Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Ingannata
Ingannata
Ingannata
E-book380 pagine6 ore

Ingannata

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Autrice del bestseller Oltre le regole

Getaway Series

Dopo la rottura con il mio ex ero distrutta. Riuscivo a stento a continuare la mia routine e mi sentivo fragile e smarrita. E così la mia migliore amica mi ha costretto a partire con lei per uno di quei viaggi avventurosi in mezzo alla natura selvaggia, sicura che avessi solo bisogno di spingermi oltre i consueti limiti per ritrovare la fiducia in me stessa. Nessuna di noi due aveva idea di quello che ci saremmo trovate ad affrontare. Nella brochure dell’agenzia, per esempio, non si faceva riferimento al fatto che l’uomo più sexy che avessi mai visto sarebbe stato la nostra guida. E nemmeno che, una volta abbandonata la civiltà, nello zaino non ci sarebbe stato posto per paure e insicurezze. In un certo senso ero pronta ad affrontare un’avventura del tutto nuova, ma non mi sarei mai immaginato di dover lottare così… Per tutta la vita sono sempre stata bravissima a nascondere i miei sentimenti. Ma adesso che non c’è modo di reprimerli, potrei scoprire che non mi dispiace affatto.

Autrice bestseller del New York Times e di USA Today

Hai mai provato a spingerti oltre i tuoi limiti?

«Adoro questa autrice, le sue storie sono uniche!»

«Quando Jay Crownover si mette a scrivere è una garanzia di qualità.»

Jay Crownover
vive in Colorado. Ama i tatuaggi e l’arte di modificare il corpo, e cerca di fare in modo che la sua scrittura sia permeata da tutto ciò che vede. Le piace leggere, soprattutto storie che la coinvolgano e appassionino; naturalmente, se c’è un bad boy bello e tatuato è sempre meglio. La Newton Compton ha pubblicato la Tattoo Series, la Welcome Series e la Breaking Point Series.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2019
ISBN9788822735041
Ingannata
Autore

Jay Crownover

Jay Crownover is the New York Times and USA Today bestselling author of the Marked Men and Welcome to the Point series. Like her characters, she is a big fan of tattoos. She loves music and wishes she could be a rock star, but since she has no aptitude for singing or instrument playing, she’ll settle for writing stories with interesting characters that make the reader feel something. She lives in Colorado with her three dogs.

Autori correlati

Correlato a Ingannata

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Ingannata

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Ingannata - Jay Crownover

    Dalla scrivania e dalla mente iperattiva di Jay Crownover

    Vi state grattando la testa chiedendovi, confusi, da dove diavolo sia sbucato questo romanzo? State leggendo e rileggendo la quarta di copertina nel tentativo di capire di cosa si tratta? Be’, non temete, amici miei: con la consueta sincerità e senza peli sulla lingua, vi spiegherò tutto quello che c’è da sapere, un passo alla volta.

    In primo luogo, se avete scelto questo libro solo perché avete letto il mio nome sulla copertina, vi ringrazio. Vi ringrazio per la fiducia, per aver creduto in me e per aver avuto fede nelle mie parole. Se invece lo avete scelto perché vi attirava la copertina, perché il trafiletto sul risvolto era intrigante o semplicemente perché vi andava… non c’è assolutamente niente di male. Vi dirò che questo non è un copia e incolla dei miei lavori precedenti, perciò, se vi aspettate di trovare tatuatori, cantanti heavy metal o ladri di automobili, rimarrete delusi. L’impostazione, poi, è quella di un classico romance ricco di suspense. Questo non significa che non abbondi di occasioni in cui i personaggi principali se la intendono o si danno sui nervi… significa piuttosto che c’è un personaggio decisamente cattivo che renderà impossibile la vita di tutti gli interessati. Il libro segue, inoltre, un unico punto di vista e il racconto si dispiega mentre seguiamo la nostra piccola leonessa durante la settimana più importante della sua vita. Ho validi motivi per averlo scritto in questo modo, ma ve li illustrerò tra un attimo.

    Da dove nasce Ingannata?

    Be’, la risposta è allo stesso tempo semplice e complessa. Dalla fine del 2015 ai primi mesi del 2016, ho sofferto di un dolore persistente e invalidante causato da un’estrazione dentale andata male. Ha finito per infettarsi e ho dovuto sottopormi a un’operazione, cui è seguita una nuova infezione, e via dicendo.

    È STATO ORRIBILE

    . Stavo malissimo. Per quattro mesi sono anche rimasta piuttosto stordita dalle elevate dosi di antidolorifici che assumevo. Non riuscivo a concentrarmi. Di certo non riuscivo a scrivere. Ero completamente inutile. Questo riposo forzato mi ha spinta a trascorrere parecchio tempo davanti alla

    TV

    in compagnia di Netflix.

    Ho guardato una dietro l’altra tutte le stagioni di Longmire, per poi essere fagocitata dalla sit-com di Ashton Kutcher, The Ranch. Ho visto The Hateful Eight, Jane Got a Gun e parecchi altri film e serie

    TV

    ambientati nel West.

    So cosa state pensando… perché? Jay, non guardavi solo Die Hard e Bob’s Burgers? Ma la triste verità è che sono cresciuta in una piccola cittadina di montagna piena di cowboy e disseminata di ranch. I miei compagni delle superiori avevano una fuciliera nel pick-up e indossavano Wrangler piuttosto che Dickies. Da adolescente, il mio migliore amico lavorava nel ranch accanto a casa di mia nonna, in collina. Trascorrevo i fine settimana nell’attesa che lui tornasse dalle fiere di bestiame o dal rodeo, o che rientrasse dalle sue cavalcate nella proprietà e lo supplicavo di portarmi a fare un giro a cavallo. (Non sono mai stata una grande cavallerizza, ma sono capace di ballare una quadriglia da loro pari.)

    Penso che siano stati il dolore fisico e il malessere a farmi regredire alla mia infanzia, a quando mia mamma si prendeva cura di me e io non avevo niente da fare se non infastidire Jesse perché mi facesse montare in sella al suo cavallo. Sono stata sopraffatta dalla nostalgia e ho deciso che volevo scrivere un libro che mi fosse familiare in un modo diverso rispetto all’inchiostro. Volevo fare un passo indietro per tornare in un luogo che ormai mi va stretto, ma che è ancora appeso in fondo all’armadio per ricordarmi chi ero.

    Ho deciso che avrei scritto un libro ambientato in montagna, su un ranch gestito da dei tizi che non sono veri e propri cowboy.

    Andiamo… mica avrete pensato che vi avrei propinato l’intero pacchetto di cappello, stivali a punta e speroni, vero? A questo punto dovreste conoscermi abbastanza!

    Volevo scrivere degli uomini che piacciono a me, trasportandoli in un’ambientazione western per vedere come se la sarebbero cavata. Per quanto mi riguarda, se la sono cavata fottutamente bene! Ma dovrete continuare a leggere per conoscere i fratelli Warner e scoprire se siete d’accordo con me.

    Sul motivo per cui ho scritto questo libro solo dal punto di vista della nostra eroina… è perché questa è la sua storia, il suo viaggio, la settimana in cui tutto è andato storto anche se lei si impegnava con tutte le forze che aveva per fare del suo meglio. Sopraffatta com’ero dal dolore fisico, penso che questo si sia tradotto nel racconto di una donna con un analogo dolore emotivo. Nella mia mente non c’era spazio per la voce del protagonista maschile perché ero troppo presa dal riversare lo schifo che mi stava capitando nella storia della mia eroina. Non posso scrivere con la voce di un personaggio che non riesco a sentire; Cy taceva, invece Leo aveva molto da dire.

    È probabile che all’inizio vi risulti antipatica… ma datele il tempo di rimettersi in piedi. Il tradimento brucia nel profondo e le sue braci impiegano parecchio a spegnersi del tutto.

    Ecco il perché e il percome di questo libro. È completamente diverso da qualunque storia abbia mai scritto prima, ma è sorprendentemente simile ai libri che amo leggere di più. Non potrete raffrontarlo alle parole scritte che lo hanno preceduto, dunque spero che gli concediate una possibilità per quello che è e non per quello che pensiate sia (o debba essere).

    Come sempre, grazie di essere qui… e di avermi permesso di essere qui. ☺

    Buona lettura!

    XOXO

    Jay

    1

    Non proprio un cowboy

    «Non sembrano neppure dei veri e propri cowboy», borbottai a mezza voce in modo che mi sentisse solo la mia migliore amica. Lei si voltò verso di me e mi lanciò un’occhiataccia come a dire che ne aveva abbastanza delle mie lagne e degli infiniti commenti sarcastici. Ci eravamo alzate presto per prendere un aereo da San Francisco ed eravamo atterrate a Billings, Montana, solo per saltare a bordo di un minuscolo volo charter diretto a Sheridan, Wyoming. Era stata un’intensa giornata di viaggio e l’insolenza del mio sarcasmo aveva raggiunto un picco storico. In parte perché non desideravo realmente di trovarmi lì, ma soprattutto perché, negli ultimi mesi, restarmi accanto era diventato impossibile e, a quanto pareva, non ero in grado di frenare la mia antipatia, neppure volendolo sinceramente. La mia amica si stava stancando e, in tutta onestà, non potevo fargliene una colpa.

    «Solo perché non indossano cappelli da cowboy e gambali di pelle, non vuol dire che non sono cowboy; non hai neppure idea di cosa sia un vero cowboy. Quando mai sei stata in un ranch, prima d’ora, o ti sei spinta più lontano di Las Vegas? La volta in cui ti sei avvicinata di più a un cowboy è stata quando siamo andate a vedere Garth Brooks un paio d’anni fa. Avevi promesso di tenere la mente aperta, ma per ora ti viene da schifo».

    Sospirai e mi allontanai da Emrys. I suoi occhi dal taglio marcato riuscivano a leggermi dentro e di certo non avevo bisogno che mi facessero sentire in colpa quando stavo già di merda. Tornai a rivolgere l’attenzione ai tre davanti a noi e, mio malgrado, dovetti ammettere che due di loro potevano spacciarsi per versioni più sexy, in stile rivista di musica country, di quello che dovrebbe essere un vero cowboy. Potevano benissimo dare del filo da torcere a Luke Bryan, fasciati com’erano nei loro jeans attillati. Dal poco che riuscivo a intravedere sotto la tesa degli identici cappellini da baseball verdi militare, con il logo del ranch cucito sul davanti, erano entrambi abbastanza attraenti. Quando si erano presentati, avevo scoperto che avevano anche dei classici nomi da cowboy, Sutton e Lane. Non ero certa di chi fosse quale, perché ero totalmente distratta dal terzo elemento del non troppo accogliente comitato. Era proprio lui quello a cui mi riferivo con il mio commento sul non sembrare un vero cowboy. Appariva fuori luogo tanto quanto me, in quel ranch sperduto nel Wyoming. Ricambiava il mio sguardo indagatore. Si chiamava Cyrus… che forse era anche questo un nome da cowboy, ma a me suonò più come quello di un re di qualche antica civiltà. In effetti, sarebbe risultato meno fuori posto a Sparta di quanto non lo fosse qui in mezzo ai pascoli. L’idea mi fece sogghignare, procurandomi una gomitata da parte di Em, sebbene avessi tenuto per me quel pensiero ribelle.

    L’uomo, che certamente non aveva l’aspetto di un cowboy, non indossava alcun tipo di cappello, perciò non potevo sbagliarmi: stava fissando proprio me, gli occhi ridotti a due fessure. La mancanza di copricapo rivelava anche il taglio di capelli alla moda, rapati a zero sulla nuca e modellati all’indietro in una maniera che richiedeva un prodotto di qualità e una certa destrezza, due cose che non avrei mai potuto associare a un autentico cowboy. Metteva anche in risalto un lievissimo accenno di argento vicino alle tempie, alla sommità delle sue basette impeccabilmente pareggiate. Ciononostante, non gli avrei dato più di trenta-trentacinque anni. I capelli grigi avrebbero dovuto conferirgli un aspetto precocemente attempato, ma non era così. Piuttosto, aveva l’aria distinta e al contempo dura e, se avesse indossato qualcosa di diverso da Levi’s logori e maglietta sbiadita Jack Daniel’s, in quanto a silenzio intimidatorio avrebbe potuto competere con i manager e gli amministratori delegati con i quali avevo quotidianamente a che fare. Non che gli uomini con cui lavoravo fossero belli quanto lui. Il modo in cui quella maglietta di cotone si tendeva sugli ampi pettorali era qualcosa di speciale. E la maniera con cui spostava impaziente il peso da un grosso stivale nero all’altro faceva sì che i jeans aderissero ad aree che avrei dovuto guardare con imbarazzo. Desideravo chiedergli perché indossasse degli stivali più adatti a una Harley che alla staffa di una sella, ma non volevo che Em mi desse di nuovo di gomito, per cui tenni per me le mie considerazioni.

    No, l’uomo di nome Cyrus non combaciava affatto con quello che mi aspettavo di trovare quando avevo accettato di venire coinvolta nel folle piano di Emrys. Se quando siamo scese dal minivan che ci ha condotte qui dall’aeroporto non fosse uscito ad accoglierci insieme agli altri due, avrei dato per scontato che fosse uno degli ospiti, non una delle guide. Non aveva l’aria di una persona abituata agli spazi aperti o alla natura selvaggia e inospitale tipica dei panorami del Wyoming. Il profilo burbero e lo sguardo fermo mi spinsero a chiedermi ancora una volta perché avessi permesso a Emrys di trascinarmi in questa vacanza più simile a una punizione che al genere di divertimento a cui ero abituata. Adesso che la gara di sguardi con il tipo cominciava a protrarsi, tanto da essere certa che distogliere gli occhi avrebbe implicato una specie di sconfitta, mi sentivo ancora più restia ad avventurarmi sulle montagne coperte di boschi. Non ero certa dei motivi della lotta nella quale mi trovavo impegnata, ma anche nel migliore dei casi non ero una che amasse perdere e, considerando che avevo toccato più che mai il fondo, sapevo che non avrei mai spostato lo sguardo per prima. Volevo bene alla mia migliore amica, ma in quel momento l’avrei felicemente strozzata per aver deciso che avevamo bisogno di un viaggio per sole donne che, per una settimana, ci avrebbe costrette entrambe a staccare la spina e raccogliere le idee.

    «Signore, siete le ultime del gruppo. Vi faremo accomodare e poi potremo incontrarci tutti quanti nell’edificio principale per la cena, così ripasseremo quello che vi aspetta la prossima settimana». Era stato il tizio di mezzo a parlare. Era il più basso dei tre e l’unico che pareva in grado di sorridere. L’uomo muscoloso continuava a osservarmi con cipiglio, mentre il terzo tipo aveva l’aria annoiata e infastidita. La sua espressione mostrava una certa contrarietà al doversi atteggiare a comitato di benvenuto per un paio di ragazze di città. Considerando che questa scampagnata ci stava costando un occhio della testa, il minimo che potessero fare quei mezzi cowboy era srotolare un tappeto rosso e fingersi felicissimi di accompagnarci. Stavamo pagando per un’esperienza indimenticabile e fin qui avevano mantenuto la parola, ma non in senso positivo.

    Raddrizzai la schiena e strizzai gli occhi. Sfortunatamente, le mie doti intimidatorie erano prossime allo zero, specie perché indossavo dei comodi leggings e una maglietta troppo grande rubata al mio ex. Era un’ottima mise da viaggio, ma non un granché per trasmettere l’impressione di essere una tipa tosta che non avrebbe tollerato la palese indifferenza di un terzo del trio presumibilmente responsabile della mia salute e del mio benessere nei sette giorni a venire. Inoltre non avevo intenzione di tacere riguardo all’aperta ostilità irradiata dall’uomo da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo. Ero una di quelle donne per natura sempre un po’ trasandate e scarmigliate, per cui dovevo impegnarmi se volevo apparire composta e impeccabile. Era una battaglia infinita, che ricominciava ogni mattina quando mi preparavo per andare al lavoro. Riuscivo a sembrare carina con uno sforzo piuttosto minimo, ma per accedere alla sfera professionista chic avevo bisogno di tempo e di una discreta abilità sia nell’abbigliamento che nel trucco. Dal momento che mi ero svegliata a un’ora immonda, guardaroba, acconciatura e trucco risultavano inesistenti. I capelli, di un biondo ramato, indomabili e mossi, erano legati in una coda sbilenca. Sapevo di assomigliare più a Raggedy Ann, la bambola di pezza, che a un’analista di mercato di successo e a una smaliziata donna di mondo. Per lo meno lo ero stata, finché non mi ero invaghita dell’uomo sbagliato e mi ero dovuta ricredere.

    L’unico membro amichevole del trio sorrise ancora e accennò con la testa alle borse ai nostri piedi. Quando Em aveva prenotato il viaggio, avevamo subito messo in chiaro che si sarebbe trattato di un’avventura all’aria aperta. Ci saremmo inoltrate a cavallo tra le montagne selvagge, lasciando alle spalle ogni tecnologia e richiamo alla civiltà. Avevamo ricevuto istruzioni molto specifiche su cosa portare in valigia, e di conseguenza la mia era piena zeppa di abbigliamento tecnico, per la maggior parte nuovo di zecca e mai neppure provato. Tutta roba che sarebbe poi finita in un angolo remoto del mio armadio, per essere donata, anni dopo, in beneficienza perché non avevo molte occasioni di indossarla nella mia vita quotidiana nella Bay Area.

    «Io e Sutton ci occuperemo delle vostre valigie e vi mostreremo dove dormirete stanotte. Avete circa un’ora di tempo prima della cena, perciò potete rilassarvi e rinfrescarvi un po’». Rinfrescarsi, che idea meravigliosa. Forse con un po’ di fard e una ripassata alle sopracciglia avrei convinto Mister Personalità dallo sguardo letale a prendermi sul serio quando gli avrei comunicato che il suo comportamento era inaccettabile.

    Il tipo annoiato doveva essere Sutton, perché avanzò di un passo e si piegò a raccogliere la sacca di Emrys. Mi parve di sentirla sospirare, ma poteva essersi trattato di uno spostamento d’aria. L’uomo, che non sembrava appartenere neppure lontanamente al cosiddetto Stato dei Cowboy, mosse un paio di passi verso di me. Non ebbi scelta: inclinai la testa e lo guardai dritto in faccia. Trattenni il respiro quando mi trafisse con le iridi grigie più taglienti, limpide e perfette che avessi mai visto in vita mia. Erano del colore del fumo o dell’argento. Mi trapassò con occhi affilati come la lama di un coltello mentre mi scrutava dall’alto in basso, dai capelli spettinati alle dita dei piedi, arricciate per la sorpresa nella comodità di un paio di Ugg. Anche la scelta delle calzature era risultata azzeccata per il viaggio, ma un po’ meno per fare subito colpo.

    Quando parlò, Cy lo fece con una voce profonda e rauca. Sembrava un po’ rotta, ruvida, come se non venisse usata spesso e, quando capitava, le parole impiegassero un po’ a uscire. Era il tipo di voce che appartiene a un vero cowboy: «Questa non è una spa e neppure una di quelle vacanze all inclusive in cui ogni suo bisogno verrà prontamente soddisfatto, signorina Connor. Questo è il selvaggio, selvaggio West, e se lei non ascolterà i ragazzi e non presterà attenzione a ciò che le dicono, la situazione potrebbe precipitare in un batter d’occhi». Il tono era d’avvertimento, ma io riuscivo solo a immaginare serate trascorse attorno a un falò e notti infuocate in camera da letto. La sua voce mi faceva pensare al sesso scatenato e a mani esperte alle quali non avrei voluto dire di no. «Sutton e Lane sono bravi a occuparsi delle ragazze di città che vengono qui a giocare alle cowgirl, ma vi consiglierei di non guardarli come se non fossero degni neppure di portarvi le valigie o come se non rispecchiassero in qualche modo le vostre elevate aspettative». Cy aveva una voce stupenda, ma quanto a carattere lasciava fottutamente a desiderare.

    Dunque, il tipo sorridente era Lane e l’imbronciato Sutton. Emrys mi aveva letto la brochure non meno di venti volte, tentando di convincermi che questa vacanza ci serviva e che io avevo davvero, davvero bisogno di allontanarmi da tutto. Quindi sapevo che i proprietari del ranch, che gestivano anche le escursioni, erano fratelli. A giudicare dalla posa protettiva, dalle attraenti striature argentate nei capelli e dal modo in cui cercava di redarguirmi per una qualche offesa percepita, non era difficile indovinare che Cy fosse il più grande… con molta enfasi sull’aggettivo grande. Io ero di dimensioni del tutto normali, appena sotto il metro e settanta, ma questo tizio mi sovrastava e non aveva alcuna difficoltà a sfruttare le sue doti intimidatorie. Non aveva alzato la voce, né si era proteso verso di me in atteggiamento minaccioso. Mi stava semplicemente di fronte e le sue parole, ringhiate e raspanti, mi fecero rabbrividire di paura e consapevolezza.

    «So che questa non è una spa o un posto di villeggiatura, signor…». Arrossii e lasciai la frase in sospeso non appena mi avvidi di essere stata troppo presa a valutare il suo aspetto e la sua capacità di mantenermi in vita durante la settimana seguente per prestare attenzione a quando si era presentato.

    «Warner, ma la maggior parte della gente mi chiama Cy».

    Mi schiarii la voce e porsi la mano controvoglia perché la stringesse. «Ok, Cy, non stavo guardando nessuno di voi in alcun modo. Mi stavo solo chiedendo quali siano le vostre credenziali per portare un gruppo di gente inesperta in mezzo alla natura selvaggia. Penso sia una preoccupazione legittima. Sembra che siamo semplicemente partiti con il piede sbagliato». Mi capitava spesso, perché non avevo filtri ed ero sempre sincera. Mi veniva difficile evitare delle gaffe, ed ecco che ne avevo fatta un’altra.

    «Mi chiamo Leora, per gli amici Leo». La mia mano rimase protesa tra di noi per una quantità di tempo imbarazzante, finché non la lasciai ricadere mentre lui continuava a fissarmi. Sentii Emrys irrigidirsi e improvvisamente fui consapevole che questo leggero confronto non era più solo una cosa tra me e lui. I suoi fratelli si trovavano a pochi passi di distanza e osservavano il nostro scambio teso con espressioni di curiosità. Avevo promesso alla mia migliore amica che avrei affrontato questa esperienza con mente aperta. Le avevo assicurato che avrei cambiato volentieri aria e che avrei fatto del mio meglio per divertirmi. Ultimamente ero stata un’amica di merda, dovevo mantenere la parola per Emrys, anche se quest’uomo, che non era un vero e proprio cowboy, pareva determinato a dimostrarmi di avere ragione sul fatto che venire qui fosse uno sbaglio.

    «Sutton e Lane vi terranno in vita perché è il loro mestiere. Si assicureranno anche che il viaggio valga ogni singolo penny che avete speso, perché in questo mercato altamente competitivo la reputazione è tutto per noi e, per vostra fortuna, a loro piace sul serio questo mestiere. Le loro competenze sono dettagliatamente illustrate nei materiali informativi e chiaramente riportate sul nostro sito. Solo perché non corrispondono alla sua idea di guide qualificate, questo non li rende meno abili o preparati». Boom! Brusco e diretto a ben altro livello. Una parte di me rispettava moltissimo questo atteggiamento, mentre mi si drizzavano i peli sul collo e la schiena scattava sull’attenti per l’irritazione. Mi domandai se la gente si sentiva così quando davo sfogo alla mia brutale franchezza, dimenticandomi di andarci piano e di essere carina.

    Indietreggiai di un passo e aprii la bocca per replicare che lui, e non uno dei suoi attraenti fratelli, era quello che mi sembrava poco qualificato per condurci nei boschi e attraverso le montagne. Emrys mi appoggiò una mano sul braccio e si intromise prima che il mio temperamento irlandese si infiammasse del tutto. Ero pronta a sfidare questo individuo grosso e spiacevole. In un attimo avrei preteso che mi restituisse il denaro e gli avrei rimproverato la sua maleducazione e la sua mancanza di tatto. Come sempre quando stavo per esplodere avventatamente, Em si intromise e gettò acqua sul fuoco che era sul punto di divampare.

    «Deve perdonare la mia amica, signor Warner. È una ragazza di città e penso si senta solo un po’ a disagio per via del silenzio e di tutta quest’aria fresca. Le garantisco che siamo entrambe estremamente grate per il tempo che ci dedicate e siamo emozionatissime di trovarci qui. Non vediamo l’ora di scoprire quello che il vostro magnifico Stato ha da offrire». Conficcò il gomito nel mio costato e io mi voltai a guardarla in cagnesco. «Non è vero, Leo?».

    Alzai gli occhi sulla mia quasi-impeccabile migliore amica e mi chiesi come faceva ad avere un aspetto così riposato e poco scomposto dopo un’intera giornata di viaggio. Mentre io rimanevo nella media sotto tutti i punti di vista, Emrys Santos rappresentava l’esatto opposto. Senza tacchi era alta quasi un metro e ottanta. I lucidi capelli corvini le ricadevano lunghi e lisci sulla schiena, come se non avessero mai sentito parlare di umidità o elettricità statica. Gli occhi scuri, che al momento mi stavano implorando di comportarmi bene, erano leggermente allungati, e le conferivano un’indiscutibile bellezza esotica. Sarebbe stata perfetta, se non fosse che era invadente, sempre determinata a spuntarla e capace di farti sentire in colpa come nessun altro al mondo.

    Sapeva che me la stavo passando male per via della mia recente separazione. In più stavo avendo problemi al lavoro, l’unica parte della mia vita che era sempre stata stabile e su cui ero sempre riuscita a mantenere il controllo. Ma lei aveva insistito, mi aveva incalzato e supplicato finché non avevo acconsentito a trascorrere questa settimana con lei nella natura incontaminata, anche se le avventure non erano proprio pane per i miei denti. Una parte di me voleva chiederle di rassegnarsi al fatto che fossi qui ma che non ero troppo elettrizzata al riguardo, un’altra parte più grande invece sapeva che stava solo cercando di darmi una mano, facendo del suo meglio per costringermi a rimettermi in sella. Dunque misi un freno al mio temperamento ribelle e mi morsi la lingua, rivolgendole un rigido cenno di assenso. Gli occhi iridescenti di Cy brillarono di divertimento e avrei giurato che sapesse benissimo quanto mi costasse comportarmi bene.

    Con un sorriso talmente fasullo da farmi male al viso, sibilai a denti stretti: «Come ho già detto, penso che siamo solo partiti con il piede sbagliato».

    Per tutta risposta ricevetti un grugnito mentre rivolgeva di nuovo la sua attenzione agli altri due, che stavano ostentatamente ignorando l’acceso scambio tra me e il fratello maggiore. Infatti entrambi si erano scostati di un paio di passi, come se sapessero che la rabbia del fratello fosse ardente a sufficienza da scottare chiunque si avvicinasse troppo. Burbero, ordinò loro: «Assicuratevi che si sistemino, io vado alla casa e avverto Brynn che ci siamo tutti».

    Detto fatto, fummo congedate mentre lui si allontanava a larghe falcate, con gli stivali per niente da cowboy, verso un enorme edificio fatto interamente di tronchi. La facciata principale lo faceva sembrare più una rustica magione di montagna, ma mi dissi che notarlo mi avrebbe messo in cattiva luce – e già non ero ben vista da queste parti, pur trovandomi nel ranch da meno di un’ora.

    Lane, il fratello che sfoderava senza troppi problemi quel sorriso seducente, si issò il mio borsone su una spalla rivolgendomi l’espressione adorabile che stavo cominciando a considerare un suo tratto caratteristico. «Non preoccuparti troppo per Cy. Can che abbaia non morde e, dopo stasera, lo vedrete ben poco. Non si unisce alla marcia a meno che non sia strettamente necessario».

    Per una qualche ragione, all’idea che Cy mordesse un brivido percorse tutto il mio corpo. Seguii Lane, suo fratello ed Emrys mentre si avviavano verso una fila di quelli che apparivano come dei bungalow allineati a poche centinaia di metri dalla gigantesca casa padronale.

    «Immagino non abbiate molti clienti abituali se si rivolge in quel modo a tutti gli ospiti che si presentano qui».

    La sua risata sommessa mi fece venire voglia di sorridergli. Questo era chiaramente il più alla mano dei tre fratelli e anche quello – decisi – che mi piaceva di più.

    «È stata l’insinuazione che non fossimo dei veri cowboy. Cy è suscettibile quando la gente di città arriva qui con idee preconcette su come dovrebbe essere il West e su come si sopravvive in montagna. Ci becchiamo un sacco di guerrieri della domenica che pensano di essere in grado di affrontare queste lande desolate, ma si rivelano delle grandissime rotture di palle per tutto il viaggio. È protettivo verso il territorio e il nostro stile di vita, per cui fatica ad accettare i forestieri, anche se è così che ci guadagniamo da vivere. Non tutti i cowboy portano il cappello con la tesa larga e hanno i baffi alla Sam Elliot. Cy non si è mai vestito così, anche quando eravamo più giovani. Fidati, non sei certo la prima che prenota un’escursione con noi e poi ci rimane male quando non ci presentiamo vestiti a mo’ dei personaggi di The Hateful Eight».

    Sospirai e lo guardai con la coda dell’occhio. «Non so nemmeno come hai fatto a sentirlo». Ero certa di averlo bisbigliato in modo tale che mi sentisse solo Emrys.

    «Sei abituata ai rumori della città e al fatto che i suoni di un luogo molto affollato coprano quello che non vuoi che la gente senta. Nei vasti spazi aperti non ti puoi nascondere e il suono si propaga. Qui fuori ti abituerai a dire quello che pensi e imparerai molto presto che le parole sono indelebili. Puoi provare a rimangiartele, ma continueranno ad aleggiare».

    «Lo terrò presente». Inclinai la testa da una parte e gli chiesi: «Se tu e Sutton siete le guide delle escursioni, allora di cosa si occupa Mister Personalità… a parte intimidire e rimproverare gli ospiti paganti?». Non ero certa del perché fossi tanto curiosa riguardo al più sgradevole dei fratelli, ma avevo un sacco di domande e stavo trattenendomi il più possibile dal farle uscire tutte insieme.

    Un’altra risata, e questa volta gli restituii il sorriso. A distanza ravvicinata e senza l’ombra del cappello a oscurargli il volto, potevo notare che era più che abbastanza attraente, come avevo pensato all’inizio. Lane era molto più giovane di Cy e i suoi occhi erano più blu che grigi. Nella linea della mascella e nel taglio degli zigomi assomigliava al fratello maggiore, ma quanto a bellezza era più accessibile. Inoltre, quando Lane Warner sorrideva gli si formava una fossetta nella guancia che a mio avviso lo rendeva assolutamente adorabile. Non sapevo se i veri cowboy avessero le fossette, ma decisi che avrebbero dovuto averle tutti se li rendevano avvenenti come questo. Lane era dotato di quel genere di bellezza disinvolta che ogni donna sulla faccia della Terra trova affascinante, mentre il fratello maggiore possedeva quell’intensità cupa e quell’aspetto più ruvido che interessano le donne in cerca di qualcosa di speciale, qualcosa di indimenticabile e impossibile da ignorare.

    «Mister Personalità… Cy si incazzerebbe di brutto se sapesse che lo chiami così. Di solito evita i clienti proprio per questo motivo. Si fa vedere quando gli ospiti arrivano ed è sempre nei paraggi per assicurarsi che tutti prestino attenzione quando ripassiamo le regole da osservare durante la settimana, ma dopo torna a occuparsi della gestione del ranch e di tutti gli altri affari che ha per le mani. Io e Sutton facciamo il lavoro sporco, ma Cy è la mente dell’operazione. È subentrato alla gestione del ranch un paio d’anni fa, quando la salute del nostro vecchio ha cominciato a mettersi male. Le visite guidate e le vacanze-avventura sono state una sua idea. Quando era al college, tutti i suoi compagni volevano tornare a casa con lui durante le vacanze per andare a cavallo e campeggiare nei boschi. Cy ha fatto di una cosa semplice – i suoi amici di scuola che trascorrevano del tempo insieme divertendosi – un’idea imprenditoriale. Dal momento che hai pagato per essere qui, sai bene quanto abbiamo guadagnato da questa impresa. Cy ha salvato il ranch e ha reso più facili gli ultimi anni di vita di nostro padre».

    Erano più informazioni di quante ne avessi richieste, ma offrivano un valido quadro d’insieme dell’uomo che mi aveva irritato e affascinato fin dal primo momento. Il più giovane parlava del fratello maggiore con evidente orgoglio, cosa che mi fece sorridere; ma il sorriso mi morì sulle labbra non appena arrivammo al bungalow e il fratello scontroso, che meno assomigliava a quello da cui ero affascinata, spinse la porta, lasciando cadere la borsa di Emrys con un tonfo. Sutton le rivolse un cenno e ci passò accanto come una folata di vento, per poi raggiungere rapidamente la base delle scale. Era alto e aveva le spalle larghe, come il fratello, ma i suoi occhi erano verdi, senza traccia di blu o di grigio. La curva della bocca rivolta verso il basso e la ruga tra gli occhi gli conferivano un aspetto imbronciato e scontroso, piuttosto che pensieroso e profondo come quello di suo fratello. Rimaneva comunque un giovane scandalosamente seducente e mi accorsi che Emrys non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Essendo alle prese con uno stato mentale tutt’altro che bendisposto, avvolta in una nube di pessimo umore, non avevo tempo né provavo alcun interesse per il suo temperamento scontroso e le sue motivazioni. Lane posò la mia borsa assai più delicatamente, mi rivolse un sorriso mesto e toccò la visiera del cappellino con la punta delle dita.

    «A lavorare con la famiglia non ci si annoia mai, questo è sicuro. Voi due signore vi godrete una splendida permanenza, lasciate fare a me».

    I fratelli scomparvero, mentre Emrys si chiudeva la porta alle spalle e si voltava verso di me con uno svolazzo dei capelli perfetti, assottigliando gli occhi scuri e ammalianti.

    «Lo sai,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1