Conflitti di cuore: Harmony Bianca
Di Amy Ruttan
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Info su questo ebook
Il celebre neurochirurgo Vivian Maguire conosce tutto ciò che c'è da sapere sul cervello. Ma, quando torna a Nashville e rivede l'unico uomo di cui sia mai stata innamorata, è il suo cuore ad avere la meglio.
Il dottor Reece Castle si è fatto un nome come chirurgo delle star. Tuttavia, il ritorno di Vivian ha stravolto ogni suo piano e ha fatto crollare la fragile barriera dietro cui si nascondeva da troppo tempo. Adesso ogni suo sguardo, ogni contatto occasionale lo inducono a rischiare il proprio cuore per la donna che, sette anni prima, ha dimostrato di non averne uno.
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Conflitti di cuore - Amy Ruttan
successivo.
1
«Ce la puoi fare.» Era una rassicurazione che si ripeteva di continuo. E anche se di solito non parlava con se stessa da sola, dirlo a voce alta la faceva sentire meglio.
Già.
In quel momento, lì in piedi, tutta la sua spavalderia stava passando mentre guardava l'imponente ingresso del Cumberland Mills Memorial Hospital. L'ospedale dove aveva svolto il suo primo internato. Prima di partire per la sua prestigiosa borsa di studio a Monaco sette anni prima.
Non era cambiato nulla. Chiuse gli occhi e accolse il profumo dolce e intenso degli alberi di magnolia. Le faceva pensare alle corse sul prato a piedi nudi, a suo padre seduto sull'altalena della veranda che strimpellava la chitarra mentre lei giocava. Ricordo doloroso di un uomo che aveva lasciato lei e sua madre tanto tempo prima.
Sospirò e scacciò quel pensiero. Non c'era spazio oggi per quei ricordi.
Anche se era difficile. Qualunque posto in cui andasse a Nashville le portava alla mente i fantasmi del passato. Le scelte che aveva fatto e il dolore che si era lasciata alle spalle. Nashville la tormentava ed era quello il motivo per cui se n'era andata. Per cui aveva programmato di non tornare più.
Eppure eccola lì. Al punto di partenza.
Sei qui per tua madre. Non stai cominciando da capo.
Tuttavia, tornare nel posto in cui era cresciuta sembrava una seconda possibilità. Come se il karma le stesse dicendo che aveva fatto tutte le scelte sbagliate e le stesse dando una seconda chance.
Dovette ricordare a se stessa che le cose erano diverse. Lei era diversa. Era più forte. Quando aveva cominciato lì era così insicura che aveva dovuto assumere una finta aria di sicurezza, costruire muri per tenere lontano le persone. Non c'era da stupirsi se era considerata da qualcuno una persona fredda, mentre i dottori con più esperienza pensavano che fosse troppo umile e sottomessa per essere brava in quello che faceva.
Solo una persona era riuscita a vedere oltre tutto questo.
Non pensare a lui.
Vivian rimase ferma nella propria decisione e strinse la tracolla della borsa firmata. Non era più la ragazza proveniente dalla zona est di Nashville, quella che veniva dalla parte sbagliata della strada. Adesso era un neurochirurgo e un medico diagnosta di fama mondiale.
Alzò la testa, oltrepassò la porta del Cumberland Mills e poté rivedere uno dei più affollati e ricchi ospedali di Nashville.
Niente era cambiato all'interno.
Come me.
«Dottoressa Maguire, è bello vederla di nuovo.»
Vivian si voltò e scorse il primario della Chirurgia, il dottor Isaac Brigham, che veniva verso di lei attraverso il vasto atrio. A parte un po' più di grigio tra i capelli neri come l'ebano, il dottor Brigham era ancora come se lo ricordava. Quando lui era già un medico affermato, lei era ancora un medico interno spaventato che cercava di non farsi notare troppo. Quanto in fretta era cambiata sotto il suo insegnamento.
Non dimenticarti mai che sei uno squalo. Vai sempre avanti. Era questo che le aveva insegnato il dottor Brigham e lei aveva deciso di farne tesoro quando aveva scelto di andare avanti e partire per la Germania.
Solo che oggi non si sentiva uno squalo, era di nuovo lì al punto di partenza.
Vivian prese la sua mano e la strinse. «È bello rivederla, dottor Brigham.» Ma era una bugia. Il dottor Brigham poteva averle insegnato a essere uno squalo, poteva essere stato un bravo medico, ma aveva due facce ed era testardo. Nessuno avrebbe mai voluto farlo arrabbiare.
Si stava sforzando di apparire gentile con un uomo che trovava alquanto irritante. Un uomo di cui non si fidava.
«Chiamami Isaac.» Aveva l'accento affettato e aristocratico di Belle Meade. Così diverso dall'accento di cui Vivian aveva cercato di liberarsi. Quello che di solito le persone guardavano dall'alto in basso, giudicandola feccia ed estranea a quell'ambiente.
Lei sorrise. «Credo che sarà difficile per me. Voglio dire, è grazie a te che ho ottenuto quella borsa di studio a Monaco. Tu eri il mio insegnante e io ero terrorizzata da te.»
Isaac sorrise e incrociò le braccia. «Tu terrorizzata? Ho sentito parlare del tuo lavoro a Monaco. Devo dire che sapevo che ce l'avresti fatta. Anche se ci sono stati momenti in cui ho dubitato. Eri così silenziosa e timida. Inoltre quando parlavi emettevi poco più di un bisbiglio.»
«Non bisbiglio più.» Vivian sorrise, felice che la sua reputazione la precedesse, perché sapeva che avrebbe dovuto costruirsene una lì. Aspirava al posto del dottor Brigham. Non era un segreto che lui avesse intenzione di andare in pensione e la maggior parte dei medici con più esperienza lì avevano un vantaggio su di lei. Erano conosciuti. Molti venivano dalle vecchie famiglie benestanti di Nashville e lei non era una stupida. Sapeva che sarebbe stato un vantaggio per loro, ma Vivian aveva in programma di cambiare le cose.
«Be', ti faccio fare un giro del nostro reparto di Neurologia e ti presento i tuoi pazienti VIP.»
Vivian iniziò a camminargli accanto. «Pazienti VIP?»
Lui annuì. «Be', devi iniziare a diventare parte attiva qui. Inoltre, ho sentito che sei il miglior diagnosta in circolazione.»
«Così dicono» rispose lei. «Parlami del caso.»
«Lavorerai al caso con uno dei miei più stimati neurochirurghi. È un caso complesso e cosa c'è di meglio per te se non cominciare il tuo lavoro qui in qualità di nostro migliore diagnosta?»
Le parole uno dei miei più stimati neurochirurghi significava solo una cosa per Vivian. Competizione.
«Chi è il paziente VIP?»
«La stella della musica country Gary Trainer. È un astro nascente, ma ha avuto dei sintomi neurologici molto strani da quando è stato ricoverato qui due giorni fa.»
«Gli hanno fatto una risonanza magnetica?»
Isaac rise. «Certo... come ho detto, è un paziente VIP e la sua casa discografica è molto ansiosa di farlo ritornare in tournée.»
Certo.
I musicisti erano sempre ansiosi di tornare in tournée. Lo aveva sentito dire a suo padre tante volte.
Lei e Isaac entrarono in ascensore, restando in silenzio finché non arrivarono all'ultimo piano. Le porte si aprirono con un segnale acustico e loro uscirono.
«È qui che stanno i nostri pazienti VIP mentre sono ricoverati da noi» le comunicò Isaac.
Vivian non rispose. Sentì una stretta allo stomaco. Lì non si badava a spese, erano i soldi a parlare. Quando era una bambina spesso lei e sua madre non erano riuscite a ottenere l'aiuto di cui avevano bisogno. E si ricordò le ore che avevano dovuto aspettare in uno squallido e sovraffollato Pronto Soccorso.
Poi ci furono le fatture mediche dopo il tentativo di suicidio della madre che impiegarono anni a pagare, perché l'ambulanza l'aveva portata in un ospedale che non potevano permettersi.
Vivian provò a restituire tutto quando ne ebbe la possibilità, tuttavia vedere il lusso di quell'ala del Cumberland Mills la faceva pensare a quanti soldi erano stati investiti in questo invece che in attività a gratuito patrocinio.
Seguì Isaac lungo il corridoio fino all'ultima stanza. Attraverso la porta aperta vide un gruppo di medici interni di Chirurgia, evidentemente di turno, e non poté fare a meno di chiedersi chi fosse il suo rivale. A dire il vero, non le interessava proprio. Avrebbe fatto fuori chiunque dalla competizione una volta formulata la sua diagnosi sul signor Trainer. Lo avrebbe fatto ritornare in tournée davanti ai suoi fan.
Il dottor Brigham bussò alla porta. «Possiamo interrompere?»
«Certo, dottore. Mi hanno detto che ha portato uno specialista dalla Germania per occuparsi del mio caso» rispose una voce gentile e profonda con accento della Georgia.
Isaac annuì. «Solo il meglio per lei, signor Trainer.»
Vivian oltrepassò la porta e il sorriso le svanì subito dalle labbra quando il suo sguardo incontrò quello del dottore che stava in piedi accanto al letto del signor Trainer.
Quei familiari occhi castani, che la penetravano fin nel profondo. I suoi capelli non erano lunghi come un tempo, erano corti e gli donavano. E non era così dinoccolato e magro come quando erano tirocinanti. Quel viso da ragazzo era scomparso. Era indurito, maturo, ma era ancora lui ed era più bello che mai.
Reece.
Lo aveva incontrato durante il suo ultimo anno di internato. Lui si era trasferito da un altro ospedale ed era stato portato lì dal dottor Brigham. Era stato l'unico che era riuscito a vedere al di là dei suoi muri. In quel periodo era stato la sua bussola. Il suo punto di riferimento.
«Che importa da dove vieni? È dove stai andando che conta.»
Non pensare a lui. Vivian non poteva fare a meno di pensare a lui mentre si trovavano nella stessa stanza. Anche se aveva preso la decisione di andarsene, pensava a lui ogni giorno. Lo aveva trattato in modo ingiusto e Reece lo sapeva. Vivian aveva messo la sua carriera al primo posto e lo avrebbe sempre fatto.
Poteva contare sul suo talento, sulla medicina e su se stessa. Non aveva nessuna fiducia nell'amore o nelle questioni di cuore, perché i cuori si spezzavano facilmente. Qualcosa che aveva sperimentato in prima persona quando suo padre se n'era andato.
Le relazioni non erano mai state nella lista delle sue priorità ma, dal primo momento che aveva visto Reece, se n'era dimenticata.
I ricordi le ritornarono alla mente in quel momento...
«Stanca?»
«Sì. È stato un turno lungo. Avevo bisogno di aria.» Vivian chiuse gli occhi sperando che se ne andasse, ma lui era ancora lì. «Posso aiutarti, dottor Castle?»
Lui alzò le spalle. «Anche io avevo bisogno d'aria. Adoro il profumo delle magnolie.»
«Sì, pure io. Mi ricorda la mia casa.»
«Da dove vieni?»
«Nashville.» Vivian non sapeva perché stava instaurando una conversazione con lui.
«Anch'io.»
Poi Reece allungò una mano e strappò un fiore. Prima che la ragazza potesse protestare, lui glielo aveva sistemato dietro l'orecchio. Vivian sentì un brivido lungo la schiena. La mano forte di lui si era fermata sulla sua guancia.
«Cosa stai facendo?» Quelle parole erano state un bisbiglio perché lei aveva perso la voce, imbarazzata per il fatto che lui le stesse prestando attenzione.
«Non lo so. È che ti dona.»
Anche adesso, dopo sette anni, Vivian ricordava ancora la sensazione della sua mano sulla guancia, mentre la teneva ferma per sistemarle il fiore tra i capelli. Si ricordava anche di quanto avrebbe voluto baciarlo in quel momento.
Quali effetti quel contatto aveva avuto su di lei.
Non poteva credere che Reece fosse ancora lì a Nashville. Vivian aveva pensato che avrebbe accettato qualche offerta proveniente da una città più grande. Anche se aveva sempre detto che voleva restare a Nashville, lei non