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Indimenticabile seduzione: Harmony Collezione
Indimenticabile seduzione: Harmony Collezione
Indimenticabile seduzione: Harmony Collezione
E-book167 pagine2 ore

Indimenticabile seduzione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Tiffany Davis non aveva mai partecipato a uno degli esclusivi eventi organizzati dal Q Virtus, il prestigioso club riservato ai ricchi e potenti, e ai cui soci è fatto obbligo di indossare una maschera. Ed è proprio grazie alla maschera che le copre il volto che riesce a portare a termine con tranquillità la sua missione, ossia proporre un affare a Ryzard Vrbancic, neo presidente della Bregnovia.

Affascinato dall'audacia della ragazza, una sola cosa interessa davvero Ryzard: non la proposta d'affari, ma la passione che le ha visto ardere negli occhi e che lo spinge a non desiderare altro che conquistarla, per regalarle una notte indimenticabile.



Miniserie "Q Virtus" - Vol. 2/3
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2016
ISBN9788858949290
Indimenticabile seduzione: Harmony Collezione
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Indimenticabile seduzione - Dani Collins

    successivo.

    1

    Tiffany Davis finse di ignorare gli sguardi critici di Christian, suo fratello, e di suo padre quando entrò nell'ufficio di quest'ultimo. Sguardi che le dicevano di non aver usato abbastanza fondotinta, e che quindi le cicatrici sul suo viso erano ancora troppo evidenti. Tante volte avrebbe voluto gettare via il flacone di crema beige e imporre loro di accettare il suo aspetto... Ma suo fratello le aveva salvato la vita, estraendola dall'auto in fiamme, e già si sentiva abbastanza in colpa per avercela fatta salire, in primo luogo. Non era riuscito però a salvare anche il suo miglior amico e cognato, e soffriva ancora terribilmente per questo. Non era necessario che lei spargesse ulteriore sale sulle ferite ancora aperte, decise.

    Fai la brava, Tiff. Continua a non dire quello che vorresti urlare ai quattro venti...

    Si fermò e sospirò. Forse era arrivato il momento di un altro colloquio con il suo psicologo, pensò, visto che ormai aveva preso l'abitudine di dialogare con se stessa. Ma il suo brusco respiro aveva indotto i due uomini a sollevare la testa di scatto, una reazione che le fece venir voglia di urlare.

    D'altra parte essere sempre tesa, sempre pronta a reagire era una novità per lei che non sapeva bene come gestire. Non doveva sorprendersi dunque se i suoi familiari non si fossero ancora abituati al cambiamento.

    «Allora?» esordì, incollandosi un sorriso sulle labbra che nelle sue intenzioni doveva servire a celare la sua irritazione. «Che succede?»

    «Questo lo chiediamo a te» replicò Christian, indicando una scatola larga e piatta posata sulla scrivania, che recava il logo di un corriere internazionale. Il coperchio era stato sollevato per mostrare un bizzarro tentativo di fondere un corvo a un pavone. «La maschera è per te?» andò avanti. «Hai forse chiesto di andare al mio posto?»

    Una sensazione di claustrofobia le serrò la gola. Dopo un anno trascorso con una maschera di garza sterile che le nascondeva il viso, aveva giurato a se stessa di non sottoporsi mai più a una tortura simile. «Non so di cosa tu stia parlando» replicò Tiffany, il tono gelido. Oh, ma perché dev'essere tutto così difficile?, si chiese avvilita, guardando suo fratello scuotere la testa con fare contrariato. Non sopportava più la loro iperprotettività, d'altra parte l'avevano quasi persa.

    Le volevano bene e non si sarebbero tranquillizzati finché non l'avessero vista tornare alla normalità. Purtroppo lei non sarebbe più stata normale, il che rendeva la situazione insostenibile. «Di andare dove?»

    «Alla riunione del Q Virtus» rispose suo padre.

    Perplessa, Tiffany si strinse nelle spalle. Ma quei due si rendevano conto che lei era nel bel mezzo di una negoziazione da cento milioni di dollari?

    Un capitale che ovviamente non aveva, ma aveva un lavoro che stava cercando di svolgere nel miglior modo possibile.

    «Ryzard Vrbancic» elaborò Christian. «Noi gli abbiamo chiesto un appuntamento.»

    Ecco, ora i tasselli del mosaico stavano andando al loro posto, ragionò Tiffany. Il Q Virtus era il club di cui Paulie le aveva parlato spesso.

    «Volete incontrare quel losco individuo e proprio durante una di quelle riunioni? Ma perché? Vrbancic è un tiranno.»

    «La Bregnovia ha fatto richiesta ufficiale per essere ammessa nelle Nazioni Unite. Sta per diventare una democrazia.»

    «Dunque vi piace ignorare, come fa il resto del mondo, che Vrbancic è un dittatore, e che ha usurpato la presidenza grazie al denaro che ha sottratto al suo predecessore?» sbuffò Tiffany.

    «La guerra civile è appena terminata. Le città sono devastate. Hanno bisogno delle infrastrutture che la Davis & Holbrook può fornire loro.»

    «Di questo ne sono certa. Allora perché percorrere una strada alternativa? Chiamalo e offrigli i nostri servizi.»

    «Non è così facile. Il nostro paese non ha ancora riconosciuto il suo, dunque scambi commerciali e diplomatici al momento sono impossibili. Ma noi vogliamo essere al primo posto sulla sua lista quando la situazione si sbloccherà.»

    «Dunque avete organizzato un incontro clandestino...»

    «Non è ancora confermato» la interruppe Christian. «L'incontro dovrai organizzarlo tu quando arriverai lì.»

    «Io?»

    Christian annuì e sollevò la maschera.

    Era davvero bella, notò Tiffany, un'opera d'arte, con piume turchesi e dorate che coprivano la fronte e scendevano per nascondere la parte sinistra del viso in uno schema che le era penosamente familiare.

    Era come guardarsi in uno specchio. Un brivido freddo le corse lungo la schiena. No, non sarebbe andata da nessuna parte, non sarebbe apparsa in pubblico, mascherata o meno.

    «Conosci le regole del Q Virtus?» le chiese suo fratello. «Questa maschera è il tuo biglietto d'ingresso.»

    «No, non il mio.»

    «Sì, Tiff, il tuo» insistette Christian. Girò la maschera in modo che lei potesse vedere il suo nome impresso nell'interno, insieme all'indicazione Isola Margarita, Venezuela. «Vedi? Solo tu puoi partecipare.»

    Lo sguardo che suo fratello e suo padre si scambiarono le disse che avevano ponderato a lungo la situazione, e che non avevano trovato alternative. E suo padre era sotto pressione, ragionò Tiffany. Poteva accontentarlo... No, decise. La sua vita apparteneva solo a lei, e non l'avrebbe trasformata in un elenco di priorità altrui. Tuttavia, era abbastanza educata da optare per una conversazione civile che escludesse un secco rifiuto. «Nessuno si toglierà la maschera, giusto?» ragionò. «È questa una delle regole.»

    «Il microchip che vi è inserito rende possibile identificare ogni partecipante, o almeno il soprannome che adotta in occasione di tali eventi» spiegò Christian. «Inoltre la maschera è stata creata per adattarsi al viso di un'unica persona.»

    «Ovviamente sanno molto sul mio conto. Non vi sembra strano che la maschera sia stata disegnata per coprire le mie cicatrici?»

    «Il Q Virtus è rinomato per la sua discrezione» intervenne suo padre. «Qualsiasi informazione abbia sul nostro conto, sono sicuro che non verrà divulgata.»

    Un commento piuttosto ingenuo fatto da un uomo che era stato in politica e in affari abbastanza a lungo da sapere che era meglio non fidarsi mai di nessuno, pensò Tiffany. «Papà, se vuoi essere accettato come socio...»

    «Non ho i requisiti» la interruppe lui, allentandosi il nodo della cravatta.

    «Forse sei troppo anziano? Allora Christian...»

    «No.»

    Vero, lei era molto intelligente, aveva sempre ottenuto risultati scolastici migliori di suo fratello, tuttavia le sfuggiva qualcosa, si rese conto Tiffany.

    «Paulie era socio. Cos'è necessario per diventarlo?»

    «Denaro. Montagne di denaro. Paul senior era un membro del Q Virtus, e Paulie ha dovuto pagare un'ingente tassa per prendere il suo posto.»

    Invidia, ecco cosa percepì vibrare nella voce di suo padre. Doveva essere stato umiliante per lui che il suo miglior amico avesse ottenuto qualcosa che a lui era stato negato, rifletté Tiffany.

    «Quando eri ancora in ospedale, ho fatto richiesta di ammissione in tua vece, sperando di poter prendere il tuo posto in qualità di parente più prossimo» intervenne suo fratello. «Solo oggi ho avuto una risposta, e la risposta è questa maschera» aggiunse. «È molto strano però che abbiano già saputo che hai preso le redini della Davis & Holbrook

    «Non è un segreto» sottolineò suo padre, scrollando le spalle. «Ne parlano tutti.»

    Certo, non si sarebbe scusata per aver assunto il comando dell'azienda ora che si era ripresa abbastanza, decise Tiffany. E poi, cos'altro avrebbe potuto fare? Diventare moglie e madre ormai non sarebbe stato più possibile, considerando le condizioni della sua faccia. Tuttavia, era così poco raffinato lavorare, continuava a rammentarle sua madre.

    «Non capisco perché l'abbiano accettata» borbottò suo padre. «È un club riservato agli uomini.»

    Tiffany lanciò un'occhiata alla maschera, ricordando cosa le raccontava Paulie quando tornava da uno degli eventi del Q Virtus. «Un club che organizza orge in grande stile, giusto?»

    «Niente affatto» la contraddisse suo padre. «Il Q Virtus propone una rete di contatti personali e professionali di altissimo livello.»

    «E offre ai suoi soci la possibilità di rilassarsi, per una volta» sottolineò Christian. «Parecchi affari sono conclusi bevendo un Martini, e con una stretta di mano.»

    Giusto. Sapeva come funzionavano le cose in un certo ambiente. Le mogli e le figlie organizzavano feste e party mentre i mariti e i padri stipulavano affari milionari.

    Il suo fidanzamento con Paulie era stato deciso sul campo da golf, il suo matrimonio organizzato dalle rispettive madri, il più famoso chef della nazione aveva fornito la torta nuziale, e tutto era finito in fiamme nell'impatto con un cancello di ferro.

    «Molto interessante» commentò Tiffany, «ma io sto per portare a termine una negoziazione, non posso allontanarmi. Dovrete cavarvela da soli.»

    «Tiffany» la ammonì suo padre.

    «Sì?»

    «I nostri amici del Congresso si augurano che noi istaureremo buone relazioni con la Bregnovia. E io ho bisogno dell'appoggio di questi amici.»

    Perché la sua intenzione era candidarsi per le prossime elezioni presidenziali, e la sua carriera per lui veniva sempre al primo posto.

    «Non capisco cosa vi aspettiate da me» insistette Tiffany. «Magari che mi aggiudichi un appalto milionario con una maschera sul viso? D'altra parte, non potrei mai intervenire a un meeting a volto scoperto, ovvio» ragionò. «A nessuno piacerebbe guardare questa» aggiunse, indicando la parte sinistra della sua faccia, esattamente dove l'orecchio era stato ricostruito e lo zigomo sostituito da un impianto osseo.

    Suo padre sussultò e distolse gli occhi, confermando così ciò che lei aveva appena detto. E infliggendole un dolore più profondo di quello che le avevano causato le ustioni.

    «Forse io potrei venire con te» ipotizzò Christian. «Non so se ai soci è concesso portare il proprio partner, ma...»

    «Dovrei fingere che mio fratello sia il mio partner?» Certo, aveva proprio toccato il fondo, si disse Tiffany, stringendo i pugni. Ma toccava a lei proteggersi. Toccava a lei volersi bene. Nessun altro ormai lo avrebbe fatto.

    «Aiutami ad accedere al club, e potrai restare nella tua camera fino a evento terminato» incalzò Christian.

    Così non sarebbe stata necessaria una maschera per nascondere il suo volto sfigurato. Aveva promesso a se stessa che non sarebbe più stata la pedina di nessuno, d'altra parte quella era l'unica famiglia che aveva e che avrebbe mai avuto. I suoi amici l'avevano abbandonata, e gli uomini erano ormai fuori dalla sua portata. Non poteva permettersi di alienarsi anche i suoi genitori e suo fratello. «Quanto durerà la riunione?» s'informò lei.

    «L'arrivo è previsto per la serata del venerdì, la partenza per la domenica mattina» spiegò Christian, il tono sollevato. «Provvederò subito ai biglietti aerei.»

    «Porterò sempre la maschera» precisò Tiffany. «Questa è la condizione che pongo. Non voglio essere additata come se fossi un mostro da baraccone.» Con quanta sicurezza aveva parlato, pensò, mentre invece era terrorizzata. Nessuno doveva vederla. Nessuno.

    «Per quanto ne so io, tutti i soci indossano la maschera per la durata completa dell'evento» replicò Christian.

    Tiffany annuì. «Torno nel mio ufficio» concluse. Per cercare il coraggio necessario ad affrontare quest'avventura.

    Ryzard Vrbancic detestava adeguarsi a regole che non fossero state stabilite da lui stesso, in ogni caso sbarcò dal suo catamarano nuovo di zecca non appena i raggi obliqui del sole al tramonto accarezzarono le acque del porto venezuelano. Se non fosse arrivato a destinazione prima di sera, avrebbe trovato chiuse le porte del Q Virtus.

    Le porte chiuse, cioè la storia della sua vita, ragionò. La situazione però stava per cambiare, almeno sperava. Presto sarebbe stato accettato ovunque.

    Gli addetti alla sicurezza che effettuarono i controlli verificarono anche il microchip inserito nella sua maschera. Una delle hostess vestite di rosso sollevò lo sguardo dal suo tablet e gli sorrise.

    «Benvenuto, Rapace» disse poi. «Posso scortarla alla sua suite?»

    Una donna davvero graziosa, pensò Ryzard, peccato che le Petites Q, così erano definite le ragazze incaricate di soddisfare ogni esigenza degli ospiti, tranne quelle sessuali, fossero appunto off-limits. Erano settimane che non aveva un'amante. L'ultima lo aveva accusato di dedicare più tempo al lavoro che a lei, un'affermazione confermata dai conti esorbitanti che gli erano stati inviati da varie boutique e da diversi saloni di bellezza.

    Ma il lavoro adesso stava per dare i suoi frutti, dunque doveva solo pazientare ancora un po'.

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