Sposami e...: Harmony Collezione
Di Lynne Graham
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Info su questo ebook
Di uomini viscidi come Angelos Petronides ne aveva già conosciuti tanti, ma questa voltaMaxie Kendall si trova in una trappola quasi diabolica. Lui l'ha corteggiata come mai nessuno prima, e poi le ha offerto un matrimonio che in realtà è... un ricatto!
Il problema è che lei ha dei debiti legati a...
Lynne Graham
Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.
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Sposami e... - Lynne Graham
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«E visto che ho la procura di Leland, trascinerò quella poco di buono in tribunale e la rovinerò...» annunciò Jennifer Coulter soddisfatta.
Vincendo il disgusto, Angelos Petronides guardò la sorellastra inglese della sua defunta madre con gelida cortesia e con gli occhi privi di espressione. Jennifer non lo sapeva, ma gli aveva appena dato un'informazione preziosissima. Maxie Kendall, la modella soprannominata dalla stampa La Regina di Ghiaccio, l'unica donna che fosse mai riuscita a togliergli il sonno, era piena di debiti.
«Leland ha speso una fortuna per lei!» continuò Jennifer risentita, camminando nervosamente avanti e indietro. «Dovresti vedere i conti che ho scoperto! Non sai quanto costano gli abiti firmati di quella là!»
«Una mantenuta deve avere un guardaroba fornito, e Maxie Kendall è ambiziosa. Avrà spremuto Leland fino all'ultimo centesimo.»
Angelos rinfocolò ulteriormente l'ira di Jennifer senza battere ciglio.
Era fra i pochi a sapere che la moglie che Leland aveva lasciato tre anni prima non era certo senza macchia, e il fatto che piangesse miseria non lo commuove va. Era nata ricca e sarebbe morta ancora più ricca, e la sua avarizia era spesso fonte di divertimento nei circoli eleganti di Londra.
«Quei soldi se ne sono andati per sempre» concluse Jennifer furiosa. «E adesso scopro che Leland aveva anche fatto un prestito enorme a quella sgualdrina.»
Angelos sussultò impercettibilmente. Poco di buono, sgualdrina? Jennifer non aveva un briciolo di classe. Un uomo degno di questo nome aveva bisogno di un'amante, non di una sgualdrina. Ma Leland aveva infranto le regole, lasciando la moglie per andare a vivere con la sua amante. Un Greco non sarebbe mai stato così stupido, rifletté Angelos con il suo innato senso di superiorità. Leland Coulter aveva fatto la figura del cretino e messo in imbarazzo tutta la famiglia.
Angelos interruppe le recriminazioni di Jennifer. «Però ti sei ripresa ciò a cui tenevi di più, tuo marito.»
La donna arrossì.
«Ah, certo, dopo che ha avuto l'infarto, più morto che vivo. Quella disgraziata l'ha lasciato in ospedale. Non lo sapevi? Figurati che ha detto al medico di chiamare sua moglie e se n'è andata, fresca come una rosa. Quei soldi mi servono e li riavrò a qualunque costo. Le ho già fatto scrivere da un avvocato, e...»
«Jennifer, con Leland in quelle condizioni hai altro a cui pensare. Ti assicuro che non gli piacerebbe vedere sua moglie che porta la sua ex amante in tribunale.» Abbassando le folte ciglia scure, Angelos notò che Jennifer s'irrigidiva. «Me ne occupo io. Mi rendo responsabile del prestito e ti rimborserò.»
«Che cosa?» chiese Jennifer allibita.
«La famiglia prima di tutto, no?» chiese Angelos in tono ironico.
La donna annuì lentamente, affascinata suo malgrado. Gli incredibili occhi neri di Angelos sembravano quasi caldi, e considerando il suo carattere, c'era davvero da stupirsi.
Capo indiscusso e rispettato del clan Petronides, Angelos era privo di scrupoli, spietato e individualista, ricchissimo, imprevedibile e potentissimo. Spaventava il prossimo semplicemente entrando in una stanza. Quando Leland aveva lasciato Jennifer, lui aveva zittito i suoi singhiozzi ipocriti con uno sguardo sarcastico. Aveva scoperto che era stata lei la prima a essere infedele, e da allora Jennifer l'aveva sempre evitato.
Soltanto la paura di ciò che poteva accadere alla catena di casinò di Leland l'aveva indotta a chiedergli consiglio, ma Jennifer stessa non riusciva ancora a capire come mai gli avesse rivelato il suo piano per distruggere Maxie Kendall.
«Vuoi dire che...?» chiese con la bocca secca.
«Ci penso io» tagliò corto Angelos, come per dirle che il prestito non la riguardava più.
Nonostante l'espressione gelida di Angelos, Jennifer era raggiante: a quanto pareva lui dava una certa importanza ai legami familiari. Quella sgualdrinella avrebbe sofferto, ed era tutto ciò che contava.
Rimasto solo, Angelos fece una cosa che non aveva mai fatto. Ordinò a una stupitissima segretaria di non passargli telefonate e si rilassò in poltrona, apparentemente assorto in contemplazione del panorama di Londra. Ma solo apparentemente. Basta con le docce fredde, e basta con le notti solitarie, pensò con un sorriso sensuale. Finalmente, dopo tre anni di attesa, La Regina di Ghiaccio era sua.
Benché fosse una mercenaria dall'aria gelida, Maxie era così bella che persino Angelos, che si considerava un grande conoscitore di donne, era rimasto senza fiato quando l'aveva vista in carne e ossa. Sembrava la principessa di una fiaba, intoccabile e incontaminata. Angelos fece una risata ironica. Maxie era stata per tre anni l'amante di un uomo che poteva essere suo nonno, non aveva in sé un briciolo di innocenza.
Lui non intendeva ricattarla con il prestito, anzi, voleva comportarsi da perfetto gentiluomo. Avrebbe risolto i suoi problemi finanziari e avrebbe guadagnato la sua fiducia, cosa che Leland non era mai riuscito a fare. Con lui Maxie non sarebbe stata fredda, e Angelos la avrebbe ricambiata facendola vivere nel lusso, incastonando quella gemma preziosa come meritava e soddisfacendo ogni suo desiderio. Maxie non avrebbe mai più dovuto lavorare. Che altro poteva desiderare una donna?
Ignara del futuro che Angelos aveva programmato per lei, Maxie uscì dal taxi con grande eleganza. Con i famosissimi capelli biondi che fluttuavano al vento, si erse nel suo metro e settantacinque e guardò la casa della sua defunta madrina, Nancy Leeward. Gilbourne era un'elegante villa georgiana circondata da un magnifico giardino.
Cercò di non piangere. Quando era comparsa per la prima volta in pubblico con Leland, Nancy le aveva scritto di non farsi più vedere. Quattro mesi prima l'aveva mandata a chiamare, e c'era stata una specie di riconciliazione, ma non aveva accennato alla sua malattia, e Maxie aveva saputo della sua morte soltanto dopo il funerale.
Quindi la turbava l'idea di essere lì per assistere alla lettura del testamento. Sperava con tutto il cuore che Nancy avesse perdonato il suo stile di vita scandaloso.
Quella mattina Maxie aveva ricevuto una lettera che aveva mandato in pezzi i suoi sogni di libertà. Si era illusa che Leland, quando l'aveva lasciata, l'avesse sollevata dal debito che lei aveva ingenuamente contratto. Leland le aveva rubato tre insostituibili anni della sua vita, e Maxie aveva speso tutti i risparmi della sua carriera di modella per cercare di pagare almeno parte del debito.
E lui non era ancora soddisfatto. Adesso Maxie era senza casa, esposta al pubblico ludibrio e praticamente disoccupata. Leland era vanitoso ed egocentrico, ma non era mai stato crudele, e non era certo povero. Perché la trattava così? Non poteva darle il tempo di risollevarsi, prima di chiederle i soldi?
La governante aprì la porta prima che Maxie suonasse. «Signorina Kendall» la salutò, con vivo disappunto. «La signorina Johnson e la signorina Fielding sono in salotto. L'avvocato Hartley è in arrivo.»
«Grazie. Non mi accompagni, conosco la strada.»
Maxie si fermò in corridoio, e guardando dalla finestra il giardino delle rose che era l'orgoglio di Nancy, ricordò i pomeriggi trascorsi con Darcy e Polly. Era molto nervosa all'idea di rivederle. Nancy non aveva avuto figli, e si aspettava dalle figliocce un comportamento irreprensibile.
Maxie era sempre stata quella fuori posto. Darcy e Polly erano di buona famiglia, e quando andavano a Gilbourne erano sempre ben vestite. Maxie non aveva mai niente da mettersi, così Nancy la portava a far spese, non sapendo che, appena lei tornava a casa, suo padre rivendeva quegli abiti costosi.
Gwen, la defunta madre di Maxie, era stata la dama di compagnia di Nancy, che l'aveva sempre trattata come un'amica, mentre suo marito non le era mai piaciuto. Russ Kendall era debole, egoista e inaffidabile, ma era anche l'unico genitore che Maxie avesse mai avuto, e lei gli era affezionata. L'aveva allevata da solo, e a suo modo le voleva bene. Il fatto che avesse collezionato una figuraccia dietro l'altra con Nancy Leeward era per Maxie una vera croce.
«Mi sembrava di aver sentito il rumore di una macchina. Spero che sia Maxie, ho tanta voglia di vederla» disse qualcuno.
Maxie si fermò sulla soglia del salotto. Era la voce di Polly, sempre dolce e gentile.
«Io ne farei volentieri a meno» replicò un'altra voce, decisamente acida. «Maxie, la bambola...»
«Non è colpa sua se è così bella, Darcy.»
Maxie rimase raggelata dall'ostilità del tono di Darcy. Allora non l'aveva ancora perdonata, eppure tre anni prima la loro amicizia non era finita per colpa sua. Darcy era stata piantata sull'altare: lo sposo le aveva confessato di essersi innamorato di una delle damigelle. La ragazza, ignara di tutto, era purtroppo Maxie.
«E questa sarebbe una scusa per rubare mariti?»
«Nessuno sceglie la persona di cui s'innamora» si accalorò Polly. «E Maxie dev'essere distrutta, ora che lui è tornato dalla moglie.»
«Se quella mai s'innamorerà, non sarà certo di una cariatide del genere» sibilò Darcy. «Se Leland Coulter non fosse stato così ricco non l'avrebbe neanche guardato. Pensa a suo padre! Maxie ha l'avidità nel sangue. Ti ricordi quando Russ tormentava la povera Nancy per avere un prestito?»
«Ricordo che Maxie era imbarazzata da morire» rispose Polly seccata.
Nel terribile silenzio che seguì, Maxie si circondò il corpo con le braccia, come per proteggersi. Non era cambiato niente: Darcy era ancora testarda e voleva aver sempre ragione. Maxie aveva invano sperato che il tempo avesse diminuito il suo antagonismo e potessero far la pace.
«Maxie è stupenda, e fa bene a sfruttare la sua bellezza fisica» osservò Darcy cercando di calmarsi. «In fondo non ha altro. Non è mai stata particolarmente brillante...»
«Come puoi dire una cosa simile? Ha una grave forma di dislessia...» la rimproverò Polly. «E nonostante questo, è diventata famosa.»
Maxie rabbrividì sentendo nominare il suo segreto.
«Certo, se la tua massima aspirazione è giocare a Riccioli d'Oro per la pubblicità dello shampoo» la rimbeccò Darcy.
Maxie tornò in punta di piedi in fondo al corridoio, lo ripercorse con passo deciso ed entrò in salotto con un sorriso vivace.
«Maxie!» esclamò Polly alzandosi un po' a fatica. Era incinta.
«Ehi, quando ti sei sposata?» le chiese Maxie.
Polly arrossì violentemente. «Io non... non sono...»
Maxie era allibita: Polly era stata allevata da un padre bigotto e fanatico. Da ragazzina era gentile e affettuosa, ma anche molto inibita. Sapendo di averla messa in imbarazzo, esplose in una risata forzata. «E allora?» le chiese in tono leggero.
«Temo che nell'ambiente di Polly aspettare un figlio senza avere un marito non sia accettato facilmente come nel tuo.» Darcy era alla finestra. La luce creava riflessi ramati sui suoi capelli, mentre gli occhi verdi lanciavano fiamme.
Maxie ricordò che anche Darcy aveva una figlia, ma non abboccò all'amo. La povera Polly era già abbastanza tesa. «Polly sa benissimo che cosa volevo dire.»
«Ah, davvero?» la sfidò Darcy.
«Mi gira la testa!» gridò Polly.
Maxie corse da lei, la fece sedere in poltrona e le mise uno sgabello sotto le caviglie gonfie. Poi le porse una tazza di tè e un biscotto.
«Dobbiamo chiamare un medico?» domandò Darcy. «Io sono stata fortunata, non stavo mai male quando aspettavo Zia.»
«Sono stata ieri dal dottore» mormorò Polly. «Sono soltanto stanca.»
In quel momento, con grandi cerimonie, la governante fece entrare in salotto Edward Hartley, l'avvocato di Nancy.