangi, mentre Pomodoro ha realizzato la croce in bronzo dorato sospesa sull’altare, illuminata da un cono di luce naturale che filtra da un’apposito spiraglio della copertura. La peculiarità che Piano ha conferito al suo progetto consiste in due scelte sostanziali: il modo di concepire lo spazio e l’utilizzo della pietra come unico materiale destinato a diventare la chiave espressiva di tutto il progetto.

    È inoltre impossibile abbandonare San Giovanni Rotondo senza compiere il percorso della Via Crucis. La Via Crucis fu una costruzione fortemente voluta da Padre Pio. La vecchia Via Crucis, lungo il viale che porta al Santuario, era divenuta insufficiente a un qualsiasi esercizio religioso, per cui, nel febbraio del 1967 padre Michele Placentino, vicario ed economo del convento, comunicò a Padre Pio l’intenzione di voler dare inizio ai lavori di una nuova Via Crucis. «Fra le tante cose belle, questa che si vuole realizzare adesso è una delle più belle», fu la risposta del frate stimmatizzato. Furono interpellati i più noti artisti italiani del tempo e, alla fine, Francesco Messina accettò di realizzare l’opera.

    Il 22 settembre 1968 Padre Pio benediceva la posa della prima pietra e, in meno di tre anni, la Via Crucis vide la sua ultimazione.

    L’opera è concepita come un percorso in salita che si sviluppa ai piedi del monte Castellano, diramandosi in una folta vegetazione costituita da cipressi e pini. Una salita al Golgota che si articola attorno a una maestosa gradinata dedicata alla Madonna che viene attraversata in tre punti dal percorso vero e proprio della Via Crucis. Lungo questo tragitto sono sistemati i vari pannelli bronzei delle classiche stazioni, realizzati in rilievo dall’artista Messina e incastonati in edicole di granito, sorrette da una base in granito sardo e porfido rosso. Trascorrere una giornata a San Giovanni Rotondo, visitare i luoghi in cui ha vissuto il frate di Pietralcina, nonostante l’aspetto speculativo che si è insinuato nel culto del santo, che è presente purtroppo in toni diversi in tutti i grandi luoghi di culto, può essere un’esperienza suggestiva anche per coloro i quali, come il sottoscritto, non sono credenti.

       3.

    ASSAGGIARE LE BONTÀ DI NON SOLO PANE A MONTE SANT’ANGELO

    Monte Sant’Angelo è un piccolo paese che si erge su uno sperone del Gargano. È adagiato su una roccia di natura calcarea, ricca di caverne e cavità, tra cui la famosa grotta di San Michele. La tradizione vuole che l’arcangelo Michele apparve, nel 490, al vescovo di Siponto Lorenzo Majorano e gli ordinò di dedicare la grotta al culto cristiano in suo nome. Molto devoti di san Michele, in seguito, furono i Longobardi, che nel VII secolo fecero della grotta il loro santuario nazionale.

    Monte Sant’Angelo, però, non è solo il paese in cui è presente la grotta meta da secoli di pellegrinaggi da parte di un numero sempre cospicuo di fedeli.

    Al sacro della devozione Monte Sant’Angelo unisce il profano del gusto. In questo piccolo paese del Gargano si produce uno dei pani più buoni presenti in Puglia.

    Il pane tipico di Monte Sant’Angelo presenta delle precise caratteristiche: ha la forma tonda ed è di grandi dimensioni. Una delle caratteristiche di questo pane è quella di conservare intatta la sua fragranza anche qualche giorno dopo. È l’ideale, infatti, per bruschette o anche da solo, con un filo d’olio, preferibilmente extravergine d’oliva.

    La fama del pane di Monte Sant’Angelo ha varcato i confini territoriali ed è apprezzato in tutta Italia e non solo. A esso sono stati dedicati numerosi convegni e approfondimenti a testimonianza del valore storico e dei profondi significati che questo alimento ha sempre ricoperto nella nostra dieta.

    Molti sono i panifici dalla grande tradizione che devono alla produzione del tipico pane il loro successo. Se, dopo aver visitato il santuario, sarete vinti dai morsi della fame, fate assolutamente una capatina da Non solo pane, in via Garibaldi, uno dei più antichi panifici di Monte Sant’Angelo, gestito dalla famiglia Taronna. Il suo pane, uno dei migliori della provincia, è solo uno dei tanti prodotti che hanno reso famoso il panificio rendendolo meta assidua non solo per gli abitanti del luogo ma anche per i molti turisti. Qui potrete assaggiare le ostie ripiene di mandorle tostate e miele, dolce tipico del posto, le pizze al taglio appena sfornate e le orecchiette fresche della casa e qui, soprattutto, sarebbe un delitto andare via senza portare con sé un pezzo del pane di Monte Sant’Angelo, magari uno dalle grandi dimensioni che, una volta tornati a casa, anche a distanza di giorni, potrete continuare a gustare.

       4.

    FARE IL COAST TO COAST NEL GARGANO

    Se volete lasciarvi ammaliare dalle bellezze naturali della Puglia non potete non recarvi nel Gargano, il promontorio situato in provincia di Foggia, che si protende per 70 chilometri verso il mare Adriatico. Il percorso che vi suggerisco è il seguente: prendete la strada statale 89 da Foggia per Monte Sant’Angelo, poi proseguite lungo la litoranea che vi porterà a Pugnochiuso, Vieste, Peschici e Rodi Garganico. Un breve viaggio lungo tutta la costa per passare momenti di puro relax, tra sole, mare e buona cucina. Pugnochiuso è affacciato su un mare limpidissimo, circondato da foreste di faggi, pini e ulivi. È un piccolo paese che da qualche decennio vive unicamente grazie alla presenza dei villeggianti. Sono presenti numerosi complessi alberghieri, piscine, ristoranti e negozi, che testimoniano la sua forte propensione turistica. Vieste è una delle capitali pugliesi del turismo balneare. Ha origini antiche e se ne ha documentazione per la prima volta intorno all’anno Mille. Il borgo medievale è un insieme di viuzze, spesso interrotte dalla presenza di scale e scalette. La costruzione più imponente è il castello, costruito da Federico II di Svevia nel 1240. Vicino a esso si trova la cattedrale, divisa in tre navate, all’interno della quale sono presenti decorazioni negli stili bizantino e islamico e una statua di santa Maria di Merino, venerata dagli abitanti di Vieste. Dalla piazzetta Ripe si vedono i trabucchi, antiche postazioni di pesca costruite con un intrico di reti e travi. Immancabile, infine, una visita al Museo Malacologico, dove sono custodite conchiglie provenienti da tutto il mondo. Proseguendo sempre verso nord incontrerete Peschici, un insieme di casette bianche, spesso con cupola, arroccate sopra una rupe a picco sul mare. La tradizione racconta che fu Euripolo, comandante della popolazione slava degli Schiavoni, a fondare il borgo nel 970, dopo aver sconfitto i saraceni, che occupavano la costa. Il 24 luglio 2007 Peschici è stata al centro di un apocalittico incendio doloso e che ha provocato tre vittime. Le fiamme hanno distrutto una parte importante della flora circostante. A detta di molti, lo scirocco, che quel giorno soffiava particolarmente impetuoso, avrebbe favorito la rapida propagazione delle fiamme. Grazie soprattutto al tempestivo intervento degli abitanti del luogo, sono state messe in salvo più di 1500 persone, trasportate dalle spiagge sino al porto di Peschici. Gli abitanti si sono anche prodigati in modo da impedire al fronte del fuoco di raggiungere il cuore del paese. Continuando questo agile coast to coast incontrerete infine Rodi Garganico, il cui centro storico, d’origine medievale, è caratterizzato da vie strette e ripide, con tracciati complessi, affiancate da case rigorosamente bianche. Grazie alla rivalutazione messa in atto dalla recente amministrazione sono venuti alla luce gioielli architettonici di epoca pre-medievale. Oggi, come tutti i luoghi sopra citati, è diventata una località balneare davvero esclusiva. Qualora la vostra permanenza nel Gargano si prolungasse, altri posti da visitare assolutamente sono le isole Tremiti, Vico del Gargano, Mattinata, Lesina, il Parco Nazionale del Gargano, Ischitella, Carpino, San Menaio. In altri termini, non solo tutta la costa, ma anche i posti più belli dell’entroterra.

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    IL GARGANO

       5.

    RICORDARE ANDREA PAZIENZA TRA LE STRADE DI SAN SEVERO

    Penso a Pompeo, uno degli ultimi fumetti pubblicati in vita da Andrea Pazienza, il suo indiscusso testamento artistico. In Pompeo Pazienza racconta le ultime ore di un giovane insegnante di disegno totalmente perduto nella sua vita piena di deliri e disperazione, che solo una dipendenza da eroina sa donare. Pompeo racconta la discesa all’inferno di un uomo dotato di talento, ma che del talento non sa che farsene, un uomo da tutti lodato per la sua creatività, ma che venderebbe anche la madre per un grammo di eroina, per un’ora di paradiso. L’osmosi tra racconto disegnato e autobiografia è schiacciante. Era il 1985 quando Pompeo venne pubblicato. Pazienza morì di overdose tre anni dopo, a soli 32 anni. È stato, certamente, uno dei più grandi creativi degli ultimi trent’anni, uno

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