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Appuntamento a Vauxhall: Harmony History
Appuntamento a Vauxhall: Harmony History
Appuntamento a Vauxhall: Harmony History
E-book217 pagine3 ore

Appuntamento a Vauxhall: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820
Quando scopre che la sorella, sperando ingenuamente di trovare l'anima gemella, ha accettato di incontrare uno sconosciuto ai Giardini di Vauxhall, Miss Elise Dewey decide di impedirle di commettere un'imperdonabile sciocchezza e si reca all'appuntamento al posto suo. L'elegante e raffinato giovane dallo sguardo enigmatico e sensuale in cui si imbatte, tuttavia, le fa un'ottima impressione. E apprendere che si trova lì per evitare a un amico di correre un inutile rischio suscita in lei il desiderio di conoscerlo meglio. Ma quando lo rivede in società e si rende conto che lui è il ricchissimo Lord Blackthorne, Elise capisce subito che non c'è speranza di un futuro insieme. Lui però non la pensa così...
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788830502604
Appuntamento a Vauxhall: Harmony History
Autore

Mary Brendan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Appuntamento a Vauxhall - Mary Brendan

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Date with Dishonour

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Mary Brendan

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HHarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-260-4

    1

    «Per tutti i diavoli, ma ti rendi conto di quanto sia volgare tutta questa storia?»

    Il giovane che era stato apostrofato in modo così brusco non batté ciglio, ma continuò a leggere il giornale che aveva davanti, il mento appoggiato sulle mani incrociate sul tavolo.

    Spazientito, il Visconte Blackthorne, dopo essersi aggiustato la cravatta guardandosi allo specchio, si voltò e tirò via il giornale davanti agli occhi del suo amico, prima di gettarlo su una sedia.

    Hugh Kendrick si mostrò indignato dalle sue maniere. «Devo pur fare qualcosa, Alex! Se non pago subito Whittiker, quel dannato spilorcio mi rovinerà. Basta che cominci uno, e tutti gli altri creditori arriveranno e pretenderanno di essere pagati. Se finisco in galera per debiti, a mia madre verrà un colpo e Toby...» Mentre faceva il nome del fratello maggiore gli sfuggì una smorfia. «... Senza dubbio Toby mi sfiderà a duello per aver disonorato il nome della nostra famiglia.»

    «Non essere così maledettamente melodrammatico!» ribatté Alex Blackthorne, seccato, ma allo stesso tempo anche divertito da tanta enfasi.

    Quindi si contemplò ancora nello specchio, soddisfatto della bella giacca color antracite che metteva in risalto le sue spalle muscolose. «Non sei il primo uomo a cui capita di venir rovinato da una donna per cui aveva perso la testa.»

    «A te non accadrebbe mai» replicò l’altro con una certa invidia.

    «No, a me non capiterebbe facilmente» convenne Alex, ma non insistette oltre perché aveva già spiegato molte volte al suo amico che cosa pensava degli idioti che si facevano spennare da qualche furba cortigiana.

    Hugh recuperò in fretta il giornale gettato sulla sedia. «Secondo me sarebbe una buona idea, e ho appena trovato l’annuncio che cercavo. Eccolo qui, te lo leggo...»

    Alex, esasperato, rivolse gli occhi al cielo, ma Hugh lo ignorò.

    «Lady Solitudine, per liberarsi da chi la tiene prigioniera, cerca un gentiluomo dal cuore nobile che le offra la sua protezione...»

    Alex lo interruppe con una risata.

    «Una donna simile non sta cercando un gentiluomo, ma un bel valletto che se la sposi» lo canzonò. «Secondo me andrete d’accordo. Avete lo stesso talento teatrale.»

    «E invece ti sbagli. Lasciami finire... un gentiluomo dal cuore nobile che le offra la sua protezione dai cacciatori di dote. Se si dimostrerà in grado di essere un buon marito e padre, potrà offrirgli una rendita di duemila sterline l’anno.» Hugh lo guardò sorridendo. «Non ti sembra interessante?»

    «Direi piuttosto che mi sembra incinta.»

    Hugh ci rimase male. «Solo perché vuole qualcuno che possa essere un buon padre?» domandò, deluso.

    «Non sarebbe la prima volta che dei genitori disperati cercano in questo modo di riparare agli errori della figlia, facendole mettere l’anello al dito da qualcuno. Andiamo, Hugh» aggiunse il visconte. «Tu dovresti saperlo meglio di chiunque.»

    L’amico arrossì, ma Alex non si pentì di quello che aveva detto. Hugh era un buon amico, ma era ora che si svegliasse. Non sarebbe stato in eterno al suo fianco, per salvarlo dalla sua ingenuità.

    L’anno prima, infatti, Hugh Kendrick si era dovuto sobbarcare una spesa analoga per salvare la reputazione della sorella, che si era lasciata compromettere da un tizio senza scrupoli. Toby, il fratello maggiore, si era rifiutato di tirare fuori un soldo per evitare alla loro madre vedova la vergogna di una figlia disonorata.

    «Non ti preoccupare, Lady Solitudine potrebbe davvero rivelarsi interessante» aggiunse Alex, il quale, nonostante si prendesse gioco dell’amico, cominciava a incuriosirsi.

    Prese il giornale dalle mani di Hugh e rilesse l’annuncio. «Perché mai dovrebbe aver bisogno di mettere un annuncio sul giornale per trovare marito, se è in grado di offrirgli una rendita di duemila sterline l’anno?» si domandò a voce alta. «Se non è incinta, forse è vecchia e grassa.»

    «Non mi importa. A me interessano solo i soldi» osservò Hugh con sincerità.

    «A te e agli altri cento che avranno letto questo annuncio» commentò Alex restituendogli il giornale. «Ti ho già detto che ti presterò io il denaro che ti serve. Non sei ancora arrivato al punto di dover allevare il figlio di un altro, o di legarti per tutta la vita a una vecchia con un po’ di soldi in banca.»

    «E io ti ho risposto che non voglio il tuo denaro... anche questa volta.»

    Hugh arrossì. Alex aveva già dovuto prestargli del denaro, ma la causa era stata la follia di sua sorella e adesso Sarah si era finalmente sposata e trasferita nel Cheshire. Non rimpiangeva di aver accettato quei soldi, ma aveva giurato a se stesso che non avrebbe più approfittato della generosità dell’amico.

    A parte il fatto che aveva ormai ventinove anni ed era ora che si arrendesse al matrimonio. Come figlio cadetto di un baronetto aveva scarse prospettive e ancor meno responsabilità. Da mesi si stava chiedendo se una moglie e un figlio non avrebbero riempito il vuoto che sentiva nella propria vita.

    «Potrebbe essere graziosa e sincera» insistette con ottimismo, dopo aver studiato un’altra volta l’annuncio. Invece di considerare una moglie come un fastidio, cominciava a reputarla un vantaggio.

    «Sì, potrebbe essere una principessa reale in incognito» lo canzonò ancora il Visconte Blackthorne.

    Elise Dewey divenne pallida come il foglio su cui stava scrivendo. Era ormai abituata agli stupidi piani di sua sorella per diventare ricca o per trovare marito, ma fino a quel momento, per fortuna, Beatrice non li aveva mai messi in atto.

    Mentre stava scrivendo una lettera alla sua amica Verity Chapman, Elise aveva ascoltato distrattamente le chiacchiere di Beatrice, ma a un certo punto aveva capito che questa volta la sorella stava facendo sul serio.

    «Stai scherzando, vero?» le domandò, confidando inutilmente in una risposta affermativa.

    «No!» rispose l’altra mettendole davanti il giornale. «È l’unico modo per riuscire ad andarmene di qui. Non è colpa mia se i nostri genitori ci hanno ridotto in simili condizioni. Ho quasi ventitré anni e mi serve un marito, se non voglio diventare una vecchia zitella. Qui in campagna non c’è vita sociale, come potrei trovarlo in altro modo? Come potrei conoscere un gentiluomo, se non abbiamo i mezzi per recarci a Londra per la stagione mondana?»

    «Come spiegherai, a chi risponderà a questo annuncio, che non hai nemmeno duecento sterline all’anno di entrata, figuriamoci duemila?» ribatté Elise dopo aver letto l’annuncio. «Sei impazzita? Io temo proprio di sì. Non hai idea di quanti mascalzoni potresti attirare, con questa assurda sciocchezza?»

    «Non ho messo nome, né indirizzo, come vedi. Non sono tanto sciocca. Darò un appuntamento a coloro che scriveranno alla cassetta postale.»

    Bea cercò di evitare lo sguardo di sua sorella e giocherellò con un anellino di perle che aveva al dito, fingendo che fosse una situazione perfettamente normale.

    «E cosa succederà quando i gentiluomini in questione scopriranno che Lady Solitudine non è affatto ricca come vuole far credere?» la incalzò Elise.

    La sorella si alzò dalla sedia e andò a guardarsi nello specchio sopra la mensola del caminetto. «Anche se non sono ricca, non significa che non abbia niente da offrire» rispose, ammirando il proprio volto riflesso nello specchio. «Può darsi che, dopo avermi vista, si dimentichino del denaro.»

    Sua sorella non poteva dirsi una giovinetta, dovette ammettere Elise, ma era sempre molto graziosa. Aveva occhi azzurri come fiordalisi, ciglia lunghe e riccioli biondi come il miele a incorniciarle il bel viso. Al contrario dei capelli ribelli e un po’ più scuri di Elise, che nessuna cameriera era mai riuscita a far stare a posto.

    Adesso non avevano più neanche una cameriera, ma solo Mr. e Mrs. Francis, una vecchia coppia fedele da tempo alla famiglia Dewey, che faceva del proprio meglio per sostituire tutti i domestici.

    «Se solo la mamma mi avesse portata a Londra con lei, adesso sarei sposata» si lamentò Beatrice. «Di sicuro qualcuno si sarebbe offerto come marito. Non mi sarebbe importato chi fosse, solo che avesse avuto abbastanza denaro per farmi godere un po’ la vita, prima di morire.»

    «La mamma non desiderava vivere a Londra con noi, ma con il suo amante» le ricordò Elise, impietosa. «Adesso è morta, dunque è inutile pensarci. Papà avrà molti difetti, ma almeno non ci ha mai abbandonato.»

    «Sarebbe stato meglio se lo avesse fatto» sibilò Beatrice voltandosi verso la sorella. «Invece di scrivere annunci sui giornali, mi sarei trovata anch’io un ricco amante.»

    «Mi auguro tu stia scherzando» ribatté Elise, rifiutandosi di credere che Beatrice avrebbe davvero preferito rinunciare alla propria rispettabilità pur di sfuggire alla miseria e alla noia.

    La sorella arrossì, ma rimase imbronciata e non ritirò una parola di ciò che aveva detto.

    «Prega che papà non venga mai a sapere nulla di quello che dici o che fai» la mise in guardia Elise. «Se dovesse leggere quell’annuncio, ti rinchiuderebbe in un convento.»

    Era la minaccia preferita di Mr. Dewey quando le figlie lo esasperavano.

    «Anche un convento sarebbe meglio che vivere in questo posto!» reagì Beatrice con la teatralità di un’attrice consumata.

    «Non essere ridicola!» Elise prese il giornale e lo gettò nel fuoco che si stava spegnendo nel caminetto, e che riprese subito a scoppiettare.

    Bea fu presa alla sprovvista e non reagì subito, ma dopo qualche attimo si lanciò per riprendere il giornale, già annerito dalle fiamme.

    «Non fare l’idiota!» la fermò sua sorella prima che si scottasse. «Lascialo bruciare, almeno ci riscalderà per un po’.»

    «Vi restituirò fino all’ultimo soldo.»

    «Potete giurarci» dichiarò James Whittiker, seduto al tavolo da gioco. «Altrimenti provvederò io a farvi scucire il mio denaro, Kendrick.»

    Anche se aveva solo venticinque anni, James Whittiker era affetto da una certa pinguedine, mentre Hugh Kendrick aveva un fisico forte e scattante, di chi frequentava regolarmente la palestra. La minaccia di Whittiker non gli faceva paura, a meno che non incaricasse qualcuno di recuperare il debito.

    Il resto dei presenti lo sapeva e alcune risate accolsero le sue parole, facendo arrossire James.

    «Voglio solo sapere quando avete intenzione di regolare il nostro conto» aggiunse Whittiker. Poi guardò avidamente il denaro sul tavolo da gioco. «Se è vostro, me lo prendo io.»

    Altre risate di scherno, perché Hugh non aveva fatto altro che perdere per tutta la serata.

    «Sembrate disperato, James» commentò Alex Blackthorne, dopo aver gettato una carta. «Se avete dei problemi a vendere Grantham Place, la mia offerta è sempre valida.»

    «Non so cosa farmene di un’offerta così ridicola» ribatté l’altro, sprezzante.

    «La migliore delle sei che avete ricevuto, a quanto mi risulta. Il che dovrebbe farvi capire che pretendete troppo dalla vendita di quella proprietà.»

    «Mi dice soltanto che siete un imbroglione come vostro padre.»

    Whittiker rimpianse all’istante di essersi lasciato sfuggire parole simili. Era stato incauto, come le occhiate dei presenti gli fecero subito capire.

    I frequentatori di White’s erano abituati agli alterchi vivaci, e anche ai duelli all’alba che molto spesso seguivano. Una consuetudine che aveva decimato la clientela, perché chi vinceva il duello era costretto a fuggire all’estero per evitare l’arresto, e chi lo perdeva di solito partiva per un altro viaggio, ancora più definitivo.

    Se Alex Blackthorne gli avesse chiesto conto della sua frase azzardata, sarebbe stata la fine. Era un ottimo tiratore, abilissimo anche con la spada, e per James l’unica possibilità di sopravvivere sarebbe stata quella di fargli le sue più umili scuse.

    Tutto per colpa di quel buono a nulla di Hugh Kendrick!, pensò Whittiker lanciandogli un’occhiata risentita.

    Alex si rese conto che l’eccitazione stava salendo intorno a lui. I gentiluomini londinesi di solito reagivano come iene assetate di sangue alle prime avvisaglie di un possibile duello. Molti si erano alzati dal loro tavolo per radunarsi dietro di lui, come per non perdersi una parola o un gesto di quello che stava per accadere.

    Perfino il vecchio Lord Brentley, che fino a pochi attimi prima sembrava addormentato sul divano, dietro il suo giornale, si era alzato in piedi e stava zoppicando per raggiungere gli altri che si erano riuniti intorno ad Alex.

    Il visconte gettò le carte sul tavolo e con la massima calma si alzò dalla sedia e raggiunse Whittiker. Gli posò una mano su una spalla e gli chiese se avesse parlato sul serio.

    Sotto la sua mano, Alex sentiva che la spalla di James tremava nervosamente, mentre l’uomo si passava la lingua sulle labbra diventate aride.

    Un bel dilemma. Fare la figura del codardo davanti a tutti o affrontare Blackthorne all’alba, probabilmente l’ultima alba della sua vita?

    Alex aveva inclinato il capo per sentire la risposta di Whittiker, il quale ancora indugiava. Tutti attendevano con il fiato sospeso e ogni istante sembrava durare un’eternità.

    Un rumore improvviso fece trasalire i presenti. Un cameriere era entrato con un vassoio pieno di caraffe e di bicchieri ed era finito contro un tavolo, per sbirciare quello che stava succedendo.

    «Vi chiedo scusa, Blackthorne. Ho parlato senza pensare» mormorò Whittiker approfittando di quel momento, nella speranza che gli altri non udissero le sue parole.

    Alex si ritenne soddisfatto e gli diede una pacca sulle spalle, quindi tornò a prendere posto mentre James, sostenendo le occhiate di disprezzo dei presenti, si allontanò in fretta verso l’uscita.

    2

    «Non elemosinerò un invito dai Chapman, quindi smettila di insistere.»

    «Perché no?» si lamentò Bea, esasperata. «Verity ci ha invitato tante volte ad andare a Londra da loro, ma tu hai accettato di rado. Così di solito viene lei a trovarti e papà deve ospitarla, anche se non possiamo permettercelo. Basterebbe che tu accennassi al fatto che ti piacerebbe tanto rivederla e sono sicura che non dovremmo fare altro che prenotare due posti sulla prima diligenza postale.»

    Elise sapeva che la sorella aveva ragione. Verity le avrebbe invitate se solo avesse saputo che le faceva piacere. Era una cara amica di scuola, che non l’aveva mai tradita nemmeno nei momenti più difficili. Anche Mr. e Mrs. Chapman, i suoi genitori, non le avevano voltato le spalle quando sua madre era fuggita con l’amante.

    «Sai benissimo perché non lo farò» affermò sospirando. «L’ultima volta che ci hanno invitato hai insistito perché rimanessimo a Londra più a lungo delle due settimane previste, anche se sapevi che i Chapman non sono certo facoltosi. Sono stata costretta quasi a trascinarti a casa.»

    «Mr. Vaughn era interessato a me, sarebbe stato sciocco andarsene» ribatté l’altra, arrossendo.

    «Mr. Vaughn sapeva benissimo che vivevamo nell’Hertfordshire. Glielo avevi detto più volte e, se fosse stato davvero interessato a te, ti avrebbe seguito fino a qui.»

    «Gli piacevo» si ostinò a dichiarare Beatrice, ferita nell’orgoglio.

    «Sì, lo so, ma poi si è fidanzato. E adesso è sposato» le ricordò.

    «Mi aveva detto che, se papà avesse potuto aiutarlo finanziariamente, mi avrebbe chiesto subito di sposarmi. Si è fidanzato con quella donna solo perché i suoi genitori gli hanno offerto del denaro.»

    «Un uomo davvero innamorato, direi» commentò Elisa sarcastica. «Ma non ti rendi conto della realtà? Se Mr. Vaughn ti apprezzava, come

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