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Un misterioso delitto a Helsinki
Un misterioso delitto a Helsinki
Un misterioso delitto a Helsinki
E-book546 pagine7 ore

Un misterioso delitto a Helsinki

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Info su questo ebook

Un grande thriller

«È arrivata la nuova regina del giallo scandinavo.»

Saana è appena stata licenziata. Non che amasse troppo il suo lavoro: passava le giornate a creare contenuti sensazionalistici online per acchiappare qualche clic. Ma è stato comunque un duro colpo. 
Così decide di prendersi una piccola pausa da tutto e di trascorrere l’estate con sua zia nella piccola città di Hartola, nel sud della Finlandia. Sembra proprio l’occasione perfetta per rilassarsi e ritrovare la serenità. 
Ma l’istinto della giornalista è ancora vivo, e così quando Saana viene a conoscenza di un vecchio caso locale rimasto drammaticamente irrisolto da trent’anni, non può fare a meno di indagare. 
Nel frattempo, a Helsinki, un cadavere marchiato a fuoco viene ritrovato nella fortezza marina di Suomenlinna, proprio accanto alla monumentale “Porta del Re”. Il caso viene affidato a Jan Leino e alla sua squadra. 
Il problema è che stavolta gli indizi sono particolarmente confusi e tutte le piste sembrano condurre inesorabilmente verso un vicolo cieco. Solo una cosa appare certa: l’omicidio della Porta del Re potrebbe non essere un caso isolato… 
Le strade di Saana e Jan sono destinate a incrociarsi. Per più di una ragione.

L’esordio che ha entusiasmato i lettori scandinavi 
In corso di pubblicazione in 13 Paesi 
Presto una serie TV

«L’autrice gestisce con maestria le molteplici trame e costruisce un giallo appassionante. Un romanzo avvincente, adrenalinico e ben scritto.» 

«Mi è piaciuto il modo in cui i protagonisti arrivano a incontrarsi, pur provenendo da situazioni così diverse. Attendo con ansia i prossimi libri di questa autrice!» 

«Una piacevole sorpresa. Un’autrice da tenere d’occhio.» 

«Leggerlo è come guardare una bellissima serie TV.» 

«Elina Backman è bravissima a mantenere la tensione fino alla fine. I colpi di scena sono realistici e la narrazione è magistrale.»
Elina Backman
Vive e lavora a Helsinki. Si occupa di media e marketing, ma la sua autentica passione sono i libri, senza distinzione di genere. Il suo primo romanzo, Un misterioso delitto a Helsinki, ha ottenuto un enorme successo, è in corso di pubblicazione in 13 Paesi e presto diverrà una serie televisiva.
LinguaItaliano
Data di uscita13 set 2021
ISBN9788822752260
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    Anteprima del libro

    Un misterioso delitto a Helsinki - Elina Backman

    Le figlie del fiume

    Hartola 1989

    Loro sono le Figlie del Fiume. Avanzano in punta di piedi verso le rapide durante le ultime ore della notte, mentre cantano i merli. Quando la terra è bagnata e soffice. Una fitta nebbia aleggia sulla superficie scura e tutto ha un’aria magica. Rabbrividiscono. Si spogliano, nuotano fino al centro del fiume e rimangono immobili, per far sì che l’acqua prenda possesso di loro. Prima l’acqua e poi la nebbia. Bevono una pozione da fiasche di betulla, sempre la stessa quantità, sempre poggiate sulla stessa roccia. Poi donano qualcosa al fiume. Esige anche lui la sua parte. Qualcosa da portare giù nel profondo. La loro anima, la loro purezza, i loro segreti più nascosti. Una volta consegnata la preda si mettono a danzare. Attendono che la corrente diventi più forte, il fragore più intenso. La bruma fredda scivola sulla pelle. È una bellezza invisibile per gli occhi e muta per le orecchie, ma che si sente addosso. Bevono dalle rapide scroscianti, odono le melodie della natura, respirano più profondamente di quanto facciano sulla terra. Avvertono un senso di purificazione. Gongolano di questo loro segreto. Attendono, benché l’attesa sia inutile. Sperano, poiché la speranza non è mai inutile. Vanno via insieme alla notte, mentre il buio si trasforma in un limpido mattino. Allora spariscono e si sentono sazie.

    Loro sono le Figlie del Fiume.

    Hartola

    Settembre 1989

    Harri Valkama fu il primo cliente della giornata. Prendeva sempre un filone di pane di segale dallo scaffale, un cartone rosso di latte nel frigorifero e circa due etti di prosciutto cotto al banco dei salumi. Tutto procedeva secondo la routine abituale: provviste per la pesca di buon mattino ed entusiasmo carico di aspettative. Harri diede anche un’occhiata ai titoli dei giornali, prima di dirigersi alla cassa e cominciare a mettere i prodotti sul nastro trasportatore.

    «Ce ne andiamo a pesca?», domandò la cassiera.

    «Eh sì, proprio così», rispose Harri, infilando gli acquisti, con gesti consolidati, direttamente nella borsa termica.

    «Prenda lo scontrino», lo esortò la donna.

    «Solo se ci scrive sopra il suo numero di telefono», rispose Harri strizzando l’occhio. Scherzare con la cassiera era un’abitudine radicata e aggiungeva un tocco di luce in più alla giornata. Nel supermercato Harri si comportava spontaneamente in modo simpatico e gioviale.

    L’orologio segnava le 07:10 quando Harri Valkama accese il motore dell’auto e si diresse verso il fiume Tainionvirta. Il mattino nascente era tiepido e preannunciava addirittura una giornata calda. Harri Valkama lasciò la macchina sul ciglio della strada e proseguì a piedi fino alla riva del fiume. Le provviste e lo sgabello in una mano, la canna da pesca e la scatola per le esche nell’altra. Si fermò in un punto che già conosceva bene e respirò profondamente. Montò il seggiolino, posò la borsa termica per terra e aprì la scatola delle esche. Ne scelse con cura una delle sue preferite, prefigurando ottimi risultati. Erano le sette e mezza quando l’esca finalmente sfiorò l’acqua. La luce di inizio autunno splendeva già intensa dietro gli alberi. Secondo il calendario di pesca, sarebbe stata una giornata fruttuosa.

    L’aria profumava di terra e di fine del ciclo vegetativo. Gli usignoli, pieni di energia all’inizio dell’estate, si erano già ammutoliti da un bel po’ e, benché facesse caldo come in un giorno estivo, il tono di fondo era già autunnale. Harri Valkama amava, delle mattine, il fatto che la natura si risvegliasse insieme a lui. Potersene stare realmente da solo.

    Contrariamente alle aspettative, nessun pesce abboccava. Mentre Harri osservava pensieroso le correnti, fu colpito da qualcosa di anomalo nel suo orizzonte visivo. Qualcosa galleggiava in lontananza lungo la riva, attaccato a un pezzo di legno. Forse la carcassa di una capra o di un altro grosso animale? La curiosità di Harri Valkama crebbe sempre di più mentre scrutava l’acqua. Appoggiò la canna da pesca a un tronco di betulla e si mise lentamente in cammino lungo la costa per poter guardare da una minore distanza.

    Una volta arrivato più vicino si fermò. Adesso vedeva più precisamente cos’era che aveva catturato la sua attenzione. Harri Valkama fissava sconvolto il fagotto che l’aveva indotto ad alzarsi. Membra bianche, un vestito nero con lembi sottili che fluttuavano sulla superficie. Una persona. Nel momento in cui il cervello afferrò cosa c’era sulla riva, l’uomo si afflosciò sulle ginocchia. Di fronte a lui, nell’acqua, galleggiava un cadavere irrigidito. Era rimasto impigliato nell’intrico di radici della riva e la corrente non era stata forte a sufficienza da spingerlo al largo. L’acqua che scorreva silenziosa faceva ondeggiare leggermente il corpo morto sempre nello stesso punto. Una ragazza giovane. A pancia in giù, con il viso dentro l’acqua scura. Per fortuna Harri non vedeva il volto. La mente registrava i particolari contro la sua volontà. Le unghie dipinte di nero, la cinta di metallo, le dita nude dei piedi. I capelli sembravano un ammasso di alghe intricate.

    La vita è ingiusta, fu il primo pensiero che venne in mente a Harri Valkama. Chiuse gli occhi, ma quella visione gli aveva già inciso una traccia indelebile sulle retine. Harri Valkama aveva impiegato anni per eliminare dal suo linguaggio le parolacce, ma adesso lo pungolavano come api furibonde. Com’era ingiusto che la giovane vita di qualcuno venisse interrotta proprio nel pieno di tutto. Diavoli dell’inferno, che visione! Quando aveva pagato per ottenere la licenza di pesca al comune non pensava di certo di dover pescare dei cadaveri. Improvvisamente Harri si sentì come se la natura l’avesse tradito. Quel pensiero diventò cosciente a poco a poco. Di colpo capì che la bellezza di inizio autunno che lo circondava era solo un inganno, un’illusione. Contro la sua volontà si trovava ora nel bel mezzo di uno spettacolo brutto e innaturale. Uno spettacolo in cui la finzione scenica era improvvisamente crollata e aveva svelato dietro di sé il male, la cruda morte. Con fatica, Harri Valkama si alzò da terra e corse affannosamente verso la macchina. Doveva raggiungere un telefono. Il prima possibile.

    Parte prima

    Mercoledì 12 giugno 2019 / Helsinki

    Appena Saana apre gli occhi, la stanza oscilla e tutto le gira intorno. Saana richiude di nuovo gli occhi e scivola in un sonno debole e leggero. Due ore più tardi, madida di sudore, si risveglia di soprassalto. L’orologio segna le dieci e mezza. Saana si alza dal letto, va in cucina a bere del succo d’arancia, poi passa in bagno e infine decide di tornare a riposarsi ancora un po’. Quando alla fine si sveglia completamente sono già le tre di pomeriggio. La stanza non ondeggia più come di mattina. Lo stomaco brontola per la fame. Saana ha mangiato l’ultima volta tredici ore fa e solamente delle noccioline offerte dal bar.

    Ormai per Saana il tempo non ha alcuna importanza. Nessuno l’aspetta più da nessuna parte. Nessuno ha bisogno di lei. Ma la fame sì che ha importanza. E quindi, nel suo primo giorno da disoccupata, Saana ordina una pizza con l’app Wolt.

    Quando suonano il campanello, con fatica e vergognandosi del proprio stato e della

    T

    -shirt sgualcita, Saana apre la porta a un corriere bruno, che le consegna bruscamente un litro e mezzo di coca-cola e un cartone di pizza tirato fuori dal fondo della borsa termica.

    Alla fine della giornata, Saana alterna lo sguardo stanco tra il contenitore della pizza e lo schermo del

    PC

    portatile. Divora insieme una serie

    TV

    e una consolante margherita. Guarda il terzo episodio della seconda stagione di The Killing. Ben fatta e avvincente, anche se un po’ opprimente. Saana continua a guardare le puntate una dopo l’altra. È felice di aver scoperto adesso questa serie: la aspettano ancora quasi due stagioni di un poliziesco perfetto. Linden e Holder. I maglioni di lana di Linden, la sua acuta intelligenza e una piovosa Seattle. Saana ha sempre amato i polizieschi, anche se la mettono in agitazione. Forniscono troppi spunti alla sua immaginazione. È patita anche dei podcast true-crime, benché a volte le mettano angoscia. Per questo il suo preferito di sempre è il classico dei gialli, il più leggero Hercule Poirot. Trasporta in tutto un altro mondo. Com’è rilassante immergersi nella vecchia Inghilterra e seguire la classe agiata mentre trascorre il tempo tra hotel e castelli mangiando, cacciando e passeggiando in giardino. Poirot è il grado massimo di allegria che Saana sopporta. Spesso vengono commessi degli omicidi, ma Poirot li risolve tutti. Lo spettatore può godersi in pace l’atmosfera e i paesaggi e fare del proprio meglio per ricostruire, tramite gli indizi, chi potrebbe essere il colpevole. Purtroppo Saana ha già visto tutti gli episodi di Poirot molte volte. Ormai indovina sempre o ricorda già chi è l’assassino. The Killing è molto più avvincente. Roba nuova e di tutt’altro livello.

    Saana mette il programma in pausa per andare in bagno. Nel tragitto sbircia un attimo fuori, tra le tende del soggiorno. È una bella giornata di sole. Le betulle che si vedono dalla finestra sono già di un bel verde intenso. I colori estivi, ormai spuntati ovunque, l’hanno sorpresa anche quest’anno. Ha passato tutta la primavera seduta in ufficio a inserire frettolosamente online notizie di intrattenimento. Negli ultimi anni sul suo schermo, tra le altre cose, si sono avvicendati il virus Zika, la morte di David Bowie e vari pettegolezzi insignificanti.

    Cinque esercizi per essere in forma quest’estate.

    Perle nascoste: 10 mete di viaggio europee sottovalutate.

    Questa giornalista ha eseguito il plank tre minuti al giorno per una settimana, guarda che risultati incredibili!

    L’intestino è il secondo cervello – 5 fatti sul funzionamento della pancia.

    Migliora la tua vita in famiglia – ricette rapide da 15 minuti per tutta la settimana.

    Saana è divertita. Ha compilato ricette facili per tutta la primavera e poi non ne ha fatta neanche una. Neanche i plank sono continuati oltre un’unica settimana in cui si è sentita più attiva. In primavera non ha veramente fatto altro che lavorare. Ha contato caratteri e parole, organizzato tabelle di marcia, fissato lo schermo del

    PC

    per molte ore e a volte è perfino rimasta bloccata in ufficio fino a notte fonda. Quando tornava a casa era così esausta che non aveva più le forze di fare altro, oltre sdraiarsi sul letto a guardare Netflix o

    HBO

    Nordic. Le piccole faccende domestiche, come pagare le bollette, passare l’aspirapolvere o cucinare, le sembravano insuperabili. Batuffoli grigi di polvere nel frattempo si sono ammonticchiati lungo il parquet e la cassetta della posta continua a riempirsi di solleciti di pagamento. Sarà normale?, si chiede Saana. Per tutte le persone che Saana conosce sembra esserlo: sono tutti impegnatissimi e indaffaratissimi. Ma a fare che? Sembra quasi che gli amici ritengano l’essere occupati una cosa da ostentare. Tutti lavorano sforzandosi al massimo e in più hanno anche le energie per andare in palestra. Nessuno ammette mai di sentirsi oppresso o sfinito. Ogni tanto, di sera, quando le luci in ufficio erano ormai quasi tutte spente, Saana cercava su Google i sintomi del burnout e non trovava mai niente che non coincidesse con la propria condizione. Irritabilità, cinismo e senso di fallimento. Per tutta la primavera Saana è stata seduta al

    PC

    con lo sguardo così fisso sullo schermo da non accorgersi che intanto la natura si stava preparando all’estate. Prima è sbucata un po’ di terra da sotto la neve, poi sono arrivati un paio di uccelli migratori e i crochi. E poi, di colpo, è esploso tutto il resto – l’inizio dell’estate. Le betulle verdi, gli usignoli e le persone in giro in

    T

    -shirt. La luce.

    Tornando dal bagno, Saana si ferma di nuovo alla finestra. Che giorno è oggi? Mercoledì. Si è trattenuta fuori più che ha potuto, martedì, per la festa di addio con i colleghi. C’era un bel po’ da bere.

    L’acuto fischio del merlo sull’albero del cortile penetra fin dentro alla stanza. Saana è costretta a chiudere i vetri, affinché quell’allegro cinguettio non rovini la tetra atmosfera in cui sta smaltendo i postumi dell’ubriacatura. The Killing, una piovosa Seattle, pizza, stanchezza e nausea. La sua comfort zone. È davvero stupido guardare, con quel mal di testa, un programma angosciante con assassini e cadaveri. Ma non può farne a meno. Saana adora The Killing. La fa sentire a casa. Mentre lo guarda non si sente sola. Le sue vaghe angosce sono piacevolmente coperte da quella trama avvincente.

    Saana dà un altro morso alla pizza. È l’ultimo pezzo. Sicuramente ha già ingurgitato oltre 1500 calorie. Quel pasto unto le ha fatto venire sete, ma almeno la stanza non gira più tutto intorno. Distesa sul divano con la pancia piena, Saana pensa che in fondo va tutto bene. A parte il fatto che alla stanchezza primaverile si sono aggiunte prima le voci su certe intenzioni del consiglio direttivo e poi il licenziamento vero e proprio, la vita sta andando piuttosto bene. Sicuramente si aggiusterà tutto.

    Saana dà un’occhiata alle valigie già pronte nell’ingresso e per il resto della serata si dedica all’ozio più totale. Domani partirà e lascerà la città per tutta l’estate. Niente più sbronze, bensì sport e meditazione. Aria aperta e centrifughe. Cose che le persone normali di solito fanno ogni giorno della settimana. Ma oggi: niente. Sdraiata sotto al plaid, con la testa sprofondata nel cuscino, fa partire su Netflix un altro episodio ancora. Domani comincerà un nuovo episodio anche nella sua vita.

    La mattina seguente, un lieve tremito delle mani e un po’ di acidità di stomaco alludono ancora al fatto che Saana abbia smaltito una bella sbornia. Il periodo di ripresa dura in genere da uno a due giorni. Giorno uno: compensare le ore non dormite, eliminare l’intossicazione da alcol a colpi di pizza e caramelle. Giorno due: controbilanciare l’eccesso di grasso, sale e zucchero nell’organismo, eliminare il gonfiore, curare il momentaneo abbassamento dell’umore e il rimorso. Notte di insonnia e sintomi di astinenza. Poi la rabbia: mai più postumi del genere. Giorno tre. Tutto dimenticato, tutto perdonato. Nuova vita, nuovi propositi, morigeratezza e guarigione. Illusione che il vino non interessi più. Giorno sette: sete.

    Saana è in piedi in cucina con una tazza di caffè in mano e guarda fuori dalla finestra. Oggi riesce a sopportare di nuovo la luce del sole e il canto degli uccelli. Accende l’iPad poggiato sul tavolo e cerca su Google Hartola. Sceglie nell’elenco il link al sito del comune. Hartola – l’unico regno di Finlandia, c’è scritto sulla pagina. Le viene da ridere, ma la frase non è uno scherzo. A Hartola usano questo termine e su YouTube c’è anche un video pubblicitario che si intitola Il regno di Hartola. Saana preme Play. Il video, realizzato in uno stile decisamente essenziale, presenta i vantaggi di vivere a Hartola. Una donna racconta che quando ha traslocato lì, si chiedeva se avrebbe trovato nei negozi locali il formaggio di capra. L’avrà poi trovato? Il video non lo dice. Saana ammette che anche lei si interroga sulla possibilità di trovare lì, quest’estate, la rucola e il pecorino. Cerca su Google Maps la distanza precisa da Vallila a Hartola: il percorso più rapido misura 179 chilometri. È questa la distanza a cui si troverà dalla propria tediosa routine. Dalla primavera stressante, dal burnout e dall’incertezza. Cercherà di non pensare al prossimo autunno. Fuggirà a 179 chilometri da lì e si rifugerà momentaneamente in uno spazio di mezzo. Il licenziamento dal lavoro l’ha portata a decidere di staccare da tutto per andare a riposarsi in un posto in cui è sempre stata bene.

    Saana spegne l’iPad e lo infila nella tasca interna dello zaino. Adesso inizia la libertà. Spegne le luci dell’appartamento, controlla che il bollitore sia staccato, il rubinetto della lavatrice ben chiuso, le finestre sprangate, il frigorifero vuoto e tutto sia pronto per i suoi due mesi di assenza. Le piante sono appassite già da tempo, dopo una lunga agonia causata dalle scarse innaffiature. Saana non può dare la colpa a nessun altro, perché vive da sola. Trascina due grosse valigie sul pianerottolo e chiude la porta di casa. Nell’aria aleggiano odori provenienti dalle vite di persone sconosciute. Proprio in quel momento, nel vicinato, qualcuno sta soffriggendo della carne macinata. Saana spinge a forza le ingombranti valigie nell’angusto ascensore e segue impaziente lo scorrere dei piani sul display. Poco dopo arriva al piano terra e apre la porta, metallica e cigolante. Sono ancora le 11:20. Arriverà tranquillamente in tempo per il pullman di mezzogiorno.

    Con voce bassa e tono pigro, l’autista del pullman dà il benvenuto ai passeggeri sulla linea express diretta a Jyväskylä, via Lahti e Heinola. A Saana è sempre piaciuto viaggiare in pullman. Non c’è bisogno di guidare, si può dormire, leggere e guardare i paesaggi che scorrono dal finestrino, stando soli coi propri pensieri. Addio, Helsinki, non mi mancherai.

    All’altezza di Lahti, Saana tira fuori un quadernino dalla borsa e comincia a stilare una lista.

    Estate a Hartola, obiettivi principali:

    - Divertimento

    - Relax

    - No sigarette (solo qualche tiro con un bicchiere di vino o di birra)

    - No birra (bevanda inutile, gonfia la pancia)

    - Basta mangiarsi le unghie

    - Bicicletta & corsa

    - Infilzare fragoline e mirtilli su un filo d’erba

    - Fermarsi ad ammirare i piccoli dettagli (come si fa di solito all’estero)

    - Ritrovare l’entusiasmo giovanile (cioè, sono ancora giovanissima, ma rivorrei l’euforia dei vent’anni)

    - Stravaccarsi sul dondolo e pisolini all’aperto

    - Leggere giornali e libri gialli

    - Basta stress, solo riposo e pace

    - Fare il profumo con la ricetta di quando ero bambina (lillà e petali di rosa in un barattolo di vetro)

    - Ascoltare vecchie canzoni

    - Scrivere

    L’ultimo punto è il suo più grande sogno. Saana vorrebbe scrivere qualcosa, ad esempio un romanzo giallo di successo. I suoi amici amano leggere il giornale di gossip «Seiska», mentre invece il suo vizio più nascosto è la rivista poliziesca «Alibi».

    Mentre il pullman riparte dalla stazione di Heinola, Saana dà un’altra occhiata alla sua lista. Non c’è in nessun punto nuovo amore o uomini. Le viene in mente la frase rilassante e vagamente familiare L’estate senza uomini. Ricorda di aver letto un libro con questo titolo, qualche anno fa, un romanzo di Siri Hustvedt.

    Il pullman sbuffa mentre arriva a destinazione e si ferma. La stazione di Hartola è una costruzione bassa un po’ in disparte rispetto alla strada principale. Saana scende e rimane in attesa che l’autista apra lo sportello dei bagagli. Sorridendo lo ringrazia, torna in possesso delle sue valigie e si mette a cercare con lo sguardo una figura familiare. Su un lato dell’edificio, vede una donna con un vestito estivo e un lungo cardigan di lana che la saluta. È Inkeri, sua zia. La persona migliore del mondo. Saana ricambia il saluto.

    «Sei proprio come tua madre», ride la zia notando gli ingombranti bagagli che Saana trascina con fatica. «Non riesci ad andare da nessuna parte senza portarti mezza casa dietro».

    Saana si sente pervasa da un’improvvisa ondata di nostalgia, ma il pensiero scivola via subito. È davvero, in certe cose, come sua madre? Una parte di lei rimarrà per sempre presente, anche se ormai non c’era più. La zia getta sbrigativamente i bagagli sul sedile posteriore del suo vecchio maggiolino. Saana non ha fatto nemmeno in tempo a dirle che al loro interno ci sono un portatile, un iPad e altri oggetti fragili. Forse sarebbe meglio se quei dispositivi si rompessero una volta per tutte. Ne guadagnerebbe una pace totale.

    Il maggiolino sbuffa sulla strada di campagna sterrata e Helsinki sembra ormai già lontana. Gli edifici e i campi dell’infanzia si susseguono uno dopo l’altro durante il tragitto. Saana abbassa il finestrino con la manovella e spinge fuori la testa. Un vento polveroso le colpisce subito il viso. L’aria odora di estate e di concime. I sassi sulla strada producono un rumore metallico sul fondo dell’auto e schizzano via da sotto le ruote. Saana rimette dentro la testa. Ora che è arrivata a Hartola, passare un’estate da Inkeri le sembra ancora un’ottima idea, come prima di partire, anzi addirittura meglio. Vino fresco sui gradini del granaio, vecchie riviste femminili, pettegolezzi con la zia e i suoi manicaretti. Già si figura il vapore della sauna che si scalda. Laggiù, lontano da casa, starà meglio. La disoccupazione a Hartola le sembrerà una vacanza, una liberazione. A casa di Inkeri potrà evitare compiti noiosi come esaminare il guardaroba, collezionare vestiti dei mercatini, ordinare la cantina, catalogare i barattoli delle spezie, cercare lavoro, lucidare le maniglie o sprimacciare i cuscini. A Hartola Saana si riposerà. Eliminerà, dormendo, tutto lo stress e il logoramento accumulati in primavera. E poi, a poco a poco, ricostruirà sé stessa.

    Mercoledì 26 giugno / Helsinki

    Jenna cammina lungo Neitsytpolku e controlla il cellulare. Non è sicura di aver fatto la scelta giusta. Oggi aveva in programma la palestra, e invece sta andando a fare baldoria, subito dopo il lavoro. Guarda l’ora, sono solo le 15:45.

    Costeggia delle belle case eleganti e finalmente all’orizzonte appare il mare. «Vieni subito, arriveranno anche gli altri», ha detto Elias. E Jenna ha accettato. Poco dopo si sentono delle risate in lontananza. Ha già capito di chi sono: al bar Mattolaituri siedono i soci dell’impresa. Elias, un arrivista che mira a scalare i vertici dell’azienda, è l’unica persona con cui Jenna sia un minimo in confidenza in quell’ufficio. Poco prima di raggiungere il tavolo, la ragazza sfodera un sorriso smagliante. Gli uomini non interrompono la conversazione quando arriva. Solo Lars si gira e Jenna si accorge che le osserva tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Sotto quello sguardo, la maglietta le sembra troppo sottile e la gonna troppo corta, ma è comunque contenta di essersi cambiata prima di andare. Il direttore del marketing non avrà niente da ridire sul suo aspetto. D’estate gli inviti possono arrivare all’improvviso, quindi Jenna porta sempre con sé al lavoro, oltre alla tuta per la palestra, anche dei vestiti da sera.

    «Aspetta un attimo», dice Elias, e va a prendere una sedia per Jenna al tavolo accanto. Jenna sbircia il direttore intento a scolarsi un bicchiere.

    «Non l’ho neanche sentito!», sghignazza Lars e riempie di nuovo i bicchieri di tutti.

    «Grandi, ragazzi!», ride Elias e si siede. Invita anche Jenna a sedersi. Lei riflette sul da farsi. Al tavolo ci sono solo uomini. Al contrario di quanto Elias aveva lasciato intendere, non erano venuti anche gli altri. C’erano soltanto Jenna e quegli uomini.

    «Ora sì che ci divertiamo!», ride sguaiatamente Lars.

    Elias annuisce e posa sul tavolo una scatola di fiammiferi. Sulla scatola c’è scritto Fire – idee che accendono. Jenna manda giù un sorso di champagne e osserva, senza farsi notare, Lars che apre la scatoletta per accertarsi che dentro ci sia della cocaina. Sì. I fiammiferi sono stati buttati via e al loro posto c’è la polvere bianca. Lars alza il bicchiere e annuisce soddisfatto. Elias risponde con un cenno impercettibile. Consegna effettuata, consegna ricevuta. Jenna cambia posizione sulla sedia. Vorrebbe sgattaiolare via, si sente come un pesce fuor d’acqua. Ma dove cazzo sono gli altri colleghi?

    Gli uomini scambiano qualche frase sulle previsioni di vendita della seconda parte dell’anno e poi passano ad argomenti più importanti: andranno a cena nel ben noto ristorante Klippan. Sullo sfondo di un bel paesaggio di mare, continuano con chiacchiere volgari, ricordando passate ubriacature. Dopo varie birre e tre bottiglie di champagne, il tono di voce degli uomini si è sensibilmente alzato. Ciononostante la forte brezza marina copre quasi totalmente i loro discorsi pesanti.

    Jenna si guarda intorno. Il caldo sole pomeridiano ha spinto molta gente a uscire, sulla spiaggia passeggiano varie persone sobrie con i loro cani. Jenna guarda di nuovo verso il tavolo. Le viene da ridere. La fronte di Lars è diventata color rosso fuoco. Lars Sundin è un uomo paonazzo, oltre la mezza età, con un taglio di capelli da surfista poco credibile. Jenna finisce il primo bicchiere. I tavoli intorno si stanno lentamente riempiendo, ma è impossibile sostenere il loro ritmo.

    Il bar Mattolaituri, situato sulla spiaggia, è come una vetrina. La gente del quartiere Eira, che esce a passeggiare o porta a spasso il cane, sbircia di nascosto per vedere chi c’è seduto sulla terrazza. Ci sono personaggi famosi? Gli uomini ogni tanto salutano qualche passante. È come se Jenna fosse seduta a un tavolo di vip. Gli uomini si scambiano delle pacche sulle spalle e sono totalmente a loro agio. Sono abituati a essere notati lì al tavolo. Nel bene e nel male. Delle barche a vela scivolano silenziose sullo sfondo. Jenna le guarda. Sta per arrivare la stagione migliore per navigare. Quando Jenna abitava ancora con i suoi genitori, la portavano spesso in barca. Per qualche secondo Jenna sente un’indefinita nostalgia, un desiderio di mare.

    Al tavolo vicino, tre donne tutte in tiro fanno un brindisi. Jenna ne riconosce una. Una nota blogger. Per un attimo vorrebbe essere spensierata come lei. Bella e famosa. Lars si allontana un po’ per fumare una sigaretta. Anche lui deve vivere una vita spensierata. Jenna non conosce molte persone che abbiano tutti così a disposizione. Jenna cerca di ricordare nomi di donne che sono uscite con Lars negli ultimi anni. Alcune tra queste sono anche intelligenti. Non è particolarmente attraente, magari è bravo a parlare? Di certo è spaventosamente ricco. Jenna lascia che Elias le riempia di nuovo il bicchiere e osserva Lars che fissa l’orizzonte. Per un momento le appare come una persona più autentica e innocua rispetto a poco prima. Anche lui, un tempo, è stato un bambino, pensa Jenna sorseggiando divertita le bollicine nel bicchiere.

    «Muoviamoci», li sollecita Lars quando torna al tavolo dopo la sigaretta. Tutta la compagnia tace all’improvviso. Evidentemente nessuno lo contraddice mai. La serata è calcolata al minuto. Prima champagne da Mattolaituri, poi cena da Klippan e, infine, festa vip privata al club Teatteri. Lars ha molti posti in lista e potrà entrare anche Jenna, le ha promesso Elias.

    Gli uomini arrivano sul molo di Klippan alle sei con passo fiero. Jenna trotterella dietro di loro sui tacchi. L’alcol ha iniziato a darle alla testa. Si sente invincibile, ma al tempo stesso anche stranamente fragile. Una nave della compagnia Silja è appena partita. La gigantesca silhouette bianca sparisce in un attimo dal porto. Lars segnala tramite l’apposita colonnina che serve un passaggio in barca. Il conducente si accorge della chiamata e si attiva subito per andarli a prendere. Gli uomini attendono a riva. Jenna avrebbe voglia di fumare. Proprio in quel momento squilla il cellulare di Elias.

    «Okay, siamo già qui», dice Elias e chiude la telefonata. Cinque minuti dopo arriva un taxi e alla compagnia si uniscono due ragazze. Una rossa e una bruna. Elias le accoglie in modo galante e poi le presenta a Lars. Lars le abbraccia entrambe a lungo e offre loro un goccio da una fiaschetta che estrae dalla giacca. Le ragazze alzano le sopracciglia in segno di sorpresa ma si attaccano subito avidamente alla bottiglietta piatta. I soci rimangono zitti un momento osservando quelle due graziose ragazze ingollare alcol molto forte tra urletti e risatine. Jenna osserva a bocca aperta la piega inaspettata degli eventi e capisce che è meglio mordersi la lingua e ricacciare indietro il commento che le è venuto in mente. D’altronde le ragazze sono giovani ma non sono minorenni.

    Quando la barca arriva, Lars le fa salire per prime. Jenna guarda le due facce nuove con perplessità. Le ragazze sono belle e pesantemente truccate. Delle risate un po’ esitanti riempiono l’aria, mentre salgono una per volta, barcollando, sulla barca. Le minigonne e i tacchi a spillo rallentano il processo. Jenna segue le ragazze, anche lei vacilla sui tacchi e si appoggia alla mano tesa da Lars. Le giovani si siedono vicino a lui e si mettono a chiacchierare del più e del meno. Jenna nota gli sguardi famelici degli uomini. Non può fare a meno di chiedersi quale sia il suo ruolo. Perché si trova lì? Lavora pur sempre in un ufficio. Jenna si gira verso Elias come a chiedergli: Ma che…? ed Elias le risponde con un gesto quasi irritato: Non fare domande.

    Mentre salgono le scale del ristorante, Jenna indirizza lo sguardo verso il bel cielo e la linea dell’orizzonte. Helsinki. Una volta entrati nel locale, si accorge che Elias è rimasto fuori con Lars. Gli uomini danno le spalle all’edificio di legno. Allora torna indietro, apre la porta esterna e rimane sul ballatoio ad ascoltare.

    «Nel gruppo c’è la nostra stagista. Ma che diavolo?», chiede Lars e guarda Elias interrogativamente.

    «C’è stato un problema, una non è venuta», balbetta Elias. «Lei la sostituisce. Avevamo pattuito che dovevano essere in tre, quindi stai certo che ne rimedio tre», continua Elias. Jenna percepisce dell’esitazione nella sua voce. Lars accetta la risposta annuendo leggermente. Jenna torna dentro in fretta. È stata contata come parte di un trio di giovani donne da intrattenimento? Sembra uno scenario di merda. D’altro canto, la serata finora è stata piuttosto divertente. Di certo saprà difendersi.

    Tre ore dopo, Jenna e Lars sono seduti al tavolo a discutere della situazione attuale degli affari. Del fatto che l’ostacolo più grosso allo sviluppo di nuovi progetti siano i clienti stessi. Non si riesce più a fare o a comprare una campagna pubblicitaria come si deve. Da un lato si vorrebbe una pubblicità fresca e particolare, ci si innamora di idee d’avanguardia, ma alla fine tutto viene riportato sempre ai soliti canoni e si producono solo un mucchio di pubblicità monotone.

    «I premi non si danno a lavori noiosi. Bisogna essere originali. Vale sia per i direttori del marketing che per gli impiegati», dice Lars, e Jenna nota che le guarda dentro la scollatura.

    «Su questo ti sbagli», ribatte Jenna e guarda Lars con aria di sfida. «I clienti vogliono soprattutto un prodotto rassicurante. Non si può più puntare sull’innovazione. C’è bisogno di ritorno sull’investimento», ripete Jenna e sente di aver bisogno di qualcosa di energizzante. Forse un po’ di cocaina.

    «Basta con questi discorsi, divertiamoci», esclama Lars come se le avesse letto nel pensiero. Jenna lo osserva mentre prepara sfacciatamente sulla tovaglia del ristorante la sottile polvere bianca. Notando l’espressione perplessa di Jenna, Lars scoppia a ridere. «Non c’è nessun problema. Siamo gli unici clienti».

    Jenna sgrana gli occhi e si china sul tavolo. Quando torna su e si appoggia allo schienale della sedia per godersi la sensazione, sente lo sguardo di Lars sul suo corpo.

    «Sembri più sveglia rispetto alle ragazze della tua età», afferma Lars e Jenna sorride. Forse lo è. Per lo meno è più determinata di molte ragazze.

    «Guarda quelli», dice Lars, e indica Elias e la rossa che tornano insieme nel ristorante. «Se osservi bene, noterai che la camicia di Elias non è più dentro i pantaloni e che ha la riga dei capelli dall’altro lato rispetto a quando sono usciti a fumare». Lars scuote la testa tra sé e sé. «La pazienza. Dove cazzo è finita la pazienza? I giovani tinderiani non danno più importanza alla conquista. La sottile arte della caccia».

    Jenna sorride. Ha deciso che lei andrà a caccia solo di un altro po’ di cocaina. Dopodiché potrà pure tornarsene a casa.

    Verso mezzanotte lasciano l’isola e ritornano al molo. Un taxi nero li attende al parcheggio.

    Mezz’ora dopo la compagnia entra ubriaca e molto assetata al club Teatteri. Un culturista vestito di nero fa un lieve cenno di assenso a Lars e va ad aprire per loro la corda dell’ingresso vip.

    «Benvenuto».

    Lars risponde al cenno, fa scivolare nella mano dell’uomo una banconota arancione e porta il gruppo sulla terrazza, verso un’area piuttosto grande in cui ci sono vari tavoli. Senza dire niente, Lars lascia che gli altri si accomodino e va al bancone a ordinare. Poco dopo arrivano un vassoio di vodka cranberry e un paio di bottiglie di champagne, e Jenna si accorge che inizia a sentirsi a suo agio. Inoltre Lars non sembra così male come tipo.

    «È champagne questo, non spumante, vero?», Jenna afferra la bottiglia ed esamina l’etichetta già chiaramente ubriaca. Lars annuisce suscitando un mormorio soddisfatto nella compagnia. Nessuno ha mai visto Lars Sundin prendere al Teatteri nient’altro se non vero champagne francese.

    Giovedì 27 giugno / Helsinki

    Jenna si sveglia a pancia in giù e apre gli occhi a fatica. La stanza intorno è sconosciuta. Dove si trova? In silenzio esamina la stanza. Uno spazio stretto, con pareti chiare e un parquet scuro. È sdraiata in basso, forse su un futon. I raggi provenienti dall’esterno illuminano parte del pavimento e una parete bianca. Da un lato si vede una lunga fila di finestre e oltre i vetri il cielo azzurro chiaro. Non ci sono tende. Sul pavimento, sopra una pila di riviste d’arredamento, è poggiata una sveglia. I numeri rossi luminosi segnano le 04:39. È finita a dormire a casa di qualcuno. Sente, di fianco a lei, un rumore lieve, come di uno schiaffetto. Jenna si irrigidisce un attimo e si rende conto in quel momento di essere nuda. Tasta con le mani la coperta. È confusa. Le bruciano gli occhi. Cos’era quel rumore? Ha di nuovo bevuto troppo e sniffato cocaina. Ciò le ha dato lì per lì una sensazione di invincibilità. Adesso invece si sente indifesa. Da quant’è che si trova qui? Jenna guarda, con una lieve sensazione di paura, verso sinistra. Chi c’è vicino a lei?

    No, cazzo. Il direttore. Jenna si tira la coperta fino alle orecchie e strizza gli occhi. Non è affatto sicura di cosa sia successo nelle ultime ore. Cosa abbiano fatto o non fatto. Non si ricorda nemmeno come siano arrivati a casa di Lars Sundin. Probabilmente in taxi. Jenna non sa dire a che ora. Inoltre è ancora ubriaca. A un tratto le torna in mente una barca. Il ricordo delle ultime ore è molto debole. Elias con le sue richieste. Il Teatteri. Le strisce e lo champagne. L’immagine di una barista che le si avvicina e le suggerisce amichevolmente di trovarsi una compagnia di coetanei. Jenna che, esaltata dalle sostanze, risponde sentendosi Beyoncé: «Fatti i fatti tuoi». Non può incolpare nessun altro se non sé stessa.

    Il direttore si alza. Jenna sbircia con cautela e attende che sia uscito dalla stanza prima di mettersi a sedere. E ora?, pensa e si alza avvolta nella coperta. È ancora troppo presto, alle cinque di mattina è difficile riuscire a tornare a casa. E prima deve almeno andare in bagno. Jenna cammina in punta di piedi e si rimprovera. Lars Sundin. Dev’essere la persona più vecchia con cui è andata a letto. Manager della Fire, ricco e prepotente. Ogni volta che Lars, al lavoro, era passato accanto alla sua postazione temporanea, Jenna aveva flirtato un po’. Ma solo un po’ e solo per gentilezza. Quando Elias le ha telefonato, a sorpresa, venerdì pomeriggio per chiederle se gradiva dello champagne, Jenna ha accettato senza indugio. Magari avrebbe potuto essere una buona occasione per fare carriera. Ma poi ha scopato per sbaglio con il vecchio direttore del marketing e non è neanche sicura di cosa abbiano fatto. Si sente una persona miserabile e fallita.

    Il bagno si trova dietro la terza porta. Jenna va a fare pipì e si asciuga le mani con un lussuoso asciugamano morbido formato maxi. Proprio come quelli degli hotel. L’asciugamano ha un leggero profumo di dopobarba maschile. Jenna si spazzola i capelli appiccicosi di lacca e poi li raccoglie in uno chignon. Si guarda nello specchio del bagno. Potrebbe essere più ordine, ma nella condizione attuale, senza latte detergente e senza avere trucchi con sé, deve rimanere con quello un po’ rovinato che già aveva. Dopo essersi guardata allo specchio, Jenna apre lo sportello dell’armadietto per vedere cosa c’è dentro. Alcune confezioni di medicinali, un profumo di Armani e un deodorante. Sul bordo del lavandino c’è un solo spazzolino da denti elettrico della Braun. Nessuna lametta di ricambio, prodotti cosmetici o ovatta. Il rubinetto e la ceramica del lavandino sono splendenti, sicuramente Lars ha qualcuno che gli fa le pulizie. Nell’ampio locale non deve abitare nessun altro oltre a lui. Nessuna moglie. Nessuna fidanzata. Secondo i pettegolezzi cambia donne in continuazione. Prima di uscire dal bagno, Jenna controlla meglio le etichette dei medicinali. A cosa gli servono? Niente di contagioso, nessun farmaco per l’

    AIDS

    . Il primo barattolo è melatonina, il secondo è un farmaco per l’emicrania. Il terzo, già semivuoto, è Viagra, per incrementare la virilità. A Jenna viene da vomitare. Lars dev’essere più vecchio di quanto appaia. Richiude l’armadietto e fissa il vuoto. Ha una forte sonnolenza provocata dagli eccessi della sera precedente. Comincia a salirle la nausea e si sforza di muoversi da lì.

    Mentre esce dal bagno, sente qualcuno parlare a bassa voce in una delle stanze. Si riscuote dal torpore e va nel panico. Cazzo. Si trova nell’appartamento di Lars, non è ancora mattina e non sa cosa gli dirà quando tra un po’ si incontreranno. E con chi diavolo sta parlando Lars? Il parlottio sembra provenire da lontano, dall’altra parte dell’appartamento.

    «Cosa vuoi?», sente Lars dire in un punto indefinito della casa.

    Jenna ripercorre il tragitto fino al letto. Si riavvolge stretta nella coperta e guarda angosciata i suoi vestiti ammucchiati sul pavimento. Il toppino nero e la gonna di paillettes hanno un’aria logora e scadente al chiarore dell’alba. Davanti alle alte finestre senza tende, Jenna si sente come in un acquario. La luce brillante di giugno sta già penetrando nella stanza. Jenna va alla finestra e guarda un attimo il paesaggio tranquillo. In lontananza, dietro ai palazzi, scintilla il mare.

    Il lieve parlottio è cessato. Forse Lars era al telefono. Jenna rimane alla finestra e cerca di raccogliere il coraggio in vista dell’incontro con Lars. Nelle immediate vicinanze ci sono alcuni palazzi e un albero frondoso. Jenna dissotterra dal mucchio di vestiti la borsetta, tira fuori il cellulare e torna alla finestra per farsi un selfie di merda. Note to self: mai più cose del genere. Sullo sfondo la finestra, il cortile e la luce mattutina estiva. Jenna fa una smorfia imbarazzata davanti alla fotocamera. Questa immagine non sarà condivisa sui social. Poi torna con lo sguardo al cortile. Ai piedi del grande albero ha visto un movimento. Le sembra che ci sia una persona dai capelli scuri appoggiata al tronco, che guarda fisso verso la casa. Jenna strizza gli occhi per vedere meglio. La luce intensa del mattino la colpisce direttamente negli occhi. Le ciglia finte appiccicate le annebbiano il campo visivo e i rami pieni di foglie le stanno davanti. Poi l’ombra si sposta. Jenna trasalisce. Prima non ne era sicura, invece c’è davvero qualcuno là in basso. Si ritrae rapidamente dalla finestra. È ancora praticamente nuda. Spera che la persona là fuori non abbia visto niente.

    Jenna si riveste, ma non si sente bene e non riesce a stare in piedi. Si siede sul futon.

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