Tentazione per il capo: Harmony Destiny
Di Red Garnier
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Info su questo ebook
Marcos Allende ha sempre avuto una sola, grande passione nella vita, gli affari. Infatti ha visto troppo da vicino gli effetti devastanti di un'ossessione sentimentale per poter cedere all'amore. Da quando però Virginia Hollis lavora a stretto contatto con lui, qualcosa di potente e sconosciuto lo turba nel profondo, il desiderio di proteggerla e possederla al tempo stesso. Un viaggio di lavoro in un esotico scenario gli concede una straordinaria possibilità: concludere la contrattazione più importante della carriera e persuadere la sua conturbante segretaria a giocare all'amante per una settimana da sogno. E una volta che Virginia sarà entrata nel suo letto, dovrà solo convincerla a rimanerci.
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Anteprima del libro
Tentazione per il capo - Red Garnier
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Secretary’s Bossman Bargain
Silhouette Desire
© 2010 Red Garnier
Traduzione di Sonja Liebhardt
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-333-2
1
Era pronta a supplicarlo.
Virginia Hollis provò un brivido. Si strinse tra le braccia e lanciò un’occhiata fuori dal finestrino della Lincoln nera e lucida che sfrecciava lungo la strada buia. C’era gente che camminava per il quartiere con le mani in tasca e i volti parzialmente nascosti dietro i baveri rialzati per proteggersi dal vento gelido. Gli uomini con il cellulare all’orecchio e le donne a combattere con le borse dello shopping. Tutto faceva pensare a una serata normale a Chicago. A una serata ordinaria.
Ma non era ordinaria. Non poteva esserlo.
Perché il mondo di Virginia aveva smesso di girare.
Le persone che avevano bussato alla sua porta quella mattina le avevano portato un messaggio e non era stato un messaggio molto affabile.
Facendo un respiro profondo, Virginia esaminò il semplice abito nero e le scarpe dal tacco alto che indossava. Sembrava che fosse importante per lei avere un bell’aspetto, non solo decoroso, ma piuttosto sofisticato ed elegante, perché la richiesta che l’era stata rivolta era tutt’altro che banale.
E non poteva pensare a nessun altro a cui chiederlo se non a lui. Oh, Dio. Il solo pensiero di umiliarsi in quel modo di fronte a lui la faceva stare male.
Inquieta si mise a giocare con la collana di perle che portava al collo, cercando di concentrarsi di nuovo sulla città. Le perle erano piacevolmente lisce sotto le dita. Si trattava dell’unica cosa che Virginia era riuscita a salvare dei beni di sua madre.
Suo padre li aveva persi tutti.
Scommessa dopo scommessa aveva perso le automobili, i pezzi d’antiquariato e la casa. Virginia vi aveva assistito con un misto d’impotenza e di rabbia.
Aveva minacciato suo padre, aveva fatto la voce grossa, l’aveva supplicato, ma era stato tutto inutile.
Non c’era stato modo di fermarlo. Di farlo smettere di giocare.
Non era rimasto più niente.
Eccetto lei.
E non poteva, proprio non poteva ignorare quelle persone e la richiesta che avevano avanzato. Non importava quanto lei disapprovasse quel che faceva suo padre o quante volte si fosse ripromessa di non parlargliene più. Lui era suo padre. Il suo unico famigliare.
Un tempo era stato un uomo d’affari. Rispettato, persino ammirato. Adesso la rattristava pensare a quel che era diventato.
Virginia non sapeva quanto ingente fosse il suo debito. Tutto quello che sapeva era l’accordo che aveva concluso con quei tre personaggi sgarbati quella mattina. Aveva un mese di tempo per procurarsi centomila dollari. Per quel lasso di tempo l’avrebbero lasciato in pace.
Virginia non avrebbe mai immaginato di doversi procurare una simile somma in un tempo così breve. Ma mentre lei non riusciva a immaginarselo, Marcos Allende ci sarebbe senz’altro riuscito.
Pensando a lui, provò un brivido. Il suo capo era un uomo tranquillo e tremendamente bello. Alcuni dicevano che fosse particolarmente dotato; il suo tocco era quello di un novello Re Mida: tutto quello che toccava si trasformava in oro. Anche se Virginia era sua assistente solo da un anno – la terza di tre assistenti, perché una sola sembrava non potesse farsi carico del compito gravoso di averlo come capo – in quel periodo aveva visto a sufficienza per essere d’accordo.
Era una persona fuori dal comune.
Era un tipo audace, deciso e orgoglioso. Individuando, acquisendo e recuperando società in crisi, aveva creato un impero. Ispirava rispetto e ammirazione tra i suoi simili e timore tra i suoi nemici. A giudicare dal numero spropositato di telefonate che riceveva dalla popolazione femminile di Chicago, Virginia poteva dire che lo adoravano. E alla stessa Virginia ispirava emozioni che lei non osava neppure prendere in considerazione.
Tutte le mattine, quando entrava nell’ufficio di Marcos Allende, lui la studiava con i suoi begli occhi scuri, facendola fremere suo malgrado di piacere. Virginia aveva sempre cercato di limitarsi ad agire professionalmente, distogliendo gli occhi quando il suo sguardo si soffermava troppo a lungo su di lei. Ma gli occhi del suo capo avevano la capacità di svestirla, di parlarle in silenzio e di scatenarle delle visioni riguardo a loro due insieme. Tuttavia quella sera stava recandosi da lui per un solo scopo e si ricordò che la sua visita a un’ora così tarda avrebbe potuto non essere poi così gradita.
Con i suoi assistenti lui era sempre il capo deciso e tranquillo, ma di Marcos Allende si diceva che avesse una forte personalità, con cui lei avrebbe probabilmente fatto i conti per la prima volta quella sera.
Provò una stretta allo stomaco quando imboccò l’ampio viale che portava a uno degli edifici residenziali più lussuosi della città ventosa, come veniva chiamata Chicago, situato sulla trafficata Michigan Avenue. Un addetto in uniforme le aprì la portiera.
Virginia gli mormorò un rapido ringraziamento e, scesa dalla macchina, si diresse verso l’elegante edificio, ostentando una calma che era ben lungi dal provare.
Evitò d’incrociare gli sguardi della gente che incontrava, concentrando tutta la sua attenzione sulle porte bronzee poste alla fine della lobby.
«Il signor Allende la sta aspettando.»
Un addetto all’ascensore l’attendeva. Una volta che l’ebbe raggiunto, lui inserì una scheda, premendo poi su una P prima di salutarla con un inchino. «Buonasera, signora.»
Quando le porte si chiusero, Virginia fissò la propria figura riflessa nella parete dell’ascensore.
Oh Dio, ti prego, fa’ che mi aiuti. Farò qualunque cosa in cambio. Qualunque...
Passarono lunghi attimi prima che le porte si riaprissero su un attico, un’ampia stanza con pavimenti di granito scuro, illuminata debolmente e arredata in modo lussuoso.
Con passo deciso Virginia vi entrò. Un paio di aggraziate statue in bronzo fiancheggiavano l’ingresso e un grande dipinto a olio faceva bella mostra di sé appeso alla parete più lontana. Prima che lei potesse ammirare il resto dell’attico, il suo sguardo, come guidato da una forza sconosciuta, cadde su di lui. In piedi accanto al bar situato in fondo al soggiorno, le volgeva la schiena. Era elegante e immobile come l’arredo ricercato che lo circondava. Scuro, alto, distaccato. Si trovava di fronte alla finestra, con l’ampia schiena che riempiva le spalle della giacca. Il cuore di Virginia si mise a battere forte mentre gli si avvicinava, rompendo il silenzio con il solo battere dei tacchi sul pavimento.
«Spero non abbia trovato troppo traffico.»
Lei fremette al suono della sua voce. Così roca. Così calda e avvolgente.
«Per fortuna no» ribatté lei. «Grazie per avermi mandato una macchina e per avere accettato di vedermi con così poco preavviso.»
Cercando di nascondere un certo tremore, attraversò il soggiorno, passando sopra un morbido tappeto persiano. Lui non si girò. Virginia non era neppure sicura di volerlo. Tutte le volte che i loro sguardi s’incrociavano, provava una forte emozione. Talvolta lui non aveva bisogno neppure di parlare. I suoi occhi lo facevano per lui. E Virginia s’immaginava di sentirgli dire le cose più peccaminose.
Adesso era lì nel suo appartamento, pronta ad affrontare quell’uomo virile su cui fantasticava spesso. Pronta a supplicarlo.
Non importava che lei avesse una vita abbastanza di successo. Non importava che pagasse le bollette in tempo utile e cercasse di tenersi fuori dai guai. Non importava nient’altro se non quello che doveva essere fatto. Salvare suo padre. Fare tutto il possibile per salvarlo di nuovo.
Come se le avesse letto nel pensiero, Marcos le mormorò: «È nei guai, Virginia?». Continuò a guardare fuori dalla finestra come ipnotizzato dal tremolio delle luci della città.
Lei deglutì con fatica, fissandogli la schiena. «A quanto pare, sì.»
«Ed è venuta per chiedere il mio aiuto?»
Virginia provò una stretta allo stomaco tanto che le parole le uscirono a fatica. «Sì, ho bisogno del suo aiuto, Marcos» riuscì alla fine a sussurrare.
Lui si girò e Virginia rimase colpita dalla forza del suo sguardo. «Quanto?»
Il cuore di Virginia batté se possibile più forte. Il suo viso era così piacevolmente perfetto, ma c’era qualcosa di diabolico in lui, nel suo atteggiamento, nei suoi occhi, nel suo accento che una parte di lei trovava eccitante e terrorizzante al tempo stesso.
Il suo sguardo inquisitorio le scivolò lungo il corpo finché lei non ne poté più. Recuperato il controllo su se stessa, sollevò la testa come a volerlo sfidare senza riuscire a essere molto convincente. «Non... non mi aspetto niente gratis. Volevo chiederle un anticipo. Un prestito. Magari posso fare dell’altro lavoro per lei. Progetti speciali.»
Marcos restrinse lo sguardo, fissando le sue labbra. «È molto carina stasera, Virginia.»
La seduzione insita nelle sue parole le fece battere forte il cuore. Cercò di calmarsi, dicendosi che aveva di fronte un uomo estremamente sexy e virile che molto probabilmente fissava tutte le donne in quella maniera. Per questo lo cercavano in continuazione. Maledizione. Quando la guardava in quel modo, la faceva sentire come la donna più sexy del mondo, come se fosse unica.
«Sto cercando di procurarmi...» Virginia s’interruppe per raccogliere tutto il proprio coraggio. «Sto cercando di procurarmi centomila dollari. Mi può aiutare?» gli chiese alla fine, abbassando la testa. Mentre parlava si sentiva così meschina, così mortificata per dovere chiedere del denaro...
«È tutto quello di cui ha bisogno?» le domandò lui a bassa voce. Come se non fosse niente. Una somma irrisoria. E per lui ovviamente avrebbe potuto esserlo. Marcos l’esaminò in silenzio. «Posso chiederle perché le serve?»
Incrociando il suo sguardo, Virginia scosse la testa. Non ce la faceva a sostenerlo.
Lui strinse le labbra, socchiudendo gli occhi per cercare di sembrare meno minaccioso. «Non me lo vuole dire?» la sollecitò.
«Se non le spiace...» mormorò Virginia. Si tirò l’orlo del vestito sulle ginocchia quando notò lo sguardo di Marcos soffermarsi sulle sue gambe. «Allora non c’è niente che possa fare per lei? In cambio di questo... salario straordinario?» Mio Dio. Non riusciva neppure a pronunciare quella somma che le sembrava fuori dalla sua portata.
Lui si mise a ridere. Virginia non credeva di averlo mai sentito ridere prima. La sua risata assomigliava al rumore di un tuono lontano.
Marcos posò il bicchiere sul bar, indicandole le due poltrone di pelle poste una di fronte all’altra. «Si sieda.»
Virginia ubbidì. Sentendolo muoversi con agilità per la stanza, s’irrigidì. Come poteva un uomo grande e grosso come lui muoversi con una simile grazia?
«Vino?»
«No, grazie.»
Marcos riempì comunque due bicchieri. Le sue mani si muovevano con particolare destrezza. Poi lui gliene porse uno.
«Beva.»
Lei afferrò il bicchiere e, fissando la scultura di bronzo, cercò di non respirare per paura di quel che il suo profumo avrebbe potuto causarle. Lui aveva un così buon profumo. Sapeva di terra e di muschio. Virginia fece un breve respiro finché lui non si sedette sulla poltrona di fronte alla sua.
Quando lui allungò le braccia dietro