Una debuttante a caccia di guai: Harmony History
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Info su questo ebook
Alex Montgomery, affascinante nipote e unico erede del Duca di Mowbray, pur essendo assai ricercato dalle donne, non ha intenzione di sposarsi. Ma un bel giorno lo zio torna dall'America con la sua nuova pupilla, una fanciulla molto diversa da quelle che frequentano i salotti londinesi: Angelina Hamilton è spregiudicata e indipendente, sa cavalcare e sparare come un uomo e, soprattutto, ha ancor meno voglia di lui di convolare a nozze! Alex cerca in tutti i modi di scoprire perché lei si ostini a rifiutare il matrimonio, e alla fine capisce che l'unica maniera per conoscere il segreto di Angelina e risolvere quell'incantevole enigma è proprio diventare suo marito!
Helen Dickson
Helen Dickson lives in South Yorkshire with her retired farm manager husband. On leaving school she entered the nursing profession, which she left to bring up a young family. Having moved out of the chaotic farmhouse, she has more time to indulge in her favourite pastimes. She enjoys being outdoors, travelling, reading and music. An incurable romantic, she writes for pleasure. It was a love of history that drove her to writing historical romantic fiction.
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Anteprima del libro
Una debuttante a caccia di guai - Helen Dickson
Immagine di copertina:
Graziella Reggio Sarno
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Defiant Debutante
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2006 Helen Dickson
Traduzione di Daniela Mento
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-453-0
1
Londra, maggio 1812
Il parco era ancora deserto e gli uccellini avevano appena incominciato a cinguettare sui rami degli alberi quando, alle prime luci dell’alba, due gentiluomini avvolti in lunghi mantelli scuri si fermarono accanto a un boschetto e smontarono da cavallo.
Alexander Montgomery, settimo Conte di Arlington, lanciò un’occhiata irritata all’amico, Sir Nathan Beresford. In realtà, era arrabbiato con se stesso. Perché mai si era lasciato trascinare in una simile situazione? Era la prima volta che veniva sfidato a duello.
Alex era il più alto dei due ed era dotato di un fascino particolare, di una bellezza arrogante e un po’ tenebrosa che faceva impazzire le donne. Capelli neri come l’ebano, occhi grigio chiaro che contrastavano con le sopracciglia scure. Così diverso fisicamente da Nathan, dagli occhi azzurri e dai capelli biondo cenere, come lo erano i loro caratteri. Nathan era amabile e gioviale, anche se gli mancava il carisma dell’amico. Alex era cinico e guardingo per principio e non dava confidenza a nessuno, ma neppure la sua innata prudenza gli aveva evitato di trovarsi ad affrontare quel duello.
«Sei rimasto invischiato in tante situazioni difficili, Alex, ma questa è la peggiore. Spero solo che ne verrai fuori senza troppi guai e con l’onore intatto» gli disse Nathan.
«La colpa di quello che è successo è solo mia e ne porterò per sempre il peso sulla coscienza» fu la risposta.
«Be’, io credo che anche la coscienza di Amelia Fairhurst avrebbe qualcosa da rimproverarsi, amico mio.»
«Ti ripeto che la responsabilità è solo mia. La prossima volta che mi lascerò incantare da un visetto grazioso, Nathan, ricordami di indagare con cura se la bella mi abbia nascosto di avere un marito da qualche parte» aggiunse Alex con amarezza.
«Mi stupisco che, prudente come sei, tu non l’abbia fatto con Amelia.»
«Mi sono lasciato trascinare dai sensi» ammise l’altro di malavoglia.
Il Conte di Arlington, uno degli scapoli più ambiti d’Inghilterra, si era letteralmente fatto abbindolare da una donna sposata. La sua stupidità era stata inconcepibile e adesso ne pagava le conseguenze.
Amelia era una donna bella e vivace, così spregiudicata da sembrare una vedova. Invece il marito, per quanto attempato, era ancora vivo e vegeto, e quando aveva saputo della loro relazione era venuto a Londra dallo Yorkshire per difendere il proprio onore.
«A te le donne spregiudicate sono sempre piaciute» gli ricordò Nathan.
«Quando non sono sposate, amico mio. Quando non sono sposate. Nessuno mi ha mai chiesto soddisfazione sfidandomi a duello.»
La prima donna spregiudicata con cui Alex aveva avuto a che fare era stata sua madre. La bella e immorale Margaret Montgomery aveva avuto molti amanti e l’ultimo era stato il nobile spagnolo che aveva sposato subito dopo la morte del padre di Alex, che si era sparato un colpo alla tempia dopo aver cercato per anni di affogare nell’alcol le infedeltà della moglie.
Adesso la donna viveva da qualche parte in Spagna, ma Alex non aveva mai tentato di sapere dove né intendeva rivederla.
«Non so proprio perché il marito di Amelia abbia sfidato a duello proprio me» si lamentò. «Non sono certo stato il primo degli amanti di sua moglie.»
«Forse non ha mai saputo degli altri. Per fortuna, alla sua età, non ci vedrà abbastanza per colpire il bersaglio.»
«Me lo auguro. Ricordami, d’ora innanzi, di accontentarmi di Caroline. Un’amante è più che sufficiente per un uomo.»
Un’amante, mai una moglie. Alex era uno scapolo incallito e Caroline, avvenente e sofisticata, ma senza pretese di essere amata o peggio ancora sposata, era la soluzione ideale.
«E Caroline ha saputo della tua relazione con Amelia?»
«Sì, ma è stata così discreta da non farmi domande. È questo che fa di lei una perla rara.»
Ed era anche il motivo per cui Alex non le negava nulla, né gioielli né carrozze né bei vestiti, che la rendevano l’invidia di tutte le mantenute di Londra.
«Mi chiedo perché mai una bellezza come Amelia abbia sposato un vecchio come Fairhurst» mormorò Alex.
«Per il suo denaro e il suo titolo, è ovvio. Amelia è un’arrampicatrice sociale senza scrupoli, anche se a te non piace ammetterlo.»
«La trovo comunque più attraente di quelle insipide debuttanti che svengono se cerchi di baciarle e poi corrono a raccontare tutto alle madri, che non aspettano altro per costringerti a sposarle.»
Soprattutto se a baciarle era stato il Conte di Arlington, che oltre a un titolo poteva vantare un patrimonio fra i più consistenti d’Inghilterra.
«A volte ho l’impressione che tutte le matrone di questo paese mi diano la caccia per offrirmi in moglie le loro figlie e nipoti.»
«Sai benissimo che c’è un solo modo perché non ti diano più fastidio, Alex.»
«E quale?» chiese incuriosito all’amico.
«Sposati e ti libererai per sempre di loro.»
«Quando avrò bisogno dei tuoi consigli te li chiederò, Nathan. Che logica impeccabile, la tua! Dovrei sposarmi per non rischiare di sposarmi.»
«Almeno sposeresti una donna che ami, se te la scegliessi da solo.»
«L’amore e il matrimonio sono per gli sciocchi, non per me. Capisco il desiderio, l’amore sensuale, ma il resto è solo illusione e ho visto troppe volte nella vita quanto male può fare.»
«Per conto mio sono perfettamente felice di essermi sposato con Verity, un anno fa.»
«Tua moglie è l’eccezione che conferma la regola, Nathan.»
Verity era la cugina di Alex e il loro era stato un matrimonio d’amore, nato sotto i migliori auspici. Alex sperava che almeno loro due potessero essere felici, ma per quanto lo riguardava non aveva la minima intenzione di finire come suo padre.
«A ogni modo, prima o poi, dovrai dare un erede al tuo casato, Alex. È un dovere a cui non puoi sottrarti» gli ricordò Nathan.
Purtroppo era vero.
Lui era l’ultimo dei Montgomery, l’unico erede di suo zio, il Duca di Mowbray, che era molto ansioso che si sposasse e che gli aveva presentato alcune fanciulle che avevano tutte le qualità per diventare contesse e, un giorno, duchesse.
Lavinia Howard, per esempio, la figlia maggiore di Lord Howard del Kent. Lavinia era troppo sofisticata per pretendere amore e fedeltà dal marito, perciò da quel punto di vista sarebbe stata un’ottima moglie. E non era certo la sola che avrebbe chiuso un occhio, se non tutti e due, sulle sue scappatelle, alla prospettiva di diventare un giorno duchessa.
«Dove diavolo è andato a finire Fairhurst? È in ritardo e io odio aspettare» imprecò sottovoce.
«Dimmi, Alex, per caso tuo zio ha saputo del duello?»
«Come può averlo saputo? In questo momento è in viaggio per l’America.»
«È partito per l’America? Non ti sembra piuttosto imprudente da parte sua? Tutti sanno che presto le nostre ex colonie ci dichiareranno guerra.»
«Non ha potuto fare a meno di partire. Una sua cugina, Lydia, è in fin di vita a Boston. È vedova e ha una sola figlia che vuole affidare a mio zio.»
«Perché non gli hai impedito di andare a Boston?»
«Come avrei potuto? Ero nella mia tenuta di Arlington Hall quando ho letto il messaggio in cui lo zio mi annunciava la sua partenza. Non sarei riuscito a convincerlo a rimanere in Inghilterra nemmeno se fossi stato a Londra. Fra lui e Lydia c’è stato molto più di un rapporto fra cugini, credo che lui ne fosse profondamente innamorato e che Lydia sia la vera ragione per cui non si è mai sposato.»
«Come mai lei è andata a vivere in America?»
«Lydia, contro la volontà del padre, aveva sposato un avventuriero di nome Richard Hamilton e si era stabilita con lui in Ohio. Credo che la figlia sia nata in quel paese selvaggio, fra i bisonti e gli indiani. Come farà ad adattarsi alla vita di Londra, proprio non lo so.»
«Tuo zio la vuole portare in Inghilterra?»
«Non può certo lasciarla in America, se la madre morirà. Non ha nessuno al mondo, tranne lo zio.»
«Ne parli come se fosse una mezza selvaggia anche lei.»
«Che cosa ne sappiamo, in fondo?»
«Ho conosciuto molti coloni americani nei miei viaggi, Alex. Sono persone normalissime e civilizzate. Certo, toccherà a te farle da cavalier servente, introdurla nei circoli più esclusivi di Londra» aggiunse Nathan con una certa malizia.
«Ti stai divertendo alle mie spalle?»
«No, ma credo che mi godrò lo spettacolo del Conte di Arlington costretto a occuparsi di una giovane donna che ha già deciso di detestare.»
«Non ho deciso di detestare proprio nessuno!» protestò Alex.
«Mi fa piacere sentirtelo dire, perché potrebbe essere una dolce fanciulla con tutte le qualità per diventare una buona moglie.»
«Cosa vuoi insinuare, Nathan?» si insospettì Alex.
«Niente, solo che a tuo zio potrebbe balenare l’idea di risolvere due problemi in un colpo solo, facendoti sposare la sua protetta.»
Era proprio quello che Alex aveva temuto, e Nathan se ne rese conto quando vide la sua espressione torva.
«Sarà mia premura personale trovarle un buon partito» dichiarò infatti. «E il più presto possibile.»
«Il solo modo per procurarle un marito adeguato è fornirle una dote allettante. Sei disposto a fare anche questo?»
«Ne sarò più che lieto, se basterà per togliermela di torno.»
La quiete del parco venne disturbata in quel momento dal rumore di una carrozza che si avvicinava.
Sembrava che Lord Fairhurst avesse finalmente deciso di mantenere il suo impegno, pensò Alex.
La carrozza si avvicinò e si fermò. Dentro c’era un solo gentiluomo di mezza età, ma non era il marito di Lady Amelia.
Era un suo amico che, dopo essere sceso ed essersi tolto rispettosamente il cappello, annunciò al Conte di Arlington e a Sir Nathan Beresford che Lord Fairhurst era morto d’infarto proprio quella notte.
Per Angelina lasciare l’Ohio era stato il più grande dolore della sua vita. Gli indiani avevano ucciso suo padre e quasi tutti quelli che conosceva nel piccolo villaggio dove vivevano.
Will Casper aveva accompagnato lei e sua madre fino a Boston. Era stato Will, un amico di suo padre, a trovare un medico che curasse la donna dopo l’attacco dei pellerossa. La ferita della madre di Angelina era così grave che non le avrebbe permesso di vivere ancora a lungo, aveva diagnosticato il dottore.
Su un carro coperto, con un fucile e i pochi beni che si erano salvati dalla razzia degli indiani, erano arrivati a Boston e si erano fermati in una capanna di legno alla periferia della città, sulle rive del fiume Charles.
Angelina riviveva ogni notte, nei propri incubi, il massacro da cui era uscita miracolosamente viva, ma che aveva impresso nella sua anima un segno indelebile. Nessuno sapeva che cosa le fosse successo quando i pellerossa avevano ucciso suo padre e ferito sua madre... e nessuno avrebbe mai dovuto saperlo.
Sarebbe stato per sempre il suo inconfessabile segreto.
Henry Montgomery, Duca di Mowbray, aspettava Angelina davanti all’albergo di Boston in cui aveva trovato alloggio. La vide arrivare a cavallo, vestita come un ragazzo, con la lunga treccia al vento e un fucile legato alla sella.
«Così voi siete l’inglese» esordì, fermandosi a pochi passi da lui.
Il duca si presentò, ma il suo titolo non sembrò avere il minimo effetto sulla fanciulla. Era bella e selvaggia, però il suo accento era degno di un’aristocratica inglese. Non si sarebbe aspettato di meno dalla figlia di Lydia.
«Come sta vostra madre?» le domandò.
«Mia madre sta morendo e lo sa. Vi ringrazio di essere venuto da così lontano per vederla un’ultima volta.»
Angelina non sapeva che il duca avrebbe attraversato l’inferno, non solo l’oceano, per correre in aiuto di Lydia. Molti anni prima si erano amati, ma i loro genitori avevano negato il consenso alle nozze fra cugini di primo grado che, secondo loro, sarebbero state incestuose.
Da allora Henry non aveva più amato nessuna donna e Lydia era fuggita con l’avventuriero che era stato il padre di Angelina.
Angelina aveva gli occhi più scuri che il duca avesse mai visto. Nonostante la giacca e i pantaloni di pelle, i modi bruschi e decisi, nella giovane c’era una femminilità che risvegliava in lui il ricordo della sua Lydia, com’era stata tanti anni prima. Le labbra erano piene e invitanti, il nasetto all’insù e nel mezzo del mento aveva una fossetta birichina.
Il proprietario dell’albergo in cui si era fermato, Mr. Phipps, gli aveva raccontato tutto della fanciulla e di sua madre. Era stata Angelina, gli aveva detto, a uccidere l’indiano che aveva assassinato suo padre.
«Una coltellata dritta al cuore, ecco come ha sistemato quel dannato selvaggio» gli aveva riferito con orgoglio.
Mr. Phipps era diventato amico di Will Casper, l’uomo che aveva accompagnato Angelina e sua madre a Boston.
«È lui che fa tutto nella capanna dei McKay che hanno affittato lungo il fiume. Angelina pesca e va a caccia, quando non assiste sua madre. Non hanno molto, ma riescono a vivere.»
Non si poteva pretendere di più da un’adolescente, aveva pensato il duca. Adesso che aveva visto Angelina, però, qualcosa gli diceva che da una fanciulla come lei ci si poteva aspettare di tutto.
«Il proprietario dell’albergo mi ha prestato il suo calesse» le disse. «Verrò con voi, a salutare vostra madre.»
Lydia era voluta rimanere sola con Henry.
Mentre richiudeva la porta della camera di sua madre, Angelina aveva visto il duca che si chinava a baciarle la mano e Lydia che gli accarezzava i capelli argentati, la grazia e la dignità di una regina.
Quell’immagine commovente sarebbe rimasta per sempre dentro di lei, Angelina non l’avrebbe mai dimenticata.
Quando il duca uscì dalla camera dell’inferma, la sera era calata sul fiume.
Senza dire una parola andò a sedersi sulla veranda, dove arrivava il profumo dei gelsomini e dei boschi che circondavano la capanna di legno.
Molti anni prima sarebbe stato pronto a lasciare la famiglia e a rinunciare al titolo per prendere in moglie Lydia. Lei aveva preferito fuggire e sposare Richard Hamilton per risparmiargli quella scelta dolorosa. Si era sacrificata per quello che credeva il suo bene, ma ora Henry si chiedeva se fosse stato davvero un bene vivere senza di lei per tutto quel tempo.
Solo dopo qualche minuto si rese conto della presenza di Angelina, seduta nella veranda accanto a lui, con il cane ai suoi piedi.
«Mia cara, sapete perché vostra madre mi ha chiesto di venire qui. Sono il vostro unico parente dato che, purtroppo, non vi è rimasto nessuno dalla parte di