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Sentenze mortali
Sentenze mortali
Sentenze mortali
E-book231 pagine2 ore

Sentenze mortali

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Info su questo ebook

15 settembre, Northwest Dallas. Hayden Morrison, un uomo con alle spalle un’accusa di omicidio, viene ucciso con due colpi di pistola mentre sta dormendo nel suo letto.
 
26 gennaio, Southeast Dallas. Dopo una serata fuori, Richard Thompson, figlio di un grosso industriale, viene assassinato nella sua macchina davanti alla villa di famiglia.

3 maggio, Northeast Dallas. Jonathan Walls, ex detenuto, viene raggiunto da due proiettili mentre, ubriaco come sempre, sta tornando alla sua abitazione.

Tutte e tre le vittime hanno un passato turbolento, ma chi può averle uccise?
C’è una correlazione tra gli omicidi, oppure si tratta di semplici regolazioni di conti?

Tra inseguimenti, appostamenti e colpi di scena, Sentenze mortali permette al lettore di esplorare un mondo che, se da un lato è ricco di opportunità, dall’altro è buio, marcio, colmo di odio e violenza.
In fondo, non c’è luce senza ombra. E, a volte, il velo tra ciò che è bene e ciò che è male è talmente sottile che non tutti riescono a non oltrepassarlo.
LinguaItaliano
Data di uscita14 set 2023
ISBN9788868675707
Sentenze mortali

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    Anteprima del libro

    Sentenze mortali - Francesco Torreggiani

    copertina

    Francesco Torreggiani

    Sentenze mortali

    © 2021 - Gilgamesh Edizioni

    Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-570-7

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: Progetto grafico di Francesco Torreggiani.

    © Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 9788868675707

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Personaggi principali

    15 settembre, ore 02:21, Love Field , Northwest Dallas, Texas, U.S.A.

    IL CASO MORRISON

    ​26 gennaio, ore 01:48 Pleasant Grove, Southeast Dallas, Texas, U.S.A.

    IL CASO THOMPSON

    ​3 maggio, ore 02:34 Vickery Meadow, Northeast Dallas, Texas, U.S.A.

    IL CASO WALLS

    Scrivi una recensione al mio romanzo. Grazie mille!

    Un REGALO per te dalla nostra Casa Editrice

    ANUNNAKI

    Narrativa

    168

    Ai miei genitori

    Clorinda e Achille

    e ai miei 25 lettori

    di manzoniana memoria.

    Personaggi principali

    Distretto Northwest

    Detective Alyssa Allen

    Detective Ryan Hebert

    Distretto Southeast

    Sergente investigativo Logan Moore

    Detective Jason De Leon

    Distretto Northeast

    Detective Jeff Maxwell

    Detective Sharon Hartger

    15 settembre, ore 02:21, Love Field , Northwest Dallas, Texas, U.S.A.

    Guanti neri, giacca ben chiusa, passamontagna sul volto e pistola silenziata in pugno. Quella notte di settembre, nel quartiere Love Field di Dallas, un losco individuo si stava addentrando in un giardino privato. Raggiunta la finestra tagliò, in un angolo, il vetro con l’apposito attrezzo a compasso ed entrando di poco col braccio la aprì.

    Attorno a lui regnava il silenzio; a parte la strada ben illuminata, vi era solo l’oscurità.

    La casa era in condizioni tali da non invitare sicuramente al furto. La sua intenzione, però, non era quella di rubare, ma di uccidere. Entrò scavalcando la finestra della cucina, spalancandola, e si diresse verso le scale. Non sapeva dove potesse trovarsi il suo obiettivo ma doveva essere in casa: l’auto era sotto il portico e lui stesso l’aveva visto rientrare circa un paio d’ore prima. Dalle finestre penetravano lievi spiragli di luce; illuminavano a stento l’interno dell’abitazione, ma erano sufficienti a permettergli di muoversi con sicurezza. Con una mano si faceva strada e con l’altra teneva puntata la pistola dritta davanti a sé.

    Nel Texas spesso gli abitanti sono armati. Magari non tutti, ma sicuramente questo lo è pensava mentre, raggiunto il primo piano, cercava la camera da letto. Questo stronzo ha già ammazzato e sicuramente può farlo di nuovo.

    Un respiro pesante che proveniva dal fondo del corridoio gli fece individuare la stanza della vittima designata.

    La porta era spalancata e una sagoma distesa sul letto gli si propose agli occhi appena varcò la soglia.

    La leggera luce dei lampioni esterni filtrava dalla finestra attraverso le persiane fessurate, colpendo direttamente quel corpo e delineandone chiaramente il profilo.

    Accese una piccola torcia a led depotenziata per rischiarargli il viso e, dopo essersi assicurato che l’obiettivo fosse quello giusto, un respiro profondo precedette i due colpi di pistola che uscirono dalla canna con un suono strozzato e metallico.

    In un attimo il silenzio lo avvolse di nuovo.

    Il respiro profondo era cessato.

    Si avvicinò al corpo esanime e, tastando il polso, si assicurò di aver compiuto con rigore la sua missione. Raccolse i due bossoli caduti a terra poco distanti da lui e si avvicinò al comò. Estrasse rapidamente qualche cassetto mettendone in disordine il contenuto, poi fece lo stesso con i mobili delle altre stanze.

    Scese nuovamente al piano terra e cercò di creare più confusione possibile, trovando anche qualche oggetto di valore che si intascò volentieri. Tornando alla finestra manomessa si accorse di aver lasciato impronte sparse in alcuni punti del pavimento: prese l’asciugamano accanto al lavabo e ripulì, strofinando velocemente tutte le tracce che riusciva a individuare.

    Dopo circa quindici minuti dall’intrusione decise d’abbandonare il luogo del delitto.

    IL CASO MORRISON

    15 settembre, ore 07:12

    Dipartimento di polizia del Northwest Dallas

    Una pacca sulla spalla sinistra destò dal sonno il detective Ryan Hebert. In un attimo si fece sentire il dolore alla schiena, dovuto alla posizione innaturale tenuta durante il sonno.

    «Sveglia, grand’uomo! La devi piantare di addormentarti in ufficio!» disse simpaticamente la detective Alyssa Allen sedendosi alla scrivania di fronte a quella del collega. «Dormire in quella posizione, poi, non è sicuramente il massimo!»

    «Pienamente d’accordo,» rispose Ryan sgranchendosi le gambe «ma avevo dei rapporti da finire. Che ore sono?»

    «Le 07:12 e hai ancora una lunga giornata davanti.»

    «Pensavo fosse più tardi… Almeno mi sono tolto dalle scatole tutto il lavoro arretrato e ora sono libero.»

    In quel momento suonò il telefono sulla scrivania di Alyssa. Dopo un paio di squilli, la donna si portò la cornetta all’orecchio destro. Rimase in ascolto per meno di un minuto, poi disse pacatamente: «Arriviamo».

    Riagganciò la cornetta in silenzio, aprì il secondo cassetto della scrivania, ne estrasse la fondina con la pistola di ordinanza e, alzandosi, se la agganciò alla cintura.

    «Il tuo tempo libero, Ryan, è già finito: hanno trovato un cadavere a Love Field. Due unità sono già là.»

    Il detective sbuffò, ma prese anche lui la pistola dal suo cassetto e la assicurò alla cintura. Indossò la giacca grigia appesa all’attaccapanni e, mentre l’ufficio si stava riempiendo di colleghi, i due uscirono l’uno accanto all’altro, come facevano ormai da cinque anni a quella parte.

    Alyssa Allen era una graziosa donna di trentadue anni, media altezza, pelle d’ebano e occhi scuri. Fin da piccola sognava di far parte delle forze dell’ordine. A ventitré anni riuscì senza problemi a diventare agente di polizia a Irving, sua città natale, e solo un anno e mezzo dopo si trasferì a Dallas con il grado di detective conseguito per meriti lavorativi. Aveva corti capelli ricci e vestiva sempre elegante, con giacca e gonna sotto al ginocchio. Il suo carattere variava a seconda della situazione: quando era fuori servizio o con persone a lei simpatiche si lasciava andare a lunghe e piacevoli discussioni, mentre sul lavoro era sempre piuttosto seria.

    Tutt’altro tipo, invece, era Ryan Hebert. Era un uomo di trentasette anni di bell’aspetto, alto un metro e ottantadue, magro e di carnagione chiara, uno di quelli che, appena stanno troppo sotto al sole, si beccano l’ustionata. Era entrato nella polizia di Dallas a venticinque anni e, sebbene all’inizio fosse sempre stato ligio al regolamento, dopo aver passato il concorso da detective, aveva iniziato a fare spesso di testa sua, collezionando un buon numero di richiami, un paio di trasferimenti e tre cambi di collega. Era stato al Center District, al Southeast District e poi lì, dove aveva iniziato, sei anni prima, con Raymond Wilson, spostato successivamente agli uffici interni e ormai in pensione, per passare infine ad Alyssa. Era un tipo sportivo a cui piaceva indossare i tipici stivali texani. Spesso portava una camicia azzurra o blu e alternava giacche grigie o nere abbinate a semplici jeans.

    15 settembre, ore 07:36

    Love Field, Northwest Dallas

    Arrivati sul posto con la loro Chrysler di servizio, trovarono un agente che, una volta riconosciuti, li salutò e li fece passare alzando il nastro giallo che delimitava il perimetro davanti alla casa.

    Alyssa parcheggiò dietro alle due autopattuglie ferme di fronte all’abitazione, tolse il lampeggiante rosso sulla capote e, insieme al suo collega, scese. C’era già il furgone della scientifica dal quale venne giù uno dei loro ragazzi in camice bianco e con la valigetta delle attrezzature, che velocemente entrò nella casa della vittima. Attorno a loro, fuori dall’area delimitata dai nastri, si stavano radunando capannelli di curiosi.

    Alyssa e Ryan si avviarono nel vialetto d’ingresso mentre veniva loro incontro, uscendo dalla porta principale, un collega in divisa. Era il caporale Lewis, ben noto per la sua grande disponibilità nei confronti dei detective del distretto, che li accompagnò verso l’interno.

    «Ciao, Lewis. Brutte notizie?» lo salutò Ryan.

    «Una vittima, maschio. Dai documenti è un certo Hayden Morrison. Stiamo ancora facendo i controlli di routine.»

    «È all’interno la persona che ci ha chiamati?» disse incuriosita Alyssa, non vedendo nessuno dei famigliari che solitamente aspettano in giardino rincuorandosi a vicenda.

    «No, signora. È stata una telefonata anonima. Quando siamo arrivati abbiamo provato a bussare più volte senza ottenere risposta, allora abbiamo fatto il giro della casa cercando di guardare all’interno e, quando siamo arrivati alla finestra della cucina, abbiamo visto che era stata forzata. A quel punto abbiamo fatto irruzione e abbiamo trovato la vittima nel letto al piano superiore.»

    «Si sa la causa della morte?» si informò Ryan.

    «Due colpi d’arma da fuoco: uno alla testa e uno al petto.»

    «L’assassino voleva essere sicuro di averlo ucciso» puntualizzò Alyssa.

    Arrivarono all’ingresso della casa, ma si fermarono sull’uscio; l’interno era presidiato da altri due agenti che salutarono i detective e li informarono che la scientifica stava ancora terminando i rilievi.

    «Salve, Alyssa. Un attimo di pazienza. Dovrebbero avere ormai quasi finito.»

    Alyssa fece un cenno con la testa e si guardò attorno, notando il disordine nell’ambiente.

    Davanti a lei, oltre alla scala che conduceva al piano superiore, si presentava un salottino semplice. Vi era solo lo stretto necessario. Anche se il disordine regnava, era facile immaginare come avrebbe dovuto essere quando tutto era al proprio posto. I muri erano bianchi, ma svariate incrostazioni di muffa lo scurivano negli angoli e alcune lievi increspature dell’intonaco scendevano verso terra, interrotte alla vista da un paio di quadri di gusto discutibile che raffiguravano immagini astratte e inquietanti. Un tavolino rettangolare a due piani, di quelli che si trovano a basso costo nei supermercati, era ribaltato sul tappeto che copriva buona parte del pavimento. Un divano di un azzurro smunto poggiava lo schienale contro il muro davanti a lei. Sul lato sinistro c’era una poltrona bordeaux che lasciava intravedere qualche bruciatura di sigaretta e nell’angolo della stanza opposto a lei si trovava un tavolino quadrato in legno con sopra una lampada di media grandezza, un telefono e un oggetto che sembrava una segreteria telefonica di vecchia generazione. Di fronte al divano c’era un mobile, sempre di poco valore, con appoggiato un televisore da trentadue pollici a schermo piatto che in quel momento si trovava pericolosamente vicino al bordo: probabilmente si era spostato per le vibrazioni create dall’intruso che frugava nei cassetti sottostanti, che ora giacevano aperti e svuotati sul pavimento. Accanto al televisore era evidente il segno di un oggetto mancante che, forse, si trovava per terra.

    «Furto?» domandò Ryan precedendola.

    Lewis fece una smorfia. «Così pare. Tutta la casa è sottosopra. Probabilmente il ladro non si aspettava di trovare qualcuno e, una volta arrivato al piano di sopra, è stato sorpreso dal proprietario ed è finita male.»

    «Sonno pesante!» puntualizzò Alyssa.

    «In che senso, scusi?» chiese Lewis perplesso.

    «Be’, se uno mi entrasse in casa e si mettesse a ribaltare tutto, penso mi sveglierei prima che possa raggiungere la mia stanza!»

    «A meno che non abbia preso dei sonniferi o cose del genere» la corresse Ryan.

    «Sì, giusto. L’autopsia ci confermerà queste ipotesi» rispose la donna sospirando.

    I due scienziati, come li chiamavano in gergo i colleghi della territoriale, scesero dal piano superiore abbassandosi le mascherine di protezione dal volto e si fermarono davanti ai detective.

    «La scena è tutta vostra!»

    «Fatto tutto?» chiese ironicamente Ryan.

    «Abbiamo trovato svariate impronte digitali ma sembrano tutte uguali, probabilmente sono quelle del proprietario. In cucina però c’è una cosa interessante, è delimitata dal cartello B: una bella impronta di uno scarpone. Penso che potrebbe esservi molto utile.»

    «Ottimo!» esclamò Ryan.

    «Comunque vi farò avere tutte le foto e i dettagli al più presto» disse il giovane ragazzo congedandosi.

    In quel momento si affacciarono all’ingresso due signori: erano gli addetti dell’obitorio.

    Alyssa li riconobbe e si avvicinò a loro.

    «Lasciateci un po’ di tempo, non abbiamo ancora fatto un sopralluogo sulla scena per via della scientifica.»

    I due annuirono spostandosi in giardino.

    I detective, accompagnati da Lewis, salirono le scale e, attraversato velocemente il corridoio, raggiunsero la camera da letto dove giaceva la vittima. La stanza era stata messa a soqquadro. I cassetti del comò erano aperti e molti indumenti si trovavano sparsi sul pavimento. Le lenzuola sul letto erano sporche di sangue e la vittima era in posizione supina. Aveva addosso solo una canottiera bianca e dei boxer neri. Un fioco chiarore entrava dalla finestra con ancora le persiane leggermente aperte; la luce principale proveniva dal lampadario collocato al centro del soffitto.

    «Penso che il ladro fosse in questa posizione» spiegò il caporale andando verso il mobile di fronte al letto. «Mentre il nostro uomo stava frugando qui dentro, la vittima si è svegliata e il ladro, spaventato, ha sparato.»

    «Due colpi?» chiese perplessa la giovane donna. «Se io venissi scoperta, tenterei semplicemente la fuga o al massimo sparerei un colpo scappando verso l’uscita. Non credo che mi soffermerei a spararne un altro.»

    «Ognuno di noi reagisce in modo diverso» intervenne Ryan. «La cosa che mi lascia dubbioso è che di solito i topi d’appartamento non vanno a svaligiare le case armati di pistola… Soprattutto se sono convinti di non trovarvi nessuno.»

    «Stai pensando a un omicidio volontario?» chiese tra i denti la collega.

    «Be’, potrebbe anche essere» intervenne Lewis indicando il pavimento e, più precisamente, un paio di boxer dai quali usciva di poco un mazzo di banconote arrotolate su se stesse. «Se è venuto a svaligiare, si è dimenticato dei pezzi importanti» precisò sorridendo. «Per di più non vedo i bossoli dei proiettili.»

    «Potrebbe non essersi accorto di quei soldi per l’imprevisto che ha avuto» rispose Alyssa. «E per i bossoli potrebbe aver usato un revolver.»

    Il collega le fece un cenno d’approvazione, poi tornò a guardarsi attorno prima di unirsi ai due che avevano cominciato a ripercorrere il corridoio dando occhiate veloci in tutte le stanze.

    Arrivati in fondo alle scale, Ryan si diresse verso la cucina e, stando sulla soglia della porta, vide il cartello segnalato dalla scientifica.

    Dietro di lui si affacciarono Alyssa e Lewis incuriositi.

    «Ecco l’impronta.»

    La donna lo superò e si avvicinò a quella B guardando l’orma più nel dettaglio.

    «Qui attorno è stato pulito, vedete?» disse indicando il perimetro creato da un alone con delle striature.

    «Vero, brava!» commentò Ryan avvicinandosi a quel punto.

    «Forse si è accorto di aver lasciato tracce e ha cercato di pulirle» ipotizzò Lewis.

    «Scusate, detective» li interruppe la voce di uno degli agenti rimasti nel salotto. «Potreste venire un attimo?»

    I tre raggiunsero incuriositi il poliziotto davanti al telefono posto sul tavolino tra il divano e la poltrona. Sulla segreteria telefonica c’era il numero 1.

    «C’è un messaggio!» esclamò Lewis.

    Ryan premette il tasto play e subito una voce robotica iniziò a parlare: « 15 settembre, ore 07:01». Poi un bip e una voce maschile: « Oh, che fine hai fatto? Rispondi a quel cavolo di cellulare! Ti vuoi svegliare, razza di sfaticato? Muovi il culo!».

    Uno scatto fermò la registrazione e i tre si

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