La vendetta del milionario: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
In pochi anni Marco Vincente ha costruito la sua enorme fortuna grazie solo alle proprie forze e alla propria scaltrezza. Ora può comprare qualunque cosa voglia, avere qualunque donna desideri, ma c'è una persona che proprio non può ancora cancellare dalla propria mente. Delanie Tate, colei che dopo avergli promesso amore eterno ha tradito la sua fiducia in modo imperdonabile...
Janette Kenny
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La vendetta del milionario - Janette Kenny
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Innocent of His Claim
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Janette Kenny
Traduzione di Maria Elena Vaccarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A..
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-233-7
1
«È fatta.» Con uno scatto deciso, Henry posò il telefono sulla sua austera forcella nera, il volto stoico come i busti di marmo dell’ufficio di David Tate nel centro di Londra. «L’acquisizione della Tate Unlimited è conclusa.»
Delanie sedeva assolutamente immobile e fissava la massiccia poltrona vuota del padre oltre la scrivania. La maggior parte delle donne nella sua situazione sarebbero state in lacrime. Nervose. Spaventate. Ma lei era stranamente intorpidita. Distaccata, come se stesse osservando qualcun altro che subiva la perdita di un genitore, seguita da un’improvvisa acquisizione ostile della sua società, e da un futuro molto incerto.
Sebbene non fosse riuscita a esprimere dolore al suo funerale, aveva mostrato perlomeno rispetto. Considerato il rapporto con il padre, anche questo era fin troppo.
«La mia richiesta di escludere la casa e i beni personali della mia famiglia?» domandò, aggrappandosi alla speranza di avere salvato qualcosa dell’impero del padre.
Henry, che era l’avvocato di suo padre da più tempo di quanto potesse ricordare e che lei aveva sempre chiamato affettuosamente zio Henry, scosse la testa e serrò le labbra in una linea sottile che fece crollare le sue speranze. «Tutto perduto. Il nuovo proprietario ha superato la tua offerta di acquistare la Elite Affair con una controfferta.»
«Che cosa vuole?»
Non che avesse importanza. Anzitutto i suoi soli mezzi per trattare un affare dipendevano dalla vendita delle auto d’epoca, ma anche quelle erano andate, lasciandola senza nulla di tangibile da vendere o scambiare.
«Il suo avvocato non ha voluto dirlo, dichiarando che il proprietario ci informerà sui particolari al suo arrivo» rispose Henry.
Naturalmente, un’ulteriore attesa. Altro dramma che si aggiungeva a quella pirateria societaria.
Delanie sospirò stancamente e si alzò in piedi, sistemandosi il vestito. Indossava appropriatamente un aderente abito nero di Dolce e Gabbana, che tuttavia rendeva cerea e spenta la sua carnagione. In quel momento era preda della debolezza, ma era troppo in collera per arrendersi.
Il crollo della società del padre era stato inevitabile, tuttavia aveva sperato che lo squalo che si accaniva contro di loro da due settimane avesse la decenza di mostrare rispetto. Che almeno ascoltasse la sua richiesta. Che l’entità ignota che si celava dietro il gruppo Varsi Dynamics fosse in realtà umana, e non una macchina o un mostro.
Ora non ne era sicura. Non era sicura di niente.
Sarebbe stato così facile gettare la proverbiale spugna.
Sicuramente tutti avrebbero capito che perdere entrambi i genitori e tutti i propri averi in un lasso di tempo così breve era semplicemente troppo. Ma l’orgoglio non le permetteva di abbandonarsi all’autocommiserazione, e l’orgoglio era tutto ciò che le restava.
Raddrizzando le spalle, si diresse verso la finestra e si fece coraggio per quell’incontro con il magnate che si era impadronito di tutto ciò che aveva posseduto suo padre. E anche di tutto ciò che lei possedeva e teneva in gran conto. Maledizione a lui!
Delanie tirò indietro la tenda e fissò la finestra a colonnine striata di pioggia. Nubi grigie nascondevano il sole.
Il tempo cupo era appropriato per seppellire il padre e il suo dannato impero una volta per tutte. Se soltanto avesse potuto riavere quello che era suo...
Si voltò verso il fedele avvocato. «Sappiamo almeno chi c’è dietro la Varsi Dynamics?» gli chiese.
«No.» Henry consultò l’orologio. «Ma lo scopriremo presto. Deve arrivare alle due.»
Da un momento all’altro, allora, pensò Delanie. «Bene. Voglio concludere in fretta e andare a casa.»
Solo che non aveva più una casa. Non aveva niente. Dove sarebbe andata? Si sarebbe fatta ospitare da amici? Sarebbe andata in giro per le strade in cerca di un lavoro?
Cercò di fissare dietro l’orecchio una ciocca di capelli, ma il tremito che la percorreva vanificò il suo sforzo. Rinunciò con un sospiro e lasciò che la ciocca di capelli biondi le cadesse sul viso, come le era successo ripetutamente al cimitero.
Se fosse stata portata agli accessi di collera, quello sarebbe stato il momento ideale. Che genere di uomo poteva pretendere che l’incontro avvenisse negli uffici della Tate Unlimited subito dopo il funerale di suo padre?
Evidentemente un uomo privo di principi.
Chi dirigeva la Varsi Dynamics aveva lanciato la sua acquisizione della Tate Unlimited nelle ultime ore di vita del padre. Ancora prima che fosse sepolto nel cimitero di famiglia, lo squalo si era impadronito di tutti i beni di famiglia, fino ai mobili di casa e al parco di Rolls Royce nei garage.
«Immagino che il nuovo proprietario sarà ben felice di licenziare tutto il personale» osservò Delanie, fermandosi dietro la poltrona di cuoio dalla quale il padre aveva governato il proprio impero.
Henry giocherellò con la cravatta, segno che non era tranquillo come cercava di far credere.
«In realtà, il suo legale mi ha assicurato che i dipendenti della Tate resteranno al loro posto per un periodo di revisione di sei mesi.»
Delanie batté le palpebre a quella notizia, che era l’unico raggio di sole in quella giornata tetra. «Questa è una sorpresa.»
«Veramente.» Henry consultò l’orologio. «È ora che scenda a incontrarlo e lo accompagni qui. Non vorrei che gironzolasse per l’edificio e si perdesse. Te la caverai qui da sola?»
La sua preoccupazione fece spuntare un debole sorriso sul volto di Delanie. «Sì, starò benissimo.»
Henry le rivolse un rapido cenno del capo e se ne andò con passo deciso per un uomo della sua età.
Nella stanza che conservava solo amari ricordi calò il silenzio.
No, non le sarebbe mancata la Tate Unlimited. Ma la Elite Affair, la società di cui il padre le aveva tolto con l’inganno il controllo, significava tutto per lei. Era il suo sogno. Il suo mezzo di sostentamento. La sua libertà dall’autorità di un uomo.
Non stava affatto bene, pensò, serrando le mani sul sontuoso schienale di cuoio della poltrona.
Nell’aria indugiava ancora il profumo di spezie del dopobarba del padre.
Leggero, come se fosse appena uscito dall’ufficio.
Il vecchio impulso di fuggire la colpì come una pioggia fredda. Delanie rabbrividì. Per il padre, lo scopo principale di una donna era sposarsi e generare un erede. Un erede maschio, secondo le frecciate che aveva lanciato alla moglie per non essere stata in grado di compiere il proprio dovere.
Ai suoi occhi, lei non era migliore. Delanie conficcò le unghie nel cuoio, ripensando alle pungenti diatribe. Era un fallimento. Un inconveniente. Non era migliore della madre.
Se non l’avesse costretta a restare con il ricatto durante quell’ultimo anno, se ne sarebbe andata. Ripensandoci, avrebbe dovuto farlo, poiché era finita comunque senza niente... a meno che, per miracolo, non avesse potuto rispondere alla controfferta del nuovo proprietario.
Dal corridoio le giunse il rumore dell’ascensore. Passi maschili risuonarono pesanti sul pavimento di marmo come un esercito che si avvicinava. Il cuore di Delanie incominciò a battere più forte a ogni passo.
L’attesa era finita.
Lui era qui.
Un brivido le corse lungo la schiena, ma si sforzò di restare eretta per affrontare questo nuovo ostacolo. Inspirò profondamente ed espirò lentamente, ma nemmeno questo riuscì a calmare il battito del suo cuore.
Quanto a mostrare un sorriso sereno, non ci avrebbe nemmeno provato. Soltanto un pazzo avrebbe sorriso a uno squalo che gli nuotava incontro.
Le giunse chiara la voce di Henry e Delanie capì che si trovava in corridoio, dietro la porta della sala d’attesa. «La signorina Tate è nell’ufficio del padre. Prego, da questa parte, signore.»
«E questo è tutto» rispose una profonda voce maschile che arrestò il corso dei pensieri di Delanie.
No! La mente le stava sicuramente giocando uno scherzo crudele.
Ma quel roco accento italiano che non sentiva da dieci lunghi anni, se non nei sogni, era inconfondibile. Un accento che aveva sperato di non sentire mai più.
«Signore» borbottò Henry. «Insisto per essere presente...»
«Ci lasci!» Quell’ordine secco sollevò il coperchio su ricordi dolorosi che Delanie aveva seppellito tanti anni prima.
L’uomo del suo passato era lì! Ma perché? Era lui lo squalo spietato deciso a spogliarla di tutto?
Si guardò intorno in cerca di una via di fuga. Il cuore le batteva così forte che le girava la testa. Le pareti si stavano forse avvicinando?
No, soltanto il suo passato.
La porta della sala d’attesa si chiuse di colpo, probabilmente in faccia a Henry. Delanie sobbalzò mentre il cuore le martellava sempre più forte nel petto con l’avvicinarsi dei passi di Marco.
I passi si fermarono fuori dalla porta dell’ufficio. Delanie deglutì. Marco si era forse fermato per aggiustarsi la cravatta, un gesto abituale, poiché detestava indossarla. Oppure affilava le armi per il colpo decisivo?
I ricordi si affollarono nella sua mente come una nebbia soffocante. Barcollò quasi mentre la sicurezza a cui cercava disperatamente di aggrapparsi l’abbandonava.
L’uomo che pensava che non avrebbe mai più rivisto entrò nell’ufficio e si chiuse la porta alle spalle con uno scatto assordante.
Delanie non poté trattenersi dal guardarlo: alto e imponente, con le ampie spalle diritte.
Bello da togliere il fiato.
I penetranti occhi scuri nel volto classico sembrarono trafiggerla, impalandola sul posto. «Ciao, Delanie.»
Delanie conficcò le unghie nella poltrona del padre, che era l’unico riparo rimasto contro il nemico.
Nemico... Nemmeno nelle fantasie più folli aveva immaginato che il misterioso proprietario della Varsi Dynamics potesse essere Marco Vincente, il suo ex fidanzato. L’uomo che aveva tenuto il suo cuore nelle mani forti e l’aveva schiacciato senza alcun rimorso.
Poteva avere solo un motivo per impossessarsi della Tate Unlimited e pretendere d’incontrarla lì meno di un’ora dopo il funerale del padre: la vendetta.
Delanie deglutì, con la gola secca, e il vasto ufficio sembrò restringersi quando la forza che emanava da lui l’avvolse, intrappolandola.
«Marco...» Mormorò con voce incerta quel nome che un tempo aveva pronunciato con amore, il nome dell’uomo emotivamente ferito che stupidamente aveva creduto di poter guarire con il proprio amore.
Lui appariva più massiccio, più forte, più freddo. Era in perfetta forma fisica, più di quanto ricordasse. I folti capelli scuri fra cui aveva amato passare le dita erano tagliati corti, in uno stile alla moda, anche se un ricciolo gli cadeva sull’ampia fronte abbronzata, quasi un accenno alla sua anima ribelle.
Era molto più bello e intenso di quanto ricordasse. Molto