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The ice diet
The ice diet
The ice diet
E-book286 pagine3 ore

The ice diet

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Info su questo ebook

Il segreto delle star di Hollywood per dimagrire e cambiare il metabolismo

Un metodo totalmente nuovo per dimagrire e per cambiare il tuo metabolismo: frutto di ricerche scientifiche all’avanguardia, The ice diet si basa su sistemi naturali per portare il tuo corpo a una condizione mai avuta prima.

Bastano sei settimane – con uno specifico programma incentrato su cosa mangiare, quale attività fisica praticare e quali accorgimenti adottare ogni giorno – per ritrovare la forma persa da tempo. The ice diet è il vero segreto di molti personaggi del mondo dello spettacolo: vivere a basse temperature e consumare cibi freschi e poco cotti sono il trucco per bruciare il grasso in eccesso, secondo il meccanismo che da sempre il corpo umano adotta in situazioni estreme per sopravvivere. Peta Bee, giornalista specializzata nell’ambito medico-scientifico, ha raccolto nel libro anche una serie di deliziose ricette che daranno energia al tuo corpo per bruciare le calorie in eccesso. Perché The ice diet è l’ultima scoperta non solo per dimagrire, ma per cambiare, in maniera rapida e per sempre, il tuo stile di vita.

Fra i temi trattati nel libro:

• Capire la differenza tra grassi “buoni” e “cattivi”
• Mangiare cibi freddi e appetitosi!
• Scoprire come le spezie aiutano a dimagrire più in fretta
• Conoscere il potere del ghiaccio
• Affrontare i cambiamenti in maniera graduale
• Dormire in una stanza più fresca
• Vivere secondo le stagioni
Peta Bee
giornalista, specializzata in salute e fitness, collabora con diverse testate, tra cui il Times e il Sunday Times. È autrice di volumi bestseller e ha vinto due volte il premio come miglior giornalista in ambito medico nel 2008 e nel 2012. Vive a Berkshire con la sua famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2015
ISBN9788854181656
The ice diet
Autore

Peta Bee

Peta Bee is an award-winning journalist and qualified running coach with degrees in sports science and nutrition.

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    Anteprima del libro

    The ice diet - Peta Bee

    256

    Ogni sforzo è stato fatto per assicurarsi che le informazioni contenute in questo libro siano precise. Seguire una dieta non è sempre la scelta giusta per chiunque, e tale decisione dovrebbe essere presa solo da chi non ha problemi di salute evidenti o meno. Se siete nel dubbio, consultate sempre un medico. L’autrice e l’editore declinano ogni responsabilità per eventuali danni derivanti dall’uso o abuso d’informazioni e suggerimenti contenuti nel presente libro.

    Titolo originale: The Ice Diet

    Copyright © Peta Bee, 2015

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: aprile 2015

    © 2015 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-8165-6

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Progetto grafico: Carol Gullo

    Immagine di copertina: © Shutterstock.com

    Peta Bee

    The Ice Diet

    Introduzione

    Quando sentite la parola dieta, cosa vi viene in mente? Fame autoimposta e stomaco che brontola? Calorie limitate e cali di energia? È probabile che ognuno di noi si sia imbattuto, a un certo punto della propria vita, negli aspetti negativi di un regime alimentare ristretto. Occupandomi come giornalista di benessere e salute, negli ultimi vent’anni ho conosciuto qualunque nuova tendenza in fatto di diete e fitness che sia balzata agli onori della cronaca. La maggior parte di quello che ho visto mi ha lasciato alquanto perplessa.

    Ho scoperto che l’industria che ruota intorno alle diete e al fitness si basa troppo spesso su false promesse e fuochi di paglia, dando l’illusione di risultati a breve termine e riducendo al minimo la varietà degli alimenti da mettere nel carrello della spesa ogni settimana. Quello che va di moda mangiare (o non mangiare) oggi non sarà, con ogni probabilità, quello che ci renderà snelli domani. Inoltre, le prove dei benefici di molte diete ipocaloriche e disintossicanti di tendenza sono davvero scarse.

    I miei studi sullo sport e sulla nutrizione mi hanno fatto capire che la perdita di peso dipende non soltanto da ciò che ingeriamo, ma anche da quando mangiamo e dal nostro stile di vita. In poche parole, tutto questo mi ha portato a ideare La dieta del ghiaccio. Di cosa si tratta? Be’, la sola cosa che vi mancherà in questo regime dietetico sarà il senso di fame. Non vi chiederò di sgranocchiare cubetti di ghiaccio, fare bagni in acqua gelida o esporvi a temperature che anche un orso polare troverebbe proibitive.

    Mangerete ogni giorno piatti gustosi che vi forniranno un buon equilibrio di macronutrienti (grassi, proteine e carboidrati), e vitamine e sali minerali necessari per il vostro benessere.

    Ma, allo stesso tempo, dimagrirete. Non soltanto per via della variazione del solito regime alimentare, ma anche perché sposerete il metodo naturale più efficace per bruciare calorie: abbassare le temperature. Tutti ci sentiamo intorpiditi quando sentiamo freddo. Inoltre, la scienza ha dimostrato che oggi si vive in genere a temperature troppo elevate: questo influisce sul girovita e sulla salute. Cambiando le nostre abitudini, potremmo davvero trasformare in meglio il nostro corpo. Non ci credete? Quando mi sono imbattuta per la prima volta negli studi sui benefici dell’esposizione del corpo a temperature più basse – non soltanto fuori, ma anche dentro casa – anch’io ero piuttosto scettica. Mi era stato chiesto di scrivere un articolo per una testata nazionale, per cui avrei dovuto prendere parte a un esperimento che si svolgeva presso il University of Nottingham Queen’s Medical Centre. Il professor Michael Symonds, insieme alla sua squadra, aveva chiesto a me e agli altri partecipanti di immergere le mani in un catino di acqua fredda, per poi controllare, con l’aiuto di telecamere sensibili alla temperatura, la reazione dei nostri corpi. Dopo soltanto pochi secondi di immersione, il consumo di calorie aveva subìto un forte aumento. Per me è stata una grande scoperta e mi è venuta voglia di saperne di più.

    C’era anche qualcos’altro che mi faceva riflettere su questo fenomeno. Quando studiavo all’università e vivevo nel Nord dell’Inghilterra, avevo notato che durante i mesi autunnali e invernali, ogni volta per circa dieci anni di seguito, dimagrivo senza che facessi alcuna dieta. Non perdevo molti chili, ma erano abbastanza perché me ne accorgessi. Era come se – lo ricordo bene – il mio corpo si stesse consumando per mantenere il suo calore. Potevo quasi percepire che stavo bruciando una maggior quantità di calorie per proteggermi dal calo di temperatura.

    Come tutti gli studenti, non avevo molti soldi, di conseguenza, mangiavo di meno rispetto a oggi. Uscivo spesso – palestra, serate al pub, i teatri dell’università – soltanto per stare un po’ al caldo. A quei tempi era soltanto un sospetto, ma nel corso degli anni provavo un certo piacere all’arrivo del primo freddo, pensando che almeno sarei potuta essere più magra per qualche mese. Questo fatto ha acquisito un significato diverso quando, negli ultimi anni, ho cominciato a rendermi conto che la mia perdita di peso stagionale fosse ancora evidente, ma molto minore.

    Durante l’università o i primi anni di lavoro era molto facile per me perdere tre chili durante la stagione fredda, mentre la stessa impresa è diventata più difficile da quando ho compiuto quarant’anni. Ho quindi dedotto che l’età e il rallentamento del metabolismo che essa comporta giochino un ruolo determinate. Ma ho anche constatato che, rispetto ai tempi dell’università, il mio stile di vita attuale è caratterizzato da una temperatura decisamente superiore. Sono diventata più sedentaria, più avvezza ad alzare i gradi del riscaldamento e, in generale, meno tollerante al freddo. Soltanto quando sono entrata nei laboratori del professor Symonds e ho iniziato a studiare il rapporto tra una dieta sana, uno stile di vita a più basse temperature e il meccanismo di combustione dei grassi mi sono resa conto di quanto questi tre fattori fossero strettamente collegati.

    Da quel momento, ho intervistato dozzine di esperti del settore, passato in rassegna centinaia di riviste scientifiche e parlato con persone convinte del fatto che – mangiando in modo sano, cercando di attivare il metabolismo dei grassi buoni e vivendo a temperature inferiori – si possa ridurre il girovita e migliorare le proprie condizioni di salute. Ho scoperto che il ghiaccio è, senza ombra di dubbio, un mezzo efficace per farlo. Molti personaggi famosi e grandi atleti stanno già mettendo in pratica la strategia del freddo, con la convinzione che questa nuova abitudine porti a un consumo più elevato di calorie e a un maggior benessere. Da Daniel Craig, Usain Bolt e David Beckham fino a Demi Moore, Halle Berry e Jennifer Lopez, il regolare ricorso a temperature un po’ più basse è entrato nel loro nuovo stile di vita. Molti personal trainer di celebrità – come Romana Braganza, che lavora con Jessica Alba, e Jon Denoris, che vanta clienti quali Rachel Stevens e Whitney Port – prescrivono ai loro clienti esposizioni al freddo per bruciare calorie.

    Quello che ho scoperto durante il mio percorso di ricerca mi ha condotto a un cambio radicale dello stile di vita. Mi sento più leggera, meno soggetta a malattie e più in forma. Inoltre, la mia famiglia sprizza vitalità e benessere. Ora tocca a voi.

    Nel libro La dieta del ghiaccio potrete trovare molte prove scientifiche convincenti su quanto lo stile di vita influisca sul peso e su come la natura ci abbia creati per mangiare sano e per sentire freddo, non per essere costantemente avvolti nel tepore; e capirete che il vostro corpo reagisce positivamente ai leggeri sbalzi di temperatura. Se farete vostra almeno una piccola parte dei princìpi esposti nelle pagine che seguono, vi sentirete meglio e più freschi.

    Prima parte

    1

    Il potere del ghiaccio

    Stare a dieta può essere dura. Può rendervi irritabili e stanchi, infelici e affamati. Tutto ciò non succederà con questa dieta. Per prima cosa, vorrei sottolineare gli aspetti positivi: potete diventare più magri e più leggeri con l’apporto giornaliero di cibi molto nutrienti e gustosi. Potete mangiare con soddisfazione e, allo stesso tempo, perdere peso. Il fattore più importante non è quanto mangiare, ma con quale frequenza. È fondamentale, inoltre, che il regime alimentare vada di pari passo al vostro stile di vita per attivare naturalmente il meccanismo di consumo dei grassi.

    Più avanti in questo libro imparerete quanto sia inutile la privazione di cibo a favore del tanto desiderato dimagrimento. Scoprirete, al contrario, che avete a disposizioni molti tipi diversi di pasto e ricette appaganti. Prima, però, devo spiegarvi come e perché potrete mangiare così bene. Dunque, partiamo con un po’ di scienza…

    Storia del freddo

    I nostri antenati non avevano caldaie e termosifoni per riscaldarsi. Non avevano neanche quegli scatoloni, isolati ermeticamente, che chiamiamo case e uffici. Non c’erano quelle grandi catene di caffetterie che offrono bevande calde e cremose con spuntini appena sfornati, e che promettono che tutto sia servito bollente non appena arrivano i primi venti freddi. Non avevano mai sentito parlare di piumini superimbottiti o giacche a vento in piuma d’oca, né di guanti e stivali da neve. Eppure, riuscivano a vivere comunque.

    Parte del nostro equipaggiamento di sopravvivenza risiedeva proprio nella capacità del corpo umano di adattarsi alle variazioni delle temperature, molto più rigide rispetto a quelle che affrontiamo ai giorni nostri, passando da un clima fresco a uno tiepido; inoltre, eravamo in grado di far fronte alla scarsità di risorse alimentari e di procurarci il cibo cacciando, per poi immagazzinare l’energia fornita dal pasto nel caso in cui non avessimo avuto la possibilità di assumere calorie nei giorni successivi. Sette milioni di anni fa, i nostri geni hanno sviluppato la capacità di affrontare sfide che oggi sembrano del tutto inutili, se rapportate al mondo nel quale viviamo.

    Il cibo è disponibile ovunque e in qualunque momento. Inoltre viviamo a una temperatura quasi sempre elevata. Già paragonando il nostro stile di vita con quello dei nostri nonni, siamo diventati una generazione viziata, tanto che anche in inverno arriviamo raramente a sentire freddo. Siamo entrati in quella che molti scienziati hanno denominato monotonia termica. Siamo talmente assuefatti alle alte temperature che a fatica riusciamo a notare quanto le nostre vite si svolgano nel tepore. Le case sono diventate più calde, così come gli ambienti di lavoro. Ci alleniamo, facciamo acquisti e mangiamo in ambienti molto riscaldati. Indossiamo giacche a vento nei giorni miti d’autunno e guidiamo automobili con il riscaldamento acceso quando ci sembra faccia troppo freddo per andare a piedi. Il nostro termometro interno viene messo alla prova molto raramente e, in quel caso, ci limitiamo a chiuderci in casa e alzare il termostato. Un solo gesto per azionare un interruttore, e siamo riscaldati artificialmente; non dobbiamo mai adattarci alle temperature basse dell’ambiente esterno.

    Io sono cresciuta a Birmingham, negli anni Settanta e Ottanta, in una villetta bifamiliare composta da tre stanze da letto, con le finestre che fischiavano per il vento e facevano entrare gli spifferi. Non c’erano doppi vetri e, come tutti i nostri vicini, non avevamo il riscaldamento centralizzato. Ricordo che un inverno particolarmente rigido il dentifricio si era congelato nel tubetto durante la notte. In ognuna delle due camere al piano di sotto c’era una stufa a gas a tre pannelli che la mamma accendeva soltanto se la stanza era diventata «troppo fredda». Accadeva molto di rado. Guardando al passato, mi rendo conto di quanto poco venissero accesi quei termosifoni. Ci dicevano di indossare un maglione più pesante, se avevamo freddo, e veniva messa una coperta in più sul letto, se i nostri piedi continuavano a sembrare blocchi di ghiaccio anche dopo un’ora che ci eravamo infilati sotto le lenzuola.

    Quello che mi colpisce maggiormente, ripensando alla mia infanzia, non è quanto sentivamo freddo, ma che in realtà non ce ne importasse molto. Nessuno conosceva uno stile di vita diverso e tutti affrontavamo i cambi di stagione riscaldandoci naturalmente. I nostri corpi, semplicemente, si adattavano. Andavamo fuori a giocare, così, quando rientravamo a casa, l’ambiente sembrava più caldo. Bevevamo cioccolata e altre bevande bollenti. Ci muovevamo di più. Non pensavamo al freddo come una realtà fastidiosa, ma come un disagio passeggero. A primavera saremmo stati meglio.

    Case calde

    Se, con l’aiuto delle statistiche, ci soffermiamo su quanto le nostre case sono riscaldate il dato è sconcertante. Un’abitazione è, in media, almeno 5 °C più calda rispetto a trent’anni fa, e spendiamo sei milioni di euro più di quanto sarebbe necessario per mantenerla a una temperatura confortevole¹. In media riscaldiamo le nostre abitazioni fino a 23 °C d’inverno, ma si arriva anche a temperature più elevate. Un terzo della popolazione si crogiola in ambienti portati fino a 25 °C, e un’abitazione su venti è mantenuta alla temperatura tropicale di 30 °C². Il governo inglese ha mostrato alcuni sondaggi secondo cui nove inquilini su dieci dichiarano di alzare il riscaldamento non appena avvertono un po’ di freddo, piuttosto che adottare l’opzione – più economica e infinitamente più salutare – di indossare un capo d’abbigliamento più pesante.

    In genere, l’accensione dei riscaldamenti avviene durante la metà o la fine di ottobre, quando entra in vigore l’ora solare. Siamo diventati una società di comodoni. I primi freddi autunnali – durante i quali, una volta, nessuno avrebbe battuto ciglio – portano oggi a una massiccia accensione degli impianti termici e a un grande lavoro delle caldaie. Le multinazionali del gas riportano un 65% di incremento della domanda nel periodo di metà settembre e perfino durante le ultime settimane d’estate, quando ancora splende il sole³. Nel 2013, il 45% della popolazione inglese ha acceso i riscaldamenti all’inizio di settembre, quando la temperatura rilevava una media di 14 °C. Il fenomeno è stato attribuito a un effetto di falso inverno, per il quale cioè sentiamo più freddo di quanto effettivamente sia: la temperatura sarebbe calata a intervalli di 0,25 °C, ma noi abbiamo avvertito uno sbalzo maggiore, proprio perché siamo abituati a stare al caldo.

    Una casa calda può far venire sonno

    Se doveste ritrovarvi al lavoro o a casa a sbadigliare più spesso di quanto sia vostra abitudine, potrebbe non essere dovuto a uno sbadiglio contagioso, o al fatto che vi stiate annoiando: potrebbe essere un segno che il vostro cervello si sta surriscaldando. Alcuni ricercatori dell’Università di Vienna hanno scoperto che la sola causa significativa e attendibile dello sbadiglio è l’alta temperatura. Perfino fattori come la quantità di ore di sonno della notte precedente non sembrano influire sulla frequenza degli sbadigli quanto la temperatura.

    È importante stare al caldo?

    È senz’altro un dato di fatto che il nostro stile di vita a temperature più elevate è sintomo di progresso. Siamo caldi e ci sentiamo coccolati, dunque perché cambiare? La ragione è legata alla maniera in cui il nostro corpo è programmato per adattarsi al cambiamento di un leggero freddo. È un meccanismo interiore che si è formato secoli fa e attraverso il quale non soltanto riusciamo ad acclimatarci a temperature più basse ma, come vedremo nei prossimi capitoli, subiamo un vero e proprio sviluppo grazie a esse: ci mantengono snelli e scongiurano l’allargamento del girovita, fanno rilasciare ormoni e incrementare sostanze benefiche nell’organismo che promuovono la combustione di grassi. Il freddo aiuta a combattere il sovrappeso in maniera più efficace.

    Non è una coincidenza che, con l’innalzamento della temperatura delle abitazioni, sia aumentato anche il numero degli obesi. In una rassegna dedicata al fenomeno, un gruppo di stimati scienziati dell’Harvard Medical School e della University of New South Wales ha spiegato con poche parole quello che viene denominato inverno metabolico: «L’obesità e le malattie croniche vengono riscontrate più sovente in persone e animali (domestici) che vivono al caldo e sono superalimentati».

    La natura, scrivono, ci ha fornito «i geni di sopravvivenza all’inverno», ma ormai non abbiamo alcun bisogno di utilizzarli⁵. Il risultato? Conduciamo uno stile di vita che ci fa ingrassare; siamo letteralmente troppo caldi per vivere bene.

    Come teoria scientifica, sta prendendo piede rapidamente. I ricercatori hanno iniziato circa dieci anni fa a sospettare che esistesse un legame tra l’aumento della temperatura ambientale e l’aumento di peso, ma è stato lo studio pubblicato da un gruppo di scienziati inglesi nel 2011⁶ a teorizzare il più alto riscaldamento degli ambienti interni come possibile causa di sovrappeso. Gli scienziati hanno osservato che i problemi di peso diffusi sono nati proprio quando la presenza di impianti termici centralizzati è diventata ordinaria nelle nostre case.

    Mentre le generazioni passate – compresi i nostri nonni – avevano l’abitudine di riscaldare soltanto le zone in cui trascorrevano la maggior parte del tempo, quindi non le stanze da letto o il bagno, oggi noi portiamo alla stessa alta temperatura l’intera abitazione, spesso con sistemi di riscaldamento installati sotto il pavimento e diversi termosifoni in ogni stanza. Non dovendoci più adattare a diverse temperature nel passaggio da un ambiente all’altro della casa, siamo soggetti a una cosiddetta zona di comfort termico che influisce sul modo in cui consumiamo l’energia. Gli scienziati di quella prima ricerca sono arrivati a scoprire quanto il riscaldamento abbia un impatto significativo sul peso del corpo e sull’obesità. Da allora altri studiosi sono arrivati alla stessa conclusione: le nostre case e i nostri uffici caldi stanno contribuendo al nostro girovita dilatato a dismisura.

    Cosa succede quando ci raffreddiamo?

    Iniziamo a tremare, ovviamente. La termogenesi causata dai brividi, come dicono gli scienziati, è la nostra risposta all’esposizione a temperature rigide. Non appena i muscoli si contraggono e si espandono intorno agli organi vitali con scatti repentini, il corpo genera caldo e consuma grandi quantità di energia, superiori di cinque volte rispetto al livello medio a riposo. Nel breve termine, il corpo compie il proprio lavoro di protezione contro il rischio di ipotermia.

    Ci sono tuttavia altri benefici evidenti causati dai brividi, molto più interessanti in quanto aiutano a rivelare il mistero che circonda la piaga dell’obesità. Essi provocano nell’organismo una serie di variazioni chimiche e ormonali che alterano le cellule adipose e accelerano il metabolismo, allo stesso modo di un’ora di allenamento. È notevole a questo riguardo il risultato degli esperimenti del National Institut of Health (

    NIH

    ) americano, che ha invitato un gruppo di uomini e donne in buona salute a recarsi in un laboratorio in tre diverse occasioni per una ricerca⁷. Durante uno dei tre appuntamenti, ai volontari venivano chiesto di completare un ciclo di esercizi ad alto dispendio energetico pedalando su una cyclette finché non si sentivano esausti. In un altro incontro, hanno pedalato a un ritmo molto più tranquillo per un’ora. In entrambe le occasioni gli esercizi sono stati svolti in un ambiente con una temperatura piacevole, di 18 °C. Per il terzo appuntamento, la stanza è stata preparata a una temperatura più fredda: 11 °C; gli uomini e le donne venivano invitati a indossare abiti leggeri e a distendersi su un letto per mezz’ora. Alla fine dei trenta minuti i volontari tremavano visibilmente, e comprensibilmente.

    Durante le sedute, i ricercatori facevano analisi del sangue e test sui muscoli, per scoprire come i corpi dei volontari rispondevano alle diverse condizioni. In particolare, cercavano di rilevare la variazione di una sostanza che, oggi, è considerata cruciale per il sistema di consumo delle calorie: il tessuto adiposo bruno,

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