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Ballando con il conte
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E-book251 pagine2 ore

Ballando con il conte

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1814 - Quando il Conte Adam Fanton inizia a frequentare Buxted House ha un piano ben preciso in mente: trovare una moglie. La fanciulla in questione dovrà essere di bell'aspetto e provvista di una cospicua dote in grado di risanare le denutrite finanze della sua famiglia. Sulla carta la candidata ideale è Henrietta, figlia della padrona di casa, una ragazza superficiale e capricciosa. Ma se le ragioni economiche propendono per lei, quelle del cuore puntano dritte a Charlotte Wyncroft, ospite dei Buxted dopo che il padre è partito per la guerra. Fra loro l'attrazione è immediata, ma la differenza sociale fra i due e l'ostilità dei padroni di casa nei confronti di Charlotte rischiano di soffocare il loro amore. Finché, durante un ballo appassionato, una verità insospettabile stravolge le carte in tavola.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2017
ISBN9788858969236
Ballando con il conte

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    Anteprima del libro

    Ballando con il conte - Catherine Tinley

    successivo.

    Prologo

    Londra, 1814

    Appoggiato a una colonna dorata, il Conte di Shalford osservava con distacco i festanti invitati al ricevimento di Lady Jersey. L'elegante sala da ballo era gremita di dame e gentiluomini di ogni età, tutti intenti a godersi la serata. In quell'istante, le signore che ridevano scioccamente e i gentiluomini giulivi che saltellavano per la sala gli parvero l'apice dell'assurdità.

    «Adam... sei qui. Stai ammirando le signore?»

    Il conte liquidò il fratello minore con uno sguardo indifferente. «No, è un'attività che lascio a te, Harry. Io me ne vado.» Raddrizzò l'imponente figura.

    «Così presto? La serata è appena iniziata, e poi hai promesso di ballare la quadriglia con Miss Ross.»

    Il conte scrollò le spalle. «Le porgerò le mie scuse. Un'improvvisa indisposizione.»

    «Non sei affatto indisposto... be', a meno che non si conti questa tua indecorosa apatia. Suvvia, Adam, ci sono tante bellezze da corteggiare. Sei davvero noioso!»

    «Piuttosto annoiato, direi. Nessuna di queste giovani riesce ad attirare la mia attenzione. Non sono in grado di distinguerle una dall'altra.»

    «Dunque non distinguerle» ribatté il fratello, «limitati a godere della loro presenza. Abbiamo smesso il lutto per nostro padre da mesi, ormai, eppure tu continui a comportarti come se...»

    «... come se lo piangessi ancora?» suggerì Adam. «Non devi preoccuparti, Harry. Nostro padre non c'è più, l'ho accettato. La contea e tutte le responsabilità a essa correlate adesso gravano sulle mie spalle.»

    «Non dev'essere un fardello, Adam. Puoi goderti lo stesso la vita.»

    «Lo faccio, Harry. È questo che non mi godo.» Adam accennò alla sala affollata. «Dammi piuttosto una serata tra amici, insieme a persone che conosco e con le quali mi faccia piacere conversare.»

    «I tuoi amici sono anche qui.» Harry indicò un angolo vicino alla sala dei rinfreschi dove un gruppo di giovanotti si divertiva a scommettere bevute.

    «Può darsi che stasera non sia abbastanza socievole» ribatté Adam stringendosi nelle spalle. «Passa una bella serata, Harry. Corteggia quante più fanciulle puoi e tieni alto il nome dei Fanton.»

    Harry scosse il capo. «Fratello, così non va bene.»

    Il conte, noncurante, si allontanò. Prima andò a porgere le proprie scuse a Miss Ross, la quale si mostrò alquanto delusa, poi si congedò dalla padrona di casa, Lady Jersey.

    Mentre Adam usciva dalla sala, Harry mormorò: «Mi piacerebbe tanto darti un po' di sollievo, fratello mio, ma se non sono in grado di farlo queste belle giovani e i ricevimenti, come potrei riuscirci io?»

    1

    Buxted House era una graziosa ed elegante residenza londinese, situata in Half Moon Street, vicino a Green Park.

    Non appena la carrozza si fermò, il colonnello Sir Edward Wyncroft scese, guardandosi attorno. Il profumo della primavera si sentiva nell'aria, mescolato ai consueti, meno pregevoli odori di Londra: fumo e sterco di cavallo.

    Sir Edward si incamminò a passo svelto. Era un gentiluomo snello e brioso dai vivaci occhi azzurri e i ricci scuri che mostravano solo qualche filo grigio, che mascherava il suo trovarsi nella quinta decade di vita, dietro l'aspetto giovanile.

    Dopo aver consegnato cappello e bastone al lacchè, si rivolse al maggiordomo. «Suppongo che il vostro padrone mi stia aspettando, Biddle.»

    «In effetti sì, Sir Edward. Lieto di rivedervi, signore. Vogliate seguirmi.»

    Sir Edward lo seguì nella sala da pranzo, dove Mr. Frederick Buxted, un bonario e corpulento individuo di mezz'età, stava divorando una vasta scelta di affettati e panini, insieme al caffè. Dopo essersi alzato all'annuncio del maggiordomo, strinse la mano di Sir Edward e lo invitò a unirsi al banchetto.

    «No, grazie, Freddy, ho già mangiato» rifiutò il colonnello. «Non riesco ad abituarmi a quest'ora tarda.»

    «Ah, certo» convenne Mr. Buxted. «Indubbiamente vi alzavate prima, a Venezia.»

    «Vienna, mio caro, Vienna» lo corresse Sir Edward. «Sì, non tollero di dormire fino a tardi. Abitudini militari.»

    Buxted lo guardò con diffidenza. «Sapete, non ho mai compreso come mai siate rimasto nell'esercito, dopo la morte di Maria.»

    Con un sospiro, Sir Edward rievocò l'immagine della moglie defunta da lungo tempo. «Era una vera bellezza, la mia Maria» mormorò. «Sono un militare, Freddy, e inoltre non avevo motivo per far ritorno a casa.»

    «Nessun motivo? E vostra figlia?»

    «Suvvia, Freddy! Sapete bene che la piccola Lottie ha sempre vissuto con noi, e quando sua madre morì che cosa avrei dovuto fare? Abbandonarla qui con una schiera di domestici? No, è stata meglio con me.»

    «Meglio con... voi?» farfugliò Freddy, quasi strozzandosi con il caffè. «Una vita in viaggio attraverso zone di guerra e città sconosciute, in mezzo a Dio solo sa quali pericoli?»

    «Oh, lei non ha mai corso alcun pericolo. È rimasta al sicuro con le famiglie dei militari, lontano dall'azione. Be', per gran parte del tempo, almeno.» Sir Edward corrugò la fronte. «A parte un paio di situazioni, forse. Comunque, la mia Lottie ha il cuore di un soldato. Mai una lamentela. A Maria non piaceva che ci separassimo.» Parve riflettere. «Dopo la sua morte ho sistemato Charlotte con la cameriera e la governante a Madrid, poi a Firenze e adesso a Vienna. L'ho mandata in una buona scuola, laggiù, che ha appena terminato. Comunque, ovviamente avete ragione, deve vedere Londra e ha bisogno di frequentare giovani inglesi.» Rivolse un'occhiata intensa a Buxted. «E come sta la vostra famiglia? La cara Mrs. Buxted? Le vostre figlie sono fuori, al momento, vero?»

    «Stanno tutti bene. Louisa e le ragazze sono ancora a letto, perché ieri sera hanno preso parte al ricevimento di Lady Jersey. Un'occasione per godermi la colazione in santa pace. Non che... Intendo dire, è ovvio che preferisco far colazione con mia moglie, è solo...»

    «Sì, sì, anch'io preferisco evitare le sciocchezze, di primo mattino» gli venne in soccorso Sir Edward. «In effetti, avevo sperato di chiedervi una cortesia, Freddy.»

    «Ma certo, certo, amico mio.» Mr. Buxted rivolse lo sguardo alla porta.

    «Napoleone sta per essere esiliato all'Elba» annunciò Sir Edward. «Decisione di questa settimana.»

    «Per fortuna la guerra è finita sul serio.»

    «Il fatto è... Credo che sia giunto il momento che Charlotte torni in Inghilterra. Io mi recherò a Parigi con la delegazione del Ministero degli Esteri. Sembra tutto a posto, ma non mi fido dei francesi. In poche parole, non è una situazione adatta a lei.»

    «No, no!» esclamò Buxted, colpito. «Ma non c'è nessuno...?»

    Sir Edward scosse il capo. «Nessuno di cui mi fidi come voi, a Londra. Siete il cugino di Maria, anche voi avete due figlie. La vostra casa sarebbe la sistemazione ideale, per la mia Charlotte.»

    «Sì, capisco, ma...»

    «Non dovete preoccuparvi. Non vi darà alcun fastidio, Freddy. Non è una di quelle femmine esigenti. Ha la testa sulle spalle, la mia Lottie.»

    «Per quanto tempo dovremmo tenerla con noi?»

    «Difficile a dirsi, ma suppongo non più di un paio di mesi. Sarà la mia ultima missione. Dopo che Napoleone verrà trasferito all'Elba, avrò da sistemare alcune questioni al reggimento, poi tornerò a casa per sempre. Non vedo l'ora di ritirarmi in pensione.»

    «Sì, ma...»

    «E non preoccupatevi, Freddy. Ve lo dico con franchezza, non dovrete sborsare un penny per lei. Farò in modo che disponga di denaro suo, tuttavia dovrò tenere la sua cavalla nella vostra stalla, se siete d'accordo.»

    Mr. Buxted, suo malgrado, non riuscì a obiettare.

    «Dunque siamo d'accordo! Chiederò a Charlotte di scrivere a vostra moglie per confermare la data del suo arrivo.»

    Quindi, del tutto soddisfatto, Sir Edward si congedò senza ulteriore indugio, lasciando Freddy Buxted sprofondato sulla sedia, con il gravoso compito di informare la sua cara Louisa dell'arrivo imminente di un'ospite.

    Quasi tre settimane dopo il giorno indicato nell'educata lettera inviata a Mrs. Buxted, Miss Charlotte Wyncroft giunse a Buxted House. Era accompagnata dallo stalliere, Joseph, che conduceva una bella cavalla, dalla sua cameriera, Miss Priddy – sorella di Joseph – e da uno spropositato numero di bauli e cappelliere, impilato dietro la carrozza.

    «Finalmente siamo arrivate, Priddy!» esclamò Charlotte entusiasta. «Pensa, Londra! Da quanto tempo desidero visitare l'Inghilterra, e in particolare questa città. È difficile sentirsi inglesi, se la tua patria è solo un ricordo lontano. Oh, ecco le mie cugine... Che ragazze affascinanti!»

    Charlotte sbirciava fuori del finestrino, cercando di vedere tutto senza farsi accorgere. Due giovani di aspetto piacevole ed elegante erano in piedi con la loro madre in cima a una scalinata. Nel momento in cui lo sportello della carrozza si aprì, Charlotte colse stralci della loro conversazione.

    «Madre, quanti bagagli!» esclamò la più giovane. Si chiamava Faith – Charlotte lo rammentava dalle lettere che talora si era scambiata con Mrs. Buxted – e, nonostante avesse gli stessi occhi azzurri e i ricci biondo pallido, era soltanto la copia sbiadita della sorella maggiore. Osservava ansiosamente la madre e la sorella, che erano impalate in attesa che la loro ospite salisse i gradini.

    Miss Henrietta Buxted, la sorella maggiore, era di straordinaria bellezza: con quei ricci d'oro, i grandi occhi azzurri e il mento volitivo doveva essere molto richiesta dai giovanotti, rifletté Charlotte.

    Henrietta fece una smorfia. «Spero non si riveli un fastidio, madre.»

    «La carità comincia a casa» replicò Mrs. Buxted. La risoluta gentildonna, che lasciava intendere una certa durezza dagli occhi e dalla bocca, aveva passato la quarantina e mostrava solo lievi tracce della passata bellezza che, a detta di Sir Edward, aveva spinto Freddy Buxted a farle una proposta. Rigidamente eretta nel suo abito con l'ampia gonna di crespo bordeaux, osservò: «Continuo a non capire come tuo padre abbia acconsentito a prendere in casa una sconosciuta, quando ho già due figlie da sistemare... Da non credersi!».

    Mr. Buxted, silenzioso dietro moglie e figlie, borbottò ciò che sembrò un ambiguo: forza e coraggio!

    Charlotte rivolse uno sguardo a Priddy, che sembrava sbalordita. Mrs. Buxted e le figlie credevano forse che non le avrebbe udite? Avanzando verso di loro con un sorriso educato, Charlotte inciampò leggermente sui gradini bassi di pietra.

    «Mrs. Buxted, sono molto felice di trovarmi qui» pronunciò. «Vi sono grata per aver accettato di ospitarmi. Che casa magnifica! E queste devono essere le mie cugine.»

    «Le mie figlie, Henrietta e Faith.» Le ragazze fecero una riverenza.

    «È un piacere conoscervi, Mr. Buxted!»

    «Chiamami zio, cara. Sono lieto che vostro padre ti abbia lasciata venire in visita.» Mr. Buxted, commosso dall'entusiasmo di Charlotte, le diede un bacio paterno.

    «Suvvia, Mr. Buxted... zio! Posso solo immaginare quali pressioni abbiate dovuto subire da mio padre. Di solito ottiene sempre ciò che vuole.» Charlotte si sporse in avanti e aggiunse, strizzando l'occhio: «È ciò che lo rende un buon colonnello».

    Mr. Buxted rise, e la moglie e le figlie trasalirono.

    Lo zio fece un passo indietro e prese a esaminarla. «Ebbene» dichiarò qualche istante dopo, «non mostri la minima somiglianza con la mia cara cugina Maria.»

    «Sì» concordò Charlotte. «Mia madre era di una straordinaria bellezza, vero? Io devo aver preso da mio padre.»

    Henrietta sospirò in modo teatrale. «Vivere senza madre! Deve essere stato triste, per te.»

    «Affatto!» negò allegramente Charlotte. «In realtà non la ricordo quasi. Morì quando avevo sei anni.»

    «Tuttavia ti è mancata la guida necessaria a ogni giovane signorina» si intromise Mrs. Buxted con calma. «Crescere senza madre deve avervi privato della saggezza che solo una madre è in grado di offrire.»

    «Oh, è probabile» ammise Charlotte. «A volte temo di non essere molto assennata.»

    «Dunque forse» osservò Henrietta, «potremo aiutarti a migliorare quest'aspetto, durante il tuo soggiorno.»

    «Non ne sarei così certa» replicò Charlotte, afflitta. «Ho terminato gli studi il mese scorso, grazie al cielo, e ho sempre tentato di dimostrarmi ragionevole e obbediente, ma riconosco di trovare difficile, a volte, comportarmi bene, anche se mi sforzo di farlo.» Ammiccò a Faith la quale, cordiale, le restituì un sorriso di intesa.

    Ignorando Henrietta, che tratteneva il fiato sconvolta, Mrs. Buxted inclinò la testa. «Ebbene» dichiarò con la bocca tesa in una linea dritta, «lo vedremo.»

    «Sono lieta» commentò Henrietta rivolta alla madre, «che nostra cugina abbia i capelli scuri e non chiari come me e Faith.»

    «Che importanza può avere?» domandò Faith, perplessa. «Inoltre, ha gli occhi azzurri come i nostri.»

    «La troveranno di bell'aspetto, con quegli occhi azzurri e le ciglia scure, e capelli castani fuori moda. Direi che verrà definita graziosa, Faith.» Henrietta sembrava esasperata dalla scarsa prontezza della sorella. «Significa che io sarò ancora considerata la più bella della famiglia, benché Charlotte abbia un aspetto abbastanza gradevole da non screditarci.»

    «Inoltre è elegante» aggiunse Mrs. Buxted passando in rassegna il mantello azzurro bordato di pelliccia all'ultima moda indossato su un abito di mussola riccamente lavorato.

    Charlotte rimase sbigottita mentre loro continuavano a esprimere commenti su di lei. A Vienna un comportamento simile sarebbe stato considerato oltremodo maleducato.

    «Sì, sì» tagliò corto Mr. Buxted rivolgendosi alla moglie, «sono certo che vi intenderete a meraviglia. Mia cara, vi lascio, in modo che possiate conoscere meglio la nostra nipotina. Tornerò per cena.» Dopo quel deciso annuncio partì, schivando agilmente il treno di lacchè che trasportavano i bagagli di Miss Wyncroft dentro casa.

    «Mrs. Walker, la nostra governante, ti mostrerà la tua stanza.» Mrs. Buxted indicò una paffuta signora di mezz'età in piedi vicino alle scale. «Sono certa che vorrai riposare, dopo il viaggio.»

    «Grazie, gradirei rinfrescarmi. La mia cameriera, Priddy, mi aiuterà.»

    Priddy, che era rimasta indietro e stringeva il piccolo astuccio portagioielli, sprofondò in una riverenza e si unì alla sua padrona, che aveva iniziato a seguire la governante e i due lacchè carichi di bauli su per le scale. Era un'esile donna di età indefinita, che indossava un semplice abito di cotone marrone abbottonato fino al collo. Viveva con la famiglia Wyncroft da prima ancora che Charlotte nascesse, inizialmente come cameriera di sua madre Maria.

    La stanza di Charlotte, luminosa e pulitissima, disponeva di un comodo letto e di un camino. L'abbellivano delle graziose tende verdi, e la finestra affacciava sulla strada. Charlotte ringraziò con garbo la governante e i due lacchè, i quali uscirono per andare a prendere altri bagagli.

    Charlotte attese che la porta si richiudesse per dirigersi alla finestra. Sembrava che stesse passando tutta Londra, per la strada. «Oh, Priddy! Non avevo dubbi, sarà interessante. Lo ammetto, mi piace mio zio Buxted. E Miss Faith sembra cordiale.» Increspò la fronte. «Non ho ancora deciso, riguardo alla zia e a Miss Henrietta. Sono un po' troppo schiette, ma forse le signore di Londra sono diverse. Hai sentito cos'hanno detto al nostro arrivo? In realtà non mi vogliono.»

    Priddy le lanciò uno sguardo cupo, ma evitò di fare commenti.

    Charlotte stirò le braccia sopra la testa, lieta di essere finalmente fuori da quella rumorosa carrozza. C'era voluta una settimana di viaggio a piccole tappe per giungere da Vienna, ed erano stati scortati da lacchè armati, dal momento che c'erano ancora focolai di agitazioni in Francia, sebbene fosse stata sancita la pace.

    Osservò pensosa la sua cameriera, che aveva aperto i bauli e stava manifestando il proprio sdegno dinanzi alle sgualciture di un abito di seta bianco.

    «Ho conosciuto molte signore dell'alta società, a Vienna e a Bruxelles, ma nessuna mi era mai sembrata tanto rigida, o diretta, come le signore Buxted. E tutti danno il benvenuto agli ospiti, sempre. Qui è davvero tanto diverso, oppure sono io che non piaccio a loro?»

    «Adesso siete a Londra, signorina. Qui vive il cuore della società inglese. Molte cose saranno diverse. Non vi hanno mai vista, prima d'ora, dunque come potete non piacere loro? Una volta che vi avranno conosciuta vi adoreranno.»

    «Oh, Priddy, mi auguro proprio che tu abbia ragione! Sono così felice di trovarmi a Londra!» esclamò Charlotte con un sospiro soddisfatto. «Ho atteso tanto questo momento. Sono finalmente nella mia patria. È una nuova avventura e desidero sfruttarla al massimo. Sono certa che tutto andrà per il meglio.»

    2

    Charlotte incitò Andalusia. La brezza le sferzava le guance, e il sole pomeridiano illuminava Green Park mentre lei trottava sui prati, sentendo l'adrenalina scorrerle nelle vene. Alla fine del campo aperto rallentò l'andatura, lasciandosi raggiungere da Joseph.

    «Posso ben dirlo, Miss Charlotte» dichiarò lo stalliere, che le aveva insegnato a cavalcare nel bel mezzo di una campagna militare in Portogallo, «riuscite a dominarla molto bene.»

    «Sì, ti sei divertita, vero, Lusy? Peccato che non ci sia concesso di galoppare» commentò Charlotte, sporgendosi in avanti per accarezzare il collo della cavalla. «Dovremmo rientrare, Joseph. Oggi pomeriggio abbiamo visite, e sono in ritardo.»

    Mentre uscivano dal parco in direzione di Half Moon Street, Charlotte ripensò alla sua prima settimana a Londra. La Stagione era al suo apice, ma Mrs. Buxted ammetteva solo feste, concerti e balli in casa, necessari a trovare un degno marito per le figlie. Faith aveva timidamente confidato a Charlotte che la loro cara madre disapprovava i grandi eventi di società, ma, essendo Henrietta ancora nubile, dopo due Stagioni – benché fosse così bella – Mrs. Buxted aveva dovuto rivedere la propria opinione riguardo ai ricevimenti.

    Fino a quel momento a Charlotte erano state proibite tutte le uscite serali, visto che, come la pignola Mrs. Buxted aveva puntualizzato, la cara Charlotte non era ancora stata presentata a corte. Pertanto avrebbe potuto prendere parte solo a modesti ricevimenti informali. Charlotte aveva ascoltato con grande delusione. Non si era certo aspettata che la sua vita sarebbe stata tanto limitata. La sua prima sera a Buxted House le era stato subito chiarito come stessero le cose.

    «Mia cara» aveva esordito Mrs. Buxted, «sono una persona diretta, e mi pregio della mia sincerità. Godiamo di una buona reputazione, qui a Londra. In te scorre il sangue dei Buxted, sebbene annacquato dalla famiglia di tuo padre, di rango inferiore. Non riesco a immaginare come sia stata la tua infanzia, cresciuta da un vedovo al seguito dell'esercito!»

    Charlotte aveva aperto bocca per difendere il suo adorato

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