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Il miracolo di Natale
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E-book135 pagine2 ore

Il miracolo di Natale

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Info su questo ebook

Il Natale è il periodo dell'anno in cui tutti dovrebbero essere più generosi. Cosa fare, quindi, quando tutto ciò che si riceve è indifferenza?

Per Zachary Weston Natale significa dormire su una panchina nel sagrato di una chiesa, sotto alla neve e senza nessuna speranza per il futuro. Cacciato di casa a causa della sua omosessualità, Zach si ritrova senza soldi e senza un posto dove andare. Finché uno sconosciuto non gli dimostra che lo spirito del Natale non è morto.

Ben Hamilton è un novellino appena assunto dalla stazione di polizia del paese in cui è cresciuto. La notte della Vigilia, trova un giovane sconosciuto addormentato su una panchina. Sarà capace di compiere per lui un autentico miracolo di Natale?

LinguaItaliano
EditoreRJ Scott
Data di uscita30 nov 2016
ISBN9781785640087
Il miracolo di Natale
Autore

RJ Scott

RJ Scott is the author of the best selling Male/Male romances The Christmas Throwaway, The Heart Of Texas and the Sanctuary Series of books.She writes romances between two strong men and always gives them the happy ever after they deserve.

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    Anteprima del libro

    Il miracolo di Natale - RJ Scott

    Capitolo 1

    Il primo Natale

    "Ehi! Non puoi dormire qui."

    Zachary Weston aveva chiuso gli occhi e si era abbandonato al sonno. Troppo esausto per riuscire a resistere, alla fine aveva ceduto all’oblio della disperazione, nonostante le fitte lancinanti che gli trafiggevano la parte bassa della schiena. Era tutta la settimana che le sopportava, grazie anche alle temperature rigide che, se da un lato gli gelavano mani e piedi, dall’altro lo aiutavano ad anestetizzare il dolore.

    Dietro le sue palpebre abbassate, un fuoco scoppiettava sopra un paio di alari di metallo, e il rosso e l’oro delle fiamme rischiaravano di un bagliore bellissimo la stanza addobbata per il Natale. Nell’angolo più lontano si levava un grosso albero, con lucine brillanti, fili vivaci e palline decorate, che catturavano e rifulgevano le varie sfumature dell’ambiente.

    "Non puoi dormire qui."

    I regali erano ammassati per terra, accatastati un po’ alla rinfusa perché ce n’erano veramente tanti. Libri, dischi e vestiti erano avvolti in carte multicolori ornate con fiocchi d’oro e d’argento – il suo nome scarabocchiato su buona parte dei cartoncini.

    Ehi! Non puoi dormire qui.

    Fuori dalla finestra cadeva la neve – non una tempesta, ma soffici fiocchi che scendevano in una danza ipnotica per andare ad aggiungersi a quelli che già nascondevano le forme del giardino ben curato. Il freddo aveva fatto gelare la parte esterna delle finestre e i tentacoli arricciati disegnavano ghirigori sinuosi sui vetri, che riflettevano le luci colorate dell’albero.

    "Ehi…"

    Zach si chinò e prese il primo regalo; lo sguardo fisso sulla madre, che sorrideva e sembrava felice di vederlo così eccitato, mentre scambiava un cenno d’intesa con il marito. Gli occhi di entrambi colmi d’amore.

    "Ehi…"

    Qualcuno gli stava parlando dall’esterno, ma lui non poteva vederlo. Non che gliene importasse: se si concentrava a fondo riusciva a focalizzarsi solo sui regali. Fu scosso da un brivido – il freddo cominciava a ghermirlo – e si avvicinò istintivamente al fuoco. Ma invece di aumentare, il calore sembrò diminuire. Zach aggrottò le sopracciglia. Stupido fuoco. Prese il regalo successivo, ne strappò la carta rosso e argento e scoprì una felpa, spessa, calda e soffice, di un blu intenso che secondo la mamma si abbinava perfettamente al colore dei suoi occhi. Nonostante si trovasse ormai vicinissimo al fuoco sentiva ancora freddo, così prese l’indumento e se lo infilò, godendosi il conforto e il tepore del morbido tessuto sulla pelle ghiacciata. Sorrise, perché si sentiva avvolto dall’affetto e dall’amore profusi da quel Natale trascorso in famiglia come dalla felpa.

    "Non puoi dormire qui."

    Zach si riscosse. La voce gli risuonò direttamente nell’orecchio e le ultime vestigia del sogno si rivelarono per quello che erano: tenui costruzioni della sua fantasia. Spalancò gli occhi all’improvviso e il suo sguardo andò immediatamente a posarsi sulla persona che aveva pronunciato quelle parole. Da principio non vide granché oltre al baluginio d’argento del distintivo e all’uniforme blu, ma poi incontrò gli occhi associati alla voce. Alla luce tenue dei lampioni, lo sguardo dell’uomo era duro come l’acciaio, e delle nuvolette di vapore uscivano dalla sua bocca a ogni respiro. Merda! Forse qualcuno l’aveva visto e aveva denunciato la sua presenza, oppure il poliziotto l’aveva semplicemente trovato per caso. Comunque fosse, l’avrebbero costretto a spostarsi di nuovo. Zach si strinse addosso la giacca leggera con cui si riparava dal freddo e il ricordo di un tessuto blu e morbido gli riaffiorò alla memoria, lasciandolo un attimo disorientato.

    Aveva sperato con tutto se stesso di riuscire a evitare la polizia, abbastanza certo che il sagrato della chiesa avrebbe rappresentato un rifugio sicuro la sera della Vigilia di Natale.

    Scusi, si affrettò a dire, alzandosi in piedi con quanta più rapidità possibile – di certo non troppa considerando il freddo gelido che sembrava volergli spaccare in due le articolazioni. Imprecò quando la coperta gli scivolò dalle mani intorpidite e cadde nella neve ai suoi piedi. Era l’unica cosa che possedesse per tenersi al caldo; un panno che aveva rubato da un ricovero quando una delle volontarie era girata di spalle. Ed ecco che ora si sarebbe inzuppata.

    Ma non aveva il tempo di preoccuparsene in quel momento: il poliziotto voleva che si spostasse. Si chinò per riprenderla e vide il terreno venirgli improvvisamente incontro a velocità allarmante. Un paio di forti braccia gli impedirono di affondare con la faccia nella neve, ma Zach sgusciò subito via dalla loro presa. L’uomo poteva pure essere un poliziotto, poteva pure portare un distintivo, ma lui non permetteva a nessuno di toccarlo. Sapeva quello che certi individui volevano dai ragazzi come lui. Non era stupido e giù in città era sempre riuscito a tenersi alla larga dalle situazioni di quel tipo.

    Quanti anni hai? gli chiese l’agente con un atteggiamento preoccupato e allo stesso tempo davvero intimidatorio.

    Diciotto, mentì subito lui. Fece un passo indietro e sentì le gambe sbattere contro la panchina su cui si era addormentato. L’uomo si mosse con lui, l’espressione corrucciata e la figura incombente nonostante fosse di qualche centimetro più basso.

    Quanti anni hai veramente? insisté con calma, la voce bassa e curiosa.

    Zach si prese il labbro tra i denti e lo strinse fino a sentire il sapore del sangue sulla lingua, mentre i brividi che lo scuotevano si facevano sempre più intensi, tanto che presto anche l’uomo li avrebbe notati. Sollevò lentamente da terra la coperta, zuppa e gelata, e se la mise davanti nel tentativo di creare una barriera tra sé e quell’agente dallo sguardo così intenso.

    Diciassette, confessò alla fine, cercando con tutto se stesso di impedire ai propri denti di sbattere, ma ne compirò diciotto tra pochi giorni. Aveva pronunciato quell’ultima frase per dare al poliziotto una possibilità di scelta. Avrebbe voluto aggiungere anche mi lasci andare, non voglio fare del male a nessuno.

    Ben Hamilton, disse piano l’uomo, allungando la mano come se gli chiedesse di stringerla. Zach ne fu sorpreso – si era aspettato il luccichio delle manette – e si aggrappò ancora di più alla coperta, incerto sul da farsi.

    Ma il poliziotto, l’agente Hamilton, non ritirò la mano: la tenne lì, ferma e salda. Alla fine, Zach allungò la propria, gelata, e sentì sotto alle dita la consistenza strana e morbida di un guanto di pelle. Zach, si presentò con voce sommessa, facendo attenzione a non lasciarsi sfuggire anche il cognome. Il poliziotto però non glielo chiese, limitandosi ad annuire e a ritirare la mano.

    Quindi, Zach, che ti è successo? Perché passi la Vigilia di Natale coricato su una panchina nel sagrato della chiesa di St. Margaret?

    L’uomo non aveva alzato la voce, anzi parlava con molta calma, ma Zach si mise lo stesso sulla difensiva. Quando l’agente Hamilton gli aveva posto la domanda la sua bocca si era piegata in una smorfia preoccupata e aveva stretto gli occhi.

    Non… poi si fermò, valutando quanto in là potesse spingersi con le bugie e richiamando alla mente le varie storie che aveva raccontato in quella settimana affinché la gente lo lasciasse in pace. Niente gli sembrava adatto a quel particolare momento. C’era qualcosa in quel poliziotto; un uomo che non sembrava tanto più vecchio di lui, l’agente di un paesino e non di una grande città. Era diverso dai suoi colleghi di centri più importanti, che gli avevano consigliato di tornare a casa. Non ce l’ho una casa. Forse… e se gli avesse detto la verità?

    Non posso andare a casa, disse alla fine, sobbalzando leggermente quando l’uomo gli tracciò i contorni dei lividi sull’occhio destro e lungo la mascella.

    Chi te li ha fatti, Zach? È successo qui, in questo paese? Quelle parole suggerivano la possibilità che sarebbe stato al sicuro se gli avesse rivelato il suo segreto. Erano dolci, insistenti, così diverse da quelle dei poliziotti che aveva incontrato fino a quel momento. Tuttavia, Zach non esitò a scostarsi subito da quel tocco gentile – la lama gelida dell’incertezza come una puntura sulla pelle non appena realizzò di trovarsi solo con quell’uomo nel cortile buio della chiesa. L’agente sembrava piuttosto amichevole, ma se si fosse trattato soltanto di una messinscena? Con cautela, cercando di non farsi scoprire, il ragazzo guardò prima a destra e poi a sinistra. Se si fosse ritrovato nella condizione di dover fuggire, gli sarebbe servito un po’ di vantaggio e non voleva trovarsi stretto in un angolo o trattenuto con la forza. A destra c’era una folta siepe che bloccava qualsiasi via d’uscita, mentre a sinistra c’era il cancello che portava al cimitero e alle sue tombe immerse nell’oscurità. Era quella l’alternativa migliore. Spostò il peso sul piede destro, preparandosi a darsi la spinta e scavalcare il cancello. La gamba però prese a tremargli a causa della pressione che vi esercitava e Zach ebbe la certezza che gli avrebbe ceduto al primo ostacolo. Tuttavia, era sempre meglio un pessimo piano che non averne del tutto. Sono caduto, rispose con decisione. Era la stessa scusa che aveva usato per la maggior parte della sua vita, la stessa frase che gli aveva procurato sguardi compassionevoli o dubbiosi, a seconda dei casi. Quando aveva usato quelle parole con i responsabili della mensa dei poveri, con i poliziotti agli angoli delle strade, con i direttori dei ricoveri per senzatetto era stato offeso, aveva subito delle avances, gli avevano urlato contro o lo avevano allontanato con disgusto. Non si aspettava niente di diverso da quel nuovo tutore dell’ordine.

    Capisco. Il poliziotto non chiese altro, si limitò ad annuire e fece un passo indietro. Parlò direttamente nella radio. Vado a casa. Non c’era niente giù alla chiesa. Il rumore delle interferenze ruppe il silenzio ovattato della notte e una voce metallica confermò la ricezione del messaggio con una serie di sigle e un nome – Ben. Il poliziotto tornò a guardarlo e Zach valutò che ora che l’uomo si era allontanato sarebbe stato più facile per lui arrivare al cancello. Non puoi dormire qui. Ti troverò una stanza per questa notte e domani penseremo al da farsi.

    Zach sgranò gli occhi. Non sarebbe andato da nessuna parte insieme a uno sconosciuto, a meno di non essere arrestato. Il poliziotto voleva trovargli una stanza? A lui? Probabilmente quella di un motel a

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