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Partita a scacchi: Harmony History
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E-book234 pagine3 ore

Partita a scacchi: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, inizio XIX secolo
Sarah Hardcastle, ricca ereditiera, cerca di sfuggire alle sgradite attenzioni di un pretendente fingendo di essere una semplice istitutrice. Giunge così a Cavendish Park, dove però non trova la quiete che sognava. Il mentore dei suoi pupilli è infatti un arrogante gentiluomo, il cui fascino irresistibile è pari soltanto al cuore di pietra. Almeno all'apparenza... Perché ben presto la frequentazione quotidiana e la forte intesa che si instaura subito tra loro fanno capire a entrambi che quel rapporto potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più profondo e appagante. Ma come si può pensare di innamorarsi con l'inganno?
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2019
ISBN9788858997512
Partita a scacchi: Harmony History
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    Partita a scacchi - Anne Herries

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    His Unusual Governess

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Anne Herries

    Traduzione di Elena Rossi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-751-2

    Prologo

    «Deve trattarsi di una questione importante, se mi avete convocato.» Lord Rupert Myers guardò il Marchese di Merrivale inarcando un sopracciglio. «È un’ora irragionevole e io ho fatto tardi, la notte scorsa.» Soffocò uno sbadiglio e puntò un elegante monocolo con il bordo dorato sull’uomo più anziano. Notando che lo zio appariva provato, abbandonò l’aria annoiata e domandò, in tono del tutto diverso: «Che cosa posso fare per voi, milord?».

    «Santo cielo, dove hai trovato una simile mostruosità?» ribatté il marchese, guardando la giacca del nipote, che aveva un numero talmente cospicuo di mantelline da far apparire minacciose le ampie spalle di Rupert.

    «Zio, voi ferite i miei sentimenti! Non sapete che sono un arbitro della moda? Oserei dire che almeno sei idioti hanno copiato questa giacca, solo nell’ultima settimana. Ho visto il giovane Harrad indossarne una con nove mantelline e questa ne ha solo sette.»

    «Ridicolo!» borbottò il marchese. «Siedi, figliolo. Mi metti soggezione se continui a torreggiare su di me come un angelo vendicatore.» Sospirò. «Vorrei proprio sapere cosa ne è stato del giovane pieno di ardore che ho visto partire per la guerra sei anni fa.»

    «Direi che è cresciuto, milord» rispose Rupert in tono distratto, ma il suo sguardo si appannò mentre prendeva posto sulla sedia di fronte e il sorriso svaniva dalle sue labbra. Non gli piaceva che gli venissero riportati alla mente ricordi dolorosi. «C’è qualcosa che vi preoccupa?»

    «Temo di sì. Mi trovo nei guai, figliolo, e spero che tu possa aiutarmi a uscirne.»

    «Farei qualsiasi cosa. Non dimentico che siete stato come un padre per me da quando il mio...» Gli occhi blu lampeggiarono con amarezza. Il defunto Lord Myers era stato un furfante e un imbroglione, che aveva portato la famiglia quasi sull’orlo del baratro. Se Rupert era riuscito a salvare se stesso e la sorella dalla rovina, era stato in gran parte per merito dello zio. «No, non voglio pensarci. Ditemi che cosa desiderate, milord, e farò tutto quello che è in mio potere.»

    «Si tratta dei figli di Lily.» Il marchese fece un profondo sospiro. «Conosci la storia di mia figlia, Rupert. Ha voluto sposare quel perdigiorno. L’avevo avvisata che correva dietro la sua fortuna e che le avrebbe spezzato il cuore. Non mi ha dato ascolto e lui ha fatto questo e ben di peggio... l’ha uccisa.»

    «Non potete esserne certo, milord.»

    «L’ha spinta a uscire sotto la pioggia, quella notte. La sua cameriera mi ha riferito della lite che c’era stata. Scunthorpe le ha spezzato il cuore e lei ha passato tutta la notte all’aperto, sotto la pioggia. Sai ciò che è accaduto dopo...»

    Rupert annuì. Lo sapeva fin troppo bene. Lily Scunthorpe era morta di febbre, lasciando una figlia di sette anni, Francesca, e un figlio di tre, John, ma era un fatto avvenuto quasi dieci anni prima e lui non comprendeva quale fosse il problema, al momento.

    «Avete preso sotto la vostra protezione i bambini dopo che Scunthorpe li aveva abbandonati, li avete sistemati a Cavendish Park con una governante, un precettore e la servitù necessaria. Mi chiedo cosa sia successo, dal momento che apparite angosciato.»

    «L’istitutrice e il precettore hanno dato le dimissioni il mese scorso. Ho cercato di sostituirli, ma con scarso successo. Temo che i miei nipoti si siano conquistati la fama di avere un carattere difficile. Sono riuscito a trovare una donna disposta a farsene carico, immagino perché non ha altre scelte, però non sono sicuro che resisterà più di pochi giorni.»

    Merrivale si schiarì la gola. «Hanno bisogno di una mano ferma, Rupert. Temo di averli viziati. Se li rimprovero, chiedono scusa e subito dopo riprendono a comportarsi come prima. Sarebbe troppo chiederti di far loro da tutore per un po’? John andrà al college alla fine dell’anno e Francesca... be’, la prossima primavera dovrebbe debuttare in società, ma temo che non mi sarà facile assicurarmi i servigi di una gentildonna abbastanza influente da introdurla come si deve.»

    «Dovrei fare da bambinaia a una giovane alle soglie del debutto e a un ragazzo ribelle?» Rupert era esterrefatto. «Santo cielo, zio! Siete certo di aver valutato bene la situazione? Non potrei certo essere un modello per nessuno dei due. Oltre a essere un arbitro della moda, sono un rinomato libertino. Non lo sapevate?»

    Merrivale si passò le dita tra i capelli bianchi con un gesto nervoso. «So della tua amante, ma non ti stavo suggerendo di portarla con te a Cavendish.»

    «Grazie della misericordia» replicò Rupert con un luccichio malizioso negli occhi. «La prenderebbe come una proposta di matrimonio. Annais è troppo avida e io stavo cercando un pretesto per mettere fine alla storia. Immagino che questo sia valido quanto un altro... non le piace la campagna.»

    «Vuoi dire che lo farai?» Lo sguardo del marchese tradiva un tale sollievo che Rupert non poté trattenersi dal ridere. «Te ne sono così grato, figliolo.»

    «Farò quello che posso per loro» affermò Rupert. «Ma devo avere mano libera. La disciplina non è mai benvoluta e immagino che l’uno o l’altra avranno da lamentarsi, accusandomi di essere un tiranno o qualcosa del genere.»

    «Lily mi era molto cara e i suoi figli sono tutto ciò che mi rimane. A parte te, è ovvio. Francesca assomiglia molto alla madre, ma penso che John abbia preso più dal padre. Spero che non si riveli un mascalzone come il capitano Scunthorpe; è per questo che ha bisogno di una mano ferma, di qualcuno che lo metta un po’ in riga. Forse avrei dovuto mandarlo prima, in collegio, ma ho preferito istruirli a casa. Sai anche tu che alcuni di questi istituti sono molto duri con i ragazzi.»

    «Tutti noi abbiamo subito le angherie dei prepotenti, a scuola» gli fece notare Rupert. «John deve imparare a difendersi. Potrei insegnargli la boxe e forse dargli qualche lezione di scherma. Non so che cosa potrei fare per la sorella, ma forse la nuova istitutrice si rivelerà ciò di cui ha bisogno.»

    «Prego che sia la persona giusta. Lady Mary Winters le ha fornito ottime referenze, ma sua figlia sta partendo per terminare gli studi in Francia, per cui è possibile che volesse solo liberarsi della donna.»

    «Quanti anni ha e come si chiama?»

    «Ventisette o ventotto, credo. È una donna intelligente. Si chiama Miss Hester Goodrum e insegna pianoforte, francese, letteratura e ricamo.»

    Rupert annuì. «Non so bene quanto possa essere utile a John. Il ragazzo avrebbe bisogno di ben altro, ma per i prossimi sei mesi potrà approfittare delle mie conoscenze.»

    «Non capisco che cosa tu abbia in mente.» Il marchese sembrava confuso. «Pensavo che li avresti tenuti d’occhio e ti saresti fatto vedere di tanto in tanto.»

    «Non credo che servirebbe a molto, milord.» Rupert inarcò il sopracciglio destro. «La vita mondana mi ha annoiato e questa potrebbe rappresentare una sfida. Mi trasferirò a Cavendish Park finché il ragazzo non partirà per il collegio; immagino che per allora avrete trovato qualcuno per Francesca. Posso fare da precettore a John e tener d’occhio l’istitutrice fino a Natale. A quel punto probabilmente ne avrò abbastanza, ma non rifiuto mai una sfida.»

    «Allora dammi la mano, figliolo. Se posso esserti utile, non hai che da chiedere.»

    «Avete già fatto più di quanto meritassi» gli assicurò Rupert, stringendogli la mano con un sorriso. «Sarà un diversivo per me. La mia tenuta è in buona salute e va avanti praticamente da sola. Inoltre non sarò lontano più di un giorno a cavallo, qualora fosse richiesta la mia presenza.»

    «Temo scoprirai che i tuoi pupilli non accettano di buon grado l’autorità, Rupert.»

    «Forse John morderà un po’ il freno, all’inizio, ma si ammorbidirà con il tempo.»

    Rupert liquidò con un gesto la gratitudine dello zio. Dopotutto, che problema potevano rappresentare per un uomo di mondo due giovani di quell’età? Sperava solo che l’istitutrice fosse presentabile e non una di quelle zitelle arcigne, ma in ogni caso non sarebbe stato difficile trovare un accordo...

    1

    «È stato davvero gentile da parte vostra portarmi con voi, Miss Hardcastle» pronunciò Hester Goodrum prendendo posto sul sedile del calesse. «Lady Mary aveva promesso di farmi fare un viaggio confortevole fino a Cavendish Park, ma è stata chiamata al capezzale della sorella e si è dimenticata di me. Devo essere lì per la fine della settimana, perché il marchese mi ha fatto sapere che i due giovani nipoti saranno da soli, a parte la servitù, naturalmente.»

    Sarah Hardcastle guardò la donna che sedeva di fronte a lei e annuì. A ventotto anni, Hester era attraente, pur non essendo particolarmente graziosa, e aveva un animo gentile. Dopo aver saputo del suo problema, Sarah si era offerta di aiutarla.

    «Sto facendo ritorno a casa, nell’Inghilterra del nord, e dobbiamo passare a una ventina di miglia da Cavendish Park. Non è un problema fare una piccola deviazione, Hester.»

    «Il mio fidanzato dice che sono stata folle ad accettare questa posizione» riprese l’altra, sistemandosi sul sedile. «Voleva che rinunciassi al lavoro e tornassi a Chester per sposarlo.»

    «Perché non l’avete fatto?» domandò Sarah aggrappandosi al reggimano mentre il calesse partiva con un sobbalzo. «Temo che il cocchiere sia di nuovo di cattivo umore. Se continua così, dovrò dirgli di fermarsi e dargli una sgridata.»

    «Vi prego, non preoccupatevi per me. Mi piacerebbe sposarmi, sapete. Sto risparmiando da anni, ma Jim ha bisogno di altro denaro per sistemarsi con una locanda. Ha qualcosa da parte, ma sappiamo entrambi che dovremo aspettare almeno un altro anno.»

    «È un peccato...» Sarah la guardò con espressione pensosa. Le avevano raccontato la storia dell’istitutrice ed era in parte per quello che le aveva offerto un passaggio. «Quanto vi serve ancora?»

    «Immagino che un centinaio di sterline potrebbero bastare...» Hester sospirò. «Se entrambi risparmiamo ancora per un anno, potremmo farcela, anche se il mio contributo è scarso.»

    Sarah provava compassione per lei. Non era più giovanissima e il tempo passava. Era ironico che Hester desiderasse sposarsi ma non avesse abbastanza denaro, mentre lei faceva di tutto per evitare il matrimonio perché ne aveva troppo.

    Forse il suo piano era troppo audace per avere successo?, si chiese. Ci aveva riflettuto per tutta la notte e aveva lo stomaco stretto in un nodo. Senza dubbio Hester avrebbe pensato che era impazzita.

    «Supponiamo che io vi offra duecento sterline e vi dia due dei miei abiti migliori in cambio delle vostre referenze da parte di Lady Mary e dei vostri abiti. Fareste cambio con me? Intendo dire, io prenderei il vostro posto di istitutrice a Cavendish Park e voi andrete a casa a sposare il vostro fidanzato.»

    Ecco, l’aveva detto. Sembrava davvero così pazzesco?

    Hester la fissava, sbigottita. «Che cosa... avete detto, Miss Hardcastle? Ho paura di non aver sentito bene.»

    «Vi ho offerto duecento sterline in cambio dei vostri vestiti e della lettera di raccomandazione di Lady Mary. Potete fare quello che volete con il denaro.»

    «Volete fare l’istitutrice? Perché?» Hester era attonita. «Siete una donna giovane e ricca, Miss Hardcastle. Perché mai vorreste fare l’istitutrice?»

    «Ho bisogno di sparire per un po’ e mi sembra la situazione ideale. Il vostro datore di lavoro non vi ha mai vista. La giovane ha quasi diciassette anni, quindi non sarà difficile da trattare e il fratello andrà presto in collegio. Che danni potrei fare? I miei precettori mi consideravano un’allieva brillante. Immagino che potrò insegnare a entrambi matematica e geografia e alla ragazza musica, letteratura, francese, latino, disegno e danza. Che cos’altro ha bisogno di sapere?»

    «Niente, direi» mormorò Hester, ma sembrava nervosa. «Non so che cosa dire, io... Non mi sembra giusto. Inganneremmo il mio datore di lavoro...»

    «Se non si è dato nemmeno la pena di ricevervi, significa che dopotutto non è molto preoccupato per i nipoti. Tutto quello che desidera è che non gli creino problemi e in questo sono in grado quanto voi di accontentarlo.»

    «Forse di più. Avete un gran carisma. La gente vi ascolta quando parlate.»

    «Solo perché mio padre mi ha lasciato una fortuna investita in fabbriche e miniere, che dirigo da sola dalla sua morte, quando avevo diciannove anni.»

    «Se posso permettermi di chiedere... quanti avete, Miss Hardcastle?»

    «Venticinque.» Sarah sospirò. «Sono mesi che i miei zii cercano di trovarmi marito. Dicono che ho bisogno dell’aiuto di un uomo e temono che muoia zitella.»

    «Vi tormentano?»

    «Mentirei se sostenessi qualcosa di simile. Zia Jenny è gentile e lo zio vuole solo il mio bene, ma io non ho intenzione di sposarmi solo per fargli piacere. Me ne sono andata perché era diventato troppo insistente.»

    «Che ne sarà delle vostre fabbriche, se non sarete presente?»

    «Ho degli amministratori e un responsabile di cui mi fido. Mi terrò in contatto per lettera e poi sarà solo per un breve periodo, finché non mi sarò chiarita le idee. Allora darò le dimissioni e i vostri pupilli avranno una nuova istitutrice. Di certo la mia influenza non potrà danneggiarli in così poco tempo.» Sarah si sporse in avanti. «Ci penserete? Stasera, quando ci fermeremo alla locanda, mi darete una risposta. Se accettate, ci scambieremo i vestiti. Al mattino vi manderò con il calesse a Chester... e io proseguirò con il postale per Cavendish Park.»

    «Non so che cosa dire...» Hester sembrava preoccupata, chiaramente combattuta tra quell’opportunità incredibile e il senso del dovere. «È una grande occasione per me. Significherebbe molto per il mio Jim avere la sua locanda quest’anno, invece di essere costretto ad aspettare.»

    «Bene, a voi la scelta. Non voglio forzarvi la mano. Se dite di no, troverò semplicemente un altro modo per sparire per un po’.»

    Hester annuì e si lasciò andare contro il sedile con un sospiro. Era evidente che era tentata e Sarah incrociò le dita sotto le pieghe dell’elegante abito da viaggio. Un posto da istitutrice era una sistemazione sicura per una ricca ereditiera che voleva nascondersi, almeno finché non fosse riuscita a liberarsi dalla sensazione di essere ricercata solo per i propri soldi.

    Pensò con una fitta di rimpianto al padre, morto in un incidente. Tobias Hardcastle era sempre stato un gran lavoratore, che non disdegnava di togliersi la redingote e rimboccarsi le maniche. Aveva iniziato con cinquanta sterline che gli aveva lasciato il nonno e aveva costruito il suo impero d’affari usando il cervello e la capacità di lavorare ventiquattr’ore su ventiquattro per anni.

    Prima di morire la madre di Sarah aveva spesso commentato con amarezza che non sapeva quando avesse trovato il tempo di darle un figlio. Naturalmente non era vero, perché il padre tornava regolarmente a casa per i pasti e occasionalmente si prendeva una domenica libera, però era innegabile che dedicasse la maggior parte del suo tempo ad assicurarsi che le aziende fossero solide.

    Sarah non poteva dire di aver fatto altrettanto, ma possedeva un talento spiccato nella scelta dei dipendenti e nel conquistarsi la loro lealtà. All’inizio aveva raccolto la sfida perché non voleva consegnare l’impero del padre a qualcuno che avrebbe potuto abusarne. Tuttavia incominciava a essere stanca di tutte quelle riunioni e dei libri contabili che erano diventati una parte onnipresente della sua vita.

    Era venuto il momento di fermarsi per un po’, poiché la vita le stava scivolando di mano e alcuni la consideravano già troppo in là con gli anni per fare un buon matrimonio. I suoi amministratori si sarebbero assicurati che le fabbriche e le due miniere di rame che possedeva in Cornovaglia continuassero a prosperare durante la sua assenza.

    Era stato di ritorno dalla visita biennale alle miniere che si era fermata a trovare l’anziana governante e aveva incontrato Miss Hester Goodrum.

    Qualcosa, nella giovane donna, l’aveva colpita immediatamente. Se Hester avesse aspirato a una carriera, le avrebbe offerto un posto nella sua compagnia, però quando aveva saputo del suo sogno di sposarsi Sarah aveva fatto lavorare in fretta la mente.

    Non era del tutto onesto fingersi un’altra persona, ma in fondo non avrebbe fatto del male a nessuno. Non avrebbe rubato l’argenteria né insegnato ai suoi pupilli a imprecare e a bere gin. Un sorriso le si dipinse sulle labbra, perché l’idea di avere due giovani da educare le piaceva. Sarah aveva lavorato duramente dopo la morte del padre, concedendosi ben pochi piaceri. Veniva invitata alle cene e alle riunioni d’affari nelle case degli amici del padre, ma sapendo che quelli sposati erano interessati ad acquistare le sue fabbriche, e che i vedovi intendevano sposarla per averle a buon mercato, trovava estremamente noiose quelle serate.

    Anche a scuola era sempre stata ben consapevole della propria appartenenza sociale. Era la figlia di un uomo ricco che possedeva una grande casa e numerosi terreni, ma nelle sue vene non scorreva una sola goccia di sangue blu. Le sue compagne erano abbastanza cordiali, eppure lei sentiva la barriera che le separava e sapeva che ridevano del suo accento

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