A un passo dalle stelle
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Info su questo ebook
Corinne: Uno degli aspetti che preferisco del mio lavoro di consulente medico del Programma Aeronautico Spaziale è poter dire agli aspiranti astronauti che hanno passato le selezioni e hanno così realizzato il loro grande sogno, quello di poter viaggiare nello spazio. Questo finché al program-ma non si è unito anche Austin Mitchell, l'uomo più sexy su cui abbia mai posato gli occhi.
Austin: Corinne mi ha fatto letteralmente perdere la testa, non riesco nemmeno a starle vicino da quanto la desidero. Tuttavia non posso permettermi di lasciarmi distrarre dall'attrazione che provo per lei, le vite di molti uomini dipendono da me e dalla mia capacità di mantenere il controllo nelle situazioni critiche. Per questo ho dovuto lasciarla, anche se sono convinto che nasconda un segreto che riguarda entrambi.
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Anteprima del libro
A un passo dalle stelle - Scarlet Wilson
1
«Ecco i candidati di cui dovrà occuparsi, dottor Carter» disse la segretaria, ponendo alcune cartelline rigonfie sulla scrivania di Corinne. La parte migliore del mio lavoro, pensò lei, con soddisfazione.
Centinaia di domande, presentate da militari e civili, per entrare a far parte del prossimo programma dell'Agenzia Spaziale Internazionale. Ma solo poche, dopo attenta valutazione, erano state accettate, per individuare dei candidati probabilmente destinati a diventare astronauti.
«Allora vediamo di conoscerli» sorrise Corinne, iniziando a sfogliare i fascicoli. Di tutti i richiedenti, a lungo interrogati ed esaminati, sul piano fisico e psicologico, solo una dozzina erano stati selezionati, per seguire un corso abbastanza lungo, che prevedeva prove molto dure, e ottenere l'approvazione definitiva.
Da tre anni nell'Agenzia Spaziale, Corinne aspettava l'occasione di svolgere quel compito, importante e delicato nello stesso tempo. Del resto, l'opportunità di inviare richieste per diventare astronauti non si verificava spesso.
«Presto detto. California, Washington, Idaho e Nevada» disse la segretaria, elencando i vari Stati di provenienza.
Blair, il collega, si affacciò sulla porta, altre cartelline tra le braccia. «Hai già i tuoi?» chiese. «Chi sono?» aggiunse, e avvicinandosi rapidamente alla scrivania di Corinne, ne sbirciò i nomi sui fascicoli. E subito scoppiò a ridere.
«Cos'hai da ridere?» replicò lei, guardandoli a sua volta. Tre nomi le erano già noti. Un'insegnante, un marine, un ingegnere. Blair le sottrasse l'ultima cartellina prima che lei leggesse il quarto.
«Il Super Pilota, eh? Buona fortuna!»
Corinne riprese il fascicolo dalle mani di Blair. Un Top Gun. Un certo Austin Mitchell. Mai sentito. Troppi candidati, pensò, impossibile conoscerli tutti. «Cosa non va con Austin Mitchell?» chiese, accigliandosi. Poi scorse rapidamente le pagine che lo riguardavano. Massimi risultati in ogni prova. Meriti e distinzione dovunque. Praticamente perfetto.
Blair scosse il capo, ridendo di nuovo. «Te ne accorgerai.»
Austin guardò gli strumenti ancora una volta, con un sorriso insolente.
«Bates, non provarci» ordinò la voce dalla torre di controllo.
Ma lui già rideva. Certe tradizioni resistevano, nonostante i divieti. In fase di atterraggio, l'aereo scendeva rapidamente, ma senza trovarsi esattamente sopra la parte della pista che doveva toccare.
«Bates, ti avverto...»
Austin, pervaso dal forte flusso di adrenalina, sempre avvertito quando era ai comandi di un aereo, ignorò quelle parole. E in quel momento non guidava un aereo qualunque, ma il prototipo di un F-35 modificato, nuovo di zecca. Un aereo da combattimento difficilmente rilevabile dal nemico. E silenzioso, finché tutti non se lo ritrovavano giusto sulla testa, compresi i colleghi nella torre di controllo.
Ancora uno sguardo agli strumenti. Unico aereo in volo, via libera. Austin si guardò intorno. I piloti Top Gun sono addestrati nel deserto del Nevada, proprio perché laggiù nessuno può disturbarli. Notò, in basso, una macchiolina nera, che si muoveva verso la torre; forse qualcuno del personale militare. Spero siano pronti, pensò, manovrando l'aereo nella giusta posizione.
«Lo fa di nuovo, ragazzi» disse la voce dalla torre, con un sospiro rassegnato. «Trattenete saldamente le tazze di caffè.»
Con un grido di trionfo, Austin passò come un bolide a circa sei metri dalla sommità della torre di controllo. Sfiorarla era uno dei giochi preferiti dai Top Gun come lui, non certo dai controllori dentro la torre. Ma se la fortuna non lo assisteva ancora, l'avrebbe giocato per l'ultima volta.
Corinne era a metà della scala esterna. All'improvviso, un rumore assordante la colpì, insieme al vortice di sabbia sollevato dal pericoloso passaggio dell'aereo sopra la torre. Si sorresse alla ringhiera, mentre l'intero edificio ne era interamente scosso con violenza. C'è ancora qualcuno che fa simili scherzi stupidi, roba per film spettacolari, pensò, seccata.
La raffica di vento le aveva scompigliato i capelli raccolti alla nuca, lasciandole ricadere sottili ciocche sul viso; tentò di rimuovere delle tracce di sabbia dal severo completo nero, giacca e gonna al ginocchio, mentre ne sentiva qualche granello tra i denti.
Le gambe un po' tremanti, Corinne salì in fretta la scala, inserì il codice. «Chi è quell'idiota che...?» protestò, ad alta voce, appena la porta scorrevole della torre la lasciò passare.
Tutti gli uomini in divisa, seduti a un lungo tavolo, si girarono a guardarla, in silenzio.
Oh, no! Non era certo quello il modo migliore di presentarsi in un nuovo ambiente.
Uno dei presenti le andò vicino. «E lei è...?»
Dovrebbe saperlo, pensò lei, se il mio codice personale mi ha aperto la porta. Evidentemente, là dentro era ancora una perfetta sconosciuta. «Salve, sono il dottor Corinne Carter, dell'Agenzia Spaziale.» Rapidamente, cercò di ripulirsi la mano, prima di stringere quella dell'uomo. «Cerco Austin Mitchell, credo sia un pilota» aggiunse, con un gesto vago. «Mi hanno detto che l'avrei trovato qui.»
L'altro annuì, ricambiando la stretta con energia. «Luke Kennedy, Controllore.»
Nel frattempo altra sabbia era caduta dai suoi abiti sul pavimento. Corinne si tolse la giacca, la scosse, impacciata e consapevole di non presentarsi al nuovo incarico nella forma dovuta. «Cos'è stato, poco fa? Spero che i ragazzi abbiano concluso pericolose esibizioni» commentò, disinvolta, mentre cercava di individuare, tra gli uomini in divisa, chi fosse Austin Mitchell, quello che aveva superato così brillantemente tutte le prove.
Oltre la vetrata, l'aereo che l'aveva quasi buttata a terra, rollava sulla pista. Luke Kennedy seguì lo sguardo di Corinne. «Ha assistito a una delle tradizioni più diffuse tra gli istruttori di volo» replicò, sorridendo.
«Ma come fate a sopportarlo?» chiese, notando alcune leggere macchie di caffè sulla camicia del Controllore.
«Francamente, lo trovo intollerabile» mormorò lui, a voce molto bassa. «Ha detto che cerca Bates? Voglio dire, il Tenente Colonnello Mitchell?»
«Sì» rispose Corinne, incuriosita. «Ma perché lo chiama Bates?» chiese, sfogliando la cartellina a lui riservata che aveva in mano. «I suoi dati sanitari non ne fanno cenno.»
Luke Kennedy sorrise. «Bates è il suo codice personale. Scopra da sola, perché lo chiamiamo così» aggiunse, additando l'aereo sulla pista. «Bene, lo ha trovato, lo vedrà tra poco. Adesso sta riportando l'aereo dentro l'hangar.»
Corinne sbarrò gli occhi. «Era lui che...?»
«Sicuro. E buona fortuna» aggiunse il Controllore, tornando al suo posto dietro la scrivania.
Era la seconda volta che qualcuno le augurava buona fortuna, prima di incontrare Austin Mitchell. Chissà perché...
Ultimo dei suoi quattro candidati, Corinne si chiese che uomo fosse quel Bates. E come avrebbe reagito sapendo di entrare nell'Agenzia Spaziale. Forse l'insegnante, felicissima, alla notizia aveva saltellato nel corridoio della sua scuola; l'ingegnere aveva annunciato con sussiego la nomina ai colleghi, e il marine, gridando di gioia, aveva regalato ai commilitoni tutta l'attrezzatura da sub.
In ogni caso, Mitchell doveva essere un tipo particolare. Pilota dopo la laurea in microbiologia, due missioni in Afghanistan, e infine selezionato come Top Gun.
Gran parte delle attività nelle Stazioni Spaziali Internazionali riguardano la ricerca. Esperimenti condotti in ambiente privo di gravità, studio delle differenti reazioni delle cellule. Austin Mitchell, detto Bates, viste le competenze, era in grado di condurre interessanti esperimenti scientifici a bordo: una vera risorsa per tutta la squadra.
Corinne si incamminò sull'asfalto bollente della pista, gli occhi irritati dalla sabbia. Dove erano finiti i suoi occhiali da sole?
Il percorso fino all'hangar era più lungo del previsto. Purtroppo non aveva la possibilità di riassumere il suo impeccabile aspetto abituale; in ambienti prestigiosi e rispettabili le apparenze hanno la loro importanza.
I suoi passi risuonavano distintamente, nella penombra tranquilla dell'hangar. Corinne strinse le palpebre, al passaggio dalla luce accecante. Colse la sagoma di un uomo, in tuta grigia, accanto all'aereo appena rientrato. Si avvicinò, decisa. Ma poi rallentò, notando che il pilota indugiava intorno all'aereo. Gli girava intorno, lo osservava, e lo sfiorava sussurrando qualcosa, quasi volesse accarezzarlo.
Corinne sorrise. Aveva sentito dire che certi piloti si affezionano agli aerei in modo straordinario, ma forse era solo una leggenda, riferita ai bombardieri del passato.
Ormai gli era vicina. Squadrò attenta il pilota: casco in mano, il nome ben visibile sulla tuta. «Allora» disse, spavalda. «Tenente Colonnello Austin Mitchell, credo che dovrebbe dirmi subito perché in codice la chiamano Bates, no?»
Austin l'aveva già vista entrare nell'hangar, e udito il ritmico rumore secco dei suoi rapidi passi sull'impiantito di cemento. Donne, da quelle parti, non se ne vedevano spesso, Morah a parte, il suo copilota, responsabile di radar, contatti radio e non solo. Ma indossava sempre la comoda tuta di volo, mica una gonna al ginocchio, come la sconosciuta: le enfatizzava la linea dei fianchi, attirando l'attenzione su un paio di gambe davvero notevoli.
Completo nero con giacca. Elegante, pensò. Discreto, ma rivelatore di ogni curva. La camicetta di seta, rosa pallido, si tendeva sul seno. Austin provò l'impulso di sgualcire bruscamente quell'indumento, tirandolo via dalla gonna, giusto per creare una certa armonia con i capelli biondi arruffati dal vento...
Sorrise tra sé. Sapeva benissimo perché la donna lo cercava. Nessuno raggiunge il Centro Aereo di Fallon, nel caldo insopportabile del Nevada, senza una buona ragione. Austin, durante la lunga serie di test nell'Agenzia Spaziale, non l'aveva mai vista. L'avrebbe notata. La guardò avvicinarsi; il viso appariva un po' lucido per il leggero velo di sudore.
Lui continuò a passare la mano sulla carlinga. Un'abitudine a cui non sapeva rinunciare: una specie di rituale, quasi un grazie all'aereo, per averlo riportato sano e salvo a terra, dopo qualunque tipo di volo.
Due esperienze in Afghanistan gli avevano insegnato ad apprezzare la vita, e ormai precluso le zone di guerra. Adesso, a quarant'anni, gli spettava istruire gli altri piloti, trarre il meglio da ognuno di loro. Ma per quanto amasse provare l'euforia e l'emozione di guidare un aereo, Austin aveva sempre desiderato viaggiare nello spazio. Era il suo obiettivo fondamentale, l'apice della carriera. E adesso, finalmente, stava per raggiungerlo.
Sapeva già perché quella donna lo aveva cercato. Era sicuro di far parte del gruppo selezionato. Mai preso in considerazione la possibilità di esserne escluso. Stavolta, però, qualcosa, in quella donna, lo costrinse a tacere: la fissò, quasi trattenendo il respiro.
È bellissima, stupenda, pensò. Sembrava una famosa diva del cinema. Strano. Sulle altre, per quanto belle, non aveva mai espresso giudizi simili.
L'esitazione di Austin dipendeva forse dalle particolari circostanze del momento. L'idea di essere sul punto di varcare quella soglia così ambita lo emozionava. Sì, doveva essere solo questo, non certo la presenza della donna.
Sorrise appena, udendone la voce, leggermente velata, un po' vibrante. Tono gradevole, particolare. Si girò di scatto, percependo il sentore del suo profumo, nell'aria calda dell'hangar. Diverso da quelli più noti: ricordava quello degli agrumi, con un'idea di spezie.
Chewing-gum tra i denti: un'altra delle sue abitudini; lo aiutava a concentrarsi durante gli allenamenti. Comunque, anche alla luce incerta dell'hangar, quella donna era uno schianto. Prima, ne aveva subito notato le curve; ora, da vicino, appariva più giovane di quanto credesse. Trucco leggero, pelle perfetta, probabilmente priva della protezione totale necessaria al sole implacabile del Nevada. I capelli, biondi, apparivano in parte lisci, in parte mossi: alcune ciocche le ricadevano sugli occhi, insistenti e senz'altro fastidiose.
Un ultimo tocco all'aereo, e Austin le si avvicinò, sorridendo ironico. «I codici di riconoscimento sono estremamente personali. Dovrebbe conoscermi molto bene, per sapere perché mi chiamano Bates.»
Forse non dovevo rispondere in quel modo, pensò un attimo dopo. Ma chi perderebbe l'occasione di giocare con una donna così...
Il volto appena arrossato, la donna lo guardò dritto negli occhi senza imbarazzo. La misteriosa signora amava le sfide. Proprio come lui.
«Dottor Corinne Carter» disse lei, tendendo la mano. «Valutazione sanitaria per l'Agenzia Spaziale Internazionale.»
Un dottore. Interessante. Forse meno giovane di quanto sembrava; l'Agenzia non assume laureati privi di esperienza.
Stretta decisa e riservatezza molto evidente in un mondo che non le apparteneva. Austin ritirò