Un diamante per una notte: Harmony Destiny
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Charlene Sands
Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.
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Anteprima del libro
Un diamante per una notte - Charlene Sands
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Exquisite Acquisitions
Harlequin Desire
© 2012 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-862-5
Prologo
Wild River Ranch, Texas
Sfregò un fiammifero sul tacco dello stivale e accese la sigaretta che stringeva tra le labbra. Carter McCay chiuse gli occhi mentre gli affioravano alla mente immagini dei soldati che avevano combattuto al suo fianco. Tirò una lunga boccata commemorativa, un rito concordato tra quelli che erano stati così fortunati da tornare a casa, tanti anni prima. Il primo giorno di ogni mese, ognuno dei suoi camerati faceva altrettanto. Da qualche parte, ventitré ex marine stavano accendendo una sigaretta in ricordo dell’Afghanistan.
Il fruscio del fiume Wild lo strappò da quei pensieri. Si appoggiò con una spalla a un’antica quercia, riflettendo che il fiume non era così turbolento come avrebbe voluto il suo nome.
Il cane si accovacciò ai suoi piedi, uggiolando quando il fumo arrivò al suo naso.
Carter non biasimava la diffidenza che il cane nutriva nei confronti del fumo. Aveva visto troppo, sapeva troppo. «Mi hai seguito fin qui, vecchio mio.»
Gettò la sigaretta e la schiacciò con lo stivale, quindi si accovacciò accanto al golden retriever e gli diede una pacca sulla testa.
«Già, lo so, vecchio mio. Te la sei vista brutta.» Carter arruffò il pelo di Rocky, più che felice di averlo salvato dalla casa di suo padre. La casa in cui lui era cresciuto non era adatta a un cane.
Il suo cellulare squillò. Lo estrasse dalla tasca posteriore e vide che era arrivato un messaggio da parte di Roark Waverly. Era da mesi che non aveva notizie del suo ex camerata, ma non lo sorprendeva che si fosse fatto vivo proprio quel giorno. «È probabile che anche lui si sia appena acceso una sigaretta» borbottò. Ma leggendo scoprì che Roark aveva ben altro da dirgli. Qualcosa che Carter dovette leggere due volte.
C. Finito in un guaio. Devo nascondermi. Contatta Ann Richardson alla Waverly’s. La statua del Cuore d’Oro non è rubata. Non mi fido dei sistemi di comunicazione della Waverly’s. R.B.
Carter si accigliò. Cosa diamine significava?
Da quando era stato congedato, Roark girava per il mondo procurando manufatti di valore da vendere alle aste della Waverly’s, la prestigiosa casa d’aste con sede a New York. Nel corso degli anni, Roark si era trovato più volte in seri pasticci, ma sapeva badare a se stesso. Carter aveva beneficiato della perspicacia del suo amico quella volta che, di pattuglia in Afghanistan, Roark aveva scoperto che la vettura che lui stava per ispezionare era un’autobomba. L’aveva spinto da parte prima che potesse mettere la mano sulla maniglia. Carter sapeva di dovergli la vita.
«Andiamo, Rocky» disse dirigendosi alla jeep senza voltarsi indietro, sicuro che il cane di suo padre l’avrebbe seguito. «Ho qualche indagine da fare.»
Due ore più tardi, suo cugino Brady bussò alla sua porta e Carter lo fece accomodare nella grande sala. Il locale, adibito all’intrattenimento degli ospiti, era una delle molte migliorie che aveva apportato alla casa dopo aver ereditato il ranch da suo zio Dale. Dopo anni di duro lavoro, Carter aveva trasformato il piccolo ranch dello zio in una delle più quotate aziende per l’allevamento del bestiame di tutto il Texas.
Porse a Brady un bicchiere di whisky. «A te, cugino.»
«So che da qualche parte nel mondo sono le cinque, ma mi dici perché beviamo così di buon’ora?»
«Perché, grazie a te, domani vado a New York.»
«Grazie a me? Cos’hanno in comune Brady McCay e New York?»
Carter non poteva parlargli del messaggio enigmatico di Roark, ma poteva rivelargli l’altro motivo del suo viaggio. Facendo ricerche sulla casa d’aste per la quale Roark lavorava, aveva scoperto che quel weekend sarebbero andati all’asta gli anelli di brillanti della leggendaria diva dello schermo Tina Tarlington, morta alcuni mesi prima. Carter aveva intenzione di mettere le mani su uno di quegli anelli e, al tempo stesso, consegnare il messaggio di Roark alla direttrice della Waverly’s.
«Sei stato tu a presentarmi a Jocelyn, giusto?»
«Non posso negarlo.»
«Adesso lei si trova a New York, in visita da un’amica.»
Suo cugino aggrottò la fronte. «Non ti seguo.»
«Intendo raggiungerla e chiederle di sposarmi.»
Brady ebbe uno scatto di sorpresa. «Intendi sposare Jocelyn Grayson? Non mi ero reso conto che voi due faceste sul serio.»
«Eccome se facciamo sul serio. È ormai da settimane che do la caccia al giusto anello di fidanzamento. Se tutto va secondo i miei piani, molto presto lei diventerà la mia fidanzata.»
«Sei davvero innamorato di Jocelyn?» Nella voce di Brady c’era una nota di incredulità.
Carter doveva ammettere che si stava muovendo un po’ troppo in fretta, ma si era infatuato della nipote della vicina di Brady dal giorno in cui gliel’avevano presentata. Ora, a distanza di un anno, si sentiva pronto per un legame serio. Mettere un anello Tarlington al dito di Jocelyn avrebbe fatto colpo anche sull’ereditiera di una delle più vecchie e ricche famiglie di Dallas. Avrebbe capito quanto lei gli stava a cuore. «È la donna per me, Brady.»
«Be’, allora, congratulazioni.»
Carter alzò in alto il proprio bicchiere. Adesso che aveva deciso, era impaziente di vedere l’espressione di Jocelyn quando le avrebbe chiesto di sposarlo offrendole un anello Tarlington. «A Jocelyn.»
Dopo aver bevuto, Carter rimase sorpreso di non vedere sorridere il cugino, come si era aspettato.
1
Macy Tarlington non sapeva mai se il suo tentativo di camuffarsi avrebbe funzionato. Quella volta sembrava che la sciarpa beige, con cui si era coperta i riccioli nero inchiostro, e gli occhiali da sole che nascondevano gli occhi color viola avessero ottenuto il risultato desiderato. Non l’avevano seguita. Grazie al cielo. Aveva preso l’aspetto fisico da sua madre, il che spesso era uno svantaggio. Sua madre era stata famosa per la sua bellezza, e assomigliare all’adorata regina del cinema attirava i paparazzi come api al miele.
Tina Tarlington poteva anche essere stata famosa in tutto il mondo e i suoi fan potevano illudersi di sapere ogni cosa di lei, dai premi vinti ai tre sventurati matrimoni, ma in realtà non l’avevano conosciuta, non come la conosceva Macy.
Entrare nell’opulenta casa d’aste sulla Madison Avenue, New York, le fece provare un moto d’ansia. Urtò la spalla della sua amica, Avery Cullen, mentre si dirigevano verso la sala dove si tenevano le aste. Con la sua aria da brava ragazza senza pretese, Avery non aveva niente della tipica ereditiera americana. «Mi dispiace di averti spinto» bisbigliò.
«Non importa, Macy. Sono qui per darti sostegno» la rassicurò l’amica.
Dietro la protezione degli occhiali da sole, Macy era libera di esaminare la grande sala, arredata con eleganza, dove i beni di Tina Tarlington sarebbero stati messi all’incanto.
«Non ti ringrazierò mai abbastanza per aver accettato di sopportare tutto questo con me.» Avery era arrivata da Londra per starle vicino.
«So quanto è difficile per te.»
«Difficile e necessario, purtroppo. Vedere esposti gli oggetti di mia madre mi dà il voltastomaco. Oh, come vorrei essere da un’altra parte.»
Avery le strinse la mano mentre avanzavano nella sala. «Quelle due sedie laggiù sono le nostre» bisbigliò Macy. «Me le sono fatte riservare.»
Mentre vi si dirigevano, Macy notò che non c’era più un solo posto libero. Anche da morta, Tina Tarlington attirava le folle.
Un inserviente si avvicinò per consegnare loro il catalogo degli oggetti in vendita e, dopo una breve conversazione, Macy ringraziò con un cenno del capo la donna all’altra estremità della sala. Ann Richardson, la direttrice della Waverly’s, ricambiò il saluto in silenzio.
Macy aprì il catalogo e sfogliò le pagine. I vari oggetti erano corredati di una descrizione e di una stima del loro valore. Uno in particolare attirò la sua attenzione e le fece salire le lacrime agli occhi.
Il giorno del suo decimo compleanno, proprio mentre la festa stava per iniziare, Tina aveva fatto irruzione nella Magic Castle Mansion, un club esclusivo, vestita da Eleanor Neal, il ruolo che le era valso una nomination all’Academy Award. Arrivava direttamente dal set, dove le riprese si erano protratte più del previsto. A Macy non importava che sua madre fosse in ritardo o che si fosse presentata truccata e vestita per la parte che stava recitando. Era volata tra le sue braccia e l’aveva abbracciata così forte che a Tina, per il gran ridere, si era sciolto il mascara. Quello era stato uno dei migliori compleanni di Macy.
Adesso, l’abito di seta rosa e paillette che sua madre aveva indossato quel giorno era descritto come: Indossato da Tina Tarlington nell’applauditissimo film Sete di Vendetta, 1996.
Sembrava che tutta la vita di sua madre fosse stata ridotta a una didascalia di poche parole e numeri. La morsa che le stringeva lo stomaco divenne ancor più dolorosa.
Chiuse il catalogo e respirò a fondo. Non poteva crollare. Doveva arrivare fino in fondo all’asta. Si fece un piccolo predicozzo, elencando mentalmente tutte le ragioni pratiche per cui era indispensabile vendere i tesori e i gioielli di sua madre.
Mentre perlustrava la sala, trovò la distrazione di cui aveva bisogno in un fusto d’uomo con in testa uno Stetson, seduto una fila più avanti, dalla parte opposta del passaggio centrale. Il cowboy indossava una camicia bianca sotto una giacca stile Western che accentuava l’ampiezza delle spalle. Aveva un profilo marcato, con zigomi scolpiti e una mascella quadrata. Girò la testa e la guardò per una frazione di secondo, come se si fosse accorto che lei lo stava osservando. Colta dal panico, Macy trattenne il respiro ma, per fortuna, lo sguardo dello sconosciuto non si soffermò più di tanto su di lei prima di esaminare il resto della sala.
Ma, diamine, quando si era voltato lei aveva recepito in pieno l’impatto del suo sguardo, e l’aveva trovato perfino più affascinante di quanto le era sembrato in un primo momento. Un’assurda vampa di calore le pervase il corpo, una sensazione che le era nuova.
Nel suo stomaco le farfalle subentrarono al subbuglio.
Stranissimo.
Continuò a osservarlo di sfuggita, contenta che il suo piccolo travestimento le desse la libertà di dedicarsi a qualcosa di più eccitante dell’asta.
Il cowboy insisteva a guardare verso il podio, in apparenza impaziente che l’asta iniziasse.
Un minuto più tardi, Ann Richardson salì sul podio e rivolse un saluto ai presenti, quindi passò il microfono al battitore. L’asta ebbe inizio e Macy seguì il susseguirsi delle offerte per accaparrarsi il primo abito posto in palio.
Quando il martelletto si abbatté, designando il vincitore, Avery le strinse la mano e le sussurrò all’orecchio: «Ricordati che tua madre avrebbe approvato».
Macy annuì, sapendo che era vero. Sua madre aveva amato gli oggetti materiali di cui si circondava, e il cielo sapeva che era incapace di amministrare il denaro. Ma aveva fatto sempre in modo di assicurarsi che Macy, e non la professione o i gioielli, fosse la cosa che più amava al mondo. Quando suo marito, Clyde Tarlington, era morto dieci anni prima, Tina avrebbe potuto crollare, invece aveva mostrato a Macy cosa significava essere una sopravvissuta. Le aveva insegnato a persistere a dispetto delle avversità.
Macy guardò di nuovo il suo bel cowboy che, appena iniziata l’asta, si era tolto il cappello, forse per riguardo verso le persone sedute dietro di lui. I capelli, di un biondo scuro, gli si arricciavano sul bordo del colletto. Aveva sistemato lo Stetson sul ginocchio, e Macy pensò che le sarebbe piaciuto essere al posto di quel cappello.
Quell’uomo rappresentava un buon diversivo, una distrazione alla quale non riusciva a rinunciare. Si sentiva attratta da lui, e non se ne spiegava il motivo. Dopotutto, viveva a Hollywood, dove abbondavano i tipi affascinanti.
No, ad attirarla non era la sua bellezza. Era qualcos’altro. Il suo atteggiamento denotava una sicurezza di sé che smentiva l’evidente disagio di trovarsi seduto in una prestigiosa casa d’aste di New York.
Per quello che lei ne sapeva, immaginava che