Sospetti al bacio: Harmony Destiny
Di Anna DePalo
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Info su questo ebook
Appartamento: Attico B
Inquilini: Gage Lattimer, milionario e... pericoloso?
Scandalo: Non c'è niente di innocente in lui!
Un solitario, ricco e di successo. La descrizione calza perfettamente a Gage Lattimer ed è per questo che Jacinda Endicott ha deciso di spiarlo. Forse lui può sapere qualcosa sulla fine di sua sorella Marie, e non c'è modo migliore di tenerlo d'occhio che farsi assumere come governante del suo lussuoso attico. Così, di giorno Jacinda cerca indizi sul suo datore di lavoro e di notte... combatte con l'attrazione fatale per Gage. E mentre la testa le dice di stare attenta, il corpo ha già deciso di arrendersi.
Anna DePalo
Dopo aver vissuto in Inghilterra e in Italia, si è stabilita a New York dove, quando non scrive, esercita la professione di avvocato.
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Anteprima del libro
Sospetti al bacio - Anna DePalo
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Billionaire in Penthouse B
Silhouette Desire
© 2008 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-158-9
Prologo
Cinque mesi prima
Lui aveva il volto magro e inflessibile di un combattente, e il bisogno di dominare era impresso sui suoi lineamenti bruni.
Ma era un assassino?
Jacinda Endicott recepì ogni particolare. I folti capelli castani, gli intensi occhi marroni e la mascella volitiva.
Indossava uno smoking che poneva in risalto le spalle larghe, e in mano teneva una coppa di champagne.
Un elegante Cary Grant o George Clooney.
Tuttavia, non sorrideva, anzi era piuttosto imbronciato. Il suo sguardo era puntato sulla macchina fotografica, e tra lui e i suoi compagni c’era un leggero ma innegabile divario. Con la sua impressionante statura sovrastava facilmente la coppia alla sua destra e i due uomini alla sua sinistra.
Jacinda fissò la foto sullo schermo del computer.
Gage Lattimer era tipo da far battere il cuore a qualsiasi donna, pensò, avvertendo uno sgradito sussulto nel proprio e accigliandosi.
Il capitalista milionario e amministratore delegato della Blue Magus Investments teneva un basso profilo pubblico, ma emanava un’aura quasi palpabile di potere e sicurezza di sé.
Immaginava che fosse proprio il tipo di uomo del quale sua sorella minore, Marie, poteva aver subito l’attrazione... prima che la loro storia assumesse una piega letale.
Le si strinse il cuore.
Le era difficile convincersi che Marie se ne fosse andata. Ormai da due settimane. Continuava ad aspettare che l’incubo si dissolvesse, invece, ogni mattina, prima ancora di aprire gli occhi, un senso di terrore si impadroniva del suo stomaco.
Si chiedeva se la situazione si sarebbe mai normalizzata.
Stando alla polizia, Marie si era gettata dal tetto del lussuoso edificio di Park Avenue in cui abitava.
Un suicidio, avevano decretato i poliziotti.
Ma Jacinda si rifiutava di credere che la sua vivace e bella sorella si fosse tolta la vita.
Non avevano trovato un biglietto... e non ce n’era sempre uno nei casi di suicidio? Inoltre, l’autopsia non aveva rivelato tracce di droghe nell’organismo di sua sorella.
Jacinda scosse la testa. Non aveva senso.
Sua sorella si era trasferita da Londra a New York subito dopo essersi laureata all’università di St. Andrews, spinta da un senso di avventura. Marie aveva messo un oceano tra se stessa e la famiglia, allettata da una vita brillante e piena di imprevisti.
A New York, sua sorella aveva trovato lavoro presso un’agenzia immobiliare, ma se n’era andata ben presto per iniziare un’attività in proprio. Il duro lavoro e una personalità scintillante le avevano procurato un considerevole numero di clienti facoltosi.
E adesso Marie era morta. Stroncata nel fiore della giovinezza, a venticinque anni.
Perché, qualunque cosa dicesse la polizia, in cuor suo Jacinda era sicura che la sorella non si fosse gettata da quel tetto. Era stata spinta.
Ma la domanda era, da chi? E perché?
Jacinda si era imbattuta nel primo indizio per caso, quando si era recata a New York con i genitori e il fratello, subito dopo aver ricevuto la telefonata con la quale il detective Arnold McGray dava loro la sconvolgente notizia della morte di Marie.
All’ufficio della sorella, aveva incontrato una ragazza che aveva lavorato alle dipendenze di Marie, e dalla quale aveva saputo che sua sorella le aveva accennato di avere una relazione con un tipo solitario, potente e straricco. Si era rifiutata di dirle come si chiamava, anche se l’aveva descritto come un uomo alto e bruno, con insondabili occhi neri e un’adorabile fossetta.
Jacinda si era aggrappata a quella scarna informazione. Si era sentita anche offesa che Marie non si fosse confidata con lei. Ma poi aveva concluso che la sorella doveva averle tenuta nascosta la relazione perché sapeva che lei, per un qualche motivo, l’avrebbe disapprovata.
E l’avrebbe sicuramente disapprovata se avesse sospettato che il suo ragazzo aveva pericolose tendenze omicide.
Marie era stata uno spirito libero, a volta anche troppo impulsiva. Al liceo, aveva avuto un ragazzo che portava un anello al naso, e un altro che era uno svitato con una pettinatura a cresta di gallo.
Ciononostante, a Jacinda non risultava che la sorella fosse mai stata così scriteriata nelle sue scelte sentimentali.
Naturalmente, aveva riferito l’informazione alla polizia, ma loro le avevano risposto che avevano bisogno di molti più particolari per compiere il salto da un possibile amante a un aspirante omicida.
Così, aveva passato al settaccio le cose di Marie, e ne era uscita a mani vuote. Non c’erano strane e-mail, né telefonate a un numero interessante. Niente di niente.
O la relazione era un’invenzione oppure era stata molto clandestina, con un amante abbastanza scaltro da rimanere anonimo.
Disperata, aveva continuato a scavare, ed era stato allora che, all’ufficio di sua sorella, le era capitata tra le mani la pratica della Blue Magus Investments.
Sua sorella era stata incaricata di trovare una nuova sede per i loro uffici.
Scorrendo la pratica, l’occhio le era caduto su un nome, Gage Lattimer, e sull’annotazione a margine nella calligrafia della sorella: milionario, con ottime conoscenze e misantropo.
Ricco. Potente. Solitario.
Tornata in albergo, si era collegata con Google e aveva raccolto le poche informazioni esistenti sul conto di Gage Lattimer.
Jacinda guardò di nuovo lo schermo del computer. Fisicamente, Gage Lattimer corrispondeva alla descrizione di sua sorella. E anche se non sorrideva nella foto che aveva davanti, le parve di poter distinguere un accenno di fossetta.
Aveva trentacinque anni e, essendo divorziato, rappresentava un buon partito.
Tramite un servizio on line per rintracciare le persone, aveva scoperto che Gage abitava in un attico al 721 di Park Avenue.
L’ultimo indirizzo di sua sorella.
Bingo, aveva pensato. Era una coincidenza ben strana.
Almeno per lei. La polizia, tuttavia, la pensava diversamente.
Sapeva che doveva scovare prove più concrete per risvegliare il loro interesse. Le avrebbero dato della pazza se avesse accusato di omicidio un uomo ricco e potente, e amante del quieto vivere.
Jacinda voltò le spalle al computer e guardò fuori della finestra. Ma invece di vedere i tetti di Canard Wharf, il nuovo distretto finanziario di Londra, vide riflessa la propria immagine.
Un viso di una bellezza classica. Occhi verdi – occhi da gatta, li definiva sua madre – con lunghe ciglia scure, un naso aquilino e una bocca con un labbro inferiore carnoso. I lunghi capelli castani e mossi erano in parte raccolti con un fermaglio tempestato di piccoli strass.
Marie aveva avuto lineamenti simili, ma era di qualche centimetro più bassa del suo metro e settantacinque.
Se la polizia non era interessata a scoprire l’assassino di Marie, allora si sarebbe occupata lei di dissotterrare la verità. Lo doveva alla sorella.
Marie non avrebbe mai avuto la possibilità di viaggiare per il mondo. Non avrebbe mai fatto la damigella alle nozze di Jacinda, né avrebbe mai conosciuto eventuali nipotini. Non si sarebbe mai sposata e non avrebbe mai avuto figli.
Jacinda pensò che la morte della sorella la spingeva di colpo a volere tutto subito: un marito, dei bambini, una vita piena. Che cosa stava aspettando? Chi poteva sapere quanto tempo le era concesso ancora su questa terra?
Il primo passo da compiere era quello di chiedere un periodo di aspettativa alla ditta dove lavorava come dirigente della pubblicità, la prestigiosa Winter & Baker. Ma negli ultimi tempi, con il piano che prendeva sempre più forma nella sua mente, capiva di non avere scelta.
Doveva trovare l’assassino di Marie a tutti i costi, altrimenti non sarebbe riuscita ad andare avanti con la propria vita.
A differenza di lei, i suoi genitori e Andrew, suo fratello, avevano accettato, anche se con riluttanza, la conclusione della polizia, e cioè che Marie si era suicidata.
Jacinda, invece, non era riuscita a placare un senso di inquietudine. Lei e la sorella erano state sempre molto legate e, più di chiunque altro, conosceva i sogni e i segreti di Marie.
Era escluso che sua sorella si fosse tolta la vita.
Jacinda tornò a voltarsi verso il computer. Gage Lattimer. Era forse lui la chiave per risolvere il delitto?
Per non correre il rischio di ripensarci, sollevò la cornetta e compose il numero della reception dell’esclusivo edificio dove Marie aveva abitato.
«721 Park Avenue» rispose una voce maschile. Il suo marcato accento newyorchese ricordò a Jacinda che doveva mascherare il proprio accento inglese se voleva che il suo piano avesse successo.
«Salve. Chiamo per conto di Gage Lattimer, uno dei vostri residenti.»
«Sì?» Il tono dell’uomo era guardingo, al limite del sospettoso.
Jacinda immaginò che fosse il portiere. Marie si era trasferita al 721 di Park Avenue soltanto l’anno prima, e Jacinda vi era stata un’unica volta, quando era volata a New York con i genitori e il fratello dopo la sua morte.
All’epoca, aveva visitato l’appartamento della sorella da sola e sotto mentite spoglie, perché il suo piano aveva già iniziato a prendere forma e lei non voleva comprometterlo. Aveva detto ai genitori e al fratello che per lei era troppo doloroso recarsi nell’appartamento di Marie con loro.
«Il signor Lattimer tornerà presto a New York e vorrebbe contattare la sua governante perché gli faccia trovare pronto l’attico» disse, in tono noncurante. «Sarà accompagnato da alcuni ospiti.»
«E lei sarebbe?»
Jacinda incrociò le dita. «La sua assistente personale.»
«E lei non ha il numero di Theresa?»
«No. Sono stata assunta da poco.»
L’uomo rimase in silenzio per alcuni secondi, poi borbottò: «Un minuto».
Jacinda trattene il fiato fino a quando