Meglio in autunno
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Non sempre le allergie ai pollini sono portatrici di guai: uno starnuto al momento giusto può cambiare radicalmente una giornata, ed è proprio quello che succede a Sara, la protagonista di questa storia. I suoi divertenti amici storici e quelli nuovi, i colleghi e la mimosa galeotta fanno da cornice a questa storia di rispetto, di valori veri e… amore, quello autentico.
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Anteprima del libro
Meglio in autunno - Emanuela Guttoriello
Cover
Capitolo 1
Lo starnuto di Sara era stato così forte da far girare i passanti. Qualcuno sorrise un po’ imbarazzato. Sara, abituata ai propri possenti starnuti, scoppiò a ridere.
«È la mimosa!» gridò, dirigendosi verso gli uffici della Ravelli s.r.l., dove l’attendeva un colloquio di lavoro. Sperava proprio che non fosse l’ennesimo le faremo sapere
, perché aveva urgente bisogno di un impiego, altrimenti non avrebbe più potuto pagare l’affitto e sarebbe dovuta tornare dai suoi. Sbuffò al solo pensiero.
Questa volta andrà bene… deve andare bene! Questo lavoro mi serve!
La primavera si affacciava preceduta dalla fioritura delle mimose. Bellissime, gialle, profumate.
«Etciùùùù!» Ennesimo starnuto. Cavoli, pensò, devo trovare subito una farmacia o dovrò dire addio al colloquio. Non posso certo presentarmi in condizioni pietose.
La farmacia era affollata. Sara prese il numero dal distributore e un nuovo starnuto la fece andare a sbattere contro un altro cliente, in fila appena prima di lei.
«Mi perdoni. Devo assolutamente prendere un antistaminico, sto impazzendo.»
«Non è successo niente. Anzi, credo sia meglio che lei prenda il mio numero, così la serviranno prima.»
«Grazie», disse Sara, e starnutì di nuovo.
Prese l’antistaminico direttamente in farmacia e, mentre si tamponava gli occhi, gonfi come se fossero stati colpiti da lacrimogeni, cercò in giro l’uomo gentile. Lo vide poco lontano; tratteneva a stento una risatina divertita. Era proprio carino. Si avvicinò per ringraziarlo.
«Lei mi ha salvata, oggi. Grazie ancora.»
Si incamminò verso la Ravelli s.r.l.; pochi minuti dopo l’effetto del farmaco iniziava a farsi sentire. Entrò in un bar, chiese la chiave della toilette e una volta dentro si sciacquò il viso, poi raccolse i capelli e si sistemò il trucco, ritrovando un aspetto accettabile.
Eccomi, ci sono. Sara era davanti all’edificio del suo futuro impiego, pronta a varcare la soglia. Entrò nel grande atrio, elegante ma non austero, anzi, piuttosto essenziale e accogliente. Riconobbe tocchi di Feng Shui, l’arte cinese dell’ordine e dell’equilibrio, e pensò che fosse un bene occuparsi così dei dettagli sul posto di lavoro. Era di certo un buon biglietto da visita. Si presentò agli addetti alla reception e fu fatta accomodare in sala d’attesa. Verificò ancora una volta il suo dossier, che teneva in una impeccabile cartella. Una voce la chiamò e Sara varcò la soglia dell’ufficio del capo del personale. Dpo un paio di secondi di perplessità l’uomo dietro la scrivania la salutò e si mise a ridere divertito.
«Sgonfia e truccata non l’avevo riconosciuta: devo dire che così è molto meglio! Buongiorno e ben arrivata. Sono Dario Ravelli, il capo del personale.»
Sara lo fissò stupita: il gentiluomo della farmacia era lì, davanti a lei. E anche lei cominciò a ridere ripensando a se stessa, agli starnuti, alla gente che si voltava a guardarla, a lui, così carino…
«Si accomodi, per favore», le disse il signor Ravelli. «Come lei ben sa, è stata convocata per prendere il posto di assistente del capo del settore qualità, ruolo in cui si dovrà occupare dei prodotti e delle certificazioni a norma di legge.»
Sara era titubante: «Mi scusi, quindi questo non è un colloquio ma una assunzione vera e propria?»
«Certo. Credevo che le avessero comunicato che questo appuntamento sarebbe servito per firmare il contratto. Si tratta di un contratto a tempo determinato, naturalmente. Due anni che serviranno per la formazione del prossimo capo del settore qualità, in grado di rilasciare i certificati UNI EN ISO. Dopo tale periodo, saremo in grado di proporle un contratto ben diverso. Il nostro attuale direttore andrà in pensione tra due anni, appunto, e, se il posto sarà di suo gradimento e lei si sarà preparata a dovere seguendo le direttive del nostro fidato signor Marinetti, lei potrà prendere il suo posto.»
Accidenti, sono stata assunta! Anche se solo per due anni, per ora non dovrò lasciare la casa e tornare dai miei. Wow! pensò, quasi cadendo dalla sedia per la contentezza e la sorpresa.
«Va bene. Quando potrò iniziare la mia formazione?»
«Dopodomani. Si presenti qui alle nove. La sua documentazione l’abbiamo già, e anche le referenze del suo precedente impiego. Ecco, questo è il contratto, può leggerlo con calma e portarlo firmato, oppure firmarlo adesso e lasciarlo alla reception. A dopodomani.»
L’uomo si alzò e la congedò.
Sara si trattenne dal fare un salto di gioia. Si accomodò in sala d’attesa e lesse il contratto con relativa calma. Lo firmò e lo consegnò alla reception. Mentre si avviava verso casa, si sentì sollevata al pensiero di poter continuare a essere autonoma e di aver ripreso in mano le redini della propria vita.
Dopo che aveva rotto con Alessio, il brillante falegname scappato con una cliente che aveva disperatamente bisogno di rifare le persiane di tutta la sua grande villa sul lago, la sua preoccupazione più grande era l’affitto.
Un giorno il grande artista aveva fatto le valigie e… «Ciao, Sara. È stato un piacere», le aveva detto. A mente fredda, Sara aveva ammesso che il piacere era stato tutto suo: si era salvata da una situazione penosa, visto il tipo d’uomo che Alessio aveva rivelato di essere.
Per fortuna il contratto d’affitto era intestato a lei. Le era bastato cambiare le serrature di portone e garage e… «Ciao Alessio, buon viaggio.»
Con una certa dose di perfidia, Sara si era chiesta se, una volta giunta al punto di dover rifare i bagni, la nuova fiamma lo avrebbe sfrattato per mettersi con l’idraulico. D’altronde, ognuno riceve quanto ha dato, nel bene e nel male.
Giunta a casa passò in rassegna i suoi abiti, le borse e le scarpe, per assicurarsi che tutto fosse perfetto per il suo nuovo impiego. Decise che poteva permettersi di investire una piccola somma per rinfrescare il guardaroba: il giorno dopo avrebbe fatto un po’ di shopping.
Chiamò la sua amica Anna, le raccontò le novità e le chiese se le andasse di uscire insieme a pranzo, l’indomani.
«Certo che sì. Bisogna festeggiare, ragazza mia! Vieni sotto il mio ufficio per le dodici e trenta. Faremo due chiacchiere. Andremo a mangiare alla tavola calda sul lago, così ci rilasseremo un po’. A domani.»
Il giorno dopo, puntualissima, Sara si presentò davanti allo stabile dove lavorava la sua amica. Con l’auto di Anna si recarono a pranzo in uno dei loro posti preferiti, sulla riva del lago di Como; parcheggiarono davanti a un piccolo parco, entrarono in un bar – tavola calda e si fecero preparare un cestino da asporto. Vista la bella giornata, avevano deciso di pranzare fuori.
«Ci metteremo su quella panchina e ci godremo il sole e il lago mentre mangiamo.»
La vista era magnifica e le due amiche si misero comode, i visi protesi verso il sole, verso la luce.
«Dai, raccontami tutto del tuo nuovo lavoro», la esortò Anna.
Sara lo fece, senza tralasciare l’episodio della farmacia, facendo sbellicare l’amica dalle risate.
«Sei sempre la solita, con la tua allergia. Ricordo il tipo che hai quasi investito l’anno scorso, ed eri in bicicletta, per fortuna.»
«È vero, lo avevo dimenticato. Con questo clima così bizzarro la primavera arriva quando meno ce la si aspetta. Non so mai quando è il momento di prendere le medicine e quindi il primo giorno va così. Santa pazienza», rispose Sara.
L’ora del pranzo volò in un baleno e le amiche si diedero appuntamento per il venerdì sera a casa di Sara. Le due amiche, infatti, da tempo si incontravano due volte al mese, sempre di venerdì, per cenare insieme e farsi una bella chiacchierata a casa di una o dell’altra, a turno. Quando toccava ad Anna, suo marito usciva a cena con gli amici.
Due giorni dopo, emozionata e tesa, Sara si presentò sul posto di lavoro. Indossava pantaloni a sigaretta, un maglione di cotone con scollo a V e mocassini, una mise sportiva ma ricercata. Il trucco era leggero, ma accurato. Il suo nuovo capo, Giorgio Marinetti, la accolse con calore. Era un uomo sulla sessantina, alto, un po’ stempiato, piuttosto magro, dal sorriso sincero e bonario. Le fece subito una buona impressione.
«Buongiorno, spero che lei impari in fretta, perché ho promesso a mia moglie che la porterò a fare il giro del mondo in crociera.» E scoppiò a ridere.
Sara rise con lui. Tutti molto allegri, qui dentro, pensò. Per il momento si sentiva fortunata.
Il lavoro richiedeva memoria e capacità organizzative: era necessario saper gestire le scadenze, redigere i contratti e saperli proporre alla clientela selezionata infine si doveva rilasciare loro la certificazione triennale di qualità, basata su verifiche annuali.
«Nel passato purtroppo è accaduto che alcune aziende abbiano oltrepassato i limiti consentiti per legge e per liberarci di loro è stato necessario far causa a tutto il personale dirigente. Non è una bella cosa. Come puoi immaginare è uno spreco di soldi, tempo e reputazione. Quindi ogni anno, se la meritano, si rifà la revisione. Se non è conforme, i nostri legali inviano una letterina con tanti saluti ai dirigenti e agli amministratori.»