Il castello dei sogni: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Laurie Jenkins, giovane avvocato di successo, dovrebbe essere l'erede legittima del castello di Annick, ma pare non sarà così. Se vuole quel castello dovrà guadagnarselo. Proprio per quel weekend è stato organizzato, per volere testamentario di suo nonno Angus, un gioco di ruolo: Un weekend con delitto. I partecipanti saranno dodici e chi troverà per primo la soluzione, avrà in eredità il castello. Callan McGregor è contento, lo stratagemma di Angus potrebbe aiutarlo a far sì che il castello non vada nelle mani sbagliate, tipo quelle della bella e altezzosa londinese. Lei conosce solo i castelli delle favole, ma quelli veri sono tutta un'altra cosa. Lui sarà ben lieto di dimostrarglielo.
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Anteprima del libro
Il castello dei sogni - Scarlet Wilson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Heir of the Castle
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Scarlet Wilson
Traduzione di Laura Polli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-251-2
1
Scozia, estate
«Vi ringrazio per essere intervenuti alla lettura del testamento di Angus McLean» disse l’avvocato, osservando il piccolo gruppo di persone che aveva di fronte. Alcuni erano abitanti del posto, altri no. Amici, conoscenti o semplici curiosi.
Andiamo avanti, pensò Callan McGregor. Aveva deciso di partecipare alla lettura del testamento solo perché il novantenne defunto era stato come un padre per lui.
Angus McLean era stato un uomo a dir poco originale, ma dotato di un gradevole senso dell’umorismo e molto buon cuore nei confronti del prossimo.
Nel complesso, gli aveva insegnato molte più cose sulla vita Angus che il suo vero padre, si disse Callan.
Di sicuro lui non era venuto lì nella speranza di avere ereditato qualcosa. Per quanto lo riguardava, infatti, avrebbe potuto acquistare quattro volte una proprietà del valore di Annick Castle.
A dire il vero, si era offerto più di una volta di comprarla, ma Angus non era mai stato interessato a vendere. Gli aveva detto che aveva altri progetti per il castello e la vasta tenuta che lo circondava. E adesso Callan era curioso di sapere quali fossero.
L’avvocato prese alcuni fogli da una cartelletta e si guardò intorno.
«Alcuni di voi sono qui presenti perché sono stati espressamente invitati. Altri devono essere ancora contattati. Immagino, tuttavia che tutti voi sappiate che Angus McLean possedeva un ingente patrimonio immobiliare.»
Il legale proseguì elencando alcune donazioni destinate da Angus a enti benefici e allo staff di servizio che lo aveva servito fedelmente per tanti anni. Dopodiché si schiarì la voce e si guardò di nuovo intorno con una certa apprensione, ignorando deliberatamente Callan.
Ah, ah, ci siamo. Il castello. A chi lo avrà lasciato Angus in eredità? si chiese Callan, mantenendo un’espressione indecifrabile.
«Parenti e amici sapevano che Angus era celibe e non aveva eredi. Almeno, questo è quello che tutti credevano» disse l’avvocato.
A quelle parole, Callan non riuscì a reprimere un cenno di sorpresa. Aveva frequentato Angus per anni e non gli aveva mai accennato al fatto che avesse dei figli.
Frank Dalglish, l’avvocato di famiglia, abbozzò un sorriso. «In gioventù Angus Mclean era una testa calda... Prova ne è il fatto che ha avuto sei figli.»
Nello studio ci fu un mormorio di sorpresa e i presenti si scambiarono delle occhiate imbarazzate.
Solo pochi rimasero impassibili, come se fossero già al corrente di quel particolare.
«Sei figli? E da chi lo ha saputo?» intervenne Callan, stupefatto. Una mezza dozzina di estranei avrebbe ereditato la tenuta dei McLean? Doveva esserci sicuramente un equivoco...
«È stato Angus stesso a informarmi» rispose l’avvocato con fermezza.
Ridicolo. Non poteva essere vero, pensò Callan.
L’avvocato si schiarì di nuovo la voce prima di continuare.
«Una lunga e minuziosa indagine ha stabilito che i figli di Angus Mclean hanno avuto a loro volta dei figli. Quindi, fra figli e nipoti, esistono dodici potenziali eredi della tenuta e degli altri beni immobili e finanziari.»
Callan scosse il capo. No, assurdo...
Dodici persone pronte a lottare con le unghie e con i denti per assicurarsi una fetta della ricca eredità di Angus McLean. Di sicuro il castello sarebbe stato messo all’asta, venduto al miglior offerente e il denaro contante spartito fra gli eredi. Sarebbe successo, cioè, esattamente quello che Angus non avrebbe voluto, previde.
«Per precisa disposizione del signor McLean, tutti e dodici i potenziali eredi sono stati invitati a trascorrere il prossimo fine settimana ad Annick Castle» aggiunse l’avvocato. Fece una breve pausa prima di continuare. «Nello stile goliardico che era proprio di Angus McLean, dovranno partecipare a un gioco di ruolo denominato Weekend con Delitto. Il vincitore sarà l’unico erede di Annick Castle... Naturalmente dopo che il test del DNA avrà provato senz’ombra di dubbio il legame di parentela con Angus McLean.» Dopo avere pronunciato quell’ultima frase, guardò Callan. «Era volontà di Angus, infatti, che Annick Castle e la tenuta annessa restassero di proprietà della famiglia e di uno solo dei suoi discendenti.»
Callan annuì, riconoscendo che quello era esattamente ciò che Angus avrebbe detto se fosse stato presente. Peccato solo che lui avesse sempre creduto che Angus non avesse alcun erede diretto. Tuttalpiù qualche cugino di terzo o quarto grado, ma non certo dei figli.
Sei, per la precisione.
A quel punto il mormorio nello studio era diventato un distinto brusio di persone che parlavano e commentavano fra loro.
Alcuni avevano estratto di tasca il cellulare e stavano telefonando.
C’era persino un reporter che stava comunicando la notizia alla redazione di un giornale locale.
Le sorprese del testamento di Angus McLean erano un ghiotto pettegolezzo. Soprattutto perché l’erede di Annick Castle, uno dei pochi castelli scozzesi ancora di proprietà privata, sarebbe risultato eletto fra un rosa di candidati costretti a sottoporsi a una vera e propria prova del fuoco.
Le copie del giornale sarebbero andate letteralmente a ruba, previde Callan.
Improvvisamente sentì il bisogno di una boccata di aria fresca e uscì dallo studio dell’avvocato. Mentre camminava sotto la pioggia lanciò un’occhiata all’imponente edificio che si ergeva a una certa distanza dal centro abitato.
Annick Castle.
Il luogo che negli ultimi vent’anni era stata la sua casa. Cioè dalla notte in cui Angus lo aveva trovato acquattato sotto un cespuglio, nel tentativo disperato di sfuggire a quell’alcolizzato violento che era stato suo padre.
Angus lo aveva accolto, protetto e trattato come un figlio.
Da quel momento Annick Castle era diventato il suo rifugio, il suo porto sicuro. In seguito, con il passare degli anni, quando Angus era diventato sempre più anziano e debole, era stato lui a fornire sostegno e aiuto ad Angus.
Annick Castle era il luogo dove aveva ritrovato serenità, imparato di nuovo a sorridere e a essere un uomo.
E adesso tutto questo sarebbe stato cancellato, azzerato da un perfetto sconosciuto.
Una settimana dopo, Londra
«Avvocato Jenkins?»
«Sono io.»
«Firmi qui, per favore.»
Laurie Jenkins osservò un istante il piccolo display del notes elettronico che aveva davanti e poi si guardò intorno. Alice, la sua segretaria, era svanita nel nulla e il corriere aveva un’espressione impaziente. Così prese la penna ottica che l’uomo le porgeva e firmò.
«Grazie» disse, prendendo il plico che le porgeva. Gli diede un’occhiata e vide che in un angolo della busta era impresso il nome di un altro studio legale. Probabilmente scartoffie relative a qualche suo cliente, dedusse, posando il plico sulla scrivania della sua segretaria. Ci avrebbe pensato Alice ad aprirlo e classificarlo nel loro archivio.
Dopodiché si passò una mano sulla fronte. Ormai sapeva riconoscere i sintomi di un mal di testa in arrivo. Il problema era che erano appena le nove del mattino e avrebbe dovuto lavorare per altre dieci ore.
Sospirò, prendendo un faldone e tornando nel suo ufficio.
Cinque minuti dopo, Alice comparve sulla soglia della stanza.
«Laurie, hai visto chi ha firmato la ricevuta per questo plico?»
Laurie alzò lo sguardo e vide la busta di prima.
«Sì, io» rispose.
«Scusa se non ero presente alla consegna» replicò Alice, con una punta di imbarazzo. «Il problema è che stamattina ho una nausea orribile e sono già stata tre volte in bagno» aggiunse in tono di scusa, posando una mano sul grembo rotondo.
«Non ti preoccupare.»
Alice accennò un sorriso. «Sarà meglio che tu dia un’occhiata al contenuto» disse posando il plico in questione sulla scrivania. «Non è indirizzato allo studio ma a te personalmente.»
Quel particolare incuriosì Laurie. La busta adesso era aperta ma per qualche ragione Alice aveva deciso di sottoporla subito alla sua attenzione. Ricevere corrispondenza o e-mail da altri studi legali o notarili è normale prassi giornaliera, ma non era mai indirizzata a lei personalmente.
Alice la lasciò sola, chiudendosi la porta alle spalle.
Perché l’aveva chiusa? si domandò, incuriosita anche da quel gesto insolito. La sua segretaria aveva già letto il contenuto della busta e, a meno che lei fosse stata a colloquio con qualche cliente, la porta veniva lasciata sempre aperta. Insomma, c’era qualcosa di inquietante in quella faccenda. Per caso qualcuno l’aveva citata in giudizio?
Laurie osservò un istante l’intestazione della busta. Studio Legale Ferguson&Dalglish, Maybole, Scozia.
All’interno, alcuni fogli del tipico formato usato per i documenti legali, che lesse rapidamente.
... come figlia di Peter Jenkins, è stata identificata come possibile erede della tenuta di Angus McLean... e pertanto è invitata ad Annick Castle per partecipare...
Nella pagina seguente c’erano l’indirizzo completo e la cartina per raggiungere il castello da Glasgow.
Laurie rilesse due volte la lettera e poi la posò sulla scrivania. Scosse il capo, incredula, con il cuore che le batteva forte.
... come figlia di Peter Jenkins...
Suo padre era morto più di dieci anni prima e la sua nonna paterna si era sempre ostinatamente rifiutata di discutere della breve e tempestosa unione con l’uomo dal quale aveva avuto un figlio. O di rivelarne il nome. Ma chi era Angus McLean? Il suo nonno paterno? Il padre naturale di suo padre? Quello che Peter non aveva mai conosciuto? Perché era proprio quello che l’avvocato Dalglish, nel classico gergo legale, aveva scritto.
Bel modo di scoprire l’identità della propria famiglia biologica, pensò Laurie, con un certo sgomento. Dunque, Angus Mclean era suo nonno. Perché non aveva mai cercato da vivo di mettersi in contatto con lei? Perché aveva aspettato che lo facesse il suo avvocato nello sbrigare le pratiche testamentarie? Un comportamento a dir poco sconsiderato. Soprattutto nei riguardi di Peter Jenkins, che era morto senza sapere che fosse un discendente dei McLean, uno dei più nobili clan scozzesi.
D’impulso Laurie si voltò verso il computer e digitò in fretta sulla tastiera. Grazie al motore di ricerca, non le fu difficile trovare quello che cercava.
Angus Mclean, deceduto un mese prima, alla veneranda età di novantasette anni. Irriducibilmente scapolo. Senza figli.
Be’, a quanto pareva non era così, pensò Laurie.
Rilesse la lettera, con molta attenzione questa volta. Quanti figli aveva avuto Angus McLean? E perché non aveva riconosciuto nessuno di loro come erede?
Il telefono cominciò a squillare ma Laurie lo ignorò. Chiunque fosse, poteva aspettare, si disse, riprendendo a digitare sulla tastiera.
Aprì la sezione immagini e trattenne il respiro quando comparve una serie di foto di Annick Castle, situato sulla costa sud occidentale della Scozia.
Una magnifica dimora nobiliare, arroccata su uno sperone roccioso. La facciata da una parte dominava una baia atlantica lungo il Firth of Clyde e dall’altra una vasta tenuta di diversi chilometri quadrati con giardino, lago,