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Un altro primo bacio: Harmony Collezione
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Un altro primo bacio: Harmony Collezione
E-book166 pagine3 ore

Un altro primo bacio: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

È bastata una sola notte per cambiare definitivamente la vita di entrambi.

Era stato un vero e proprio colpo di testa, un'avventura folle. Marisa Preston aveva diciassette anni e il cuore pieno di sogni romantici; quel viaggio in Texas con le amiche aveva dato un volto e un corpo a quei sogni. Il volto e il corpo, entrambi bellissimi, dell'intrigante Colter Kincaid. Trascorsi otto anni, Marisa pensa ancora a quel primo amore della sua adolescenza, che era durato solo poche ma splendide ore. All'improvviso, un giorno di dicembre, Colter ricompare nella sua vita. Per Marisa è come fare un salto all'indietro nel tempo, ma con un'incredibile e meravigliosa novità.

LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2016
ISBN9788858945650
Un altro primo bacio: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Un altro primo bacio - Linda Warren

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Christmas Cradle

    Harlequin American Romance

    © 2004 Linda Warren

    Traduzione di Carla Ferrario

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-565-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Caro Babbo Natale,

    quest’anno sono stata buonissima, perciò potresti portare una mamma a me e al papà? Una carina, che ama i cani e i cavalli. È l’unico regalo che ti chiedo.

    Con affetto,

    Ellie Kincaid

    Ellie infilò la lettera nella busta e inumidì con la lingua il bordo pregommato proprio mentre Colter Kincaid entrava nella sua camera.

    «Che cosa fai, angioletto?»

    «Ho scritto una lettera a Babbo Natale. Puoi spedirla tu, per favore?» Gli occhi verdi della bambina esprimevano la sua impazienza.

    Colter provò una stretta al cuore. Sapeva che cosa c’era scritto nella lettera, perché ogni anno sua figlia chiedeva a Babbo Natale la stessa cosa: una madre.

    A sette anni, Ellie pensava ancora solo a come procurarsi una madre.

    Colter non aveva il coraggio di confessarle che non si sarebbe più innamorato e che lei non avrebbe avuto la madre che desiderava...

    «Lo farò» le assicurò prendendo la lettera. «Adesso però è ora di andare a dormire. Lo sai, forza...»

    Ellie fece una smorfia. «Sono solo le nove! Domani è domenica, non c’è scuola.»

    «Questa è la regola e le regole si rispettano.»

    «Tulley però va a dormire quando vuole.»

    Colter preparò il letto. «Quando avrai l’età di Tulley andrai a dormire quando vorrai.»

    Ellie si infilò sotto le coperte e il suo cane, Sooner, balzò accanto a lei. «Quanti anni ha Tulley?»

    «Settanta.»

    Ellie fece il broncio. «Non ci arriverò mai!»

    Colter la strinse tra le braccia. «Sì che ci arriverai, anche se resterai sempre la mia bambina.»

    «Ti voglio bene!» Ellie gli stampò una lunga serie di baci sonori sul viso.

    «Anch’io ti voglio bene, angioletto.»

    Ellie era il centro della sua vita e Colter avrebbe fatto qualunque cosa pur di renderla felice.

    Persino tacerle la verità su sua madre.

    Marisa Preston sedeva alla sua scrivania. Che cosa ci faccio in ufficio a Dallas di sabato pomeriggio? Non lavorava mai nel fine settimana, ma in quei giorni aveva bisogno di tenersi occupata per non pensare.

    Si alzò e scese nei locali affollati dei grandi magazzini Dalton. Raggiunse il reparto regali, ricco di articoli speciali esposti per le festività, e il suo sguardo corse alla culla. Ogni anno ne proponevano una sola, che un artigiano di Austin creava da un unico blocco di legno senza usare una sola vite o un cardine. Era un modello antico di legno naturale, non dipinto, e sui lati erano state intagliate scene dei Dodici giorni di Natale, che rendevano ciascuna culla un pezzo unico. La moglie dell’artigiano completava l’opera realizzando le coperture con seta bianca guarnita di pizzo delicato.

    Marisa si avvicinò, ma all’improvviso le sembrò di udire il pianto di suo figlio.

    Fu incapace di fermare i ricordi.

    Quel giorno aveva incontrato lui. Le sue amiche, Stacy e Rhonda, l’avevano convinta a seguirle a Las Vegas per divertirsi. Marisa studiava pianoforte a New York, dove viveva con la madre, che però in quei giorni si trovava in Europa, e non vedeva l’ora di godersi un po’ di libertà da quel duro regime di studio.

    Stacy e Rhonda volevano presenziare alle finali del National Rodeo, e vedere finalmente da vicino un vero cowboy. L’attenzione di Marisa si era appuntata subito su un solo cavaliere, che cavalcava con sicurezza e sembrava animato da sincero rispetto per il cavallo.

    L’annunciatore lo aveva presentato come il miglior campione del paese, che vantava diversi premi vinti.

    Era stato molto emozionante per una ragazzina di New York, e Marisa non era riuscita a togliergli gli occhi di dosso. Una volta, terminato un esercizio, il cowboy si era ritrovato proprio di fronte a lei. Si era chinato per raccogliere il cappello da terra, lo aveva battuto sulla gamba e poi l’aveva fissata.

    Aveva gli occhi di un verde particolare, chiaro, il colore dell’uva in autunno. Marisa ricordava ancora il tumulto di desiderio che l’aveva scossa.

    Era un vero cowboy texano, attraente, con uno sguardo intenso e appassionato che faceva battere il cuore delle ragazze. Per Marisa si era trattato di un vero e proprio colpo di fulmine.

    Sospirò, soffocando l’emozione. Poca cosa, se confrontata con il dolore della morte di suo figlio...

    Scacciò i ricordi e girò lo sguardo all’interno del grande magazzino. La Dalton era importante per lei e per la famiglia. Il nonno, il padre di sua madre, aveva aperto un negozio negli anni Trenta, poi aveva trasformato l’attività in una delle più importanti catene di grandi magazzini a conduzione familiare. Marisa ne era orgogliosa.

    Avrebbe voluto trarre maggior piacere dal lavoro, anziché viverlo come una trappola. In qualità di vicepresidente avrebbe dovuto poter prendere decisioni, ma suo padre, Richard Preston, tirava i fili della Dalton ed era impossibile fare qualunque scelta senza la sua approvazione.

    Le decorazioni sono davvero fantastiche, pensò Marisa studiando le campanelle d’oro e d’argento, le ghirlande e i festoni rossi appesi alle pareti.

    Parecchi impiegati si voltarono a guardarla, ma nessuno le rivolse la parola. Marisa odiava la regola d’oro di suo padre: mantenere le distanze con i dipendenti. Più di una volta le era stato rimproverato di dare troppa confidenza al personale: se doveva parlare con qualcuno, che lo convocasse nel suo ufficio! Ma poiché alla Dalton lavorava Cari, la sua migliore amica, le riusciva difficile attenersi a quelle regole.

    Per quanto soffrisse il regime di controllo imposto da suo padre, gli era grata perché quando aveva avuto bisogno di lui le era stato vicino. A sua madre invece non voleva pensare, soprattutto non quel giorno.

    Si arrestò di scatto, notando l’uomo accanto alla cassa. Non può essere lui, non oggi!

    Doveva essere solo il frutto della sua immaginazione, dell’ossessione per quell’uomo. Ma osservando le lunghe gambe fasciate dai jeans, la cintura con la fibbia d’argento, gli stivali da cowboy e la giacca di cuoio marrone, Marisa fu certa di non sognare.

    Colter Kincaid, l’uomo del quale si era follemente innamorata otto anni prima, e che a diciassette anni aveva promesso di sposare, il padre di suo figlio, si trovava proprio a pochi passi da lei.

    Aveva le stesse spalle larghe e i lineamenti fieri e decisi, eppure era diverso, come se il tempo e la maturità acquisita gli avessero regalato una dimensione a lei sconosciuta.

    Che cosa fa qui?

    Il primo incontro con l’amore l’aveva quasi distrutta, la passione aveva dominato la sua mente, il suo corpo e la sua anima, e non voleva mai più trovarsi in quella situazione di dipendenza.

    Eppure non riusciva a muoversi, né a far altro che fissarlo. Gli anni avevano aumentato il suo fascino, lasciandogli negli occhi una durezza che lei non ricordava. Attendeva da tanto quell’incontro per avere l’opportunità di spiegargli quello che era successo, ma in quel momento non trovava le parole adatte. Proprio come otto anni prima, rimase muta.

    Colter controllò con impazienza l’orologio. Quanto ci vuole per impacchettare tre scatole? Odio fare spese! Eppure anche quello faceva parte dei compiti di un padre. Gli capitava spesso di fare diverse cose che non gli piacevano, come ricevere ragazzine rumorose o ascoltare musica a un volume assordante.

    Ma quando sua figlia gli metteva le braccia attorno al collo e diceva: «Sei il migliore papà del mondo», era certo che ne valesse la pena. Sospirò, controllando di nuovo l’orologio.

    L’impazienza svanì all’istante quando fu assalito da una sensazione inquietante. Sollevò la testa e subì uno shock che non avrebbe scordato facilmente. Non è possibile, non può essere lei! Eppure ebbe la certezza che fosse Marisa non appena la guardò negli occhi castani, che aveva sperato di non dover più rivedere.

    Rimasero a fissarsi in silenzio e Colter si sentì precipitare nel passato. Ripensò all’ultima notte a Las Vegas, all’amore che avevano condiviso, alla sensuale magia che si sprigionava dall’incontro dei loro corpi. La felicità e il piacere di quelle settimane lo avvolsero, soltanto per essere spazzati via dal ricordo del dolore che era seguito.

    Non voleva incontrarla e il suo primo istinto fu di voltarle le spalle e allontanarsi, ma una forza sconosciuta lo spinse davanti a lei.

    Non era preparato all’impatto di trovarsi a faccia a faccia con Marisa. La ragazza che ricordava si era trasformata in una bellissima donna. I capelli biondo cenere le incorniciavano il viso, gli occhi scuri scintillavano come satin marrone, le labbra si incurvavano dolcemente. Indossava un tailleur di lino e si portava i capelli dietro l’orecchio con movimenti nervosi, un gesto che ricordava bene.

    L’amarezza gli riempì l’anima, ricordandogli come si fosse lasciato ingannare dalla sua bellezza.

    «Marisa Preston?» Quel nome gli sfuggì dalle labbra in tono inspiegabilmente interrogativo, giacché non aveva alcun dubbio sulla sua identità.

    «Sì» rispose lei con un filo di voce, convinta che le ginocchia non l’avrebbero retta. «È passato molto tempo dall’ultima volta. Adesso... vivi a Dallas?»

    L’espressione di Colter diventò sospettosa. «Perché me lo chiedi?»

    Marisa si strinse nelle spalle, senza sapere che cosa rispondere. In realtà stava solo cercando di rendere normale un incontro che non lo era per niente.

    «Che cosa ci fai qui?»

    Quella brusca domanda la colse di sorpresa. «Io lavoro qui.»

    Colter corrugò la fronte. «Lavori qui?» domandò senza nascondere la sua incredulità. «Pensavo fossi diventata la grande pianista che voleva tua madre.»

    «Sai che non è mai stato il mio desiderio» replicò Marisa, a voce così bassa che lui stentò

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