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Una famiglia tutta per me: Harmony Bianca
Una famiglia tutta per me: Harmony Bianca
Una famiglia tutta per me: Harmony Bianca
E-book154 pagine2 ore

Una famiglia tutta per me: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa
Il dottor Gene Du Bois arriva a Ginevra con più bagaglio di quanto Cordelia Greenway si sarebbe aspettata: ha con sé un'adorabile bambina! Cordelia non ha mai provato nostalgia per una famiglia, qualcosa che non potrà mai avere, tuttavia lavorare - e vivere! - a stretto contatto con Gene si rivela ogni giorno più difficile. La sua cadenza del sud, così lenta e sensuale, i modi sfacciati e maliziosi, uniti alle premure che riserva alla figlia, rappresentano un mix esplosivo in grado di abbattere tutte le sue difese. E indurla a sperare che un giorno quell'adorabile famiglia rappresenterà il suo futuro.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2019
ISBN9788830505681
Una famiglia tutta per me: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Una famiglia tutta per me - Scarlet Wilson

    successivo.

    1

    Cordelia Greenway si appoggiò allo schienale della sedia e cercò di rilassarsi, ignorando le palpitazioni e le vertigini. Respirò a fondo e, appoggiando le dita sul lato del collo, cominciò a massaggiarlo lentamente tenendo gli occhi chiusi, in attesa che quel movimento facesse effetto. In realtà, però, iniziò a sudare. Un altro sintomo tipico.

    Intorno a lei, le persone stavano chiacchierando serenamente, non avendo evidentemente notato questa piccola crisi. Meglio così. Detestava attirare l'attenzione.

    Rimase dunque lì senza dire nulla, augurandosi che il battito del cuore si regolarizzasse. Probabilmente avrebbe dovuto guardare l'orologio per contare i battiti, ma ormai era talmente abituata a tenere sotto controllo questo disturbo che, alle prime avvisaglie, reagiva in maniera automatica, guidata dall'istinto di autoconservazione.

    Con la mano libera, sollevò i capelli che si erano appiccicati al collo. Ugh. Bene. Sentiva che i battiti del cuore stavano rallentando. Per fortuna!

    Dopo alcuni attimi prese un profondo respiro e appoggiò per un istante la testa sulla superficie fredda della scrivania. Molto meglio.

    Staccò la camicia dalla pelle per far passare l'aria. La prima cosa che avrebbe fatto appena arrivata a casa sarebbe stata una lunga doccia.

    Sentendo un rumore improvviso, alzò la testa sopra la propria postazione. Molti dei suoi colleghi ricercatori fecero lo stesso – sembravano una famiglia di suricati.

    Il professor Helier stava camminando avanti e indietro mentre parlava al telefono con voce stridula. Il rumore era arrivato dal suo ufficio.

    Senza esitare, Cordelia andò a vedere che cosa stesse succedendo. «Franc?» lo chiamò, aprendo la porta a vetri.

    Sembrava agitato mentre scriveva rapidamente su un foglietto di carta, annuendo. Era pallido e a un certo punto barcollò, tant'è che Cordelia gli andò incontro tendendo le braccia per sorreggerlo, temendo che potesse cadere.

    Il Professor Helier era la ragione per cui lei si trovava lì.

    Quando aveva saputo che lui dirigeva il Centro di Ricerca Cardiaca di quell'istituto, infatti, Cordelia aveva deciso che doveva incontrarlo. Sarebbe stata disposta a tutto pur di collaborare con un ricercatore così famoso.

    Aveva fatto dunque alcune telefonate per presentarsi – in Inghilterra era a capo di un progetto di ricerca pionieristico, che studiava la capacità di rigenerazione del cuore dei pesci zebra, per riprodurre questo meccanismo nell'organismo umano – e dato che il professor Helier era rimasto subito colpito dal suo lavoro, l'aveva invitata in Svizzera per conoscersi, e poi le aveva proposto di dirigere uno dei suoi team. Inutile dire che lei non aveva esitato un istante ad accettare.

    Come avrebbe potuto lasciarsi sfuggire l'occasione di trasferirsi in una città abbracciata dalle montagne, dove l'aria era fresca e pulita, e che era anche la patria del buon cioccolato?

    Quando aveva spiegato al professore il motivo per cui desiderava lavorare nell'ambito della ricerca cardiaca, lui le aveva rivolto un sorriso benevolo, dandole una pacca sulla spalla. «Cordelia, ognuno di noi ha le proprie ragioni per essere qui. È questo ciò che ci rende speciali.» Le aveva fatto poi l'occhiolino. «È questo ciò che ci rende persone di cuore.» Tra loro si era creata subito una forte affinità ed era ormai da tre anni che lavoravano fianco a fianco, scambiandosi battute di questo tipo.

    Di nuovo, lui perse l'equilibrio mentre riponeva il cellulare. E Cordelia si intenerì vedendolo così in difficoltà.

    Franc doveva avere quasi settant'anni, e il tempo non era stato clemente con lui. Aveva sempre avuto quell'aria un po' consumata, inoltre il camice bianco e i capelli grigi arruffati di certo non lo ringiovanivano.

    «Franc, stai bene? Che cosa posso fare per te?»

    Nessuno sapeva quanti anni avesse esattamente Franc Helier. Nemmeno facendo ricerche su internet si riusciva a trovare questa informazione. Da circa quarant'anni aveva sempre gli stessi capelli grigi e il fisico scarno. Alcuni dei suoi ricercatori più giovani sostenevano che fosse un incrocio tra Albert Einstein e lo scienziato pazzo di Ritorno al Futuro. Per Cordelia, invece, Franc Helier era soprattutto un grande amico.

    Franc appoggiò entrambe le mani sulla scrivania. «Si tratta di Emily.»

    «Tua sorella?»

    Lui annuì, con espressione frastornata. «Mi hanno telefonato dall'ospedale di Marsiglia. Ha perso i sensi mentre era a casa e ora deve essere operata d'urgenza.»

    Senza esitare, Cordelia prese dall'appendiabiti dietro di sé il cappello e il cappotto e glieli passò. «Va' subito da lei.»

    Mentre Franc li infilava con mani tremanti e si dirigeva verso la porta, Cordelia andò alla sua scrivania e aprì il secondo cassetto. Ormai lo conosceva come se fosse stato uno di famiglia. «Ecco, tieni il passaporto. Vuoi che ti prenoti il volo e il taxi? E magari anche l'hotel?» Lesse il nome dell'ospedale scribacchiato sul pezzo di carta. «Ne cercherò uno lì vicino.»

    Lui sbatté le palpebre con fare assente. Era comprensibile che fosse così sconvolto, poiché Emily era tutta la sua famiglia, visto che sua moglie era scomparsa dieci anni prima.

    «Va', Franc. Va' da tua sorella. Qui andrà tutto bene. Ci penserò io» gli assicurò Cordelia.

    «Lo so, Cordelia. Mi fido di te» reagì lui annuendo.

    «Ti manderò via e-mail i dettagli del viaggio. Non ti preoccupare di nulla. Ora devi solo tornare a casa, preparare la valigia e partire.»

    Di nuovo, lui la guardò spaesato.

    «Posso fare qualcos'altro per te, Franc?»

    Come se quella domanda avesse riattivato il suo cervello, Franc rispose con prontezza. «Gli investitori giapponesi arriveranno martedì. Bisogna monitorare i test sui farmaci AZ14 e CF10 e raccogliere i dati entro metà settimana, inoltre devono essere visitati i pazienti.»

    Sorridendo, lei gli prese un braccio. «Mi occuperò di tutto io. Stai tranquillo.»

    Quando la guardò negli occhi, Franc sembrava più calmo.

    Quello era il suo lavoro e lei sapeva di essere brava. La malattia l'aveva obbligata a rinunciare al ruolo tradizionale di medico, poiché i turni estenuanti in corsia avevano peggiorato il suo stato di salute e a un certo punto si era resa conto di non poter curare contemporaneamente i propri sintomi e quelli dei pazienti. Così si era convinta a cercare una valida alternativa, e lì, in effetti, l'aveva trovata. Ora, infatti, era per metà ricercatrice e per metà medico, in un ambiente in cui i ritmi erano meno stressanti rispetto a quelli di un ospedale. Era la soluzione ideale ed era orgogliosa di avere fatto questa scelta, perché si stava dedicando a una ricerca che avrebbe potuto fare la differenza per tante persone – lei compresa.

    Franc gesticolò verso la scrivania, che era tutta in disordine. «Oh, e c'è un nuovo medico in arrivo. Bisogna andare in aeroporto.»

    «Arriva a Ginevra?» domandò Cordelia prendendo il notebook dalla tasca.

    Lui annuì.

    «Come si chiama?»

    «Jeanne Du Bois. Sembra francese ma arriva dagli Stati Uniti. E...»

    «E?» domandò Cordelia.»

    «Si stabilirà a casa mia. Ha deciso di partire all'ultimo momento e non ha trovato una sistemazione.»

    Cordelia deglutì mentre annuiva. «Franc, stai diventando una specie di gattara. Accogli in casa tua chiunque.»

    In effetti anche lei si era trasferita da Franc quando, una settimana prima, il suo appartamento si era allagato in seguito allo scoppio di un tubo al piano di sopra. Franc era fatto così: la sua porta era sempre aperta e spesso ospitava i ricercatori in visita, nella sua grande abitazione nella periferia di Ginevra.

    «Non c'è problema» lo rassicurò. «Anzi, è meglio così, almeno potrò tornare direttamente a casa dall'aeroporto. Ops» si mise una mano sulla bocca, realizzando che cosa aveva appena detto.

    Ma Franc scosse la testa e le strinse amichevolmente la spalla. «La mia casa è la tua casa, Cordelia. Lo sarà sempre. Sinceramente spero che impieghino più di un mese ad aggiustare il tuo soffitto.» Chiuse gli occhi per un istante. «Sai, presto potresti essere la sola famiglia che mi resta.»

    Cordelia avvertì un nodo allo stomaco. A quanto pareva le condizioni di sua sorella erano gravi. D'istinto, abbracciò forte Franc per confortarlo. Era così magro e fragile. «Anche io ti considero uno di famiglia, Franc. Ricordalo sempre. Se hai bisogno, io ci sono.»

    Franc annuì. «Grazie, Cordelia.» Staccandosi da lei, mise il passaporto in tasca.

    «Bene, ora vai a casa a preparare i bagagli, mentre io programmo il viaggio. Quando arriverai in aeroporto sarà già tutto organizzato.»

    Dirigendosi verso la porta, Franc annuì. «Che cosa farei senza di te? Tu sei la mia salvezza.»

    Guardandolo andare verso gli ascensori, Cordelia sentì il cuore sobbalzare nel petto. Subito però si impose di reagire facendo un elenco mentale di tutto ciò che doveva fare: avvertire i colleghi che Franc sarebbe stato via per alcuni giorni. Prenotare il volo, il taxi e l'hotel per lui.

    Trascorse dunque i venti minuti successivi online, poi mandò a Franc una mail con tutti i dettagli del viaggio.

    D'un tratto, nella gran confusione che regnava sulla scrivania di Franc, notò un appunto su un piccolo post-it rosa.

    Ginevra, ore 20.00

    Fissò la scritta per alcuni secondi, poi guardò l'orologio. Ti prego, fai che non sia l'ora di arrivo del nuovo medico.

    Rovistò tra le varie carte sparpagliate lì attorno in cerca di qualche dettaglio in più. Era davvero assurdo. Franc era maniacalmente pignolo e meticoloso nelle sue ricerche, eppure aveva una scrivania che sembrava un campo di battaglia. Scherzando, spesso Cordelia gli faceva notare che quello era il luogo in cui lui lasciava emergere il suo lato oscuro.

    A ogni modo, non riuscì a trovare nulla che le desse altre informazioni riguardo all'arrivo del nuovo medico.

    Prese dunque frettolosamente la borsetta e uscì di corsa dall'ufficio...

    I primi passeggeri oltrepassarono le porte scorrevoli e si sparpagliarono, andando incontro ai propri amici o familiari.

    Cordelia controllò il cartello sui cui aveva scribacchiato il nome: Jeanne Du Bois. Non sapeva nemmeno quanti anni avesse questa dottoressa che proveniva dagli Stati Uniti. La sola cosa che sapeva era che la nuova collega si aspettava di incontrare il famoso Professor Helier, e non una brunetta di trent'anni.

    Osservò per qualche attimo le persone che aveva attorno. Cera una coppia di una certa età che stava salutando due giovani, i figli probabilmente. Una ragazza che abbandonò sul pavimento le valigie per correre incontro a un ragazzo. Un gruppo di turisti, tutti concentrati a consultare le mappe della città, che si dirigeva verso i taxi.

    Infine c'era un giovane, in jeans e maglietta, con gli stivali da cowboy e uno Stetson sulla testa, che si stava guardando attorno.

    Davvero aveva viaggiato con uno Stetson in testa?, si domandò fissandolo divertita. Con quel fisico prestante di certo non aveva bisogno di indossare un cappello da cowboy per farsi notare! Quanto ai jeans attillati...

    Cordelia spostò lo sguardo, tornando a focalizzare l'attenzione sulle porte scorrevoli, in attesa di vedere comparire la dottoressa Jeanne Du Bois. Chissà che aspetto aveva? Di sicuro era esausta, dopo il lungo viaggio.

    Appoggiandosi al tornello, cercò di non pensare a quanto

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