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Una notte per sempre: Harmony Collezione
Una notte per sempre: Harmony Collezione
Una notte per sempre: Harmony Collezione
E-book145 pagine2 ore

Una notte per sempre: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un'amante compiacente...

Ammaliata dalla sua aura, Anna Bailey decide di mettere da parte la propria timidezza per una notte e concedersi allo splendido Dante Romano. Cinque anni dopo, però, l'unico ricordo che ha di Dante è Tia, la sua adorabile figlia.



... può trasformarsi nella moglie perfetta?

Dante ha dovuto lottare per arrivare dov'è, ma non è stato niente in confronto allo scoprire di essere padre di una bambina. Sposare Anna è l'unica soluzione che vede per correggere gli errori del passato, anche se lei non sembra essere della stessa opinione. Ma Dante ottiene sempre ciò che vuole.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2019
ISBN9788858992296
Una notte per sempre: Harmony Collezione
Autore

Maggie Cox

Quando non è impegnata a scrivere o a badare ai figli, ama guardare film romantici mangiando cioccolato.

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    Anteprima del libro

    Una notte per sempre - Maggie Cox

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Mistress, Mother... Wife?

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Maggie Cox

    Traduzione di Chiara Fasoli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-229-6

    1

    Era un giochetto al quale amava ricorrere quando il ritmo del servizio rallentava, a fine serata. Osservava i clienti che indugiavano ai tavoli o al bancone e immaginava quale potesse essere la loro storia. Inventare storie era il passatempo preferito di Anna, ciò che l’aveva fatta sentire al sicuro quando era piccola e che le aveva permesso di non perdere la ragione. I suoi piccoli mondi inventati erano molto più sicuri e appaganti della realtà e in diverse occasioni vi aveva cercato rifugio.

    Tornò a concentrarsi sull’uomo affascinante e dalla mascella squadrata che fissava il vuoto nell’angolo più lontano del locale. Occupava il tavolo da circa due ore e non si era ancora tolto il cappotto, né aveva interagito con gli altri avventori del bar. Era come se fossero tutti invisibili ai suoi occhi. La sua mente sembrava focalizzata unicamente sui propri cupi pensieri.

    Aveva un’aria intensa e preoccupata che intrigava Anna. Dopotutto, quale sognatrice con l’hobby di inventare storie non sarebbe stata attratta da un soggetto così affascinante? Assicurandosi di essere discreta, lo studiò a fondo. Non lo aveva ancora guardato negli occhi, ma immaginava che il suo sguardo avesse il potere di ipnotizzare chiunque. Un piccolo brivido le corse lungo la schiena.

    Dopo essersi assicurata che in sala nessuno avesse bisogno di lei, tornò a dedicare la propria attenzione all’uomo misterioso. Aveva i capelli biondo scuro con qualche lieve striatura dorata e un taglio che aveva tutta l’aria di essere all’ultima moda. Tutto in lui trasudava benessere e buongusto, insieme all’aura di potere che spesso si accompagnava a quegli attributi. Le ampie spalle sembravano gravate dalla preoccupazione e il suo bisogno di privacy era quasi palpabile, come un invisibile campo magnetico mirato ad avvisare chiunque che invadere i suoi spazi sarebbe stato molto pericoloso. Si trattava di un affare andato male? Qualcuno lo aveva tradito o deluso in qualche modo? Non aveva l’aria di un uomo che avrebbe sopportato tranquillamente di essere ingannato.

    Anna sospirò, poi tornò a studiarlo. No... aveva sbagliato tutto. D’improvviso il cappotto nero che indossava le parlò. Aveva perso una persona cara. Sì, doveva trattarsi proprio di quello, di un lutto. Ecco il perché della sua espressione cupa e tormentata. Mentre studiava il suo profilo cesellato, le sembrò quasi impertinente fare congetture su di lui, se davvero aveva indovinato la verità. Pover’uomo, doveva sentirsi malissimo.

    Aveva appena finito il suo terzo bicchiere di scotch, notò Anna. Ne avrebbe chiesto un altro? Brutte esperienze personali le avevano insegnato che l’alcol non risolve mai nulla. Anzi, causa solo problemi. Nel caso di suo padre non aveva fatto altro che peggiorare i suoi malumori.

    Il bar dell’hotel chiudeva alle undici e trenta ed erano già le undici e un quarto. Raccogliendo un vassoio, Anna girò fra i tavoli con il suo abituale passo leggero, il cuore che batteva all’impazzata. Una volta di fronte all’uomo, atteggiò le labbra in un piacevole sorriso. «Mi dispiace disturbarla, signore, ma desidera ordinare qualcos’altro? Il bar chiuderà a breve.»

    Due brillanti occhi dello stesso colore del mare ghiacciato – che del ghiaccio sembravano avere anche la temperatura – si sollevarono a osservarla. Anna si preparò a ricevere un’accoglienza fredda, dicendosi che le sarebbe stato bene, visto che si era avvicinata quando il linguaggio del corpo di lui segnalava chiaramente che voleva essere lasciato in pace.

    Ma in quel momento un angolo dell’austera e sensuale bocca dell’uomo si sollevò in quello che sembrava un sorriso. «Ho l’aria di uno che ha bisogno di un altro drink, bella?»

    C’era una lievissima nota mediterranea nel suo altrimenti perfetto inglese. Be’, in ogni caso si era sbagliato. Lei non era bella. Se non fosse stato per i lunghi capelli ramati che scioglieva ogni sera dopo averli tenuti imprigionati in uno stretto chignon durante il lavoro, Anna si sarebbe considerata una persona dall’aspetto ordinario. In ogni caso, il complimento inaspettato, che fosse ironico o no, accese qualcosa dentro di lei. «Non pretendo di sapere di cosa ha bisogno, signore.»

    «Chiamami Dan» disse lui, presentandosi con la forma abbreviata del suo nome. Era così che di solito si faceva chiamare a Londra, non potendo sopportare di usare Dante, il suo nome di battesimo. Quella notte meno che mai.

    L’invito la fece quasi inciampare. Anna abbassò la testa sotto lo sguardo magnetico di lui, troppo potente da sostenere a lungo. «Non ci è permesso rivolgerci ai clienti chiamandoli per nome» rispose.

    «E tu segui sempre le regole alla lettera?»

    «Sì, se voglio tenermi il lavoro.»

    «Chi gestisce questo posto sarebbe un folle a cacciare una ragazza come te.»

    «Non mi conosce nemmeno.»

    «Magari potrebbe piacermi. Conoscerti meglio, intendo.»

    Il suo sorriso malizioso la colpì come un fulmine. L’impatto la ridusse quasi in mille pezzi. «Non credo proprio» rispose in tono serio. «In realtà, probabilmente sta solo cercando una distrazione.»

    «Ah, sì? E una distrazione da cosa, esattamente?» Un sopracciglio biondo scuro si alzò divertito.

    «Dai brutti pensieri che le occupano la mente.»

    Il sorriso dell’uomo scomparve. La sua espressione si fece controllata, come se uno spesso muro di granito si fosse innalzato davanti a lui. «Come sai che sono afflitto da brutti pensieri? Sai leggere la mente per caso?»

    «No.» Anna si mordicchiò nervosamente il labbro. «È solo che, osservando le persone, riesco a... intuire cose su di loro.»

    «Che passatempo pericoloso. E cosa ti spinge a farlo? Non hai abbastanza materiale tuo su cui lavorare? Devi essere una persona molto speciale, se è davvero così, se riesci ad attraversare la vita senza problemi.»

    «Non è il mio caso. Come potrei aver imparato qualcosa, o essere in grado di provare empatia per gli altri, se non avessi mai avuto problemi? Mi renderebbe abbastanza superficiale, cosa che non sono.»

    «E io che pensavo fossi una semplice cameriera! Evidentemente in realtà sei una piccola filosofa.»

    Anna non considerò il commento come un insulto. Come avrebbe potuto? Oltre alla sofferenza che risplendeva negli incredibili occhi del colore del mare in tempesta, nel suo tono pungente si poteva leggere la disperazione più nera. Fu assalita da un irresistibile desiderio di aiutare quell’uomo a sentirsi meglio. «Non sono in cerca di guai, ma... mi sembrava così solo e triste, seduto qui, e ho pensato che se avesse voglia di parlare. Be’, io sono brava ad ascoltare. A volte è più facile parlare dei propri problemi con un estraneo che con qualcuno che si conosce. In ogni caso, se pensa che sia impertinente da parte mia e che un drink potrebbe esserle di maggiore aiuto, allora gliene porterei volentieri un altro.»

    Dan alzò una spalla, poi la lasciò ricadere con aria indifferente. «Non sono il tipo da avere bisogno di sfogarsi e, se hai pensato che lo fossi, allora mi dispiace ma hai sprecato il tuo tempo. Come ti chiami?»

    «Anna.»

    «Tutto qui? Solo Anna?»

    «Anna Bailey.»

    Un sudore freddo le imperlò la pelle nel punto esatto in cui un attimo prima lo sguardo di lui aveva fatto divampare un incendio. Si sarebbe lamentato di lei con il capo? Non era stata sua intenzione insultarlo, il suo unico desiderio era stato di aiutarlo, se possibile. Era un cliente abbastanza influente da farle perdere il posto? Pregò che non fosse così.

    L’accogliente albergo a gestione familiare in un tranquillo angolo di Covent Garden era stato la sua casa negli ultimi tre anni e lei amava tutto di quel posto, lavoro compreso. Non le importava nemmeno restare in piedi per molte ore consecutive. I suoi datori di lavoro erano generosi con lei e il recente aumento di stipendio aveva reso la sua vita molto più facile rispetto a quando veniva pagata una miseria per fare cose che non le piacevano affatto. Non aveva nessuna intenzione di tornare alle difficoltà di un tempo. «Senta, signor...»

    «Ti ho detto di chiamarmi Dan.»

    «Non posso farlo.»

    «Perché?» le chiese con tono seccato.

    «Perché non sarebbe professionale. Io ci lavoro qui e lei è un cliente.»

    «Ciononostante mi hai offerto una spalla su cui piangere. È un’offerta che fai a tutti i tuoi clienti, Anna?»

    Lei arrossì. «Certo che no. Volevo solo...»

    «Quindi l’unica cosa che ti trattiene dal chiamarmi per nome è che sei una maniaca delle regole e lavori qui, mentre io sono un cliente?»

    «È meglio che vada.»

    «No, resta. C’è qualche altra ragione per cui non puoi essere meno formale? Un fidanzato o un marito che ti aspettano a casa, forse?»

    Anna lo fissò. «No.» Si schiarì la gola, poi si guardò intorno per vedere se qualcuno li stesse osservando.

    Brian, il suo giovane collega, stava pulendo il bancone del bar e chiacchierava con un cliente, mentre un elegante signore di mezza età e la sua compagna erano seduti a un tavolo, tenendosi teneramente la mano e sorseggiando un drink dopo aver assistito a uno spettacolo teatrale.

    Sospirando, Anna si voltò e trovò Dan che la studiava con espressione cupa. Il cuore le sobbalzò nella cassa toracica, mentre lui valutava interessato il suo corpo femminile. Il suo sguardo si soffermò audace sulle curve dei fianchi e sulle rotondità del seno, accendendo al suo passaggio fiamme di desiderio sopito. Non c’era nulla di provocante nella blusa di seta viola con disegni cinesi sul colletto o nella dritta gonna grigia che costituivano la sua uniforme ma, mentre lui la guardava come se la stesse immaginando nuda nel proprio letto, Anna si sentì intrappolata, senza possibilità di fuga.

    A quell’insolente esame sentì qualcosa scorrerle nelle vene. Un’eccitazione che sembrava una gigantesca onda pericolosamente vicina a trascinarla in acque profonde che non aveva mai osato esplorare prima di allora.

    «Be’, in questo caso... ho cambiato idea.» Dante sorrise di nuovo. «Forse condividere i miei dispiaceri con una ragazza dolce come te è proprio quello di cui ho bisogno questa notte, Anna. A che ora stacchi?»

    «Intorno a mezzanotte, poco dopo la chiusura.» Com’era possibile che la sua voce suonasse così controllata quando dentro era consumata da un incendio?

    «E come vai a casa di solito? Prendi un taxi?»

    «A dire il vero, vivo proprio qui sopra.» Le sue ultime difese si sgonfiarono come un palloncino e non le fu più possibile pretendere che quell’uomo affascinante e dalla mascella squadrata non l’avesse colpita nel profondo.

    La verità era che esercitava su di lei un fascino pericoloso. Era ipnotizzata dalla brillante aura di sensualità che si avvertiva nella sua voce vellutata e nei suoi magnifici occhi, oscurati da cupi pensieri. Le sue ossa

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