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Il problema è che ti penso...
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E-book270 pagine3 ore

Il problema è che ti penso...

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Info su questo ebook

La sfida: cento interminabili giorni… senza innamorarsi!

Discoteca con le amiche, lavoro come insegnante di educazione fisica, tanta pallavolo e uomini che non abbiano troppe pretese: ecco la vita perfetta secondo Martina De Marchi. 
Dopo anni un po’ burrascosi, che le hanno lasciato qualche ferita, le cose per lei sembrano finalmente andare per il verso giusto, specialmente ora che è stata scelta come coordinatrice di un prestigioso centro estivo. Certo, al momento dell’offerta, il dirigente scolastico si è ben guardato dal farle presente tutti i dettagli. Non le ha spiegato con chi dovrà collaborare... Perché il progetto prevede cento interminabili giorni da trascorrere, possibilmente senza litigare, insieme all’insopportabile Saverio Belli.
Martina è spigliata, maliziosa e non disdegna espressioni colorite. Saverio è timido, gentile con tutti e i suoi modi sono impeccabili.
Sono due perfetti opposti e la collaborazione forzata, lo sanno entrambi, non sarà facile.
E, a complicare ulteriormente le cose, tra loro scocca una fastidiosa e inopportuna scintilla che, nonostante cerchino di ignorarla, non vuole saperne di spegnersi...

Una commedia romantica irresistibile
Odio, amore… e tante scintille!

Hanno scritto del suo precedente libro:

«Scritto bene, benissimo. Frizzante e intelligente.»

«Le parole giuste, nel modo giusto. Da leggere tutto d’un fiato.»

«Un romanzo che ho amato per la sua trama che va un po’ fuori dai soliti schemi romance. Una storia che mi ha emozionata e divertita.»

«Bellissimo romanzo, romantico e ironico. Si legge velocemente, scrittura fluida e stile molto piacevole.»
Paola Servente
Conduttrice e autrice radiofonica, è la voce mattutina di Radio Babboleo. Dopo essersi laureata in Scienze Politiche, si è dedicata per anni alla scrittura di testi commerciali, destinati a musica e teatro. Nel 2012 ha pubblicato Ti fidi di me, un romanzo scritto interamente su iPhone durante i suoi quotidiani viaggi in treno tra il Tigullio, dove vive, e Genova. Con la Newton Compton ha pubblicato Il problema è che mi piaci… e Il problema è che ti penso…
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2021
ISBN9788822751454
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    Il problema è che ti penso... - Paola Servente

    100 GIORNI DI TE E DI ME

    Ieri, oggi…

    1

    Insegneremo quello che…

    Martina

    2 maggio

    Dormire, dormire e dormire ancora un po’: ecco come dovrebbe essere il mio sabato mattina.

    E di solito, non per vantarmi, prima delle undici col cavolo che mi alzo dal letto. È l’unico giorno in cui posso permettermelo e ne approfitto più che volentieri.

    Ecco perché aver dovuto programmare la sveglia alle otto mi rende sensibilmente nervosa, collerica e acida.

    «Pensi di andartene o stai mettendo radici in camera mia?», domando senza troppe cerimonie a Marco. O si chiama Matteo? Michele, forse? Vabbè, insomma, il tipo che ho rimorchiato ieri in discoteca e che sembra fatichi non poco a comprendere che deve sloggiare, e anche alla svelta.

    «Okay, capo, vado!», biascica mentre si stiracchia. Gli lancio jeans e camicia e corro in bagno a farmi una doccia.

    Quando la porta si apre e Marco/Matteo/Michele tenta un approccio mattutino, lo spedisco fuori e mi affretto a concludere l’operazione lavaggio.

    «Sai che era il terzo venerdì che ti puntavo agli Estoril? Mi hai fatto penare un sacco, non ci sono abituato!».

    La modestia prima di tutto, non c’è che dire. Peraltro, questa notte non mi ha neppure entusiasmata. Scontato in ogni gesto e anche un po’ egoista. Mi sarei risparmiata tre lunghi venerdì di cocktail e discorsi inutili, se avessi intuito subito che il qui presente ragazzone muscoloso sotto le coperte è tutta scena e poca sostanza. E quando dico poca, intendo proprio poca, in tutti i sensi.

    «Eh già, ora però devo andare perché ho una riunione… bye bye!».

    «Ma non sei un’insegnante di pallavolo?».

    Traduzione: ma quale riunione può avere una banale insegnante di pallavolo?

    «Lavoro anche in una scuola come professoressa di educazione fisica e mi hanno convocata questa mattina perché sarò la responsabile di un nuovo progetto».

    Tiè. Non che gli debba spiegazioni, ma quell’espressione supponente mi infastidisce da morire.

    Ci salutiamo con un suo poco convinto ci sentiamo e un ancor meno convinto certamente da parte mia, dopodiché ognuno per la sua strada.

    Varco la porta d’ingresso dell’aula professori alle nove spaccate, con capelli stile mocio, occhiaie tipo panda e il classico colorito grigio-giallognolo ricordo di una nottata alcolica.

    Nora e Alessandro sono già seduti e intenti a coccolarsi, tanto che neppure si accorgono del mio ingresso.

    «Ehm, ehm… disturbo?», domando perfida, proprio per metterli in imbarazzo.

    Alessandro allontana all’istante la mano dai capelli della mia collega preferita e si volta fulminandomi con un’occhiata tra il divertito e l’offeso.

    «No che non disturbi, anzi, ti stavamo aspettando. Ma che faccia hai? Sembri stravolta…», mi dice, diretto come solo lui sa essere.

    «Sì, trovo bene anche te, Ale, grazie mille. Allora, quando avete finito di sbaciucchiarvi, direi che potremmo iniziare a parlare del campo estivo, cosa ne dite?».

    Nora e Alessandro fanno coppia da qualche mese e sono ancora in quella fase in cui i sentimenti ti rimbambiscono: occhi a cuore e sguardo sognante, coccole e bacetti a tutto spiano. Una roba nauseante, che digerisco solo perché si tratta oggettivamente di un’unione azzeccata e felice. Alessandro è un manager di successo che, per un breve periodo e a titolo gratuito, ha accettato di aiutare la scuola a uscire da un periodo di crisi. Nora è la sua assistente, nonché professoressa di musica. Si sono incontrati per la prima volta a novembre scorso ed è stato un colpo di fulmine, anche se nessuno dei due lo ha ammesso all’inizio. Tutta la scuola ha fatto il tifo per loro, perfino alcuni alunni particolarmente svegli che avevano notato sguardi sospetti.

    Alessandro Monforte ha colpito subito anche me. Bello come un adone, era impossibile non notarlo. Ma non sono una che si mette a combattere per il primo che capita, e soprattutto non sono una che si piazza in mezzo alle storie delle amiche. Senza contare che non avrei avuto speranze, perché Alessandro ha sempre avuto occhi solo per Nora.

    Noto uno strano sguardo d’intesa tra i due piccioncini e un’espressione vagamente divertita da parte di Nora. Che succede?

    «Quindi?», insisto, sempre più sospettosa.

    «Quindi devi avere ancora un attimo di pazienza, Martina. Manca ancora una persona e poi iniziamo», mi risponde Nora sibillina.

    Un’altra persona? Ecco, lo sapevo: non si fidano del tutto di me e mi affiancano Martini, l’altro professore di ginnastica dell’istituto, vecchio, borioso e insopportabile.

    E dire che ieri mattina, quando Alessandro mi ha accennato l’idea di un immenso campo estivo a tema sportivo, con classi dai quattro ai quattordici anni, e mi ha confidato che pensava a me come supervisore, mi sono quasi emozionata. E non sono una dalla lacrima facile, sia chiaro.

    Ma lo sport è da sempre la parte sana, pulita e allegra della mia vita. Il compagno che non mi tradisce mai, che mi ha aiutato a essere combattiva anche in tutti gli altri ambiti, quelli in cui invece di tradimenti ne ho subiti un sacco. E anche se qualche anno fa ho dovuto rinunciare alla carriera di pallavolista professionista per un brutto infortunio, la scuola e il mio lavoro di coach nel volley continuano a essere il filo conduttore della mia esistenza.

    «Martini non si infila una scarpa da ginnastica da almeno un decennio. Non ce lo vedo molto a organizzare tornei di beach volley, a insegnare tennis e ad accompagnare i ragazzi in piscina…», commento, già sul piede di guerra.

    Nora e Alessandro si guardano di nuovo con quell’espressione complice che non preannuncia nulla di buono, almeno per me.

    «E chi ha parlato di Martini?», rispondono in coro, in perfetta sincronia. Oggi li detesto, è ufficiale. Qualcosa li diverte. E siccome questo qualcosa ha indubbiamente a che fare con me, vorrei proprio sapere di che diamine si tratta.

    I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della porta alle mie spalle che si apre e da una voce che mi è terribilmente familiare.

    «Eccomi qua, scusate il ritardo».

    Mi volto e per una frazione di secondo mi perdo nell’azzurro di due immensi occhi che mi fissano, sorpresi almeno quanto i miei. Ma è solo un attimo, poi torno in me.

    «Saverio, che diavolo ci fai qui?»

    «Stavo per farti la stessa domanda, Martina».

    Ci giriamo entrambi verso Nora e Alessandro; io inferocita, Saverio perplesso.

    «Okay, okay, calmi ragazzi. È tutto sotto controllo», tenta di rabbonirci Alessandro. «Ieri, quando vi ho chiamato per invitarvi a questa riunione, ho omesso a entrambi parte del progetto. In tutta sincerità, visti i vostri rapporti, temevo non vi sareste presentati altrimenti. Ma ora che siete qui, sono certo di potervi convincere della bontà della nostra iniziativa e che saprete andare oltre i vostri inutili battibecchi per collaborare in maniera produttiva, da persone mature quali so bene che siete».

    «Collaborare?», chiedo immediatamente, anticipando il mio odioso collega che si sta invece già adattando alla novità. Di sicuro, non è entusiasta di dover avere a che fare con me, ma si è ricomposto e vederlo annuire ad Alessandro senza protestare mi innervosisce ancora di più.

    «Sì, Martina. Il progetto non è legato solo allo sport…».

    «Sport?», chiede incredulo Saverio. Finalmente un po’ di stupore anche da parte sua…

    Nora prova a prendere in mano la situazione.

    «Ecco, appunto. Saverio, il progetto non è solo legato alla lingua inglese come abbiamo detto a te…».

    Inglese??? Ma cosa sta blaterando?

    Nora è chiaramente in difficoltà, spetta quindi ad Alessandro il compito di spiegarci che cosa sta succedendo. E lo fa senza troppi giri di parole.

    «La questione è molto semplice. La nostra è la scelta più… produttiva, direi. Si tratta di un banalissimo centro estivo, che chiedo a voi due di seguire perché siete le persone più adatte. Sport e lingua inglese. Sport…», e mi indica con quel suo fare sbrigativo tipico di chi non ha voglia di aggiungere inutili dettagli. «E lingua inglese», conclude mentre il suo sguardo si sposta su Saverio.

    Nora, più dolce, ci illumina con altri preziosi dettagli. «Saverio, tu sei madrelingua inglese e sei la persona giusta per organizzare le classi in base all’età e al livello di preparazione. Ovviamente sarai affiancato da altri insegnanti. Lo stesso vale per Martina, che curerà tutta la programmazione sportiva e i tornei. Abbiamo già un centinaio di iscritti, ma puntiamo ai duecento. Abbiamo la struttura giusta per fare il pienone. E voi due insieme siete perfetti…», conclude tutta pimpante. Poi, vedendo la mia espressione dubbiosa, si affretta a chiarire. «Perfetti per questo progetto, intendo».

    Non mi sfugge lo sguardo divertito tra lei e Alessandro. Questa me la pagano.

    «Ehm, se posso permettermi…». Oh, il Principino si degna di intervenire. «Non so se ve ne siete mai accorti, ma Martina a malapena mi sopporta. Rischiamo di scannarci davanti a un branco di ragazzini. Non sarebbe per niente produttivo, immagino…».

    Questa poi…

    «Principino, non dare tutte le colpe a me. Anche tu mi digerisci poco…».

    Saverio mi fulmina con uno sguardo. Il santerellino, sempre gentile e disponibile con tutti, qualche volta si arrabbia. E io so esattamente come scatenare la sua ira.

    «Martina, io posso riuscire tranquillamente a lavorare insieme a te senza dare in escandescenze, potresti assicurare lo stesso self control?». Giurerei di scorgere un accenno di sorriso su quel visino da angelo.

    Provoca, provoca. Fai tanto il timido con tutti, ma io lo so come sei davvero. Però non sono così idiota da rinunciare a un progetto che mi entusiasma per colpa tua. «Sono perfettamente in grado di resistere quattro settimane della mia vita senza mandarti a quel paese… almeno in presenza di minori».

    «Ehm, a questo proposito devo correggerti, Martina. Sulle tempistiche, voglio dire. Avete un mese per organizzare staff, turni, date dei tornei, gite, giornate speciali dedicate a golf, equitazione e scherma e, ovviamente, un dettagliato piano didattico per l’inglese, che comprenda il test Pre

    A

    1 Starters del Cambridge a cui sottoporre tutti i partecipanti per valutarne le competenze. Il corso per la scuola dell’infanzia inizia il primo giugno come alternativa all’ultimo mese del classico asilo, elementari e medie dall’undici. E poi avanti fino al dieci di agosto, sei giorni su sette, da lunedì a sabato. Un po’ più di quattro settimane, insomma…».

    Credo che la mia mascella sia giunta a toccare il pavimento.

    «Ragazzi, ma io non mi fermo mai, tra scuola e pallavolo, l’estate mi serve per rifiatare…», provo a farli ragionare. «Non mi aspettavo un impegno così prolungato e che comprendesse anche il sabato».

    «Offrire il sabato e parte del mese di agosto ci contraddistingue dagli altri centri…», si intromette Nora. «Poi potrete godervi le ferie fino a inizio scuola e, se Alessandro è d’accordo, potremmo stabilire un weekend lungo di pausa a testa sia a giugno che a luglio».

    «Sì, certo», taglia corto Monforte. «Più che altro, se accettate, firmate questi contratti e iniziate a organizzare i corsi».

    Afferro i fogli e vado dritta al punto che mi interessa di più: lo stipendio. Resto tanto basita dalla cifra, quasi il doppio rispetto al mio solito compenso da insegnante, da non riuscire a proferire parola. E io ho sempre qualcosa da dire…

    Come per magia, tutte le perplessità su me e Saverio, sui sabati di lavoro e sulla necessità di fare un po’ di ferie passano in secondo piano. Ho già davanti agli occhi l’abito che splende nella vetrina del negozio di fronte a casa mia. Modello sirena, corpetto color oro e gonna nera, schiena completamente nuda e spacco vertiginoso. Una meraviglia di eleganza e sensualità che ho desiderato con tutta me stessa dalla prima volta che ci ho posato sopra lo sguardo. Quando si dice amore a prima vista

    Firmo alla velocità della luce per poi voltarmi a curiosare l’approccio alla questione del Principino.

    Sta leggendo con attenzione ogni punto. Certo, il vil denaro non gli interessa. Quando non sai cosa significhi non averne, puoi vantarti di non dargli importanza. Bello sforzo…

    Prima che me ne renda conto, i suoi occhi abbandonano il contratto per posarsi su di me. E solo per un istante rivedo quell’espressione adorante con cui mi guardava quando ci siamo conosciuti, ormai più di un anno fa.

    «Mi sembra tutto… perfetto», gli sento dire, mentre continua a fissarmi. «Firmo immediatamente».

    Il contratto. Il contratto è perfetto. Certo, cos’altro?

    «Molto bene, allora direi che possiamo salutarci. Buon weekend a tutti e buon lavoro! So che farete benissimo, ci aggiorniamo tra un paio di settimane». E così dicendo, Alessandro afferra Nora per la vita e si avvia verso la porta. Ho un’idea piuttosto precisa di come i piccioncini passeranno il pomeriggio.

    «Ancora una cosa…», Saverio blocca tutti all’uscita, con quel tono insicuro che lo contraddistingueva i primi mesi qui a scuola e che nel corso del tempo ha perso quasi del tutto. Si rivolge a Monforte, ma senza guardarlo, tenendo gli occhi bassi, come se si vergognasse di ciò che sta per dire. «Avrei solo bisogno di tre giorni liberi a inizio luglio, per raggiungere i miei a Londra e poter partecipare al compleanno di mio nonno».

    Ora capisco l’imbarazzo. Quando è costretto a nominare la sua famiglia è sempre sulle spine, teso, in preda al panico di poter essere smascherato. Cosa che solo io potrei fare, ma che non farò. Nonostante l’antipatia reciproca e nonostante quel che è successo tra noi due, non sarei mai così meschina da rovinargli la vita.

    «Non ci sono problemi, tranquillo», rispondono contemporaneamente Alessandro e Nora. Mi domando se abbiano frequentato un corso di sincronia di coppia o se davvero l’amore fa pensare e agire all’unisono. E non so quale delle due opzioni mi spaventi di più.

    «Martina, Martina…». Mi sento chiamare da una voce che non mi sembra di riconoscere. Ma chi…? Oh, cavolo! E questo che ci fa qui?

    A qualche metro da me e del tutto a sorpresa, pessima peraltro, trovo Marco/Matteo/Michele. Mi sembrava di essere stata piuttosto limpida al risveglio. Il mio linguaggio non verbale diceva chiaramente non ci vedremo mai più, e mi ero illusa che il messaggio fosse stato recepito. E invece eccolo qui, stretto nei jeans e nella camicia nera che gli ho visto togliere e rimettere nel giro di quattro ore, sguardo da duro e fisico palestrato. Fa la sua porca figura, lo ammetto, ma il cervello di un criceto non può essere compensato da un pettorale gonfio. In nessun caso. Senza contare la delusione della notte scorsa.

    Però si fa notare e, anche se non ho il coraggio di voltarmi per accertarmene, di sicuro i miei colleghi si stanno godendo tutta la scenetta. Del resto è abbastanza nota la mia famigerata allergia alle relazioni e a tutto quello che potrebbe sfociare in un rapporto serio con un uomo. Gli appuntamenti, per inciso, non rientrano nelle mie abitudini. Gli uomini che frequento non mi mandano messaggini sdolcinati, non passano le vacanze insieme a me e, soprattutto, non mi vengono a prendere al lavoro. Mai. Per nessuna stramaledetta ragione. Quindi cosa ci fa qui Mr M?

    «Cosa diavolo ci fai qui?», gli domando senza la minima delicatezza.

    «Disse Giulietta a Romeo…». Mi volto per fulminare quell’idiota di Saverio che ha il dono dell’ironia solo quando si tratta di battibeccare con me. I suoi occhi sono socchiusi, quasi volesse sfidarmi a rispondergli a tono. Lo farei, se non avessi una questione più urgente da risolvere.

    «Allora, che ci fai qui, sei muto… Matteo?». Dimmi che è il suo nome, ti prego.

    Il mio pessimo amante di una notte mi guarda confuso. «Marco. Sono Marco. Ti ricordi? Discoteca… casa tua…».

    Alessandro scoppia a ridere. Nora si sta trattenendo, ma il risultato è il volto paonazzo e gli occhi che le lacrimano. Saverio invece si limita a sorridere, ma non con gli occhi. Quelli rimangono socchiusi, ancora carichi di sfida e, come sempre quando si tratta di me, di disapprovazione.

    «Sì, sì, certo che mi ricordo. Ma cosa ci fai qui?»

    «Ho dimenticato il telefono da te. Così sono tornato dove mi hai lasciato un’ora fa. Di’ la verità, mi hai nascosto tu il cellulare? Era una tattica per rivedermi?».

    Questo è matto.

    «Sali in macchina», taglio corto per porre fine al siparietto.

    A casa, mi libero alla svelta di Marco. Dopo la figura di merda che mi ha fatto fare, è più che certo che non dimenticherò mai più il suo nome.

    Mi sento strana, agitata e confusa dagli eventi. Tutto mi sarei aspettata, fuorché di dover passare i prossimi tre mesi fianco a fianco con Saverio Belli.

    Meglio non pensarci. Devo concentrarmi sull’ultima partita di campionato dell’under 14 maschile, i ragazzi hanno bisogno di me.

    Mentre mi avvio a piedi verso il palazzetto dello sport, mi chiama Nora.

    «È ancora in vita il tuo cavaliere o l’hai fatto fuori?»

    «Spiritosa… Bell’amica che sei, potevi almeno anticiparmi di Saverio…», cambio veloce argomento perché detesto i predicozzi degli innamorati.

    «E perché? Per farti arrabbiare? Abbiamo pensato fosse meglio mettervi di fronte a una decisione già definitiva. Prendere o lasciare».

    «Eh… me ne sono accorta. Tante grazie!».

    «Martina, siete adulti e sapete comportarvi da persone mature e responsabili. Non ho mai capito cosa sia successo tra voi. So solo che i primi tempi Saverio pendeva dalle tue labbra e che eravate amici, o almeno lo sembravate. Poi tu hai iniziato a trattarlo male e lui a idolatrarti sempre meno. Anche se un debole per te ce l’ha sempre, secondo me…».

    «Non dire stupidaggini, non mi può sopportare… e poi non vedi com’è cambiato nel giro di pochi mesi?»

    «Be’… sì, ma in meglio direi! Finalmente si veste bene, ha eliminato gli occhiali. Ha degli occhi bellissimi, tra l’altro, non ci facevo quasi caso prima… e rispetto a quando è arrivato in Italia è più sicuro di sé, meno impacciato. Cosa c’è di male in questo cambiamento? Nulla. Quindi dimentica le puntate precedenti e riparti da zero».

    «Lascia stare, Nora, non puoi capire, ci sentiamo domani».

    Non capisce il problema. Ed è vero che non può capirlo. Se conoscesse davvero le puntate precedenti… D’altronde, non è toccato a lei un clamoroso due di picche da parte di Saverio. È alla sottoscritta che l’ha rifilato, secco e diretto come un pugno in pancia.

    L’unico due di picche della mia vita, peraltro. Un debole per me… figuriamoci! Se lo ha avuto è durato davvero poco. E io di Saverio ne trovo quanti ne voglio, che sia chiaro.

    Tre mesi abbondanti da condividere io e lui, proprio noi due. Che destino infame…

    Saranno i cento giorni più lunghi della mia vita.

    Undici mesi prima

    Lo vidi in gradinata e ne fui felice. La penultima giornata di campionato la sua presenza aveva portato fortuna e scherzando gli avevo chiesto di presenziare a ogni partita della mia squadra under 14. Finale e tornei compresi.

    Con la scusa di venire a fare il tifo per Garbarino, simpaticissimo alunno di entrambi a scuola, aveva acconsentito e io, da vera imbecille, pensai

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