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La passione di Lord Ancroft
La passione di Lord Ancroft
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E-book237 pagine3 ore

La passione di Lord Ancroft

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1818 - Da poco ristabilitosi dalle ferite riportate nella battaglia di Waterloo, il colonnello John Ancroft accetta di scortare nello Yorkshire Caroline Duval, una vedova di mezza età, grassa e petulante, che deve portare ai parenti del marito defunto ciò che di lui è rimasto. Non ha idea che la signora in questione sia in realtà una ricca ereditiera, e solo per caso, vedendola mentre fa il bagno in un ruscello, scopre che non è né grassa né vecchia. Caroline è anzi una bellezza mozzafiato che possiede il coraggio e l'audacia di un'amazzone, e a poco a poco un tenero sentimento sboccia tra lei e John. Ma la delicata missione che Caroline deve portare a termine e i retroscena che vengono alla luce minacciano il loro amore.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788858948538
La passione di Lord Ancroft
Autore

Sylvia Andrew

Like every writer she has ever met, Sylvia Andrew is a great reader. Her preference in fiction is for thrillers and historical romances, though she is ready to read anything if desperate. However, one benefit of writing seriously is that she no longer haunts the library looking for something new to read — she is usually too busy plotting her own! Sylvia and her husband live in Maidenhead with two delightful pets, and visit their small house in Normandy whenever they can.

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    La passione di Lord Ancroft - Sylvia Andrew

    Londra.

    1

    Londra, maggio 1818

    Il colonnello Ancroft era affacciato alla finestra della sua casa di Mount Street e osservava due venditori ambulanti che litigavano; sperava quasi che venissero alle mani, ma questi trovarono un accordo e si separarono senza incidenti. Sospirando si voltò e si domandò cos'altro fare per intrattenersi. Contare le strisce della tappezzeria? Camminò con impazienza per il locale e infine si fermò davanti allo scrittoio. Esitò un istante, poi si sedette, si versò da bere e prese una penna: avrebbe sbrigato la corrispondenza.

    Quando entrò il domestico gli domandò irritato: «Cosa volete, Betts?».

    «È arrivato mister Fennybright, colonnello.»

    Dopo un breve silenzio, lui si alzò e rispose: «Fatelo entrare. E portate altro vino: la caraffa è quasi vuota».

    Betts tornò in compagnia di un attempato gentiluomo, dal contegno e dagli abiti tipici di un avvocato. Il disegno delle rughe dimostrava una predisposizione al riso e alla benevolenza, ma al momento la sua espressione era piuttosto grave.

    «Allora, Fenny, mi pare di capire che avete qualche novità per me!»

    «Vostro zio è deceduto tre giorni fa, milord. Io sono appena arrivato a Londra, apposta per avvisarvi.»

    «Allora ci siamo, è finita.» John Ancroft andò alla finestra e guardò fuori. Senza voltarsi, chiese: «Eravate presente? Mio zio... non ha lasciato detto niente per me?».

    L'avvocato scosse la testa. «Nulla, milord.»

    «Non mi ha neppure nominato?»

    «No, non proprio...» rispose incerto.

    «Non fate misteri, vi prego. Da quanto ho capito, non ha avuto ripensamenti.»

    «Lord Coverdale era vecchio e malato, non era in sé.»

    «Parlate, Fenny!»

    «Non si è mai rassegnato alla tragica morte del figlio.»

    «Che cosa ha detto?» gridò Ancroft e, poiché l'avvocato esitava ancora, si voltò e aggiunse brusco: «Le parole esatte, per favore!».

    «Ciò che udrete non vi farà piacere» rispose l'avvocato in tono afflitto. «Ma visto che insistete... Nonostante le nostre preghiere, Sua Signoria è rimasto inflessibile sino alla fine. Ha detto che... malediva la sua sfortuna perché l'esercito di Napoleone non aveva liberato il mondo dalla canaglia che aveva ucciso suo figlio e che il suo maggiore rammarico era che voi avreste ereditato il titolo per cui commetteste il delitto.» John Ancroft si girò di scatto verso la finestra. Dopo una lunga pausa, l'avvocato spiegò con partecipazione: «Tutti noi eravamo sconvolti. In realtà, nessuno nello Yorkshire mette in dubbio che lord Philip Ancroft sia stato vittima di un incidente. Eppure, neanche il cappellano è riuscito a convincere lord Coverdale a ritirare le sue accuse. È morto poco dopo. Mi dispiace immensamente, milord».

    «Non vi inquietate» ribatté John. «Mio zio aveva torto solo nell'affermare che io mirassi al titolo. Ma sul resto aveva ragione: io sono responsabile per la morte di Philip e Gabriella. E poi morì anche Rose...»

    «Vostra moglie era ammalata da anni! E ricordo la vostra generosità nei suoi confronti, anche se...»

    «Anche se mi disprezzava? No, il disprezzo era una emozione troppo violenta per la povera, dolce Rose. Comunque mi evitava e, le poche volte in cui andavo a trovarla, lei non sapeva mascherare il disagio. Verso la fine, aveva crisi isteriche non appena mi avvicinavo! E persino la piccola Harriet mi guardava con orrore: mia moglie e mio zio l'avevano convinta che fossi un assassino.»

    «Fu un grave errore da parte loro» commentò serio l'avvocato. «Non volevate certo male a vostro cugino e non eravate neppure nelle vicinanze quando si sfasciò il calesse e lui e miss Ainderby morirono!»

    «La colpa è stata mia, invece! Eravamo ambedue infuriati allorché salì su quel veicolo e io, invece di fermarlo, lo incitai ad andare. Non ci sono scusanti per me; ero più vecchio e avrei dovuto calmarlo.»

    «Siete troppo severo con voi stesso, milord. Nessuno, né voi né il suo stesso padre, era in grado di calmare Philip Ancroft quando era in collera. E per quanto riguarda miss Gabriella... bella signorina, ma...»

    «No!» lo interruppe. «Lasciate stare, Fenny! Mi siete sempre stato amico e non avete mai esitato a difendermi, lo so. Ma io ho sempre compreso la reazione di mio zio. Aveva buoni motivi per detestarmi, lo ha fatto per il resto della sua vita e, alla fine, lo tenevano in vita soltanto l'odio e il desiderio di sopravvivermi.»

    «Temo che sia vero e mi addolora. Credo che la scomparsa del suo unico figlio gli abbia stravolto la mente. Che Dio gli conceda il riposo e la pace.»

    «Amen» rispose cupo. In quel momento entrò Betts con una caraffa piena. «Gradite un bicchiere insieme a me?»

    Sorseggiarono il vino in silenzio. Dopo qualche minuto, John disse: «Sapete, all'inizio detestavo me stesso e speravo che i suoi desideri si realizzassero».

    «Milord?»

    «Non fingete di non capire, ci conosciamo da troppo tempo. Sapete bene che non ho mai voluto ereditare quel maledetto titolo! Nei primi anni di vita militare sarei stato felice di morire in battaglia, ma i francesi hanno deluso sia me sia mio zio. Sono riuscito soltanto a ottenere una promozione rapida per il coraggio dimostrato, o forse dovrei dire per l'ammirevole noncuranza con cui mettevo a repentaglio la mia incolumità!» aggiunse con una nota di ironia.

    «È per questo che a Waterloo avete continuato a combattere nonostante le gravi ferite?»

    «Vi parrà strano, ma non è così. Ormai avevo ricominciato ad apprezzare la vita e sono rimasto sul campo perché Wellington aveva bisogno di tutti noi. Ce l'abbiamo fatta per poco, ma abbiamo vinto.»

    «E ora siete guarito?»

    «Sì, sì! A parte qualche grado di febbre ogni tanto, godo di perfetta salute. Mi pento di avere lasciato l'esercito. Adesso, escludendo le rare occasioni in cui faccio da aiutante di campo al duca, non so che fare.»

    «Non avrete più questo problema: nello Yorkshire vi attendono nuove responsabilità, e prima le assumerete meglio sarà per tutti.»

    John abbassò lo sguardo sul bicchiere. «Cosa vi fa supporre, Fenny, che abbia intenzione di accettarle? Non mi sono mai espresso in proposito.»

    Mister Fennybright rimase così sorpreso che per un momento non riuscì a parlare. «Ma dovete, milord!» esclamò infine.

    «Devo?» ribatté lui con freddezza.

    L'avvocato respirò profondamente e ribadì: «Sì, dovete. Perdonatemi, ma mi occupo da sempre degli interessi degli Ancroft, sia qui sia nello Yorkshire, e, prima di me, lo facevano mio padre e mio nonno. Mancherei ai miei doveri se non vi rammentassi le vostre responsabilità in quanto quarto marchese di Coverdale e ricco proprietario terriero».

    «Ricco, Fenny? Ero convinto che mio zio mi avesse lasciato ben poco.»

    «Non ha avuto la possibilità di diseredarvi, poiché la maggior parte dei beni era soggetta a vincolo di inalienabilità. Milord, in quanto stimato ufficiale dell'esercito, conoscete il dovere. Avete ereditato vasti terreni nello Yorkshire, oltre che proprietà a Londra e altrove. Centinaia di persone adesso dipendono da voi, così come vostra figlia Harriet. Non vorrete abbandonarli al loro destino!»

    Lui si alzò e prese a camminare per la stanza come un leone in gabbia. «Maledizione, avevo giurato a me stesso che non sarei tornato mai più al castello! Il rifiuto totale di mio zio, le scene isteriche di mia moglie, il terrore negli occhi di mia figlia... Definitemi pure un codardo, ma non oso affrontare quello che il mio ritorno comporterebbe.»

    «Eppure dovete andarci! Lady Harriet imparerà a conoscervi, e ha bisogno di un vero padre. Le altre persone saranno felici di accogliervi. Vostro zio era un solitario, restio ad accettare qualsiasi novità. La tenuta è stata amministrata abbastanza bene, ma il tempo passa e i cambiamenti sono necessari. Soltanto voi ve ne potete occupare.»

    «Non lo so. Non ho mai considerato l'idea di tornare a vivere lassù.»

    «Vi prego di riflettere. Darebbe alla vostra esistenza... l'ordine che ora manca.»

    «Forse avete ragione» rispose piano. «Grazie per essere venuto, Fenny. Al momento, non sono in grado di darvi una risposta, spero che mi capiate. Mi dovete accordare un po' di tempo.» E quando l'avvocato si alzò, aggiunse: «Vi sarei grato se teneste per voi la notizia, almeno per ora. Nell'esercito, a parte rare eccezioni, non ho parlato con nessuno delle mie origini familiari. Dunque, finché io stesso non comunicherò la notizia, rimarrò il semplice colonnello Ancroft, intesi?».

    «Come desiderate, mil... colonnello. Resto a vostra disposizione. Mi renderete visita nel mio studio, oppure preferite che torni io tra qualche giorno? Dobbiamo comunque discutere di diverse questioni, qualunque sia la vostra decisione. Vi conosco da sempre, milord, e sono orgoglioso che lo studio Fennybright e Turner abbia continuato a servire la famiglia Ancroft con lealtà e discrezione, anche negli ultimi diciassette difficili anni. Ho sempre desiderato il vostro ritorno, non solo in Inghilterra, ma anche a Marrick. Per questo motivo vi ho costantemente tenuto informato. E non sono l'unico che rimarrebbe deluso se rifiutaste di prendere il vostro posto, credetemi» concluse.

    John non rispose, ma si limitò a ordinare al domestico, che si era appena presentato alla porta: «Ora accompagnate mister Fennybright, poi portatemi una bottiglia di brandy».

    Betts tornò dopo pochi minuti con una bottiglia e due bicchieri.

    «Due? Desiderate brindare con me?»

    «No, sir. Mentre conferivate con mister Fennybright, è passato il capitano Trenchard e ha detto che sarebbe tornato tra poco. Vi verso il brandy, colonnello, oppure aspettate il capitano?»

    «Non guardatemi così, Betts! Se ho voglia di bere, bevo, e andate al diavolo!»

    «Certo, colonnello, anche se il dottor Hulme non ne sarebbe felice. Ha detto...»

    «So cosa ha detto quel dannato medico! Quando vorrò una bambinaia me la procurerò, ma ora versate pure. Ho in bocca un cattivo sapore di passato e devo brindare al futuro, anche se, al momento, non ho idea di cosa mi riserverà.»

    Falmouth, maggio 1818

    Nello stesso momento in cui il colonnello riceveva il suo avvocato, il padrone dell'hotel Green Bank di Falmouth, a trecento miglia a ovest, accoglieva con grandi ossequi la sua nuova ospite e le prometteva la suite migliore. L'albergo era molto frequentato da viaggiatori delle Indie Occidentali, ma di rado si vedeva una signora tanto bella o, per meglio esprimersi, così evidentemente ricca. Era alta, ben fatta, con capelli color rosso scuro, il suo mantello verde aveva un taglio perfetto e le scarpe, i guanti e il colletto di pizzo erano della migliore qualità, così come il vistoso cappello, ornato da una piuma di struzzo. Era accompagnata da una cameriera e da una fila di facchini, che portavano un pesante baule e numerose cappelliere e valigie. Ignorando le occhiate curiose e ammirate, la signora attraversò l'atrio con passo sicuro, salì le scale e fece ingresso nella suite.

    Il padrone seguì con ansia i suoi occhi verdi che esaminavano i locali e trasse un sospiro di sollievo quando si sedette con grazia sulla panca vicino al focolare spento. Infine parlò con voce calda, roca e autorevole.

    «Grazie. Fate accendere il fuoco al più presto e, per favore, portatemi una bottiglia di brandy.»

    «Brandy, signora?»

    Lei lo fissò con freddezza. «Non è forse ciò che ho detto? Della migliore qualità, prego.»

    Seguì qualche minuto di trambusto: i dipendenti dell'albergo accesero il fuoco e sistemarono i bagagli secondo le istruzioni della cameriera della signora, mentre lei si levava manto e cappello e si metteva comoda davanti al caminetto.

    Infine il personale si ritirò e la cameriera, una donna prosperosa di circa cinquant'anni, tornò nella suite. Arrivò anche un altro servitore un po' più anziano, che rimase in silenzio alla porta. Era robusto e accigliato e non era facile identificare le sue funzioni. Non aveva certo la raffinatezza di un maggiordomo, ma pareva più a suo agio con le due signore di quanto lo sarebbe stato un comune stalliere. Non c'era nulla di servile nei suoi modi.

    La cameriera si affaccendava per il locale, rimproverando nel frattempo la sua padrona.

    «È comprensibile che il locandiere abbia sgranato gli occhi, miss Caro: avete ordinato una bottiglia di brandy! Qui in Inghilterra le signore perbene non bevono liquori!»

    Lei scoppiò a ridere. «Neppure in Giamaica, Maggie, ma cosa vi fa supporre che io diventi perbene soltanto perché ho attraversato l'Atlantico? Non fate la guastafeste! Siamo arrivati e voglio festeggiare.» Poi disse all'uomo alla porta: «Portate altri due bicchieri, Joseph. Brindiamo insieme!».

    Mentre versava il brandy, guardò i suoi compagni di viaggio ed esclamò: «Su, sorridete! Finalmente siamo in Inghilterra e quella canaglia di mio cugino è rimasto con i suoi scagnozzi dall'altra parte dell'oceano, a quattromila miglia di distanza. Per due settimane non arriveranno altre navi e noi siamo al sicuro!».

    Maggie scosse la testa. «Il viaggio non è affatto terminato. Londra dista circa trecento miglia, e poi dovremo proseguire.»

    «Sì, ma le strade qui sono buone e credo che la posta arrivi a Londra in meno di tre giorni, quindi, procedendo con comodo, non dovremmo impiegarci più di una settimana. Bevete, Joseph! Poi andate a noleggiare una carrozza e dei cavalli. Se qui non ne hanno, provate alla King's Arms

    «Noleggiare, miss Caro?»

    «Sì. Dobbiamo arrivare a Londra al più presto. Una volta là, avremo tutto il tempo per comprarne una. Ho le indicazioni che servono. Andate, ora!» Lui fece per incamminarsi, ma lei lo richiamò: «Aspettate! Mi ero quasi dimenticata: portate questa lettera a mister Trewarthen; l'indirizzo è sulla busta. Se in Giamaica l'avvocato ha lavorato bene, come spero, avremo denaro più che sufficiente».

    «Ce lo consegneranno subito?»

    «Ma certo! Vorrei partire domani stesso, quindi fate del vostro meglio, Joseph.» L'uomo uscì e la signora si rivolse alla cameriera: «Maggie, andate in camera a preparare un paio di valigie con gli indumenti per una settimana e lasciate il baule e gli altri bagagli chiusi a chiave. Come sempre, terrò la valigetta con me. Cosa diavolo c'è che non va? Non vi fa piacere essere tornata nella vostra terra natia?».

    «Questa non è la mia terra natia, miss Caro! Siamo in Cornovaglia, mentre io sono del Derbyshire. E non torno in Inghilterra da più di trent'anni. Non so bene che sentimenti provo. Una cosa, però, vi raccomando» aggiunse in tono di rimprovero. «Qui bisogna moderare il linguaggio: niente diavolo e niente parolacce imparate a New Orleans. Non vorrete attirarvi antipatie come a Kingston? Non c'è più vostro nonno per mettere a tacere le critiche.»

    Lei mutò espressione. «No, non c'è più. Avete ragione. Ora, però, preparate i bagagli.»

    Quando Maggie se ne fu andata, ogni allegria scomparve dal volto di Caroline Duval. Si appoggiò allo schienale della panca e chiuse gli occhi. Dopo un istante si riprese e mormorò: «Perdonatemi, nonno! Era solo un momento di debolezza, ma non vi preoccupate, sto facendo del mio meglio e non vi deluderò».

    Si alzò e chiuse la porta a chiave. Poi andò al tavolo, prese una vecchia valigetta di pelle e la aprì con una piccola chiave che portava appesa al collo. A prima vista il contenuto consisteva in due frivoli cappellini. Li mise da parte e tirò fuori due buste sigillate. Poi, con grande cura, estrasse un sacchetto di pelle che giaceva nascosto nell'ovatta, svolse una pezza di lino, e, con cautela, alzò un calice adorno di pietre preziose. E quando questo colse un raggio di luce, lampi blu, rossi e verdi brillarono con un'intensità abbagliante. Lei lo guardò per un momento, sorpresa ancora una volta dalla sua bellezza misteriosa. Era antico e splendido. Era stato per secoli oggetto di venerazione e ora, dopo un'assenza di oltre sessant'anni, stava per tornare al suo posto...

    Sospirò e, preso un portamonete dal fondo della valigetta, riavvolse con cautela il tesoro e lo ripose nell'ovatta. Ricollocò le buste e i cappelli, girò la chiave e infilò il borsellino nella sua borsetta. Infine riaprì la porta e si sedette ad aspettare il ritorno di Joseph. Aveva compiuto il primo passo nell'esaudire le ultime volontà del suo amato nonno Peter Leyburn: andare in Inghilterra con il calice Ainderby.

    Il secondo consisteva nel recarsi a Londra, allo studio legale Fennybright e Turner. Uno dei soci, Samuel Turner, era figlio di un vecchio amico di suo nonno e l'avrebbe aiutata nella terza e più difficile fase: riportare il calice dove stava prima, tra le colline selvagge dello Yorkshire.

    2

    Joseph tornò dopo mezz'ora e annunciò che una carrozza sarebbe stata pronta il mattino successivo.

    «Ottimo! Ma cos'è questo biglietto?»

    «È un invito a cena dell'avvocato Trewarthen.»

    Caroline aggrottò la fronte. «Accidenti, dovrò chiedere a Maggie di prepararmi un abito elegante! Speravo di non averne bisogno! Sarebbe comunque scortese rifiutare. La potete avvisare voi?»

    «Sì. Poi farò un giro in città, miss Caro. Potrei raccogliere qualche informazione utile.»

    «Di che genere?»

    «Dove si trovano i mascalzoni, per esempio. Non sono tutti in Giamaica, miss. E c'era un tipo qui fuori...»

    «Credete sia necessario?»

    «Non sono forse qui per proteggervi?»

    «E ne sono felice.» Sorrise. «In fondo, è ciò che avete sempre fatto.»

    «Già, quasi. Vado a parlare con Maggie?»

    «Sì, Joseph, vi prego. Ditele che arriverò tra pochi minuti.»

    L'uomo uscì e lei rifletté su cosa fosse meglio indossare quella sera. Anche se si trattava soltanto di una cena a casa di un avvocato di provincia, rappresentava la sua prima uscita pubblica in Inghilterra e non

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