Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo
Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo
Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo
E-book349 pagine4 ore

Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

A cura di Gabriel-Aldo Bertozzi

Edizione integrale

Quando Gilbert viene catturato dalla polizia, affida al complice Lupin un tappo di bottiglia di cristallo. Sa che lo aspetta la condanna alla ghigliottina, perciò prega l’amico di custodirlo con grande cura, ma senza spiegargliene il motivo. Arsène Lupin dovrà cercare di scoprire il mistero legato a quel tappo di cristallo, indagando sulla vita privata di Daubrecq, un uomo politico senza scrupoli. Da mago dei travestimenti, si infiltrerà in casa sua nelle vesti di vecchio maggiordomo...
Maurice Leblanc
nacque in Normandia, a Rouen, l’11 novembre 1864, secondogenito di un italiano, naturalizzato francese. Trasferitosi a Parigi, frequentò l’intellighenzia del tempo, ma gli autori cui egli teneva di più furono Flaubert, di Rouen come lui, e Maupassant, che ritenne suo maestro e dal quale fu sostenuto. Nel 1905, spinto dall’amico editore Pierre Lafitte, pubblicò senza alcuna convinzione il racconto L’arresto di Arsène Lupin. Il successo immediato lo portò a continuare le avventure dello straordinario ladro gentiluomo, divenuto celeberrimo, con una incessante, felicissima produzione che durò fino al 1941, anno della sua morte. La sua casa nella località di Étretat è oggi divenuta il museo Le Clos Arsène Lupin. La Newton Compton ha pubblicato Le avventure di Arsenio Lupin, ladro gentiluomo; Il tappo di cristallo; Il triangolo d’oro e L’isola delle trenta bare.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2021
ISBN9788822755032
Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo
Autore

Maurice Leblanc

Maurice Leblanc (1864-1941) was a French novelist and short story writer. Born and raised in Rouen, Normandy, Leblanc attended law school before dropping out to pursue a writing career in Paris. There, he made a name for himself as a leading author of crime fiction, publishing critically acclaimed stories and novels with moderate commercial success. On July 15th, 1905, Leblanc published a story in Je sais tout, a popular French magazine, featuring Arsène Lupin, gentleman thief. The character, inspired by Sir Arthur Conan Doyle’s Sherlock Holmes stories, brought Leblanc both fame and fortune, featuring in 21 novels and short story collections and defining his career as one of the bestselling authors of the twentieth century. Appointed to the Légion d'Honneur, France’s highest order of merit, Leblanc and his works remain cultural touchstones for generations of devoted readers. His stories have inspired numerous adaptations, including Lupin, a smash-hit 2021 television series.

Correlato a Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Gialli per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le avventure di Arsenio Lupin. Il tappo di cristallo - Maurice Leblanc

    EC595.cover.jpgec.png

    595

    Titolo originale: Le bouchon de cristal

    Traduzione di Giovanni Tallarico

    Prima edizione ebook: gennaio 2021

    © 2021 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-5503-2

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Corpotre, Roma

    Maurice Leblanc

    Le avventure di Arsenio Lupin.

    Il tappo di cristallo

    A cura di Gabriel-Aldo Bertozzi

    Edizione integrale

    marchio.tif

    Newton Compton editori

    Indice

    Arsène Lupin o il mito del ladro con monocolo e marsina

    Nota biografica

    Bibliografia

    Il tappo di cristallo

    L’arresto

    Nove meno otto uguale a uno

    La vita privata di Alexis Daubrecq

    Il capo dei nemici

    I ventisette

    La pena di morte

    Il profilo di Napoleone

    La torre dei due amanti

    Nelle tenebre

    Extra dry?

    La croce di Lorraine

    Il patibolo

    L’ultima battaglia

    6.tif

    La casa di Maurice Leblanc a Étretat, in Normandia, oggi divenuta il museo Le Clos Arsène Lupin (© Gabriel-Aldo Bertozzi, 2012).

    Arsène Lupin o il mito del ladro con monocolo e marsina

    Ladro gentiluomo è la definizione di Arsène Lupin, dell’affascinante e irraggiungibile Lupin, amato dalle donne, ammirato dagli uomini, idolatrato dai giovani. Il binomio, coniato dallo stesso autore, Maurice Leblanc, nel titolo del volume Arsène Lupin, ladro gentiluomo¹, sarà in seguito accolto e ripetuto da tutti.

    Se per il gentiluomo non può esservi che il più ampio tributo di consensi, come mai anche il ladro suscita entusiasmi? Sono sentimenti malsani? Agiscono contro la morale? Il successo sarebbe comunque così grande? Come si risolve questa dicotomia tra bene e male?

    Dapprima occorre quindi precisare quale sorta di ladro sia Arsène Lupin. Chiamato pure il Robin Hood della Belle Époque, la comparazione è legittima, ma non esaustiva: Lupin non ha armi se non la propria intelligenza, perspicacia, intuizione. Più astuto di Ulisse, le sue mani non si macchiano mai di sangue e perfino i difensori, i rappresentanti della giustizia, che pur vagheggiano la sua cattura, sono fermamente convinti che un delitto non potrebbe mai essere opera di Lupin.

    Già questo suscita il favore del pubblico, ma resta appunto la componente del furto, se di ladro si tratta. In realtà, è un singolare outlaw che giunge a impossessarsi di ingenti somme di danaro o di oggetti preziosi, togliendoli ai ricchi, o meglio ai mal arricchiti, dopo aver compiuto un atto di giustizia verso le vittime di turno, pure queste ampiamente risarcite. Sarebbe dunque un fuorilegge filantropico!

    Nelle sue innumerevoli interpretazioni e travestimenti² si presenta spesso, tra l’altro, nel ruolo del detective, conducendo il lettore nell’ambito della legalità per poi regalargli, ovviamente, un finale a sorpresa.

    Per esemplificare, ricordo il volume L’Agenzia Barnett & C., insieme di otto capitoli che costituiscono otto racconti. Qui, Lupin/Barnett ricopre appunto il ruolo di un detective privato cui il commissario Béchoux ricorre per risolvere casi difficili. La sede dell’agenzia è indicata dalla seguente iscrizione:

    agenzia barnett & c.

    Aperta dalle due alle tre.

    Informazioni gratuite.

    E gratuiti rimanevano, parola di Lupin, i casi risolti, ma alla fine lui trovava il modo di autoricompensarsi.

    Per usare le stesse parole di Leblanc: «perché si paga da solo per i servizi che offre ai clienti»³ (nel caso, si parlerebbe dunque di un’autofilantropia del tutto speciale!).

    Sempre con danaro od oggetti preziosi? No, a volte gli bastava che l’avventura gli portasse tra le braccia una bella donna. Come quando si ripagò partendo per un dolce viaggio con l’ex-moglie di Béchoux, dopo aver posto sull’ingresso dell’agenzia il cartello:

    Chiuso a causa di flirt. Riapertura dopo la luna di miele.

    Questa avventura, narrata in L’Agenzia Barnett & C., viene ricordata pure in Lo smeraldo a cabochon:

    Ecco, questo mi ricorda quello che mi hanno raccontato, e cioè che una volta, non avendo raccolto niente, rubò la moglie al suo debitore e fece una crociera con lei. Che piacevole modo di ricompensarsi, Olga, e che corrisponde bene al profilo e al carattere dell’uomo che ci hai mostrato!

    Qualcosa di analogo avviene nell’intricatissimo giallo Victor, della Brigade mondaine su cui non posso soffermarmi per non svelare al lettore l’epilogo dell’avventura.

    Ma i travestimenti, i ruoli sono talmente tanti nel ciclo Lupin, creato da Leblanc in trentasei anni di attività intensa, che un’immagine del personaggio non può essere che approssimativa, tuttavia credo che gli esempi forniti siano sufficienti per indicare quale sia l’etica Lupin.

    A latere resta l’attrazione per quelle forme che Apollinaire chiamava malsane e che si riscontrano in Baudelaire o meglio quelle che in letteratura francese sono note soprattutto attraverso il trio maledetto Baudelaire/Verlaine/Rimbaud. Non hanno in sostanza a che fare con Lupin, ma sono comunque insidiose.

    La letteratura e il male non è certo quella che in modo dilettantesco e con esempi poco significativi e soprattutto limitati ci presentò Georges Bataille. Coglie invece nel segno Walter Benjamin quando afferma che l’uomo è più libero nel male, portando gli esempi letterari di Dostoevskij e Lautréamont, cui fa seguire le teorie del Surrealismo. Perché il maggior ingegno l’uomo lo riserva, a torto, per le azioni condannabili e non per le opere morali ed edificanti.

    Comunque sia, vi sono azioni legate alla natura umana che una civiltà può contribuire a ridurre anche enormemente, ma mai a estirpare del tutto. Fra queste il furto. Nonostante siano colpe, e come tali condannabili, per talune, condotte ad arte, resta e sempre resterà il fascino esercitato dai loro autori, tratti da una realtà quasi sempre romanzata o dalla letteratura, fin dai tempi più remoti, perfino nelle religioni che precedono il mito: Ermes, per esempio, era un truffatore e un ladro. E, come sopra ho accennato, Ulisse non fu forse, come Lupin, psicologo e ladro senza esserlo, quando riuscì a rubare con l’inganno le armi di Achille che spettavano ad Aiace? E se giungiamo a tempi più recenti e sostituiamo cortese con gentiluomo non troviamo forse il romagnolo Passator Cortese, cantato perfino dal Pascoli?

    Le esemplificazioni potrebbero procedere, ma è sufficiente ricordare che il cinema propone ogni giorno tali personaggi destinati a tener desta l’attenzione dello spettatore. In più – il rincaro è alto – Lupin, come abbiamo visto, ricopre spesso il ruolo del detective invadendo, secondo il suo stile, l’area dei polars, dai classici Sherlock Holmes, Hercule Poirot ai recenti miti nazionali e soprattutto d’importazione. E se Indiana Jones giunge a rubare per impossessarsi di documenti che lo condurranno a trovare un tesoro, così pure Lupin è capace di simili avventure.

    Ma per tutti questi personaggi, associabili e nello stesso tempo ben distinguibili per i loro tratti personali, per le notevoli capacità creative degli autori, occorre una copertura etica oserei dire perfino ideologica, che tranquillizzi le buone coscienze.

    Lo stesso Leblanc cercò di spiegare la creazione di Lupin:

    Ho dovuto fare d’Arsène Lupin un doppio protagonista, un uomo che sia al tempo stesso un bandito e un ragazzo simpatico (perché non si può avere come protagonista di un romanzo qualcuno che non sia simpatico). Bisognava dunque aggiungere alla mia narrazione un elemento umano per far accettare i suoi furti come cose facilmente perdonabili, addirittura naturali. Innanzitutto, lui ruba molto più per il piacere che per l’avidità. Poi, non spoglia mai le persone simpatiche. Si mostra perfino talvolta molto generoso.

    Alla fine, le sue prodezze disoneste sono spesso spiegate in parte da impulsi sentimentali che gli danno l’occasione di far prova di bravura, di devozione e di spirito cavalleresco.

    Il ladro, il truffatore dunque non deve compiere le sue avventurose imprese per bassi fini, per tornaconti meschini, anzi, talvolta, ribaltando l’azione truffaldina in atto di generosità, toglie ai cattivi ed elargisce ai buoni, che sarebbero i bisognosi o, più spesso, coloro che hanno subito un grave torto.

    Insomma, Lupin ristabilisce un equilibrio. La maggior parte delle volte inoltre, l’enjeu, lo scopo, non è il danaro, l’oro, i gioielli, ma il successo dell’impresa. Questo è da considerarsi il vero tesoro da raggiungere al termine dell’avventura. E agisce pure come una sorta di catarsi che monda dall’illecito.

    Insomma, ci deve essere una morale, un’eleganza, una geniale disinvoltura. E l’eleganza non manca a Lupin! Eccolo, sembrerebbe la figura smagliante di luce nera del conte di Lautréamont, se questi non fosse cruento e non turbasse gli animi buoni.

    Così lo presenta il suo storiografo fin dall’inizio:

    Il suo ritratto? Come potrei farlo? Venti volte ho visto Arsène Lupin, e venti volte è apparsa davanti a me una persona diversa o, piuttosto, la stessa persona di cui venti specchi mi avrebbero rinviato altrettante immagini deformate […].

    «Io stesso», mi disse, «non so più bene chi io sia. In uno specchio non mi riconosco più». […]

    E precisa, con una punta d’orgoglio:

    «Tanto meglio se non si può mai dire in tutta certezza: Ecco Arsène Lupin. L’essenziale è che si dica senza timore di sbagliare: Arsène Lupin ha fatto questo».

    Affidiamolo allora a uno stilista mondano e presentiamolo innanzitutto come un grande dandy della Belle Époque, di volta in volta ladro e inquisitore, giovane, bello, adorato dalle donne quasi quanto il contemporaneo Rodolfo Valentino, audace, ottimista, impertinente, beffardo, carismatico, geniale, calcolatore. Per fare un esempio, ricordo che in Lo smeraldo a cabochon non solo fa in modo che una seducente principessa ritrovi il proprio preziosissimo anello di smeraldo, che credeva di aver perso, ma, sensibile al fascino femminile, le fa pure recapitare uno stupendo cesto di fiori.

    Aggiungerò ora altre chiavi di accesso per entrare nell’universo lupiniano. La Normandia innanzitutto, poi il tempo che è principalmente quello della Belle Époque, ma, senza soluzione di continuità, anche degli Anni Folli, quindi la psicologia, l’intuizione, il calcolo geniale. Inoltre, con la difficoltà di procedere con ordine d’importanza, la raffinatezza, la distinzione, la disinvoltura, l’eleganza di modi e d’aspetto; il trasformismo. Un insieme governato dalla tecnica narrativa di Leblanc con risultati di valore letterario.

    La Normandia è la regione natale di Leblanc e di questa terra sono i miti letterari di cui si nutre: Flaubert, di Rouen come lui, Maupassant, che ritenne suo maestro e dal quale fu sostenuto. La sorella Georgette scriverà infatti: «Frequentava i grandi uomini della capitale. Maupassant lo proteggeva». Fu in quelle alte terre bagnate da fiumi e oceano che cominciò a scrivere, fu a Étretat che, raggiunto il successo, acquistò la bella casa dove soggiornò alternativamente con Parigi, oggi divenuta museo Maurice Leblanc, col nome di Le Clos Lupin. È in questo Pays de Caux che si svolgono molte delle avventure del celebre ladro.

    Étretat merita una nota del tutto particolare. Innanzitutto occorre dire che è una delle località più suggestive e piacevoli di Francia. Anche Maupassant vi soggiornò e Le Clos Lupin si trova proprio al numero 15 di rue Guy de Maupassant. Oggi è indicata pure come l’ultima località a nord della Route des maisons d’écrivains (Strada delle case degli scrittori) che partendo dall’Île-de-France, quasi costeggiando la Senna, giunge appunto nella Seine-Maritime, dipartimento della Haute-Normandie, e precisamente nel Pays de Caux. Per ricordare alcuni nomi di illustri abitanti delle dimore vicino a Rouen, ricordo, oltre Leblanc, Flaubert e Maupassant, anche Hugo, Corneille e Michelet.

    Se si visita il sito www.arsene-lupin.com, si può leggere nel benvenuto della nipote Florence Boespflug-Leblanc: «Mio nonno ha abitato questa casa per circa 20 anni. È qui che ha scritto la maggior parte delle opere su Arsène Lupin». Poi prosegue:

    Questa dimora ha avuto un posto essenziale nell’opera di mio nonno, nella sua vita e in quella della nostra famiglia. Maurice Leblanc l’ha comprata nel 1918 e l’ha immediatamente ribattezzata Clos Lupin [Recinto Lupin]. Ha scritto la sua opera ispirandosi ai recessi della casa, ai suoi innumerevoli locali e porte nascoste per dipingere le avventure e le peripezie del suo protagonista. D’altronde, non si sa se sia stato Maurice Leblanc o Arsène Lupin a vivere di più in questa casa, entrambi sicuramente!

    A Étretat troviamo pure la famosa Aiguille, un bianco faraglione a punta che esce dalle acque marine. Definita «punto nodale del mito di Arsène Lupin», si trova proprio accanto alla Falaise d’Arval, un arco sul mare, sporgenza estrema della costa con alte pareti rocciose, luogo d’eccezione che ritroviamo in opere pittoriche di Delacroix, di Courbet, e in pagine di Flaubert e Maupassant. Ma è con Leblanc che l’elemento paesaggistico si volge al mito per averlo inserito in uno dei suoi più celebri e riusciti romanzi, Il faraglione cavo.

    A Étretat, lungo la costa, vi sono altre falesie incavate, ad arco sul mare, quali la Falaise d’Amont e la Monneporte che offrono una vista del paesaggio del tutto singolare, ma l’unico scoglio che invece non si offre creux alla vista, cioè forato o vuoto, cavo all’interno, come ha voluto Leblanc è proprio l’Aiguille. Lupin avrebbe nascosto lì immense ricchezze, tesori dei potenti della storia, da Cesare a Carlo Magno, fino a Luigi xiv.

    Così viene descritto in Il faraglione cavo:

    […] quasi all’altezza della falesia, in pieno mare, si ergeva una roccia enorme, alta più di ottanta metri, obelisco colossale, saldo sulla sua larga base granitica, che si scorgeva a fior d’acqua per assottigliarsi poi fino alla cima, come il dente gigantesco di un mostro marino. Bianco come la falesia, di un bianco-grigio e sporco, lo spaventoso monolito era striato da linee orizzontali di selce, dove si scorgeva il lungo lavoro dei secoli per l’accumulo degli strati, gli uni sugli altri, di calcare e di pietra.¹⁰

    Del Pays de Caux, regione della Normandia nella Senna Marittima, Raoul d’Avegnac, alias Arsène Lupin, ne parla in questo modo: «L’estuario della Senna, le pays de Caux! Tutta la mia vita è là», indice di una forte componente autobiografica di Leblanc. Altri luoghi della Normandia vanno ricordati, segnatamente la badia di Jumièges dove il giovane Maurice andava frequentemente a trovare gli zii materni, Charles ed Ernestine Brohy. Dalla loro casa di mattoni rossi, poteva contemplare l’ansa della Senna e le rovine della badia che si trova proprio di fronte, dall’altro lato della strada. Questo luogo è al centro del mistero de La contessa di Cagliostro¹¹. In una grande lapide infatti, posta sulla facciata che volge alla badia, si legge:

    maurice leblanc

    1864-1941

    abitò questa casa durante i suoi

    soggiorni a Jumièges che gli ispirarono

    la comtesse de cagliostro

    «Tutta la bellezza della natura che si

    confonde con le rovine, e del passato che

    si allaccia al presente, mi fu rivelata.»

    Associazione degli amici d’Arsène Lupin

    Quest’ultima frase virgolettata («Tutta la bellezza […]») è tratta da uno scritto di Leblanc pubblicato in «Les Artistes Normands»¹² che così continuava:

    Ognuno di noi ha nella vita un certo numero di visioni che comandano tutte le nostre emozioni estetiche. Da parte mia non ho, nella mia più profonda sensibilità, un’immagine più splendida e imperiosa di quella delle rovine di Jumièges.

    Ricordo inoltre il castello di Tancarville, pure questo lungo la Senna ormai vicina al suo vasto estuario sulla Manica, luogo di convegno di Lupin e della sua banda.

    E aggiungo infine Saint-Wandrille, nel Pays de Caux, dove Leblanc passò diverse estati con la sorella Georgette e Maurice Maeterlink, ricordato con Jumièges in apertura del racconto Arsène Lupin in prigione e tre volte in La contessa di Cagliostro. Immersa nel verde è questa una piccolissima località, nobilitata da una notevole abbazia benedettina e, oggi, vicina al grande Pont de Normandie che attraversa la Senna.

    Se questi luoghi furono sempre nel suo cuore e li ricordò nei suoi scritti, va precisato che ebbe pure un rapporto stretto con Parigi dove, fin da giovanissimo, volle andare per frequentare gli ambienti letterari della capitale. Una targa commemorativa posta in uno stabile del 16° arrondissement ricorda: «Qui visse durante quindici anni alla fine del xix secolo Maurice Leblanc, Storiografo di Arsène Lupin, Ladro Gentiluomo». Da sempre poi vi lavorò a contatto con scrittori, editori, giornali, riviste. D’altronde Lupin, come abbiamo già accennato, è una creatura della Parigi della Belle Époque.

    Alla ribalta di quel periodo occorre mettere la ricerca del lusso, della vita mondana. Anche gli splendori del Titanic, interrotti tragicamente dall’affondamento, oggi illustrati ed esaltati da cinema e riviste, erano di quegli anni (1912). Nel retroscena, grandi miserie le cui ombre sparivano alla luce della buona società immersa nel consumo, nell’euforia e nella frivolezza.

    In quel periodo, che va dalla fine dell’Ottocento alla Grande Guerra, tra futilità, champagne, salotti, boudoirs, esotismo, passeggiate a piedi o in carrozza, che diventavano sfilate di moda, si svolsero a Parigi eventi di enorme rilevanza, non solo nel mondo della letteratura e dell’arte, ma pure della scienza. Si assistette alla nascita e all’evolversi dei grandi movimenti o delle grandi correnti che annunziarono e caratterizzarono il Novecento: dagli epigoni naturalisti e simbolisti all’Impressionismo, Art Nouveau, Astrattismo, Cubismo, Futurismo. Sembrava che tutti i protagonisti del secolo vi si fossero dati appuntamento: Maurice Maeterlinck, Amedeo Modigliani, Ardengo Soffici, Pablo Picasso, Filippo Tommaso Marinetti, Guillaume Apollinaire, Blaise Cendrars, Max Jacob e tanti altri ancora occorrerebbe aggiungere per completare un elenco prestigioso. Per la tecnologia basterebbe ricordare la radio, l’automobile, l’aeroplano, il cinema, la radioattività.

    Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con l’Esposizione Universale, un’incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti. E all’inizio del Novecento appare pure, con successo, Arsène Lupin di Leblanc. Il ladro gentiluomo approfitta pienamente dei progressi tecnologici del proprio tempo. Scopre le gioie della velocità, del telegrafo, del disco. È l’immagine romanzata del francese di quel periodo esuberante e inventivo.

    Chi avrebbe potuto immaginare allora l’immensa tragedia della Grande Guerra? Leblanc così adeguò discretamente il suo eroe alla nuova situazione. Lupin diventa allora un patriota esaltato e si arruola nell’aviazione. Pubblica dodici Racconti eroici¹³ in «Le Journal» e il romanzo patriottico La scheggia d’obice, mentre nello stesso anno (1915) in Il triangolo d’oro evoca sì la Parigi del 1915, ma solo nell’ultima parte del libro.

    Nel romanzo La scheggia d’obice aveva offerto una pagina davvero forte e ispirata dall’orgoglio di essere francese e dal profondo disprezzo per il nemico:

    Paul, mi diceva [mio padre], non ho dubbi che un giorno o l’altro ti troverai di fronte allo stesso nemico che io ho combattuto. Fin da ora, e malgrado tutte le belle frasi rassicuranti che potrai sentire, detestalo con tutto il tuo odio, questo nemico. Qualsiasi cosa si dica, è un barbaro, un bruto orgoglioso, un sanguigno predatore. Ci ha vinti una prima volta, non smetterà finché non ci avrà sconfitti ancora e definitivamente. Quel giorno, Paul, ricordati ognuna delle tappe che stiamo percorrendo insieme. Quelle che seguirai saranno tappe di vittoria, ne sono certo. Ma di queste non dimenticare per un solo istante i nomi, Paul, e che la tua gioia di trionfatore non cancelli mai quei nomi di dolore e umiliazione che sono: Frœschwiller, Mars-la-Tour, Saint-Privat e tanti altri! Non dimenticarlo mai, Paul…¹⁴

    Questi ultimi nomi sono, per la storia, celebri località di confine tra Francia e Germania. E si pensi che Leblanc assisterà pure al conflitto franco-tedesco della seconda guerra mondiale.

    Nel dopoguerra, negli Anni Folli, i cui protagonisti delle lettere e delle arti non furono certo da meno, specie con l’avvento del Surrealismo, il personaggio Lupin ritorna sostanzialmente a essere il ladro disinvolto e l’avventuriero mondano conosciuto nella Parigi della Belle Époque.

    Se il successo immediato del personaggio Lupin si deve all’inventiva, alla penna di Leblanc, questi tuttavia deve molto all’editore Pierre Lafitte, suo amico, il quale capì bene cosa volesse leggere il gran pubblico. Leblanc, al contrario, senza Lafitte avrebbe inseguito le sue chimere letterarie di tutt’altra impostazione. Scrisse:

    Mi ero allora rinchiuso in un ambito di romanzi di costume e di avventure sentimentali che mi avevano procurato qualche successo, e collaboravo in modo costante al «Gil Blas».

    Un giorno, Pierre Lafitte, col quale ero molto legato, mi domandò un racconto di avventure per il primo numero di «Je sais tout» che stava per lanciare. Non avevo ancora scritto niente del genere, e mi preoccupava molto provarci.¹⁵

    Questa sua reticenza pare fosse proprio convinta, infatti nonostante il primo inatteso successo di Lupin, dirà:

    Tuttavia, quando Lafitte mi domandò di continuare, rifiutai: in quel momento, i romanzi di mistero e polizieschi erano molto mal classificati in Francia.¹⁶

    Valutazione veramente errata, Leblanc in teoria non aveva colto il colore del tempo. Si pensi, per esempio, che poco dopo (1907) Gaston Leroux diede vita con successo a un altro eroe della stessa vena, Joseph Josephin, soprannominato Rouletabille¹⁷ a causa della forma piccola e rotonda della sua testa (se, in francese, dividiamo il soprannome Rouletabille, otteniamo: roule ta bille, alla lettera in italiano rotola la tua biglia) e nel 1910 proprio Lafitte pubblica dello stesso autore Il Fantasma dell’Opera¹⁸ confermando il consenso di un gran pubblico di lettori. Non solo, ma nel 1909, Pierre Souvestre e Marcel Allain, per mettersi in concorrenza con Lupin, creano, con grande trionfo, Fantômas, il bandito mascherato.

    Anche gli intellettuali, gli scrittori, i poeti, i protagonisti dell’avanguardia soprattutto contribuirono all’affermazione di Rouletabille e di Fantômas. Rouletabille ispirerà i surrealisti, Fantômas raggiungerà i vertici della gloria: Blaise Cendrars scrisse sulla rivista d’Apollinaire, «Les Soirée de Paris» («Le Serate di Parigi»): «Fantômas è l’Eneide dei tempi moderni» e Apollinaire, Max Jacob, Jean Cocteau e Robert Desnos seguito dai compagni surrealisti, si unirono al coro plaudente. Gloria che Umberto Eco sembra sottovalutare in termini reazionari, facendo di Fantômas solo un «assassino impunito, sadico e spietato»¹⁹.

    Oggi si assiste però a un’inversione di gusto. Anche le punte più avanzate dell’avanguardia, e non solo loro, si rivolgono a Lupin e non a Fantômas²⁰, ciò che permetterebbe di dire: «Lupin è l’Odissea del mondo contemporaneo!».

    Così, Arsène giunge a creare l’effetto dell’ossimoro nell’unire da una parte lo spirito d’avanguardia, dall’altra il gusto del retro. Ma l’avanguardia è capace di simili exploits; si pensi a Picabia in area dadaista e a Dalí in quella surrealista.

    Nel 1905, dunque, Lafitte pubblicò, sul suo periodico mensile «Je sais tout» («So tutto»), la prima avventura del ladro gentiluomo. Era un editore giovane, emergente, brillante, appassionato di bicicletta come Leblanc²¹. Colpito dal successo del celebre detective inglese, Sherlock Holmes, chiese all’amico scrittore di creare un personaggio francese da contrapporgli. Con il racconto L’arresto d’Arsène Lupin²² iniziò così il ciclo. L’entusiasmo del pubblico confermò la validità della scelta e Lafitte riuscì a convincere l’amico a proseguire, ma con qualche difficoltà, come s’è visto, poiché Leblanc avrebbe piuttosto voluto seguire gli esempi e la carriera di un Flaubert o di un Maupassant. Da quella data i lettori seguirono con assiduità le prodezze di Lupin pubblicate a puntate. Nel 1907, i nove primi racconti furono riuniti nel volume Arsène Lupin, ladro gentiluomo.

    Il merito del successo fu dovuto pure al fatto che l’autore non si perse nelle elucubrazioni più o meno acute del detective, ma puntò sulle avventure più intriganti, più divertenti del ladro. Inoltre l’inizio fu contrassegnato da una scelta piuttosto originale: al contrario degli scrittori che lo avevano preceduto, Leblanc fece iniziare le avventure con l’arresto del suo eroe, Lupin.

    Un personaggio sorprendente, elegante sì nell’immagine più nota, ma quando occorre riesce pure a diventare goffo e a usare la parlata di quartiere come in Il dente d’Hercule Petitgris²³:

    Era [questo Lupin travestito] un essere mingherlino e pietoso, di cui il viso triste, i capelli, i baffi, il naso, le guance magre, gli angoli della bocca cadevano malinconicamente. Le braccia scendevano con stanchezza lungo un soprabito verdastro che sembrava non stargli sulle spalle. Si esprimeva con voce desolata, non priva di ricercatezza, ma deformando talvolta certe sillabe, come la gente del popolo. Pronunciava «Signò minì [per Signor Ministro]… lu commè [per il suo commesso]».²⁴

    Ci sarebbe da chiedersi come un giovane vigoroso, formatosi alle arti marziali, riuscisse ad apparire mingherlino e con le spalle strette, spioventi! Si capirebbe il contrario! Ma questo fu uno dei sistemi di Leblanc per sviare prima, sorprendere poi il lettore. Nel caso specifico però occorre dire che il racconto divenne lupiniano solo in un secondo momento, riadattando il finale e cambiando il titolo: Il soprabito di Lupin.

    Lupin è comunque un virtuoso dell’inganno, un cesellatore di astuzie, di trucchi inattesi, e il suo autore, così, riesce a stimolare l’attenzione del lettore che, talvolta, per diverse pagine, si chiede quando finalmente apparirà il suo eroe, mentre invece era già presente con identità diversa.

    Leblanc con vera arte riesce a stillare, carta

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1