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Irresistibile attrazione
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E-book475 pagine6 ore

Irresistibile attrazione

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Info su questo ebook

“Tu non vuoi un uomo che conosca le buone maniere. Tu vuoi qualcuno che ti porti a scoprire il tuo lato selvaggio, qualcuno che sappia ciò che realmente ti piace…”

Roz Spring è un’attrice, una donna dai mille volti che sa come cavarsela in qualunque situazione. Ma dopo essere stata testimone di un omicidio, persino una come Roz si ritrova con le spalle al muro, costretta a nascondersi per paura che l’assassino torni a cercarla.
Andy McTravish, uomo dal fascino oscuro e pericoloso, ha rinunciato a una vita di privilegi per mettersi alla prova e ora lavora in un’agenzia di sicurezza internazionale. Quando le strade di Roz e Andy si incrociano, lei ha bisogno di protezione e lui di una finta fidanzata che gli consenta di sottrarsi alle pressioni della famiglia. La soluzione è semplice: fingeranno di essere una coppia. Ma l’attrazione tra loro è immediata e irresistibile, e quello che è cominciato come un rapporto professionale non ci mette molto a trasformarsi in un gioco intimo e sensuale. Nonostante il pericolo in agguato, Roz e Andy si spingeranno oltre i limiti del piacere e scopriranno che nessuna barriera può contenere la violenta passione che li ha travolti. Così, mentre tentano di sopravvivere, una domanda inizia a ossessionarli: cosa accadrà quando sarà tutto finito e non sarà più necessario fingere?
Evie Hunter
È lo pseudonimo delle irlandesi Caroline McCall e Eileen Gormley. Si sono conosciute a un corso di scrittura creativa. L’iniziazione è il primo di una serie di romanzi erotici a loro firma. La Newton Compton ha pubblicato anche Piacere proibito e Sono tua.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2015
ISBN9788854189393
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    Anteprima del libro

    Irresistibile attrazione - Evie Hunter

    Capitolo 1

    Roz Spring vacillò quando vide i coltelli da caccia esposti sulla parete. Erano così fuori posto nel fatiscente centro commerciale londinese che non riuscì a nascondere lo shock. Sbatté le palpebre e riuscì a mantenere un’espressione neutra, ma non poté fare a meno di sudare freddo.

    «Sta bene, cara?». Il responsabile del Sunny Money dietro la scrivania la raggiunse e la prese per il braccio. «È sbiancata tutto d’un colpo».

    Roz si appoggiò al suo braccio. Il peso del pancione la sbilanciava, e avrebbe approfittato di tutto l’aiuto possibile. Si piegò in avanti, per togliere la tensione dalla schiena. «Mi dispiace, sono stati quei coltelli. Mi hanno spaventata a morte».

    Il signor Sunny Money si girò per guardarli, come se si fosse dimenticato di averli. Sei coltelli, lunghi e letali, con manici di pelle, avorio e legno, luccicavano perfidamente dalla parete. «Appartenevano al mio bisnonno. Era un grande cacciatore in Africa, quando ancora era permesso uccidere gli animali». Si strinse nelle spalle. «Certo, adesso le cose sono diverse. Non si caccia più, si scattano fotografie. È il mio passatempo».

    Le scoccò un sorriso affascinante, ma Roz non riuscì proprio a ricambiarlo. I coltelli la terrorizzavano.

    Si strofinò a lungo il pancione. «Mi dispiace tanto, mi hanno spaventata da morire».

    L’agenzia di credito Sunny Money era al primo piano del centro commerciale di Lewisham, tra una gioielleria e una boutique di abiti di alta moda e attillati che non le sarebbero ormai più entrati. Dall’esterno, la vetrina dell’ufficio mostrava pareti di un colore neutro, un tappeto e una scrivania alta fino alla vita senza il vetro antiproiettile tanto diffuso nelle banche. Era un ambiente amichevole e accessibile: esattamente quello di cui Roz aveva bisogno.

    Cominciò a tremare leggermente, sentì un formicolio alla nuca e desiderò grattarsi, ma non riusciva a distogliere l’attenzione dalle armi esposte. Da quella notte umida a Parigi di più di un anno prima, i coltelli tormentavano il suo sonno.

    «Posso sedermi, per favore? Non mi sento tanto bene».

    Il signor Sunny Money era la premura in persona. «Ma certamente. Ecco qua».

    Le avvicinò una sedia e la aiutò a sedersi.

    Roz si abbassò sgraziatamente, tirando un sospiro di sollievo quando finalmente poté rilassarsi. Poi si chinò in avanti e si strofinò la parte bassa della schiena. «Non avevo idea che la gravidanza fosse così terribile. Sembra tanto affascinante alla tv, con tutte quelle donne radiose, felici. Sì, come no!».

    Era abbastanza vicina da leggere il cartellino dell’agente di credito: Dave Winston.

    Dave le poggiò la mano sul braccio. «Posso immaginarlo, ma lei è radiosa in un modo tutto suo». Indugiò un attimo, con delicatezza. «Immagino partorirà tra poco».

    Roz distolse lo sguardo. «Sì, è più o meno questo il motivo per cui sono venuta. Partorirò tra un paio di settimane, e sono due gemelli». Alzò di nuovo gli occhi. «Gemelli! Uno era già abbastanza, ma due? Non avevo idea che fossero così costosi. Mi serviranno due culle, un passeggino doppio, il latte, lo sterilizzatore, vestitini e quant’altro. Non ho la più pallida idea di dove prenderò i soldi, ma la mia amica Stella ha detto che voi potevate aiutarmi».

    Dave le rivolse il suo miglior sorriso rassicurante.

    Era un’espressione ben studiata, giudicò Roz.

    «Capisco perfettamente. Non penso che il padre…», continuò, smorzando poi la voce.

    «No. Non c’è nessun padre. La mia amica Stella mi sta aiutando a ottenere l’assegno di maternità. Sarà sostanzioso visto che sono due gemelli, ma ho bisogno dei soldi adesso».

    «È per questo che siamo qui, cara. Che cosa aveva in mente?».

    Roz fece un respiro profondo. «Mille sterline sarebbero troppe?».

    Il sorriso di Dave divenne quello di un predatore. «Certo che no. Costosi, questi piccolini. Forse avrà bisogno di qualcosa in più. Diciamo… millecinquecento? Le rate sono soltanto di venti sterline alla settimana, non avrà problemi».

    Roz si sforzò di sembrare riconoscente. «Oh, grazie, grazie mille. Mi ha salvato la vita. E gli interessi?»

    «Non saranno un problema». Dave la aiutò ad alzarsi dalla sedia e la accompagnò fino alla scrivania, dove le diede un modulo da compilare.

    Nello spazio per il nome Roz scrisse Elaine O’Kennedy, per poi inserire più in basso uno dei tredici indirizzi diversi in cui aveva vissuto da bambina; suo padre non credeva nell’idea di una dimora stabile. Vagò con lo sguardo nello spazio dietro la scrivania, in cerca di una cassaforte chiusa a chiave.

    Eccola. Proprio quella. Scarabocchiò una firma in fondo alla pagina mentre l’agente di credito contava i soldi.

    «Perfetto», fece Dave dando una rapida occhiata al modulo. «Ora, può mostrarmi la patente? Devo vedere un documento». Trattenne in mano le banconote.

    Roz scosse la testa. «No, mi dispiace». Lasciò filtrare una nota di disperazione nella sua voce. «Vuol dire che non posso avere i soldi?»

    «Mi dia qualcos’altro, allora. La tessera sanitaria, magari».

    Le tremava la mano mentre la cercava nella borsa.

    Dave gliela strappò di mano e guardò i dettagli della tessera falsificata. «Perfetto. La tratterrò per qualche giorno mentre controllo i suoi dati».

    Aprì la piccola cassetta di sicurezza dietro la scrivania e vi infilò la tessera di Roz.

    Adesso.

    Roz fece cadere a terra il preservativo riempito di acqua colorata di giallo, schizzando il contenuto sulle sue gambe e sul tappeto. Poi si mise le mani sul pancione e lanciò un forte urlo.

    «Mi si sono rotte le acque!».

    Roz si piegò in due. «Ahi, ahi, ahi. Dev’essere una contrazione, accidenti!».

    «Aveva detto che mancavano ancora due settimane!». Dave era completamente frastornato.

    Roz raddrizzò la schiena abbastanza per fulminarlo con lo sguardo. «Mi ricorderò di dire ai bambini che sono arrivati in anticipo».

    Si prese di nuovo il pancione, lamentandosi. «Deve chiamare aiuto».

    Dave armeggiò sulla scrivania in cerca del suo cellulare. Era sparito.

    Roz mugolò ancora, alzando la voce: «Oddio, che male!». Si aggrappò alla scrivania. «Pensavo ci fossero delle pause tra una contrazione e l’altra. Questi bambini hanno fretta».

    «Ma non può partorire qui!». Dave smise di cercare il telefono scomparso. «Aspetti, vado a chiamare qualcuno».

    Roz annaspò in modo esagerato. «Si sbrighi, per favore».

    Dave uscì come una scheggia dall’ufficio.

    Non appena rimase sola, Roz si accovacciò dietro la scrivania e afferrò la cassetta. Era piena di tessere sanitarie. Il signor Sunny Money stava vessando i vicini di Roz da mesi. Stronzo. Si sollevò la gonna del voluminoso abito prémaman, aprì la lampo del pancione e ci vuotò il contenuto della cassetta di sicurezza. Perfetto. Molte persone avrebbero dormito sonni più tranquilli. Si affrettò a rialzare la lampo del pancione e ad abbassarsi il vestito, poi si guardò intorno, per vedere se si fosse dimenticata qualcosa.

    Bang! Bang!

    All’esterno dell’agenzia di credito esplosero dei colpi, seguiti dal rumore di un vetro infranto e dalle grida dei clienti. Roz alzò la testa e scorse un uomo mascherato imbracciare un fucile. Si gettò subito a terra, sperando di non essere stata vista.

    Altri spari, urla, e il suono di decine di persone che correvano. Scattò un allarme.

    Maledizione! Non ci voleva un indovino per capire cosa fosse successo: una rapina alla gioielleria finita male. Adesso i ladri stavano cercando di uscire aprendosi la strada con le armi da fuoco, ed erano tra lei e l’uscita.

    Roz rimase dov’era, usando la scrivania per proteggersi dal pandemonio là fuori, ma non riuscì a trattenersi: sbirciò oltre il bordo della scrivania per vedere cosa stava accadendo.

    Un uomo alto stava scortando un gruppo di ragazzi giù per le scale di servizio. Era difficile distinguerne i dettagli, visto che indossava un costoso cappotto di lana, ma aveva un che di familiare.

    Quando infine girò la testa, Roz riuscì a scorgerne il profilo, e lo riconobbe all’istante...

    Andy McTavish.

    No, no, no! Tutti tranne lui. L’ultima persona che le serviva in quel momento era proprio Andy McTavish. Era da più di un anno che Roz era in fuga, stando sempre un passo avanti a lui. Non gli avrebbe permesso di portarla alla stazione di polizia e trattenerla fino all’arrivo dell’Interpol. Aveva lavorato e rischiato troppo per essere catturata adesso.

    Il cuore le batteva all’impazzata. Perché mai avevano dovuto mandare qualcuno così stupendo per catturarla?

    Roz si accovacciò dietro la scrivania, ben nascosta. La porta d’emergenza si aprì e lui sparì.

    Una sirena della polizia si stava avvicinando, e una raffica di colpi le fece capire che i banditi avevano una mitragliatrice oltre a una pistola. Le sue possibilità di uscire viva di lì diminuivano di secondo in secondo.

    Ebbe a malapena il tempo di scorgere il movimento di un’ombra prima che un grosso corpo scivolasse dietro la scrivania e sul pavimento accanto a lei.

    «Oh!».

    Gli occhi scuri di Andy, contornati da lunghissime ciglia e ombreggiati da forti sopracciglia, erano stretti come fessure. Gli zigomi taglienti creavano luci e ombre sul viso spigoloso. Le labbra sottili erano tese, finché non la vide accovacciata dietro la scrivania.

    Roz colse la scia del suo profumo: tracce boschive e mascoline che le infiammarono la pelle. Come diamine poteva avere un tale effetto su di lei?

    Nonostante fosse accovacciato, si prese un momento per farle un piccolo inchino con la testa. «Mi dispiace disturbarla, ma devo prendere in prestito un paio dei suoi coltelli».

    Il particolare modo in cui pronunciava la erre, tipico dell’Irlanda del Nord, era incredibilmente sensuale. Persino nel bel mezzo di una sparatoria, qualcosa dentro di lei si sciolse. Quell’accento era da brevettare. Tipico di Andy McTavish fare il cascamorto con qualsiasi donna incontrasse, persino nel corso di uno scontro a fuoco. E non l’aveva riconosciuta.

    Soffocò la fitta di dolore e finse un forte accento dello Yorkshire. «Faccia pure». Il suo travestimento aveva retto.

    La squadrò con occhi interessati, fermandosi quando notò il pancione, e la sua espressione cambiò. «Non si affatichi, la porterò fuori di qui in men che non si dica, glielo prometto».

    «Lei e quale esercito?», sbottò Roz. Se c’era una cosa che detestava, erano gli uomini che promettevano mari e monti, senza poi combinare nulla.

    «Signora, io sono un Ranger. Io sono un esercito».

    Nonostante tutto, Roz non poté fare a meno di credergli.

    Andy alzò un braccio e afferrò tre dei coltelli esposti alla parete. Tornando a nascondersi dietro la scrivania, provò le lame contro il pollice e annuì, soddisfatto. «Torno tra qualche minuto». Le sollevò il mento con una mano e le diede un bacio sulla fronte. «Rimanga nascosta, prometto di venire a riprenderla».

    Poi uscì dal riparo della scrivania e sparì.

    Un’irregolare raffica di spari colpì la passerella di metallo. I proiettili frantumarono in mille pezzi la vetrina di un negozio e colpirono il soffitto, cospargendo il suo vestito di Savile Row di schegge di gesso.

    Andy fece un sorriso e scosse la testa. Solo a un povero idiota come lui poteva mancare il fatto di trovarsi nella linea di tiro di un criminale, ma le cose erano state tranquille ultimamente. Persino per lui. Quello che doveva essere un semplice incontro con un informatore su alcune opere d’arte rubate e sulla mafia dell’Est europeo si era fatto improvvisamente più interessante. Il suo sorriso si fece più ampio.

    Quella moretta incinta aveva dubitato di lui? Le avrebbe dimostrato che rispettava sempre la parola data. C’era un che di familiare in lei, qualcosa che però non riusciva a cogliere.

    Un altro colpo esplose nell’aria, e Andy scacciò la donna dai suoi pensieri, concentrandosi sul lavoro che doveva portare a termine.

    Accovacciandosi, s’infilò il coltello più piccolo in uno stivale, e un altro nella cintura. Quello più grande lo nascose nella tasca del cappotto, tagliando la fodera di seta come burro. Una pistola sarebbe stata meglio, ma avrebbe dovuto accontentarsi.

    Andy si avvicinò al luogo della rapina, camminando lungo la parete per non farsi vedere e ascoltando con attenzione. Sembrava che gli idioti stessero cercando di aprire una cassaforte a forza di proiettili. Due armi da fuoco significavano due rapinatori, e forse ce n’era un terzo nei paraggi, con ogni probabilità a bordo di un’auto rubata.

    La mitragliatrice smise di sparare.

    «Come facevo a sapere che la cassaforte aveva una chiusura a tempo? Porca troia!». L’urlo proveniva dal negozio. Seguirono altre imprecazioni, prima che l’arma venisse gettata fuori della porta e oltre la ringhiera, per poi atterrare in un’area ristoro al piano terra.

    Un’arma in meno di cui preoccuparsi, ma un pericolo in più, visto che uscire di lì a mani vuote li avrebbe fatti infuriare.

    «Alzati, troia. Ce ne andiamo». Andy sentì una voce diversa stavolta, più dura, e di una persona meno giovane.

    «La prego, no. Ho una bambina. Ha solo quattro anni». La supplica della donna rasentava l’isteria.

    Il rumore di uno schiaffo risuonò forte nel centro commerciale vuoto. La donna urlò dal dolore.

    Andy serrò la mascella, e si sforzò di calarsi nel ruolo dell’uomo d’affari colto di sorpresa in qualcosa di brutto: l’esca perfetta per due idioti che avevano bisogno di assicurarsi una sicura via d’uscita.

    La donna uscì per prima, cercando inutilmente di afferrare il braccio che aveva intorno al collo. Stava piangendo, e già si cominciava a intravedere un livido sullo zigomo. Tenendo la schiena contro il muro, il rapinatore cominciò a spostarsi lungo la passerella, verso l’uscita di emergenza.

    Il secondo uomo uscì dal negozio, chiaramente agitato, visto che senza uno scudo umano era esposto. Si guardò intorno, come se avesse paura che ci fosse già un cecchino della polizia appostato.

    Andy s’inginocchiò e alzò le mani. «Vi prego, non sparate», implorò, facendo tirare un sospiro di sollievo al bandito più giovane.

    «Prendilo», gli ordinò il suo compagno.

    Andy non oppose alcuna resistenza mentre veniva fatto alzare in piedi.

    Uno dietro l’altro, i quattro camminarono lentamente trascinando i piedi verso l’uscita. Andy valutò le opzioni. Doveva risolvere la situazione prima dell’arrivo delle autorità: il suo capo non lo pagava di certo per perdere tempo nelle stazioni di polizia a risolvere i casini in cui si era ficcato.

    L’avvicinarsi delle sirene all’esterno del centro commerciale lo avvertivano che ormai aveva pochissimo tempo.

    Finse d’inciampare contro la coppia davanti a sé, facendoli barcollare. Estrasse il coltello più piccolo dallo stivale e, rialzandosi in piedi, lo conficcò con tutta la forza che aveva nel piede del bandito più giovane. Poi gli diede una violenta gomitata al plesso solare, togliendogli il respiro, prima di girarsi e colpirlo al viso. Quel pugno provocò un soddisfacente scricchiolio delle ossa.

    L’altro rapinatore si girò rapidamente, tenendo stretta la donna. Poi socchiuse gli occhi, come a valutare le opzioni disponibili. Strinse la presa sulla pistola puntata all’ostaggio.

    Agendo puramente d’istinto, Andy tirò fuori il secondo coltello e lo lanciò verso l’uomo. Come in una sequenza al rallentatore di un film d’azione, l’arma sferzò l’aria e si conficcò nella gola del bandito, facendo gridare la donna.

    Quando sentì un rumore alla spalle, Andy si girò rapidamente. Il bandito più giovane si era rialzato e stringeva in mano il coltello più piccolo. Questi tizi non sapevano proprio quando era il momento di scappare?

    Andy si mise una mano in tasca e afferrò il manico del coltello più grande, che però s’incastrò nell’imbottitura del cappotto, rifiutandosi di uscire.

    Con un grugnito, l’uomo scattò in avanti. «Ti sventro, pezzo di merda!».

    Il coltello era diretto agli occhi, ma Andy lo schivò. Strattonò ancora una volta il coltello in tasca, ma fu costretto ad arrendersi quando il colpo successivo del rapinatore gli sfiorò la guancia. Cazzo. Stava esaurendo le opzioni e il tempo. Afferrando il manico d’osso, Andy spinse con forza la lama verso l’alto.

    L’espressione dell’assalitore cambiò in un attimo da rabbia cieca a incredulità mentre una pozza scarlatta cominciò a espandersi sul suo petto. «Figlio di puttana», ansimò, lasciando cadere il coltello a terra.

    Andy fece un passo indietro e liberò la lama, che tintinnò sul pavimento quando allentò la presa sul manico.

    «Signora», salutò Andy scavalcando il corpo del ladro privo di sensi e tornando nell’agenzia di credito.

    La brunetta sbirciò da dietro la scrivania. «Come mai ci ha messo così tanto?»

    «Ero un tantino impegnato», rispose lui. «Nemmeno un bacio per il suo eroe?».

    Roz sbuffò. «Ne ha già avuto uno».

    Lui scoppiò a ridere. «Quello non era un bacio».

    Se lo era immaginato lui o l’accento dello Yorkshire della brunetta era scomparso? C’era sicuramente qualcosa di familiare in lei; in particolare, quegli stupefacenti occhi azzurri gli ricordavano qualcuno.

    Lei si alzò con fatica, lottando col pancione, e Andy tenne a bada la sua immaginazione ribelle. «Forza, l’accompagno all’ambulanza».

    La donna restò impietrita. «No, no. Nessuna ambulanza».

    Appoggiando il piede su qualcosa di bagnato, la brunetta fece per scivolare, ma Andy corse al suo fianco e riuscì a prenderla in tempo. Quando se la trovò tra le braccia, si accorse che era più leggera di quanto si fosse aspettato. Poi qualcos’altro attirò la sua attenzione: i suoi capelli si erano spostati.

    Andy sollevò il braccio e li toccò. La parrucca bruna scivolò via, rivelando dei capelli rosso acceso.

    Sorpreso, fece un passo indietro, fissandola. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui l’aveva vista… ma non aveva dubbi. Quei furiosi occhi azzurri appartenevano alla donna che inseguiva da più di un anno. Lei si aggiustò la parrucca, rimettendola a posto.

    «Roz O’Sullivan?», chiese, giusto per essere sicuro.

    Gli sembrò di sentirla sussurrare «Beccata!» prima di raddrizzare la schiena con fare sprezzante. «Roz Spring, in realtà».

    Era lei! Era la pazza che aveva rubato un favoloso gioiello da un museo in Svizzera facendo finta di essere la sua gemella, ed era in fuga da allora. Andy l’aveva già catturata una volta e trascinata a testimoniare al processo della sorella, ma era riuscita a scappare subito dopo passando da una finestra della stanza del giudice.

    E adesso era proprio davanti a lui, mentre lo fissava con occhi socchiusi. Occhi che l’avevano tenuto sveglio più spesso di quanto avrebbe voluto ammettere, ma sapeva che quella era una donna che non poteva inseguire. Anche se non fosse stata sfuggente come un’anguilla, affidabile come una promessa elettorale e furba come una volpe, era proibita: Roz era una donna ricercata. Nel corso dell’ultimo anno l’aveva tenuta d’occhio per conto della Moore Enterprises, con l’ordine di arrestarla se le loro strade si fossero incrociate. Il fatto che Roz fosse la cognata del suo capo irritava Niall Moore più di quanto non volesse ammettere.

    Ma adesso Andy ce l’aveva, anche se quel pancione lo preoccupava più della lotta in corso. Come aveva fatto Roz Spring a rimanere incinta?

    Nel solito modo, cazzone!

    Per qualche ragione, non voleva pensare a Roz O’Sullivan, o Spring, o come diavolo si faceva chiamare, con un estraneo. Non che fossero affari suoi. Non aveva niente a che fare con lui, e mai sarebbe stato altrimenti.

    Le prese il braccio. «Mi hai dato del filo da torcere, ma è ora di andare adesso».

    Andy si aspettava una qualche resistenza da parte sua, un tentativo di fuga. Dio solo sapeva quanto fosse brava a scappare. Invece, si piegò in due e cominciò a lamentarsi. «Oh, oh!».

    Le macchie sul vestito e la pozza sul pavimento gli fecero venire un vuoto allo stomaco. «Dio, ma sei in travaglio? Non starai mica per partorire adesso!».

    Forse era il panico nella sua voce, ma c’era una traccia di ilarità negli occhi di Roz. «Non proprio, ma se non mi fai uscire subito, allora forse sì».

    Non poteva essere una cosa semplice, eh?

    Andy la scortò lungo la passerella e giù per le scale. Gli ascensori erano già stati bloccati dalla polizia come parte del piano d’emergenza. Abbassò il maniglione della porta antipanico e furono subito accolti da una Unità di risposta alle emergenze.

    Ignorando le proteste di Roz, Andy la prese in braccio. «Mia moglie è in travaglio. Il trauma…».

    «Sta arrivando un’ambulanza, signore».

    Continuando a tenerla in braccio, Andy si fece strada tra la folla. Un gruppo di scolari dietro le barriere della polizia fece partire un debole applauso. Merda. Doveva andarsene subito di lì. Dall’altra parte della strada accostò un taxi, e Andy schivò le auto che transitavano in un senso e nell’altro mentre correva per prenderlo. Dio se era pesante quella donna! I neonati erano creature piccole, no? Quanto peso poteva arrivare a prendere una donna incinta?

    Lasciò andare Roz e spalancò lo sportello del taxi, aiutandola a sedersi sul sedile posteriore, prima di scivolare accanto a lei. «Quale ospedale?»

    «Nessuno. Portami via di qui». Gli lanciò un’occhiataccia furiosa.

    Forse era ancora sotto shock. Ci riprovò, in modo più paziente stavolta. «Dobbiamo portarti all’ospedale, ma devi dirmi quale».

    Un’altra occhiataccia. Roz si afferrò il vestito bagnato, sollevando la gonna e rivelando così un paio di belle gambe.

    Sei un pervertito, McTavish. Andy cercò di distogliere lo sguardo, ma un’attrazione malata glielo impediva. Scorse un paio di mutandine rosso scuro.

    Eh sì, andrai dritto all’inferno.

    «Ehi! La mia faccia è quassù», sbottò Roz. «E non ho bisogno di un ospedale, ma solo di sdraiarmi un attimo».

    Il suo istinto gli diceva di portarla da un dottore il prima possibile, ma d’altra parte, pensò Andy, lei lo avrebbe saputo se ne avesse avuto bisogno. E in più, era sicuro che in ospedale sarebbe riuscita a sfuggirgli un’altra volta.

    «Bene. Andremo al mio albergo». Fece un cenno al tassista. «Ci porti al Savoy».

    Capitolo 2

    Roz era silenziosa a bordo del taxi. Andy poteva quasi sentire gli ingranaggi girare nella sua testa. Roz Spring era una truffatrice e una persona camaleontica. Era anche in pericolo, cosa che non sembrava preoccuparla affatto.

    «Ti vedo bene», azzardò Andy. L’abito prémaman le stava male, ma era impossibile nascondere la vitalità dei suoi capelli rossi, visibili adesso che si era tolta la parrucca.

    Roz gli lanciò un’occhiata esasperata. «Sei incredibile, lo sai? Provarci con una donna incinta! Sei disgustoso».

    «Non ci sto provando con te».

    «Ti ho visto che sbirciavi prima», disse lei, alzando la voce per farsi sentire dal tassista.

    La tentazione di risponderle per le rime era fortissima. Ma Andy fece un respiro profondo. Roz stava fuggendo da più di un anno, ed era stato un puro caso che l’aveva trovata. Non le avrebbe dato un’altra possibilità di scappare.

    La ragione ufficiale per cui la migliore agenzia di sicurezza in tutta Europa stesse ancora ricercando Roz era che era stata testimone di un brutale omicidio, e l’Interpol voleva che testimoniasse in tribunale. La polizia non era riuscita a catturarla, ma la Moore Enterprises non si era data per vinta.

    In realtà – Andy lo sapeva – il vero motivo per cui il suo capo voleva Roz era che sua moglie non gli avrebbe dato pace finché la sua gemella scomparsa non fosse stata trovata. Le sorelle erano cresciute separate: Sinead dallo zio milionario, mentre Roz da suo padre, un truffatore professionista. Non c’era quindi da sorprendersi se anche lei campasse di raggiri e imbrogli. Andy aveva l’ordine di trovarla e catturarla, a qualunque costo.

    Andy fece un largo sorriso. Di sicuro il suo capo non se la sarebbe aspettata una cosa del genere. Niall Moore si sarebbe infuriato per il fiasco della missione sulle opere d’arte rubate. Non si sarebbe dovuto spacciare per un acquirente dopotutto, ma almeno la suite al Savoy sarebbe servita a qualcosa.

    Lanciò un’occhiata a Roz. Perché non si era costituita alla polizia? Aveva un bambino da proteggere, Cristo santo! Sarebbe stata indifesa contro un assassino spietato. Che diavolo aveva combinato? Rimanere incinta quando la sua vita era un tale casino! Non aveva senso. E dov’era il padre?

    Era stata bravissima a travestirsi, ammise riluttante tra sé e sé. I vestiti ordinari e la parrucca mora l’avevano trasformata.

    «Qualcosa ti preoccupa?», gli chiese Roz, interrompendo i suoi pensieri.

    «Assolutamente no», rispose Andy impassibile. «È tutto perfetto. Non c’è niente di meglio di un accoltellamento per cominciare bene una giornata».

    Lei impallidì, e Andy si pentì subito di aver usato quelle parole. «Rilassati. Starai meglio quando arriveremo all’albergo e potrai sdraiarti», cercò di rassicurarla, toccandole la mano.

    Roz si voltò dall’altra parte ma, guardando la sua immagine riflessa nel finestrino, a Andy parse di cogliere quel suo sorriso sbarazzino. Roz stava nascondendo qualcosa. Se c’era una cosa che Andy aveva imparato, era che quella donna non si arrendeva facilmente.

    Roz non poté fare a meno di guardare il riflesso di Andy nel finestrino. Londra scivolava via, invisibile ai suoi occhi, mentre assaporava la vista dell’irlandese che aveva abitato i suoi sogni per mesi.

    Dio, era una delizia per gli occhi. Era alto ed elegante, ma il suo aspetto esteriore era ingannevole. Sapeva che sotto i vestiti costosi era magro e muscoloso, con riflessi incredibili e un corpo irresistibile. Già solo gli zigomi gli avrebbero fatto guadagnare una fortuna come modello, mentre gli occhi marroni le penetravano l’anima. Nero irlandese: Roz aveva sentito già quell’espressione, ma non aveva idea di che cosa significasse finché non incontrò Andy.

    E quella bocca. Abile e sensuale, con un qualcosa di diabolico. La bocca di un uomo che sapeva sedurre una donna.

    I suoi sogni non gli avevano reso giustizia, decise Roz. Lo aveva incontrato due volte prima di allora: una durante una fuga spericolata per le strade di Parigi, e l’altra quando l’aveva trascinata a testimoniare al processo di sua sorella.

    Non gli aveva mai parlato veramente, né gli si era mai avvicinata abbastanza da percepirne l’odore muschiato e virile o da vedere la lieve ombreggiatura sulle guance, a segnalare che doveva radersi. O la piccola fossetta su una guancia.

    Non ci pensare. Ebbe un brivido.

    Era troppo grande ormai per stupide fantasie su cose impossibili. La maggior parte delle sue esperienze con gli uomini l’avevano delusa. Alla fine, dopo aver messo a posto la propria vita, avrebbe trovato un bell’uomo, sicuro e affidabile.

    Non una fantasia vivente.

    Il taxi accostò di fronte al Savoy. Andy le tese il braccio per aiutarla a uscire, e il tassista sorrise di fronte alla mancia generosa appena ricevuta.

    Nei suoi vestiti anonimi di Primark, Roz si sentiva imbarazzata. Il travestimento era stato necessario per la truffa, ma adesso era terribilmente fuori posto. Intorno a lei, signore vestite di seta e vera pelliccia passeggiavano con grazia per l’atrio, e l’odore dei profumi costosi mescolato alle complesse composizioni floreali le faceva venir voglia di starnutire.

    Il portiere, impeccabile e di una cortesia irreprensibile, ignorò la sua condizione e salutò Andy. «Bentornato, signor McTavish».

    «Grazie Bill, potrebbe aiutarmi ad accompagnare la mia ospite?».

    I due la portarono agli ascensori. – pensò Roz – a quanto pare andrò proprio in camera sua.

    Roz ondeggiò come una donna incinta, e fu ricompensata dalla smorfia di compassione di Andy.

    Lui poteva anche avere la bellezza, ma lei aveva l’intelligenza.

    Ovviamente, Andy alloggiava in una suite: era enorme e lussuosa, con un letto gigantesco, una vista panoramica di Londra e un bagno più grande del suo appartamento a Peckham. Si chiese quanto potesse costare a notte.

    «Un postaccio, eh?», chiese Roz.

    «Ci si accontenta». Le lanciò un sorriso ironico, prima di lasciare la mancia al portiere. Andy la guidò fino al letto.

    Roz era quasi riluttante a sdraiarsi sul copriletto di seta, ma poi decise che quell’uomo se lo meritava. Si lamentò sistemandosi sul letto, esprimendo un sollievo che non aveva bisogno di fingere. Quella pancia finta era pesante e scomoda.

    «Stai bene?», le chiese lui, con quella che sembrava reale preoccupazione. I suoi affascinanti occhi erano fissi su di lei.

    Roz conosceva le persone. Aveva trascorso tutta una vita a osservarle, imparando come e a che cosa reagivano. E nonostante gli sforzi di Andy per rimanere distaccato, a Roz sembrò di aver colto qualcosa di più della semplice preoccupazione.

    «Dimmi», gli disse. «Ti ricordi quel giorno a Parigi, quando ci siamo incontrati?».

    Lui annuì.

    Quel giorno le aveva cambiato la vita, in più di un modo. E Andy ne era stato in parte la causa. Correre accanto a lui per salvare la vita di sua sorella era stata un’esperienza che non l’aveva mai lasciata.

    «Anch’io», ammise.

    Gli occhi di Andy si rabbuiarono. «Eri la più bella, la più irritante, la più fastidiosa piantagrane che avessi mai incontrato», disse quasi contro la sua volontà.

    Roz accennò un sorriso: era bello sapere che gli aveva fatto una qualche impressione. Il rossore sulle sue guance cesellate era la riprova che, gli piacesse o no, anche Andy McTavish aveva pensato a lei.

    «Non hai mai pensato…», cominciò Roz, senza finire la frase.

    Andy si chinò su di lei. «Pensato a che cosa?», sussurrò.

    Era così vicino che sentiva l’odore del suo dopobarba.

    Che diavolo! Non lo avrebbe più rivisto comunque. «A questo». Gli mise le braccia intorno al collo, lo attirò a sé e lo baciò.

    Andy le resistette per una frazione di secondo, prima di cedere e rispondere al bacio.

    Quella bocca sensuale manteneva tutte le promesse. Andy poteva avere un fisico duro e spigoloso, ma la sua bocca era calda e dolce.

    Nessuno l’aveva mai baciata in quel modo. Agili e sicure, le labbra di Andy accarezzavano quelle di Roz. Andy si prese tutto il tempo, stuzzicandola e assaporandola, inaspettatamente dolce, ma sicuro di quello che stava facendo. La baciò come se fosse l’unica donna al mondo. Come se avesse tutto il tempo del mondo.

    Andy aumentò la pressione del bacio, inclinando la testa e incoraggiandola ad aprirsi a lui.

    Roz era in grado di resistere a un attacco diretto. Ne aveva affrontati decine nel corso degli anni, e sapeva come fronteggiarli. Ma un bacio come quello, dolce, tenero e così inaspettato… le toglieva il fiato.

    Fintanto che Andy la baciava, non aveva nessun bisogno di respirare.

    Roz schiuse appena le labbra, per spingerlo a intensificare il bacio, e fu ripagata dalla carezza della sua lingua. Continuava a controllare il bacio, per darle piacere. E ci riusciva benissimo.

    Aveva un sapore di fumo e mascolinità, una combinazione potente che la stuzzicava a succhiare la punta di quella lingua provocante. Andy gemette e si chinò ancora di più su di lei. Quel movimento lo portò contro il pancione finto, e la cinghia che lo teneva ben saldo si strinse dolorosamente, facendola sussultare.

    Andy la lasciò immediatamente. Il momento prima la stava baciando, quello dopo era in piedi accanto al letto, fissandola con la paura negli occhi.

    «Oddio, ti ho fatto male? Non ci pensavo più che sei incinta».

    C’era una traccia di eccitazione sui suoi zigomi affilati, che le fece capire che anche lui si era perso nel loro bacio.

    Roz si era dimenticata del pancione. «Nemmeno io».

    Si tirò su a sedere goffamente, per via del peso di quella pancia di lattice. Doveva riprendere il controllo. Non poteva permettere che l’attrazione per Andy la distraesse. Era ora di tornare agli affari: decise di sfruttare l’occasione, ora che Andy aveva abbassato la guardia, e gemette.

    «Che cos’era?», ansimò Roz mentre si premeva le mani contro il pancione. «Ti prego, dimmi che non era una contrazione!».

    Dovette sforzarsi per restare seria quando Andy fece dei passi indietro come se si aspettasse che il bambino potesse schizzarle dalla pancia da un momento all’altro. Aveva più paura adesso che durante la sparatoria al centro commerciale.

    «Cosa posso fare? Vuoi un po’ d’acqua calda?».

    Perché gli uomini lo chiedevano sempre? Cosa pensavano ci facessero le donne con tutta quell’acqua calda? Una nuotata? Ma era un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. «Sì, grazie. E degli asciugamani e delle lenzuola».

    Andy deglutì a fatica. «Chiamo la reception».

    «No, ci metterebbero troppo. Tu farai prima». Ti prego, non mi chiedere a cosa servono gli asciugamani e le lenzuola.

    Non appena Andy uscì, Roz saltò giù dal letto e tirò fuori il portafoglio che gli aveva rubato dalla tasca mentre la aiutava a sdraiarsi. Lo lasciò cadere nel pancione senza guardarlo; non aveva tempo di controllarlo adesso. Lo avrebbe fatto più tardi, prima di andare a riconsegnare le tessere.

    Era ora di uscire di lì.

    Guardò con attenzione il corridoio, chiedendosi da che parte fosse andato Andy. Non poteva permettersi d’incontrarlo. L’ascensore emise un suono, annunciando il suo arrivo, e corse subito in quella direzione. Ti prego, fa’ che non sia qui dentro.

    Ne uscirono un uomo e una donna, troppo presi l’uno dall’altra per notarla, ed entrò all’interno, premendo il pulsante per scendere fino all’atrio. La corsa in ascensore le sembrò infinita. Nell’atrio, il portiere che l’aveva aiutata era impegnato ad aiutare una turista elegante che cercava il quartiere di Soho.

    Roz li superò rapidamente, uscendo nella strada trafficata. Solo allora espirò, senza essersi accorta di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.

    Ci era mancato fin troppo poco per i suoi gusti.

    Mezz’ora più tardi, era di nuovo a Peckham. Come al solito, l’ascensore era fuori servizio. «Casa dolce casa», mormorò.

    Roz salì i cinque piani di scale fino all’appartamento di Stella. Era un posto pulito e confortevole ma, cosa più importante, lì era completamente al sicuro.

    Stella era andata in Italia per incontrare un ragazzo conosciuto su Internet, lasciando le chiavi a Roz e dandole un posto dove vivere senza lasciare tracce cartacee. C’erano troppe persone ansiose di catturarla. Non aveva intenzione di rendere le cose facili a nessuno.

    Con un sospiro, si tolse gli abiti prémaman, rimanendo solo con il pancione di lattice. Era incredibilmente utile per mettere in atto una truffa – nessuno la guardava mai in faccia con quello addosso – ma non era per niente comodo da indossare. Le cinghie le lasciavano dei lividi, e la facevano sudare. Tirò fuori il contenuto del pancione, sorridendo soddisfatta quando vide quanti soldi ci fossero dentro.

    «Doccia, e poi acquisti», disse a voce alta nel silenzio dell’appartamento.

    Roz accese la televisione e ascoltò le notizie sulla rapina finita male al centro commerciale di Lewisham. Nessun accenno a una donna incinta, ma una bionda con un occhio nero farneticava sull’uomo che l’aveva salvata dai rapinatori. La direzione del centro commerciale era disposta a offrire una ricompensa al misterioso eroe. L’uomo disegnato dal ritrattista della polizia assomigliava più a David Tennant che a Andy, si disse Roz tra sé e sé.

    Aveva avuto una prova diretta che il corpo nascosto da quel cappotto costoso era mille volte meglio di quello di qualsiasi attore. E aveva un profumo più buono. Roz soffocò quei pensieri e, anche se l’acqua non era calda, si

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