Buon compleanno, mamma: Harmony Collezione
Di Day Leclaire
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Info su questo ebook
Day Leclaire
Autrice americana creativa e versatile, ha scoperto in tenera età la sua passione per la scrittura.
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Anteprima del libro
Buon compleanno, mamma - Day Leclaire
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Nine-Dollar Daddy
Mills & Boon Romance
© 1998 Day Leclaire
Traduzione di Francesca Scibé
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-843-8
Frontespizio. «Buon compleanno, mamma» di Leclaire DayPrologo
«Le lezioni sono terminate, ragazzi» annunciò l’inse gnante. «Buone vacanze di primavera a tutti! Hutch Lonigan, vorrei dirti due parole, prima che te ne vada.»
Accidenti! Si capiva dal tono della voce che l’insegnante era preoccupata. Una fila di ragazzi di seconda media sfilò davanti a Hutch lanciandogli rapidi sguardi divertiti. Lo guardavano sempre così, tuttavia Hutch non se ne meravigliava. Un ragazzino di soli dieci anni, che aveva osato invadere il loro territorio, era spesso trattato con disdegno, sospetto e, a volte, perfino con aperta ostilità.
Hutch accatastò in un’ordinata pila i suoi libri sul banco, si alzò e si avvicinò alla signora Roon. «Sissignora.» L’insegnante faceva passare dei fogli di carta. È nervosa, pensò il ragazzo. Forse sarebbe stato a suo vantaggio. Si aggiustò gli occhiali sul naso e la fissò con uno sguardo diretto, uno sguardo che sembrava mettere sempre in imbarazzo gli interlocutori. «Spero che non ci sia qualcosa che non va» disse evitando di dare alla frase un tono interrogativo.
Lei gli lanciò una rapida occhiata, poi aprì una cartelletta e puntò l’indice su un fascicolo di fogli nitidamente stampati. «Riguarda la tua proposta di esperimento scientifico.»
L’aveva sospettato. «Sì?»
«È, devi ammetterlo, un po’ anticonformista.»
Niente di male fin lì. Hutch rimase in attesa, facendo pesare su di lei il suo silenzio.
La signora Roon si schiarì la voce e sfogliò il fascicolo del ragazzo come se sperasse di trovarvi le parole che stava cercando.
«Vorrei che tu prendessi in considerazione l’idea di scegliere un soggetto diverso.»
«No.»
«Hutch...» Il tono della sua voce era diventato più morbido, quasi materno.
Hutch sporse ostinatamente il mento. «No» ripeté.
«Capisco perché vuoi svolgere questa ricerca, ma non è accettabile. Devi rendertene conto.»
«È un tentativo logico di risolvere un problema, cosa che a nessun altro è riuscita.»
«Stai parlando di tua madre.»
«Sì. Lei non è dotata di logica e non vede il problema, per cui non è possibile che trovi una soluzione. L’esperimento cercherà di porre rimedio a questa situazione.»
«Mi dispiace molto, Hutch, ma io non posso dare l’autorizzazione al tuo progetto. Almeno, non senza il consenso di tua madre.»
Il ragazzo strinse le mani a pugno, poi le fece scivolare nelle tasche. «No! Se lo venisse a sapere, il risultato sarebbe inevitabilmente compromesso.»
La signora Roon sospirò. «Mi dispiace, ma la mia decisione è irrevocabile. Senza il permesso scritto di tua madre, dovrai rinunciare a questa ricerca e scegliere un altro progetto. E anche col suo permesso, non sono sicura che l’approverei. È troppo, troppo...»
Scosse la testa desolata, poi riprese a parlare. «Tu sei un ragazzo intelligente e hai avuto per tua madre un pensiero molto delicato, ma devi capire che non è appropriato.»
Stava ancora usando quel tono che non gli piaceva, pensò il ragazzo. «È la sua ultima parola?» le chiese stringendo le labbra e guardandola severamente.
«Sì, Hutch, temo proprio di sì.» L’insegnante chiuse la cartelletta e la fece scivolare verso di lui. «Abbiamo due settimane di vacanza. Approfitta di questi giorni per scegliere qualcos’altro.»
«E se mi rifiuto?»
«Allora ne parlerò con tua madre.»
«Si rende conto che non mi lascia nessuna possibilità?»
«Mi dispiace molto» ripeté lei.
«Anche a me» mormorò Hutch sottovoce. «È stato bello lavorare con lei, signora Roon.» Prese la cartelletta e ritornò al suo posto. In piedi, guardò la pila di libri mentre il suo cervello funzionava a velocità supersonica.
La signora Roon non voleva cambiare idea e lui non poteva correre il rischio che sua madre scoprisse l’esperimento. Tenendo presenti queste due premesse, analizzò velocemente tutte le alternative possibili. Gli ci volle solo un attimo per fermarsi su quella che gli sembrava la più stimolante. Un lieve sorriso gli sfiorò la bocca. Era una possibilità molto labile, rischiosa perfino... ma i risultati avrebbero potuto essere eccezionali. Valeva la pena di correre il rischio.
Si voltò e guardò per l’ultima volta l’insegnante. «Grazie, signora Roon, ci penserò.» Sollevò lo zaino vuoto e se lo infilò sulle spalle.
«Sono contenta, Hutch» rispose lei sorridendo sollevata. «Non ti porti a casa i libri?»
«Non ne ho bisogno.»
Lei scoppiò in una risata acuta. Il ragazzo si rese conto che gli capitava spesso di rendere nervose le persone con cui parlava e non capiva il motivo.
«Penso che tu non ne abbia bisogno perché li sai già tutti a memoria» disse lei.
«La maggior parte sì» ammise lui dirigendosi verso la porta. «Arrivederla, signora Roon» aggiunse poi. Non si voltò a guardarla perché la sua mente era già occupata a stilare un elenco di quel che avrebbe dovuto fare nei prossimi giorni di vacanza per raggiungere il suo scopo. Era una sfida con se stesso, pensò chiudendosi con decisione la porta alle spalle.
Trovare un marito per sua madre era senza dubbio una sfida eccezionale.
1
Strumenti / Dati richiesti dalla ricerca:
1. Trovare l’uomo perfetto e verificare gli impegnidella mamma.
2. Ottenere il contratto/accordo per i servizi.
3. Compilare la lista degli esperimenti d’amore.
Hutch si fermò davanti a una casa dipinta di giallo e la fissò sorpreso. Confrontò due volte l’indirizzo con quello pubblicato sulla pagina degli avvisi pubblicitari. Corrispondeva. Era proprio l’agenzia matrimoniale Yellow Rose di Bluebonnet Drive. Com’era possibile essere così sdolcinati? Perfino la palizzata aveva un aspetto romantico, tutta bianca e gialla con un’infantile cassetta per le lettere decorata con rose dipinte.
A sua madre sarebbe piaciuta, lui la trovava odiosa. Lo faceva sentire ancor più fuori posto di quando era entrato per la prima volta nella classe di seconda media e tutti l’avevano guardato come se fosse un fenomeno da baraccone.
Aprì il cancello, percorse il vialetto d’accesso e, dopo aver salito i sei scalini del portico, si sentì più rilassato. Si trovò davanti a una porta chiusa. Il vetro smerigliato non permetteva di vedere all’interno.
Respirò a fondo ed entrò. Con sua gran sorpresa si trovò in una casa vera e propria, non in un ufficio. Arricciò il naso sentendo un prepotente profumo di fiori e soffocò una smorfia vedendo una grande composizione floreale sopra un tavolo. Si guardò attorno e notò una scrivania che occupava un locale attiguo all’ingresso. Si sentì sollevato. Una scrivania voleva dire lavoro.
Hutch concentrò lo sguardo sulla targhetta che portava la scritta receptionist. Seduta alla scrivania c’era una vecchia signora che fissava un tabulato da computer. Dietro a lei, un uomo e una donna parlavano piano piano tra di loro. L’uomo teneva in mano una macchina fotografica e la donna un blocco per annotazioni. Gli rivolsero un’occhiata distratta senza curarsi di lui.
S’infilò una mano in tasca e buttò sul ripiano di cristallo della scrivania una manciata di biglietti di banca e degli spiccioli. Erano in tutto nove dollari e ottantaquattro centesimi. Una cifra da niente, ma erano i risparmi di tutta la sua vita e aveva lavorato sodo per metterli da parte.
«Voglio acquistare quanti più appuntamenti possibili con questi» annunciò ad alta voce, richiamando immediatamente l’attenzione di tutti. L’uomo e la donna smisero di parlottare e lo fissarono con improvviso interesse.
«Mi sembri un po’ troppo giovane, non ti pare, figliolo?» disse la receptionist.
Hutch arrossì. Non gli andava di sentirsi prendere in giro. «È per mia madre. Ha bisogno di un uomo e io voglio il migliore di cui potete disporre.»
Un flash illuminò la stanza.
Gli occhi della signora cambiarono colore e si fecero caldi come il cielo di San Antonio. «Davvero?» mormorò.
Hutch si rimise la mano in tasca, prese la pagina del giornale con gli annunci pubblicitari e la posò determinato accanto al denaro. «Vorrei il vostro special per la Fiesta di San Antonio» aggiunse dopo un attimo di riflessione.
«La tua mamma sa che sei venuto qui?»
«No, è un regalo per il suo compleanno. Dev’essere una sorpresa.»
«Oh, su questo non ho il minimo dubbio» convenne la receptionist. Lo osservò per qualche secondo con attenzione e lui sostenne con baldanza il suo sguardo. Infine un sorriso le schiuse le labbra. Si voltò verso il retro dell’agenzia e chiamò: «Ty? Vieni a darmi una mano».
Subito dopo, l’intero vano della porta fu occupato da una figura maschile, alta e muscolosa. «Che cosa c’è?» chiese una voce che sembrava quasi un rombo di tuono.
«È mio nipote» spiegò la donna al ragazzo. «Si prenderà cura di te e di tua mamma.»
«Ti sarei molto grata» aggiunse poi, rivolgendosi al nipote, ma gettando un’occhiata significativa alla donna col blocco per gli appunti e all’uomo con la macchina fotografica. «Maria e Wanda sono fuori per il pranzo e io sono rimasta sola. Dovresti spiegare a questo ragazzo che cosa è il nostro special per la Fiesta di San Antonio.»
Gli occhi verde chiaro dell’uomo si spostarono dalla donna a Hutch. « È già stato qui?» chiese.
«Aiutalo a compilare un modulo d’iscrizione per sua madre, per piacere» tagliò corto lei.
Un altro flash.
«Ma, Willie...» Quello doveva essere il nome dell’anziana signora.
«Non è difficile, Ty. Usa pure il mio ufficio. Sta’ attento che risponda alle domande nel modo migliore possibile. Non appena avrà finito, le inseriremo nel computer e vedremo chi salterà fuori come miglior compagno.»
«Ne voglio uno molto buono» interloquì Hutch con ostinazione. «Il migliore che ci sia.»
Willie sorrise. «Me ne assicurerò personalmente. Vai con Ty che ti aiuterà a compilare il modulo.»«Andiamo» disse Hutch e lo seguì trotterellando con circospezione.
Il Colosso aprì una porta e gli indicò due sedie, sistemate ad angolo attorno a un tavolo. «Siediti» gli ordinò. Un computer occupava quasi la metà della superficie del tavolo e Hutch si sentì subito a suo agio. Si sedette sulla sedia più vicina alla porta. L’uomo non fece commenti e rimase in silenzio per un paio di minuti.
«Perché non mi vuoi aiutare?» gli chiese Hutch.
«Io non lavoro qui. Forse dovresti chiamarmi un socio non operante.»
«Oh!» Non era la risposta che si era aspettato e il ragazzo impiegò un certo tempo a digerirla. «Perché la vecchia signora...»
«Si chiama Willie